1799. La strage francese dei “briganti” di Tolfa (2)
Per la prima parte, leggi qui
4. Tolfa non si arrende
Un plenipotenziario francese venne inviato a Tolfa per esortare, inutilmente, la popolazione a riconoscere la Repubblica Romana e le sue leggi: il popolo di Allumiere e Tolfa era stanco delle ruberie, dei soprusi, delle offese alla religione e alle tradizioni dei padri. Il governo provvisorio non riuscì tuttavia a impedire alcune ruberie commesse ai danni della parte filo-giacobina. Gli insorgenti si impadronirono così dei beni, per un totale di 77.000 scudi, di proprietà della società che gestiva gli impianti per l’estrazione e la lavorazione dell’allume.
Alcuni simpatizzanti filo-francesi furono imprigionati ma non vennero commessi atti gravissimi di violenza.
Fu solo giustiziato il civitavecchiese Giuseppe Siri, accusato di intelligenza con il nemico.
Così il generale Merlin in un dispaccio segreto comunicò ai Consoli della Repubblica Romana, in data 11 marzo 1799, che le operazioni militari contro i ribelli tolfetani sarebbero iniziate il 13 marzo. Mise in movimento la sua Armata forte di 1500 uomini più un contingente di cavalleria. A rinforzo c’erano anche 50 legionari romani al comando del generale Crispino Galassi di Santa Severa. Una curiosità: tra di loro c’era una giovane recluta, Bartolomeo Pinelli (1771-1835), futuro famoso pittore ed incisore che, ai primi spari, disertò e si nascose per circa due mesi nelle campagne, protetto dai contadini locali (1).
Merlin divise l’Armata in tre colonne: la prima, posta al suo comando e forte di 400 uomini, sarebbe partita da Civitavecchia e investito Tolfa sull’asse viario tra le due città, la seconda, forte di 600 uomini e al comando del capo-battaglione Guillaumain del 2° battaglione Zappatori, avrebbe dovuto attaccare, provenendo da Santa Severa, assalendo Tolfa dal versante che guarda Monterano, la terza, forte di 500 uomini e comandata dal capo-battaglione Vuillerme della 62a Mezza Brigata, avrebbe dovuto risalire il corso del fiume Mignone ed arrivare ad Allumiere provenendo dalla tenuta della Farnesiana.
Il comando generale fu posto a Civitavecchia dove c’era il generale Jacques-Etienne Macdonald (1765-1840) in persona a soprintendere le operazioni.
5. La battaglia di Tolfa
Il mattino del 14 la colonna Guillaumain partì da Santa Severa e il suo viaggio filò liscio. Non così per la colonna Vuillerme, partita dal ponte del Bernascone sul Mignone: i soldati, sorpassata la tenuta della Farnesiana, caddero in un agguato ed ebbero numerosi caduti. Nonostante il fuoco intensissimo la colonna riuscì a passare e mise in fuga i tolfetani che ripiegarono all’interno del paese di Allumiere. Qui la battaglia fu breve e cruenta: caddero 13 tolfetani e altri 9 morti si contarono tra i civili di Allumiere.
La colonna Merlin, partita da Civitavecchia, all’altezza della chiesa della Madonna di Cibona ebbe un piccolo scontro con gli insorgenti che ripararono nell’abitato di Tolfa. La colonna si attestò nella chiesa della Madonna della Sughera dove attese le altre due colonne. Poi, tutti insieme, attaccarono Tolfa.
I francesi diedero alle fiamme il centro abitato per avere, con più facilità, ragione dei difensori. A sera i combattimenti cessarono e i più ostinati si rifugiarono all’interno dell’antica Rocca dei Frangipane da dove continuarono a far fuoco, sotto una fitta pioggia, fino a mezzanotte.
Il borgo venne saccheggiato (compreso il busto d’argento di Sant’Egidio, protettore del luogo) e devastato dall’incendio. Tuttavia, il numero dei catturati con le armi in pugno o arresisi nella mattinata del 15, dopo aver combattuto nella Rocca, non convinse il generale Merlin persuaso che molti altri in armi si nascondessero tra le rovine fumanti o nei boschi. Pertanto promise a coloro che avessero consegnato le armi di avere salva la vita. Così molti si recarono presso la chiesa della Madonna della Sughera ma qui dovettero constatare che i patti non vennero rispettati da parte degli invasori francesi. Infatti, una volta disarmati, vennero legati e chiusi all’interno della chiesa. Successivamente incolonnati su tre colonne, legati a due a due, vennero fatti uscire e fucilati, assieme ai tre canonici agostiniani, sul sagrato della chiesa stessa. Soltanto quattro, fingendosi morti, scamparono a morte certa. Uno di essi, ferito ad una spalla, fuggì da Tolfa e si rifugiò a Capranica dove venne curato.
Il bilancio della battaglia: 33 francesi caduti, gli insorti, compresi i fucilati della Sughera, furono 140 (in più 5 insorgenti furono portati a Roma dove furono fucilati il 18 aprile).
Il Merlin, come riportato sul giornale giacobino Il Monitore Romano, scrisse nel suo rapporto al generale Macdonald: “I briganti ristretti nelle rovine del vecchio castello, la di cui posizione era quasi inaccessibile, vi si difesero con furia. Questo villaggio fu saccheggiato e bruciato, tutti quelli presi coll’arme alla mano furono fucilati”.
Bibliografia
1) Andrea Frediani, Gli assedi di Roma, Newton Compton Editori, 1997 (ed. 2006), pp. 230-231.
2) Francois Furet-Denis Richet, La Rivoluzione francese, Laterza, 1965 (ed. 1991), Tomo secondo, “Le Rivolte antifrancesi” pp. 479-480; “La Fede e la Tradizione” pp. 534-535.
3) Marcello Piccioni, Nella venuta che fecero li francesi, Quaderni della Riserva Naturale Regionale di Monterano, n. 5, Roma, 2003, Capitolo sesto “1799. Gennaio, febbraio, marzo”, pp. 181-193.
Il Gruppo rievocazioni storiche di Finale Ligure mette in scena battaglie rivoluzionarie francesi avvenute in Italia tra il 1795 e il 1799. Questa rievoca la battaglia di Noli in Liguria nel marzo 1795. Sparano dai resti originali delle trincee francesi nelle colline liguri [Foto tratta da National Geographic Italia (marzo 2019)].
Lapide commemorativa presso la Chiesa della Madonna della Sughera a Tolfa (Rm) (foto: F. Lambertucci, Roma)
Lapide posta dal Comune di Tolfa nel 1959 sulla Rocca dei Frangipane
PRESSO I RUDERI DI QUESTA ROCCA
CHE IL 14 MARZO 1799
VIDE L’ESTREMA RESISTENZA DEI TOLFETANI
INSORTI CONTRO L’INVASORE FRANCESE
IL COMUNE
VOLLE RICORDATI NEI SECOLI
CON LE STESSE PAROLE DEL CONDOTTIERO NEMICO
L’EPICA LOTTA E IL CRUENTO SACRIFICIO
DEL SUO FIERO UMILE POPOLO
INSOFFERENTE DI STRANIERO DOMINIO
***
…A passo di carica il soldato giunto sulla spianata del villaggio vuole lanciarvisi ma tutte le case servono di trincea; dalle finestre, dai tetti stessi dei colpi di fucile e di trombone fanno un fuoco terribile; il soldato avanzato non si ritira, ma impiegando un mezzo in più per vincere attacca il fuoco alle prime case ed i suoi passi seguono i progressi dell’incendio. L’attacco e la difesa era egualmente ostinata, si sono visti in mezzo alle fiamme, sopra i tetti vicini a sprofondarsi, dei forsennati sembrare di essere insensibili al dolore e non cessare di servirsi delle loro armi se non quando precipitarono insieme coi tetti delle case bruciate.
I briganti ristretti nelle ruine del vecchio castello, la di cui posizione era quasi inaccessibile vi si difesero con furia… Questo villaggio fu saccheggiato e bruciato, tutti quelli che furono presi coll’arme alla mano furono fucilati.
Dal rapporto del Gen. Merlin al Gen. Mac Donald.
Addì 26 ventoso Anno VII Rep (16 marzo 1799).
Nel CLX Anniversario
(1) – Bartolomeo Pinelli (Roma, 1781 – 1835) è stato un incisore, pittore e ceramista italiano. Artista grafico estremamente prolifico, è stato recentemente stimato che abbia prodotto circa quattromila incisioni e diecimila disegni (da Wikipedia)
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