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LA REALE STORIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO

Posted by on Giu 29, 2020

LA REALE STORIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO

Dopo il ritrovamento di numerosi documenti sul Risorgimento italiano si può asserire senza alcun dubbio che l’Unità d’Italia si è formata in modo molto diversa da quella scritta sui tradizionali libri di storia. Infatti dai documenti si evince che l’unione della Penisola è avvenuta dopo l’annessione forzata del Regno delle Due Sicilie a quello dei Savoia, ovvero dopo una guerra non dichiarata che ha provocato centinaia di miglia di vittime meridionali.

   I piemontesi si comportarono esattamente come un qualsiasi esercito straniero. Saccheggiarono chiese, palazzi pubblici e privati, rubando gli oggetti preziosi per poi portarli al Nord. Fu abolita la libertà di stampa e di riunione e fu introdotta una durissima dittatura militare, in modo particolare dopo la pubblicazione della terribile e illegale legge Pica, o legge per uccidere i meridionali senza processo, del 15 agosto 1863.                       

  L’Unità d’Italia è stata ideata dagli inglesi e dalla massoneria internazionale e realizzata dai Savoia per evitare il fallimento del loro regno.

 I principali motivi dell’invasione, pubblicato su un giornale londinese già nel 1849, furono:

1°) Togliere il Monopolio mondiale dello zolfo, fondamentale in quel periodo per ricavare la polvere da sparo, ai Borbone.

2°) Avere libera circolazione delle navi inglesi sul Mediterraneo e sull’eminente apertura del canale di Suez.

3°)  Eliminare il potere papale e le monarchie cattoliche come il Regno delle Due Sicilie.

    I Savoia, prima dell’invasione del Sud, pianificarono il tutto: hanno corrotto alcuni alti ufficiali del Regno delle Due Sicilie e preso accordi con mafia e camorra, allora non ancora organizzate.

    Per giustificare, a livello internazionale, l’annessione si inventaronoi la teoria delle “Due Italie”, considerando il Nord di razza superiore e il Sud di razza inferiore, povero e arretrato e quindi vittima di pesanti discriminazioni.

   Teoria completamente falsa considerando i seguenti dati economici e occupazionali dei vari regni e degli stati italiani prima del 1860.

  • Le riserve in oro del Regno delle Due Sicilie prima del 1860 ammontavano a ben 443,2 in milioni di lire di quei tempi contro gli 8,1 milioni della Lombardia e i 27,00 del Piemonte (dati ricavati dal libro “Scienze delle Finanze” di Francesco Saverio Nitti, già Presidente del Consiglio italiano e più volte ministro, oltre che grande economista);
  • Il grande Regno di Napoli aveva un debito pubblico pari a lire 411.475.000 contro 1.121.430.000 di lire del piccolo Regno di Sardegna, governato dai Savoia (dati ricavati dal libro: “Le finanze napoletane e le finanze piemontesi dal 1848 al 1860” di Giacomo Savarese);
  • Fino al 1860 l’emigrazione riguardava il Veneto con il 17,90 %, i Friuli-Venezia Giulia con il 16,1% e il Piemonte con il 13,50%, mentre era quasi sconosciuta al Sud (dati ricavati dal censimento italiano del 1861):

    E’ vero pure che in alcune zone del Regno delle Due Sicilie, come in molte altre d’Italia, il ceto inferiore aveva grossi problemi di sopravvivenza, ma più per colpa degli egoismi dei baroni che da sempre avevano contestato gli usi civici delle terre demaniali in favore dei contadini.

   Dopo il decreto di Garibaldi, emanato a Rogliano il 31 agosto del 1860, in favore dei poveri di  Cosenza e annessi Casali:

–  E’ abolita la tassa sul macinato per tutte le granaglie eccettuato il frumento, pel quale è conservata la tassa esistente nei diversi comuni;

–  Il prezzo del sale alla data di quest’oggi è ridotto da grani 8 a grani 4 per ciaschedun rotolo;

Gli abitanti poveri di Cosenza e Casali esercitino gratuitamente gli usi di pascolo e semina nelle terre demaniali della Sila. E ciò provvisoriamente sino a definitiva disposizione, tutti i contadini calabresi, che avevano sperato di migliorare le proprie condizioni di vita, rimasero delusi. Infatti, Donato Morelli, nominato da Garibaldi governatore della Calabria Citra, con due decreti del 5 e dell’8 settembre 1860 annullò l’efficacia di quanto stabilito a Rogliano il 31 agosto.

    Così, dal 1861 al 1870, in Calabria, Basilicata, Campania, Puglia, Abruzzi e Molise, i contadini, i pastori e gli artigiani ridotti all’estrema povertà con l’Unità d’Italia insieme ai legittimisti e ai soldati sbandati dell’ex esercito borbonico, chiamati poi ingiustamente “briganti”, iniziarono una forte guerriglia contro i Savoia e contro coloro che si erano arricchiti dopo l’invasione piemontese

     Il “brigantaggio”, durante la disperata lotta agraria di classe portata avanti dai contadini, si collocò come garanzia di libertà per i poveri oltre che come tentativo di modificare lo stato politico, economico e sociale del paese.

    Con i soldi del Regno delle Due Sicilie e con l’oro delle banche del Sud furono finanziate le opere pubbliche e le industrie del Nord; alcuni esempi – bonifiche idrauliche: al Nord 160 volte più del Sud; lavori nelle ferrovie: al Nord oltre tre più volte del Sud; distribuzione delle tasse per ogni 100 lire: al Sud 10 lire, al Nord 90 lire.

     Dal 1865 tutte le fabbriche del Sud, fallite per mancanza di commesse, furono trasferite al Nord.   

     Iniziò quindi l’emigrazione dei meridionali, prima verso i paesi dell’America e nel secolo successivo nel Nord Italia.

    Con il trascorrere degli anni aumentò il divario economico tra Nord e Sud Italia: nacque così la “Questione meridionale”. Nel Meridione, dopo le chiusure delle fabbriche, la produzione agricola, di tipo feudale, fu la principale attività. La nuova borghesia meridionale, che generalmente risiedeva nella capitale, non era disposta, al contrario dei loro colleghi del Nord Italia, a reinvestire i propri profitti per l’ammodernamento delle aziende agricole; quindi i loro prodotti, non essendo competitivi, venivano venduti solo localmente. La stagnazione della produzione agricola e l’assenza totale di sviluppo industriale crearono nel meridione un evidente deficit economico che aumentò nel prosieguo degli anni. I pochi e sbagliati investimenti industriali (Bagnoli, Sir di Lamezia, Saline Joniche, Taranto, Sicilia, ecc.), fatti dopo la metà del secolo ventesimo, servirono solo a fare arricchire alcuni imprenditori del nord.

  In conclusione i Savoia, in nome di una pseudo Unità, hanno commesso un grandissimo crimine nei confronti del popolo meridionale, oltre a creare un falso storico.

    Francesco Antonio Cefalì

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