1799… E la chiamarono libertà (Seconda parte)
L’intervento precedente – escludendo le due appendici – si chiudeva con la promessa che si sarebbe parlato del sangue di vittime innocenti che, a causa dell’invasione francese dovuta all’invito dei “liberali” nostrani, impregnò di sangue, sia durante la discesa che durante la risalita, le zolle della nostra terra ed arrossò perfino le acque dei nostri fiumi.
Poiché l’evento interessò in misura maggiore una determinata parte della penisola italiana, prenderemo in esame solo gli avvenimenti che si snodarono dagli estremi confini settentrionali del Regno di Napoli, cioè dai paesi dell’Alta Terra di Lavoro fino alle province della Puglia e delle Calabrie.
La “democratizzazione” dei vari paesi del Regno non avvenne all’improvviso dalla sera alla mattina; ma, proprio come i frutti di una pianta, ebbe bisogno di tempo per completare il proprio ciclo di maturazione. E questo ebbe inizio con gli incalzanti inviti dei “patrioti” napoletani alle truppe francesi affinché si decidessero a non tentennare ulteriormente e venissero a “liberare” i sudditi del Borbone da una ormai insopportabile tirannia. Così pochi giorni prima del nuovo anno (1799) il generale Championnet, con un esercito di 15.000 uomini, si decise ad esaudire le pressanti richieste dei simpatizzanti filo- francesi.
La prima città che si trovò sulla strada dei “liberatori” fu Fondi; e i Francesi, appena vi misero piede, presentarono il loro biglietto da visita incendiando il teatro baronale e dando alle fiamme tutto quello che poteva costituire la memoria del luogo : l’archivio comunale, la biblioteca e tutti i documenti conservati nelle chiese, negli episcopi, nei conventi e perfino nelle raccolte dei privati. Tutte le chiese furono profanate, distrutte e vandalizzate e spogliate di tutto quello che poteva costituire preda di guerra, bottino.
Subito dopo la stessa sorte toccò alle città di Itri, Gaeta, Mola, Castellone e Traetto. In quest’ultimo paese addirittura il generale polacco Dombrowsky, nei giorni di Pasqua del 1799: 24 e 25 marzo, si vantò di aver ucciso 349 paesani infilzati sulle baionette. Il canonico Gaetano Ciuffi, però, sostenne che le vittime fossero circa 800. Anche qui si ripeté lo stesso copione per le chiese e i luoghi sacri.
Ma vediamo cosa prevedeva il piano di “liberazione”.
a ) l’invasione degli Abruzzi (affidata ai generali Duhesme e Lemaine) che portò le divisioni francesi nelle città di Teramo, Chieti, Pescara, Cittaducale, L’Aquila, Popoli, Pratola e Isernia (qui vi furono 1500 persone passate a fil di spada)
b) l’invasione di Terra di Lavoro (affidata ai generali Macdonald e Rey), che portarono stragi e distruzioni a Itri, Gaeta, Teano, Castelforte, Fondi e San Germano (l’attuale Cassino).
c) l’invasione delle Puglie (affidata ai generali Duhesme e Broussier ai quali vennero ad aggiungersi Ettore Carafa, Conte di Ruvo e successivamente i generali Olivier e Sarazin per la città di Brindisi, e furono oggetto della ferocia dei “liberatori” le città di Troia, Bovino, Foggia, Barletta, Manfredonia, San Severo (3000 morti), Andria (4000 dati alle fiamme), Trani (1200 dati alle fiamme),[ Carbonara, Ceglie, Martino e Montrone. In questi paesi vennero uccise tutte le persone che vi si trovavano], Brindisi (aprile 1799)
d) versante tirrenico (marzo/aprile – Generali Olivier e Watrin) . Nelle città di Cava, Vietri e Salerno si ebbero 3000 morti.
Ribadiamo – per non generare equivoci – che nel numero delle vittime di cui ci occupiamo non sono incluse quelle relative ai morti in battaglia.
MASSACRI
Il 29 dicembre 1798, appena ad un giorno dall’inizio dell’avanzata, si ebbe il saccheggio di Itri con stupri e massacro degli abitanti da parte delle truppe polacche del generale Dombrowski. Tra le vittime vi fu anche il padre di Michele Arcangelo Pezza. E forse quest’episodio non sarà estraneo allo zelo che il Pezza impiegò nel recare il maggior danno possibile ai Francesi.
Il 22 gennaio 1799, non appena le truppe francesi, aiutate dagli studenti della Facoltà di Medicina dell’Ospedale degli Incurabili e dalle cannonate sparate su di loro dai giacobini che avevano occupato il castello di Sant’Elmo, riuscirono ad entrare in città, ci fu l’immediata fucilazione di quaranta lazzari a via Foria.
Tra il 21 e il 23 gennaio 1799 : cinque vittime uccise cammin facendo al Ponte della Maddalena. Le vittime tra i lazzari ( tra 8.000 e 10.000) non le includiamo nel computo, perché cadute in combattimento.
24 gennaio 1799 : immediata fucilazione – a titolo d’esempio – di due ufficiali borbonici che avevano opposto resistenza, da parte del generale Broussier non appena riesce ad entrare nel Castello del Carmine.
7 marzo 1799 : l’Alta Commissione Militare condanna a Napoli quattro individui, rei di insurrezione e tumulto nella zona del Mercato.
23 marzo 1799 : caduta di Andria ad opera di Ettore Carafa conte di Ruvo. “ … diecimila rimangono vittima dei loro delitti, ed Andria, dopo essere stata saccheggiata, brucia di presente”(Comunicato del Comitato Patriottico Rivoluzionario al Governo provvisorio della città).
25 marzo 1799 : saccheggio a L’Aquila. Settecento insorgenti, fra cui 29 frati, vengono massacrati. Viene frantumata l’urna d’argento che conteneva le ossa di San Bernardino e le ossa stesse disperse al vento. Rubato l’argento e calpestate le ostie consacrate.
– Presa di Trani sempre da parte del Ruvo
4 aprile 1799 : saccheggio di Carbonara. Ottocento insorgenti passati a fil di spada. A restaurazione avvenuta, il sindaco, in un suo discorso, disse “ … Non vi lasciarono né porte né finestre delle case, fin anche li chiodi alle mura … non perdonando le chiese” [1]
– Ceglie. Scrive il generale Broussier : “ i miei soldati uccisero tutti quelli che vi si trovavano e misero a fuoco il villaggio “.
8 aprile 1799 : a Napoli vengono fucilati Silvestro e Sabato Javarone, Carmine Grazioso e Antonio De Luca. Due vengono fucilati a Casoria, undici a Torre Annunziata, tre a Mugnano. [2]
A Napoli la Commissione Militare condanna alla forca Giuseppe Maimone e Gioacchino Lubrano, i cui cadaveri vengono lasciati penzolare per due giorni dalle corde; Salvatore Capuano e Candido Jalenti, per l’uccisione dei fratelli Ascanio e Clemente Filomarino.
13 aprile 1799 – Fontana Liri (alta Terra di Lavoro): uccisione di nove persone
aprile 1799 : incendio di Castellammare e Gragnano da parte del generale Watrin: azioni di tale ferocia che pure lo storico di parte Colletta non potette fare a meno di definirle: “Incendi infami a chi li causò, a chi li accese, perché non da mira di buona guerra, ma da feroce insazietà di vendetta” . A questi sono da aggiungere altre 3000 vittime circa tra Salerno e Cetara.
10 maggio 1799 : Altamura. I repubblicani prima di abbandonare nottetempo la città rinchiudono nella Chiesa di S. Francesco 48 persone, fatte fucilare dal generale Felice Mastrangelo. I cadaveri vengono legati ad altre persone vive o ferite e buttate in una fossa. “ Per compimento di loro barbarie, legarono a quei cadaveri esangui altrettanti ancora viventi, e così a due a due legati li seppellirono insieme”[3]
11 maggio 1799 : Fontana Liri (alta Terra di Lavoro) : saccheggio e incendio del paese, con altri tredici morti, tra cui un novantenne e un neonato di otto mesi ucciso “ad ubera matris”, cioè mentre era attaccato al seno della mamma.
11 maggio 1799 : Arce : un 90enne (tale Filippo Vannucci) ucciso dai giacobini
11 maggio 1799 : Roccasecca : 13 morti
12 maggio 1799 : Isola Liri : 537 persone trucidate dai giacobini francesi del generale Watrin, di cui 350 (tra uomini, donne e bambini) sgozzati mentre pregavano nella Chiesa di San Lorenzo. L’efferatezza di tale episodio suscitò tanta impressione che anche il Colletta non poté fare a meno di registrarla nella sua “Storia”:<< … il nemico (cioè i Francesi) sfogò lo sdegnosui miseri abitanti; e trovando nelle cave poderoso vino, ebbro d’esso e di furore durò le stragi, gli sfoghi e le lascivie tutta la notte. Ingrossavano le piogge, e la terra bruciava; al nuovo sole,dove erano case e templi, furono visti cumuli di cadaveri, di ceneri e di lordure>>.
12 maggio 1799 : Montecassino : 150 vecchi massacrati + 2 monaci. Saccheggio di ogni cosa di valore e distruzione di opere d’arte e opere del pensiero.
12 maggio 1799 : Roccasecca : 6 persone trucidate
13 maggio 1799 : 6 monaci uccisi nell’abbazia di Casamari + una donna 72enne (tale Maria Pede).
13 maggio 1799 : Porrino : 10 persone trucidate
20 maggio 1799 : Roccasecca : 84enne (tale Lucia Corsetti) trucidata, più il capo-massa Pietro Guglielmi
13 giugno 1799 : Napoli : fucilazione di Gerardo e Gennaro Baccher, Natale d’Angelo, Ferdinando e Giovanni La Rossa
16/17 giugno 1799 : Napoli : trenta cacciatori calabresi, nottetempo, vengono uccisi nella Villa di Chiaia, dai giacobini discesi da Castel Sant’Elmo. [4]
Totale delle vittime approssimato per difetto, perché manca il numero degli abitanti uccisi a Trani, a Ceglie e ad Isola Liri il 24 aprile 1799: 24.235. Facendo un rapporto tra le vittime degli insorgenti e quelle dei giacobini si arriva allo sconvolgente risultato che per ogni “eroe/martire” giacobino sono stati sacrificati 200 insorgenti, “anonimi/non-martiri” e quindi non meritevoli di alcun ricordo, come intitolazione di strade, piazze, istituti pubblici o giornate della memoria.
Eppure non è improbabile che anche tra queste vittime vi fossero persone culturalmente e professionalmente, se non al di sopra, alla pari del centinaio di vittime della “ferocia” di Ferdinando di Borbone che hanno avuto una risonanza planetaria, come se il degrado civile, morale e culturale della nazione fosse dipeso dalla loro scomparsa.
Concludo, sostenendo che, essendo quella dei giacobini una guerra ideologica, essa non aveva come fine la resa dell’avversario ma lo sterminio, e chiudo prendendo a prestito un pensiero di Ferdinando Corradini, citato dal Riccardi, che sembra fatto apposta per l’ occasione : << … Se i giacobini volevano in questo modo compiere un atto propagandistico che facesse capire in modo plateale quali erano le idee di cui erano portatori, bisogna dire che riuscirono perfettamente nel loro intento>>. [5]
Castrese Lucio Schiano
[1] F.M.Agnoli – 1799 la grande insorgenza, pag. 157
[2] F.M.Agnoli – ibidem, pag. 179
[3] A. Cimbalo, L’itinerario, pag. 200
[4] D. Sacchinelli, Memorie storiche sulla vita del Cardinale Fabrizio Ruffo. Con osservazioni sulle opere di Coco, di Botta e di Colletta, pag. 247
[5] F. Riccardi, Il 1799 nell’Alta Terra di Lavoro, pag. 32