Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

1799, La battaglia di Santa Lucia

Posted by on Apr 26, 2021

1799, La battaglia di Santa Lucia

Nel Salone dei Ricevimenti del Comune di Cava de’ Tirreni esiste un dipinto di notevoli dimensioni che – cosa rara – raffigura ed allo stesso tempo esalta l’eroismo dei patrioti meridionali di fronte alla invasione francese del 1799. Ho avuto modo di contemplarlo il 28 gennaio scorso, grazie alla gentilezza di Rino Ferrara, portavoce del Sindaco e di Manuela Pannullo dell’Ufficio Comunicazioni che qui voglio ringraziare.

Ciò che più colpisce di quella tela è una figura femminile con il fucile puntato contro il nemico. Quel personaggio, non a caso posto al centro del quadro, è emblematico perché, in genere, una madre o una moglie delle nostre parti tende sempre a proteggere i suoi familiari, a non farli esporre. Combattendo ella stessa, però (e lo testimonia il suo sguardo fiero e determinato) è come se esortasse e spronasse allo scontro col nemico tutti i suoi concittadini e, mi piace immaginare, tutti i suoi familiari, come a voler dire che l’amor di patria supera quello filiale.

Il senso della tela di Clemente Tafuri è tutto qua e l’autore l’ha reso ottimamente. Il fiero cipiglio di quella donna si erge sui volti smarriti, atterriti e frastornati dei soldati transalpini, che sono gli aggressori. Quegli aggressori che sponsorizzarono la cosiddetta Repubblica Partenopea che la vulgata intellettualoide imperante ed una ormai obsoleta storiografia continuano caparbiamente a contrabbandare come “tentativo nobilissimo”, come “miracolo politico” …

Un “miracolo politico” imposto con saccheggi, razzie, rapine, atti vandalici, ruberie, stupri e violenze di ogni genere a cui si aggiungevano tributi pesantissimi e le ruberie degli stessi generali. Per carità, sempre in nome della “liberté, égalité e fraternité”,[1] ma nel senso che chi non voleva essere libero, doveva… esserlo per forza!

Un “miracolo politico” che mascherò il trafugamento di opere d’arte che gli utili idioti messi a capo della sedicente Repubblica Napolitana, ben felici di fare omaggio degli originali alla “madrepatria loro salvatrice fecero riprodurre in copia, affinché degli originali rimanesse almeno il ricordo” …

Quel sabato 27 aprile 1799, tremila soldati francesi saccheggiarono Vietri, Salerno e Cava de’ Tirreni dove alcuni soldati penetrati nel convento di San Francesco, dopo averne sfondato la porta a cannonate, trucidarono settanta persone “tutte gente da bene e oneste”, come si legge in un documento d’archivio presente nella Congregazione di Maria SS. Dell’Olmo, oggi Comitato Cittadino di Carità.

Les enfants de la patrie, dopo essere penetrati nell’edificio religioso, misero a soqquadro tutti gli altari, frantumarono il cristallo che proteggeva l’immagine della Madonna dalla quale strapparono le corone; rubarono la Sacra Pisside dopo aver sparpagliato le Ostie consacrate sul pavimento; altrettanto fecero con i calici e con gli addobbi riposti in sagrestia; trafugarono perfino i ceri e le tovaglie dell’Altare e tutto quanto altro possibile.

Ci si rese, dunque, conto che, sotto la parvenza della tanto decantata “nobiltà di idee” si nascondeva un feroce oppressore che rubava, dilapidava, trucidava, saccheggiava… Allora, i cavesi, esasperati, capitanati da Vincenzo Baldi affrontarono coraggiosamente il nemico sul ponte di Santa Lucia, in una pur impari lotta e….

Con buona pace dei giacobini di turno.

In quei primi mesi del 1799, analoghi episodi di violenza, di rapine, di stragi ebbero luogo dappertutto: al castello di Lauro verso Avellino, al convento di San Tommaso d’Aquino presso Alife in Terra di Lavoro, a Lauria in Basilicata per citarne solo alcuni. Solo in quest’ultimo borgo ci furono più di duemila vittime, in maggioranza donne e bambini. E – assurdo paradosso – lì non si può nemmeno ricordare l’evento: la commemorazione dell’eccidio, infatti, nel 2006, causò le dimissioni degli amministratori di sinistra della città, sdegnati sol perché si ricordava l’accaduto da un punto di vista che andava ben oltre i loro paraocchi da mulo.

Insieme con Cava de’ Tirreni, tanti i paesi devastati e non solo al Sud: la differenza, però, è che da altre parti le reazioni all’invasore vengono considerate sacrosante; qua, invece, “patrioti” vengono chiamati solo coloro che favorirono i giacobini. Secondo un’interessata propaganda, i napolitani, erano plebaglia, lazzari, “un’orgia lazzaronesca”, addirittura. Lazzaroni ma, comunque, “stupendi, intrepidi ed eroici”, come li definì lo stesso generale Championnet. Così, in una stantia oleografia, vengono ricordati come “martiri” del 99 solo quelli che, fallita la loro “rivoluzione” ed abbandonati a se stessi dai francesi, dovettero subire le meritate condanne. Ancora oggi, in qualche conferenza sull’argomento, c’è sempre il provolone di turno che riesce ad individuare nella plebe francese delle “motivazioni” ideologiche che, invece, a quella napoletana mancavano… (!)

Questo modo di pensare, che è una prassi consolidata, non ha ovviamente tralasciato i morti cavesi nella Battaglia di Santa Lucia, definiti “ostili ed incapaci di uniformarsi alle nuove leggi, fedeli sudditi di Ferdinando che non parteciparono alla gioia per la neonata forma di governo e non furono felici di veder innalzati gli alberi della libertà nelle piazze, che non provarono simpatia per i francesi…” Nonostante tutto, anche se con un certo imbarazzo, pur costretti a riportare le loro malefatte, non si riesce ad esimersi dall’obbligo morale di attribuire ai giacobini invasori quella missione di propaganda di ideali di libertà, giustizia e democrazia esportata a tutti i costi.

A dispetto loro, però, Cava de’ Tirreni assunse una netta ed inequivocabile posizione legittimista, in difesa della monarchia e della religione, contro la “rivoluzione” ed i suoi artefici, come si legge nella prefazione degli stessi autori del libro Cava 1799, Giuseppe Foscari ed Arturo Infranzi, e come si può vedere ed intuire di fronte a quel maestoso dipinto che ho avuto il privilegio di ammirare.

Erminio de Biase

Un particolare ringraziamento a Gianluca Cicco e Livio Trapanese per la documentazione fornitami. 


[1] Tributi e balzelli dai quali le famiglie dei “patrioti” si vollero esentare…, come afferma sconcertato lo stesso Vincenzo Cuoco, che era uno di loro.

3 Comments

  1. Che bello conoscere la storia sul popolo che mi ha aperto le braccia per quest’ultimi quattro anni.

  2. Bellissimo documento mirabilmente illustrato!

  3. Hai un modo di porgere i fatti sanguigno robusto e accattivante si legge tutyo d’un fiato

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