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Fu quella del Regno delle Due Sicilie la prima Costituzione Italiana

Posted by on Mar 7, 2022

Fu quella del Regno delle Due Sicilie la prima Costituzione Italiana

La concessione da parte dei regnanti dello Statuto o Costituzione fu l’atto più desiderato e richiesto dai popoli della penisola nell’Ottocento ed in suo nome, da una parte e dall’altra, in tutti gli Stati, furono commessi eroismi e nefandezze. Il primo statuto concesso fu quello di Ferdinando II il 10 febbraio 1948.

Recita il Dizionario De Mauro:

COSTITUZIONE

  1. dir.cost., struttura essenziale dello stato costituita dall’insieme delle istituzioni che determinano l’ordinamento supremo: c. monarchica, c. repubblicana | l’insieme delle norme giuridiche che regolano le strutture fondamentali dello stato e i suoi rapporti con i cittadini
  2. dir.cost., l’atto, il documento emanato dall’organo titolare del potere costituente, che contiene le norme costituzionali o il nucleo fondamentale di esse: promulgare, abrogare la c.
  3. dir., spec. al pl., atto avente forza di legge emanato da un sovrano o da un’autorità suprema: c. civile, costituzioni conciliari

STATUTO

  1. ciò che, essendo stato deliberato, acquisisce valore di norma
  2. stor., nel Medioevo, complesso delle leggi proprie di un Comune o di un determinato ente giuridico: s. marittimo | ciascuna raccolta organica contenente tali norme
  3. stor., nell’Ottocento, la carta costituzionale propria di uno stato monarchico, contenente le norme e i principi giuridici fondamentali

Prendiamo in considerazione :

Costituzione – struttura essenziale dello stato costituita dall’insieme delle istituzioni che determinano l’ordinamento supremo: c. monarchicac. repubblicana | l’insieme delle norme giuridiche che regolano le strutture fondamentali dello stato e i suoi rapporti con i cittadini

Statuto –  nell’Ottocento, la carta costituzionale propria di uno stato monarchico, contenente le norme e i principi giuridici fondamentali.

Alle scarne definizioni vocabolaristiche, dei nomi statuto e costituzione, di fatto fanno da contraltare i moti, le insurrezioni, le sofferenze in carcere, le morti e quando concessi, le peane, i trionfi, la gioia.

A cosa si sostituiva lo Statuto? Normalmente al potere di governi assolutistici, laddove il diritto di ognuno soggiaceva all’arbitrio del governante e dove ogni garanzia era un’utopia.

In ogni caso per il volgo e per l’inclita abbiamo pensato di mettere a confronto gli Statuti di due Regni a riguardo dei quali nell’Ottocento furono riempiti innumerevoli pagine di storia.

Metteremo a confronto lo statuto Ferdinandeo del Regno delle due Sicilie promulgato il 10 febbraio 1848 e richiamato poi da Francesco II il 1° di luglio 1860 e quello Albertino del Regno di Sardegna e poi del Regno d’Italia, promulgato il 4 marzo 1848 e si concluse, superato dalla Costituzione Repubblicana Italiana del 27 dicembre 1947.

La prima cosa che salta all’occhio è che lo statuto albertino “..viene oggi a compiere quanto avevamo annunziato ai nostri amatissimi sudditi

Quello ferdinandeo  invece “ …aderendo al voto unanime dei nostri amatissimi Popoli..”

Ed a questo punto vorrei osservare che esiste una differenza, per lo meno semantica, se non di sentimento, nel rivolgersi a fedelissimi sudditi o ad amatissimi popoli.

Le definizioni li lasciamo ancora una volta al dizionario:

suddito 


1 s.m., soggetto che si trova in una condizione di dipendenza dalla sovranità dello stato: un fedele s. dello stato | chi è sottoposto alla sovranità dello stato pur non essendone membro e ne subisce i doveri senza godere dei diritti propri del cittadino: i sudditi delle colonie


2 s.m., cittadino di uno stato retto a monarchia: i sudditi del re


3 s.m. chi è in una condizione di soggezione e di subordinazione rispetto a chi comanda


popolo

1 l’insieme degli individui che si considerano o sono considerati appartenenti a una stessa collettività, spec. etnicamente omogenea, in quanto abitano un territorio geograficamente o politicamente definito o hanno in comune lingua, cultura, tradizioni, ecc.: il p. italiano, i popoli arabi, i popoli dell’America latina | l’insieme dei cittadini di uno stato in contrapposizione al sovrano o ai gruppi dirigenti: una regina molto amata dal p.

2 l’insieme di persone che hanno una comune fede religiosa: il p. cristiano, musulmano; p. di Dio, la comunità dei cristiani; p. eletto, nell’Antico Testamento, il popolo ebraico; p. santo, nell’Antico Testamento, il popolo di Israele, nel Nuovo Testamento, i cristiani | l’insieme dei fedeli, spec. appartenenti alla religione cristiana: il sacerdote invita il p. a pregare | OB i credenti di una stessa parrocchia; la parrocchia stessa


Certamente non voglio credere che le due definizioni siano casuali e se quand’anche qualcuno volesse insinuare una mellifluità finalizzata nel preambolo borbonico, nei fatti si è visto che nella transizione dall’uno all’altro statuto, nella ex nazione del sud, il passaggio da popolo a suddito è stato uno dei fatti più evidenti e più sofferto.

E’ interessante  analizzare l’art. 1 delle Disposizioni generali: “……retto da temperata monarchia ereditaria….” dove il termine temperata dovrebbe derivare da temperare che ha il significato di far concordare, fondere in un insieme armonioso, attenuare, mitigare, addolcire.

In quello albertino la definizione della sacralità e della inviolabilità della persona del re avviene all’inizio del documento (art. 4) ed è fine a se stessa.

Nel ferdinandeo, si parla del re all’art. 63, e la sua sacralità ed inviolabilità è in conseguenza alla definizione di capo supremo dello stato.

Nello statuto ferdinandeo ben 11 articoli riguardano le garanzie personali relativamente a:

  • Qualità di cittadino
  • Uguaglianza
  • Meritocrazia
  • Libertà individuale e garanzie di salvaguardia
  • Rapporto coi giudici
  • Inviolabilità della proprietà
  • Proprietà letteraria
  • Inviolabilità del domicilio
  • Segreto delle lettere
  • Libertà di stampa
  • Copertura del passato

L’art. 27 del ferdinandeo garantisce la proprietà letteraria. Non ve n’è traccia nell’albertino. Come non v’è traccia nell’omologo dell’art. 29 che rende inviolabile il segreto delle lettere.

Nell’albertino troviamo un pò le stesse garanzie:

  • Uguaglianza
  • Libertà individuale e garanzie di salvaguardia
  • Obbligo di contribuzione
  • Inviolabilità del domicilio
  • Libertà di stampa
  • Inviolabilità della proprietà
  • Libertà di riunione
  •  

Vorrei a tal proposito, anche per soddisfare un mio vecchio pallino, riferirmi al diritto storico alla riservatezza (per gli anglofili privacy) citando l’art. 29 della prima carta costituzionale d’Italia, emanata il 10 febbraio 1848 da Ferdinando II Re delle Due Sicilie, che recita:

Art. 29. – Il segreto delle lettere è inviolabile. La responsabilità degli agenti della posta, per la violazione del segreto delle lettere, sarà determinata da una legge.

Sono sicuro che, se ci fosse stato il telefono avrebbe compreso nell’inviolabilità anche il segreto nelle conversazioni telefoniche. Per curiosità completiamo con gli ultimi articoli che riguardano la parte attinente ai diritti dei cittadini

Art. 30. – La stampa sarà libera, e solo soggetta ad una legge repressiva, da pubblicarsi per tutto ciò che può offendere la religione, la morale, l’ordine pubblico, il re, la famiglia, i sovrani esteri e le loro famiglie, non che l’onore e l’interesse de’ particolari. Sulle stesse norme, a garentire preventivamente la moralità dei pubblici spettacoli, verrà emanata una legge apposita; e fino a che questa non sarà sanzionata, si osserveranno su tale obbietto i regolamenti in vigore. La stampa sarà soggetta a legge preventiva per le opere che riguardano materie di religione trattate ex-professo.
Art. 31. – Il passato rimane coperto d’un velo impenetrabile, ogni condanna sinora profferita per politiche imputazioni è cancellata, ed ogni procedimento per avvenimenti successi sinora viene vietato.

In conclusione i due popoli si batterono in egual modo per l’ottenimento di quel documento che risulterà fondamentale nel governo delle loro vite, così come altre esperienze, in altre nazioni, avevano dimostrato.

L’intendimento, spero anche parzialmente riuscito di queste considerazioni, è di dimostrare che il governo di ogni popolo è lo specchio di princìpi strettamente collegati alla sensibilità, alla storia, alla cultura dei propri duci e le costituzioni ne sono l’immagine fedele. Anche se la sola presenza di uno statuto, è di per sé un atto fortemente caratterizzante la buona considerazione che un regnante ha per il suo popolo.

Concludiamo dicendo che anche se pur lievi differenze di impostazione e di cura dei particolari rendono leggermente diversi i due documenti, rileviamo in quello borbonico meno durezza, più garanzia, forse più amore, a dispetto dei denigratori che volevano i re borbone incapaci di qualsivoglia afflato amoroso verso i propri popoli, condannandoli e trascinando nel tempo l’infame giudizio che Gladstone emanò definendoli responsabili di uno Stato “negazione di Dio eretta a Sistema”; anche se in seguito, in pieno regime piemontese, Gladstone ritrattò tutto, dichiarando che in queste sue accuse non v’era alcun riflesso di realtà, che lui non aveva visitato alcun carcere né assistito ad alcun processo, ma aveva dichiarato quanto Lord Palmerston gli aveva richiesto di  fare.

Naturalmente questa ritrattazione non sortì alcun effetto ed assolutamente non modificò il danno, che ormai era stato fatto!

fonte

http://www.adsic.it/2005/03/15/fu-quella-del-regno-delle-due-sicilie-la-prima-costituzione-italiana/#more-657

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