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BORBONI DI NAPOLI-AL COSPETTO DI DUE SECOLI

Posted by on Mag 24, 2022

BORBONI DI NAPOLI-AL COSPETTO DI DUE SECOLI

“Giuseppe Buttà (Naso, 4 gennaio 1826 – Naso, 1886) è stato un presbitero, scrittore e memorialista italiano.
Negli anni ’40 fu ordinato sacerdote e nel 1854 ottenne l’incarico di cappellano militare dell’esercito borbonico, venendo destinato al Bagno Penale di Santo Stefano. Nel 1859 fu assegnato al 9º Battaglione Cacciatori comandato dal maggiore Ferdinando Beneventano del Bosco, stanziato a Monreale in Sicilia.


Nell’aprile 1860 la sua casa vicino Monreale venne saccheggiata dalla popolazione, al grido di “Viva l’Italia”, durante la Rivolta della Gancia [1]; dopo lo sbarco a Marsala di Garibaldi, partecipò all’intera campagna militare, seguendo il suo battaglione nell’inesorabile ritirata dalla Sicilia fino a Gaeta, e assistendo come testimone oculare a molti avvenimenti storici, fra cui la Battaglia di Milazzo, gli scontri sotto le mura di Capua e la Battaglia del Volturno. Fu tra i capitolati di Gaeta e, alla resa della piazzaforte e in seguito alla proclamazione dell’unità d’Italia, dopo un breve periodo di detenzione fu costretto all’esilio in quanto sospetto cospiratore filoborbonico.
Dopo un periodo trascorso a Roma, ottenne il permesso di rientrare in patria, e a Napoli avviò una carriera di scrittore producendo dapprima delle memorie della spedizione di Mille (Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta) che tuttora rimane la sua opera più famosa, e in seguito un saggio
storico (I Borboni di Napoli al cospetto di due secoli) e un romanzo (Edoardo e Rosolina, o le conseguenze del 1860).
Buttà, assieme a Giacinto de’ Sivo, è forse il più famoso tra gli scrittori legittimisti filoborbonici. Pier Giusto Jaeger, autore di un celebre saggio sull’assedio di Gaeta, definì la sua opera “di ineguagliabile parzialità”;
essa però riscosse un certo interesse da parte di Leonardo Sciascia (curatore di una ristampa del Viaggio nel 1985) e l’entusiasmo di Carlo Alianello, romanziere dichiaratamente meridionalista.”
Non ci pare che le opere degli scrittori liberali dell’epoca siano dei modelli di imparzialità!
Riportiamo uno stralcio del discorso pronunciato da Nicola Zitara durante la commemorazione dei caduti della cittadella di Messina:
“Questo percorso infelice che ha compiuto poi l’Italia unita lo avete sotto gli occhi: fa parte della vostra vita quotidiana, fa parte della vostra identità fisica.
Siamo i terroni d’Italia! E in questo fatto non significa… questa parola non significa, nella accezione comune, che siamo i meridionali, ma che siamo gli sporchi, gli incapaci, gli inetti, i mezzi italiani, gli italiani per grazia di Dio, per concessione di Cavour e allora ci deve essere un momento di patriottismo. Patriottismo me-ri-dio-na-le, si-ci-lia-no.
La Sicilia è la parte più antica della civiltà italiana, subito dopo viene questa parte meridionale della penisola che una volta si chiamava napoletano. Qui è nata la civiltà d’Europa. Qui è nato il nostro orgoglio di essere noi stessi. Noi siamo nella nostra terra, non nella terra di Cavour, di Vittorio Emanuele, della bandiera tricolore. Noi siamo nella nostra terra con i vessilli antichi, della nostra storia.
Questo dobbiamo ricordare, questo dobbiamo rivendicare, sennò queste celebrazioni servono semplicemente a sentire cattivi odori e a rivedere calcinacci che si sgretolano, non onorati dal ricordo, non onorati dal resto degli italiani.
Noi dobbiamo andare ad onorare i Vittorio Emanuele, i Garibaldi, il generale Cialdini.
E loro? Loro quale risposta ci danno, se non il disprezzo. Io vi invito pertanto a riconsiderare, a riflettere il senso più profondo, il significato di questo… “
Zenone di Elea – Luglio 2019

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