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Crotone moderna. La città dei Borboni

Posted by on Lug 20, 2022

Crotone moderna. La città dei Borboni

L’aristocrazia è compromessa. Numerosi “forestieri”, in città da anni per commerciare, entrano nel sedile, rompendo un dominio secolare 1*.
Mentre l’uditore Eleazzano Berardi, il 17 dicembre 1735, aggrega nuove famiglie al seggio, si ordina a Giuseppe Cimino di informarsi per aumentare quelle degli honorati o piazza del popolo 2*.


L’opposizione 3* è vanificata dal decreto emanato il 4 novembre 1737 dalla Real Camera di Santa Chiara.
Il marchese Francesco Cesare Berlingieri tenta di dividere gli avversari. Bottega per bottega raccoglie adesioni al suo progetto: chiedere al re di affiancare ai due sindaci un altro eletto del popolo.
Invece di ampliare il secondo ordine, cerca di formare un terzo ceto in mano ai “suoi aderenti e coloni”, mettendo fine al connubio tra borghesia e parte della nobiltà 4*.
Il decreto del 3 marzo 1738 pone fine ad ogni tentativo aristocratico annoverando le famiglie del secondo ordine 5*.
Non cessano gli agguati dei barbareschi ai “legni regnicoli” e di altre nazioni che dalle Puglie, in convoglio, costeggiano per Napoli 6*.
Alla mietitura i pirati razziano e fanno schiavi 7*.
Si munisce il forte delle Castella 8* e tre galeotte regie catturano due navi turchesche a capo delle Colonne e a capo Rizzuto 9*.
Nella primavera 1735 alcuni coloni al primo anno di semina, prevedendo un raccolto scarso a causa della siccità, ricorrono ad una antica consuetudine: sciolgono i contratti e lasciano al padrone il raccolto. Altri a causa dei debiti se ne fuggono dalla città 10*.
Ritornano le burrasche autunnali e invernali 11*.
L’inclemenza dell’aria 12* e le mortali epidemie colpiscono i bambini dal gennaio 1736 ad aprile 1738 13*.
A Crotone “piazza di negozio e città maritima, per la Dio Grazia florida nel commercio” 14*, continua la costruzione di magazzini fuori mura nelle terre ortalizie del “beviere”, nel vignale di “Gesù e Maria alias di S. Francesco di Paola” 15*, a “li furchi”, presso il “vallone delli mattoni” e lungo la strada pubblica “delli pignatari” 16*.
La chiesa del convento paolano di Gesù Maria, “celebre e riguardevole per la sua antica struttura e per la fondazione accaduta in vita del Santo Padre Francesco”, essendo “malamente disposta nell’architettura” è ridotta in forma “più perfetta all’uso moderno” secondo il parere del regio tabulario mastro Scipione di Paula di Rogliano 17*.
I lavori iniziati nel 1742 proseguono l’anno dopo ed un’ala è chiusa e trasformata in magazzini 18*.
La città tra contrasti 19* si eleva “per godere la vista del mare e dei monti” 20*.
Lo spazio pubblico si restringe 21*: vie e larghi sono riempiti da palazzi all’uso moderno 22*, con sale, logge e rimessa per uso di stalla 23*, “ristaurati, abbelliti, migliorati e ridotti in meglior forma”24*, arredati “con molti mobili moderni e ricchi 25*.
Su tutti domina quello del mercante Domenico Aniello Farina di Nocera dei Pagani, edificato “isolato da tutti li quattro angoli” 26* al largo del castello sul casamento in decadenza che fu dei Nola Molise 27*.
Avanza il privato 28*.
Il bosco si trasforma in oliveto e agrumeto con casini e case per coloni 29*. Sui corsi si impiantano vigneti, giardini, orti ed alberi da frutto. Chiudendoli con profondi fossi si impediscono i diritti civici con pene pecuniarie e minacce 30*.
Crescono gli armenti e si allarga il pascolo. Il disboscamento facilita le alluvioni 31*, le acque stagnanti il paludismo 32*.
Complici i governanti, i possidenti indebitano le università e si impossessano delle terre demaniali 33*. Liti oppongono università, feudatari ed ecclesiastici sul diritto di pascolo 34* e di decima 35*, altre coloni e padroni sugli usi 36*.
Le chiese ed i conventi sono immuni 37*.
Scomuniche vescovili colpiscono chi attenta al diritto di asilo e gli avversari 38*.
Il guardiano del porto esige tasse illecite 39* ed una contesa oppone il feudatario di Isola al portolano 40*.
Il “jus naufraggi” è ostacolato dal portolano il quale invia i suoi ufficiali con “moltitudine di svizzari e carra” a sequestrare il carico delle navi affondate nelle coste di Isola 41*.
Il 1739 non è dei migliori. Dopo un’arida primavera i forti caldi si prolungano in autunno, seccando tutto.
Scarseggia l’erba e aumenta la domanda di terreni: i mandriani ed i pecorai devono procurarsi “erbaggio molto più del solito” per assicurare il pascolo 42*.
Poi il freddo non cessa. Burrasche primaverili con neve e pioggia 43* ostacolano la navigazione 44* e ritardano le messi.
I governanti, per garantire il pane ai cittadini fino al nuovo raccolto, che si prevede scarso, obbligano i mercanti a consegnare parte del grano 45*.
Per colpire il contrabbando, a metà maggio arriva in città, e vi rimane per più di un mese, il caporuota della regia udienza ma è subito corrotto 46*.
Ritornano i pirati 47*. Ai primi di giugno (1740) il colonnello Geremia Dean, ispettore generale delle marine, visita i luoghi. Elaborato un piano di difesa delle coste, egli ordina alle università di rifornire di polvere e palle da cannone le regie torri di guardia 48* e di assumere nell’aprile di ogni anno dei cavallari, provveduti di buoni cavalli, per battere e vigilare le marine 49*. Vengono appaltati grandi lavori per “le fabriche, acconci e ripari” del castello 50*.
La notte del 12 luglio (1740) i turcheschi sbarcano da due galeotte a capo Bianco. Catturate due persone, sono alle mura di Isola ma i cavallari hanno dato l’allarme. Ripreso il mare, catturano una marsigliana ragusea sopra capo Rizzuto ed alle Castella un pinco napoletano, abbandonato dai marinai 51*, poi due tartane al largo di Strongoli 52*.
Nonostante le tregue concordate col pascià di Tripoli 53* e le disposizioni del nuovo editto reale che facilitano il commercio, molti rimangono gli ostacoli perchè con vari pretesti esse non vengono applicate 54*.
Sede del nuovo regio consolato 55* il cui tribunale vigila sulle società e sul commercio, la città esporta soprattutto grano e formaggio anche se non mancano nuove iniziative con risultati mediocri 56*.
La tonnara di Bernardino Suriano, piantata a capo delle Colonne, entra in attività a primavera sotto la guida di Andrea Jarucadi, raiso di Pragalia 57*.
Nella baracca, piantata a terra, accadono furti di denaro, pezzi di lardo e sgombrino salato, dati da alcuni lavoranti ai cappuccini in cambio di “tabacco di pippa, minestra e pane” 58*.
Tre mulini d’acqua sorgono al Neto presso il rinnovato casino di Fasana dei coniugi Ferdinando e Lucrezia Pignatelli, feudatari di Strongoli 59*.
Erano cominciate alla fine del 1741 le rilevazioni per la formazione del catasto onciario. La compilazione, che si concluderà nell’estate del 1743 60*, riaccende vecchie controversie.
L’università di Papanice protesta perchè gli apprezzatori crotonesi censivano i suoi terreni 61* ed i governanti di Isola denunciano l’inserimento di sei corsi nel catasto di Crotone 62*.
Anche il marchese Francesco Lucifero, contestato nel possesso del feudo 63*, reclama la distinta e separata giurisdizione di Apriglianello perchè abitato e con propria università 64*.
Mentre proseguivano le liti 65*, la sterilità del 1741 lasciava alla scarsità del 1742, anno di nubifragi 66*.
Inizia il 1743 e presto si fa sentire il terremoto, poi da giugno la paura della peste ed il blocco. Ai primi di luglio arrivano i soldati 67* a rafforzare i cordoni e dal porto salpa il grano per le guardie di torre del Cavallo presso Scilla dove si vigila il contagio 68*.
A metà agosto il vicario generale delle Calabrie, il conte Mahony, invia in città l’uditore per reperire 10.000 tomolate di grano per Reggio.
Fatto il censimento, si ordina ai proprietari con più di 300 tomola di consegnare la quota ratizzata al marchese Francesco Lucifero, persona delegata a conservare il grano, che verrà saldato alla voce che uscirà lo stesso mese 69*.
Con il maltempo nelle baracche ai confini territoriali 70*, giorno e notte a turno i cittadini sorvegliano la città dalla peste che da Messina si è propagata al Reggino.
Aumenta il prezzo del grano e l’estrazione deve essere autorizzata 71*.
Alla carestia si associa il vaiolo 72*.
“.. a die 7.ma m. Xmbris praeteriti indesinenter terra tremuit, et nunquam quievit, cum terribilibus concussionibus, ita ut in pluribus locis ecclesiae, et aedificia appellari possunt maceriae depulae, et personae habitant in capannis, et in papilionibus, sive ligneis, sive caneis, sive lineis in maximum salutis detrimentum …Media Provincia peste affecta, et clausa a tribus cordonibus facit, ut victualia caro pretio vendant, impedito commercio adjacentium civitatum, et terrarum. Frumenta et alia victualia, atq. bona fuerant per vim sublata, pro subveniendis terris, et persones clausis, et restrictis in cordonibus.. Accessit continuus gressus et regressus militum ob parata bella, impedito tabellariorum cursu, et negotiorum decursu in maxima rerum confusione. Et ad presens repullulavit epidemia febrium acutarum per totum grassantium ” 73*.
L’uditore procede ad altri sequestri. Il 17 dicembre (1743) è la volta dei mercanti di Cutro, i quali minacciano di non far fronte ai loro impegni.
Mentre il grano è trasportato a Crotone per essere imbarcato, la popolazione manifesta per il timore della fame 74*.
Il 21 marzo 1744 il Marchesato è scosso. La gente impaurita in processione implora la protezione divina 75*.
Nella marina della città vengono costruite 52 barracche e sei barracconi in legno 76* e si rinforzano gli edifici con catene di ferro da muro a muro 77*.
Il vicario ordina ai proprietari di mandrie di provvedere Reggio 78* e permette l’estrazione di grano, quasi sempre di cattiva qualità, solo per rifornire gli assentisti delle truppe regie 79*.
Alle macerie 80* si uniscono i disagi della vicina guerra 81* e le continue piogge 82*.
Cessate le scosse, si riparano gli edifici 83*. Le molte rovine hanno abbassato il prezzo dei materiali 84* e favoriscono la costruzione di nuovi palazzi 85*.
Un gruppo di privilegiati crotonesi, facilitati nel commercio 86*, al possesso della terra aggiunge il potere di controllo del mercato locale. Incrementa l’allevamento del bestiame e delle api, estende le colture dell’olivo, della vite e degli alberi da frutto, costruisce casini con magazzini, “trappetto, copelliera, stalla, chiesa” e case per i coloni: le prime strutture di una moderna impresa agricola 87*.
Sulle terre “rase ed aratorie” si estende il paesaggio del giardino mediterraneo con le sue colture arboree e arbustive, ricche e pregiate, con le chiusure limitate da fossi e muretti di pietra secca, dominate dai casini 88* e dalle torri dove i proprietari trasferiscono la loro dimora per una piccola villeggiatura al tempo del raccolto 89*
Operano al loro servizio magazzinieri, fattori, curatori degli affari, scritturali, dipendenti, salariati, cuochi, camerieri, servitori, servi ecc.90*
La modernizzazione delle campagne ed un trend con prezzi agricoli in aumento facilitano l’ascesa 91*. Feudatari alla ricerca di capitali per la riconversione vendono le terre fuori dalla loro giurisdizione e difficilmente integrabili nel nuovo sistema produttivo 92*.
I forestieri cedono le proprietà bersagliate dalle tasse ed in continuo degrado 93*.
Commendatari e vescovi, colpiti dalla nuova legislazione, che limita la proprietà ecclesiastica, ed interessati a rendite sicure, lasciano le terre per un censo annuo 94*.
Il Concordato del 1741 ed il catasto onciario, accertando e tassando per metà gli antichi beni ecclesiastici e per intero i nuovi 95*, pongono fine alle finte vendite e donazioni sulle quali si reggeva la complicità tra chierici e laici nell’evadere i tributi. Il declinare dell’interesse taglia le rendite.
Gli enti religiosi in difficoltà per il collocamento del capitale, che affrancato si ammassa inoperoso, devono ridurre i tassi 96*.
Le nuove prammatiche, che limitano i privilegi e l’accumulazione ecclesiastica, una maggiore liquidità ed un minore rendimento permettono di soddisfare esigenze proprie della concezione moderna di rinnovamento apprese nella capitale 97*.
La piccolissima chiesa della congregazione laicale della Immacolata Concezione e delle Anime del Purgatorio, durante la prefettura di Gerolamo Cariati 98*, è ampliata 99*.
Essendo “malamente disposta nell’architettura”, i confrati decidono di allungarla e modernizzarla, portandola alla perfezione secondo le regole, le misure e le disposizioni dell’ingegnere e dei periti.
Acquistate due casette confinanti e, demolite, si innalza il nuovo “cappellone”100*.
Riedificata la chiesa essa è decorata dallo stuccatore Pasquale Ciamboli di Maratea 101*.
Nel 1758 i lavori sono finiti 102* e si eleva l’altare in marmo di Massa Carrara dello “scultore ed artefice marmoraro” Nicola Boccacci di Napoli 103*.
Concessa una delle nuove cappelle ai mastri barbieri per poter festeggiare i loro santi tutelari 104* ed un’altra a Benedetto Milioti 105*, la chiesa ornata e fornita di nuovi arredi verrà consacrata il 22 giugno 1777 106* dal vescovo Giuseppe Capocchiani 107*.
Sul terreno detto il “casaleno della Palma”, Leonardo di Cola col figliastro Gerolamo Cariati comincia a costruire nel 1736, spendendo diverse migliaia di ducati, la chiesa di San Vincenzo Ferreri 108*. Completata ed arricchita di molte suppellettili sacre, nel 1748 edifica la sacrestia 109* e vi fonda cinque cappellanie laicali 110*.
Il seminario è ampliato e ristrutturato “ita ut in viciniis simile, aut par minime inveniatur” 111*.
La chiesa di San Giuseppe con le nuove cappelle degli Sculco 112* e dei Lucifero 113*, dedicate a S. Nicola, vescovo di Mira, e a S. Michele Arcangelo, è decorata e riconsacrata 114*.
La sacrestia della cattedrale è allargata 115*. E’ eretto un conservatorio di vergini sotto il titolo della Madonna Addolorata 116* o della Beata Vergine dei Sette Dolori.
La chiesa di San Francesco d’Assisi dei minori conventuali “edificata e disposta malamente nell’architettura” è ridotta “alla moderna polizia e perfezionata” inserendo sei sole cappelle, tre per lato, all’uso romano 117*.
Nella nuova sacrestia, dietro il cappellone dei Montalcini, prende sede e vitalità la congregazione dei Nobili 118*.
Il monastero di Santa Chiara, in decadenza nelle fabbriche per il venir meno di nuove professe, è rilanciato.
Ridotta la dote spirituale agli usuali ducati 200 119*, rifatta e portata “all’uso moderno, come al presente si vede”, la chiesa 120* ed allungata la sacrestia 121*, il vescovo Costa nel 1752 si accorda con i nobili. L’anno dopo cinque novizie danno vita alla comunità e capitali per la ricostruzione 122* alla quale contribuisce lo stesso vescovo 123*.
Dopo continui lavori 124*, nella chiesa solida 125* ed elegante 126*, il vescovo Capocchiani il 31 ottobre 1774 consacrerà l’altare maggiore 127*.
Devastato in parte da un incendio nel 1782 128*, il monastero sarà nello stesso anno ripristinato dall’ingegnere Tommaso Novellis 129*.
Risse e ferimenti rendono insicure le campagne 130* e la città 131*; siccità, calura e gelo rovinano i giardini 132* e causano moria alle mandrie 133*.
Il 1751 terminava, come era iniziato 134*, con un susseguirsi di violenti burrasche, causa di naufragi e gravi danni alle barche in navigazione o ormeggiate al porto 135*.
Dopo il raccolto ottimo ed abbondante 136* del 1752, un tempo “acquoso e freddoso” fa patire il bestiame 137*.
Inizia il nuovo anno con ripetute tempeste di mare 138* e piogge.
Rialza il prezzo del grano prima del nuovo raccolto 139* che si prevede di cattiva qualità 140*.
Con lo scarso grano di poco prezzo ma pessimo si riforniscono le università 141*.
I patroni protestano per lo stato di abbandono e di precarietà del porto, inadatto a proteggere i bastimenti dalle tempeste 142*, ed essi subiscono le illecite tassazioni del governatore 143* che da ogni bastimento che carica esige venti carlini col pretesto del “jus licentiae” 144*.
Al largo la vigilanza è rafforzata 145*; gli sciabecchi del re combattono il contrabbando 146* ed i pirati. Nonostante le frequenti tregue concordate 147* non cessa il pericolo 148*.
Frattanto con dispaccio del 2.7.1753 il re aveva ordinato la costruzione del porto e molo incaricando a dirigere l’opera l’ingegnere militare Giuseppe Laurenti 149* ed utilizzando come manodopera i forzati 150*.
L’anno dopo per rafforzare la vigilanza delle marine si emana il bando per la costruzione della nuova torre di guardia o fortino a Capo Rizzuto e per riparare le regie torri di Mariello, Scifo, Capo Rizzuto e Castella secondo il piano elaborato dall’ingegnere militare Adamo Romeo 151*.
Seguono lavori di riparazione e costruzione al castello 152* ed alla porta “picciola della Pischeria” 153*.
A Capocolonna, nel maggio 1754, sotto la sorveglianza del sovrastante piemontese Agostino Mazzia, inizia il lavoro di reperimento delle pietre. I continui furti di attrezzi da lavoro costringono dapprima l’intendente a trattenersi una quota dalla paga settimanale dei lavoratori e poi a licenziare il sovrastante 154*.
Viene costruito un piccolo villaggio. Ripristinata la torre Mariello, si costruiscono le abitazioni e la chiesa di San Carlo Borromeo 155*. I forzati, con “algozzini” e “guardapalco”, e altri lavoratori eseguono gli ordini del soprastante Pascale Landi e del capopeone Dionisio Alfì. Con mine, mazze di ferro e picconi si spezza la scogliera e si prepara la pietra che la lancia, il sandalo e le marricane noleggiate scaricano al porto. Presso il regio magazzino della marina arriva il ferro da Stilo per le zappe, i picconi, le manuelle ed i cerchi e da Policastro il carbone, la pece e le travi.
Affianca il Laurenti nella direzione dei lavori Salvatore Mazza, mastro falegname di mare che ha operato a Viareggio, e da Napoli per la verifica giungono gli esperti militari Giuseppe Gonsales, commissario di guerra, ed il capitano di mare Pietro Fisiero 156*.
Con l’inizio dei grandi lavori mastri, artigiani e negozianti arrivano in città. Nuove botteghe aprono appena dentro la porta, rifornite di merci napoletane 157*.
Riprende vigore e prestigio la fiera col nuovo titolo della Madonna del Capo delle Colonne 158*.
L’annata piovosa 159* ed una terribile invasione di topi distruggono il raccolto 160* del 1754 161*, segue un inverno gelido ed una primavera arida e fredda poi il raccolto sterilissimo del 1755 162*.
Per l’incertezza dei raccolti ed il fallimento dei coloni i possessori delle vaste estensioni feudali ed ecclesiastiche non trovano da affittare e i pochi affittuari subaffittano a pascolo e non a semina. Interrompendo la rotazione, i terreni si rovinano 163*.
Accresce il deterioramento dei fondi oltre alla povertà anche la mancanza di coloni, causata dal vaiolo e dalla malaria 164*.
Le gabelle lontane dai paesi, soggette alle ripetute inondazioni dei fiumi, arenose o sassose, poste “in luogo di mala aera dove i coloni in tempo della raccolta, vi perderebbero la vita”, non più “rotte a massaria”, diventano in breve boscose, pantanose ed incolte 165*.
Mentre i patroni al porto stanno imbarcando il grano arriva il 18 settembre 1755 l’ordine del Preside di Calabria Ultra che vieta tutti i caricamenti. I patroni protestano e riescono a completare il carico ma per “li tempi avversi che da più giorni sono corsi e corrono” non possono salpare 166*.
L’annata 1756 fu fertilissima; in autunno il grano è trattato a soli 97 grana e 6 cavalli il tomolo 167* ma per la scarsezza dell’erba muore parte del bestiame 168*.
La promozione di Domenico Zicari alla metropolitana di Reggio e la nomina regia del nuovo vescovo Mariano Amato evidenziano le frodi nell’affitto dei fondi ecclesiastici 169*.
Il passato economo in combutta con speculatori ha fittato sottoprezzo le terre della mensa per poi subaffittarle ai coloni e spartirsi gli utili 170* ma il nuovo proeconomo lo accusa “con studiati artificii” per lucro proprio. Quest’ultimo infatti ha fittato per poco e privatamente i territori del seminario a suoi congiunti 171*.
“Accadde … un’alluvione grande, e i torrenti menarono intorno alle mura della città, ed in mare un così strabbocchevole numero di serpi di varie specie ammonticchiati in globi, che svilluppandosi minacciavano d’infestarla tutta se non si fosse prevenuta questa sventura con situare gran fochi passo passo all’intorno, e con mettere sulle mura tutti i galeoti, che stavano al travaglio, con far coni, ed altri legni, uccidendo quelle spaventevoli bestie, che cercando uscire dal sottoposto mare, salivano a schiere per le muraglie 172*.
I deputati della salute intensificano la vigilanza al porto per prevenire il contagio 173*. Vanamente, nella primavera del 1758 il vaiolo comincia a colpire i bambini 174*.
A più di un anno dalla consacrazione 175* la sera del 16 aprile (1758), tra luminaria e spari di mortaretti, con seguito di nobili e truppa, entra in città il vescovo Mariano Amato 176*.
Alla buona annata 1757 era seguito lo scarso 1758; causa del gelo primaverile.
Le città si vettovagliano. A fine agosto arriva un ufficiale della Regia Udienza con l’ordine di sequestrare 4000 tomolate di frumento per l’annona di Catanzaro.
Emanato il bando per censire e ratizzare il prodotto, poichè i mercanti fanno resistenza e vogliono essere pagati al prezzo corrente e alla consegna, egli va con la scorta al “Fosso” e, aperti o scassati i magazzini, si impadronisce del grano 177*.
Arrivano un centinaio di nuovi forzati con due “barcaccie e sandali” per incrementare il lavoro di costruzione del porto e lo scavo ed il trasporto delle pietre da Capo Colonna 178*.
Nel 1759 si ripete la penuria 179* con grave danno per i coloni ed i piccoli proprietari 180*.
Mentre i mercanti tardano le consegne per spuntare prezzi migliori 181*, temporali con forti venti danneggiano i bastimenti 182* e mettono fine alla lunga siccità. Inizia un inverno burrascoso 183*.
Aboliti molti privilegi e diminuita la ricchezza degli ecclesiastici, dalle nuove disposizioni anticuriali, cresce il potere dei mercanti e degli usurai, i nuovi padroni della città. Essi, in combriccola con sindaci ed eletti, non fanno tassare “secondo l’equità e giustizia ma con danno notabile al Pubblico e massime delli poveri” 184*.
Affittano i territori “la metà più” del valore catastato 185*, il denaro che hanno impiegato in grano, orzo e formaggi, che non è meno di centomila ducati, lo dichiarano per trentamila, nascondono il guadagno delle vendite, non denunciano le entrate ed evadono le tasse di compra-vendita per conto di terzi 186*.
Renitenti al pagamento delle imposizioni universali 187* con costose e lunghe liti e la complicità dei potenti 188* tentano di costringere i cittadini a rinunciare ai diritti 189*, ma non sempre ci riescono 190*.
La raccolta del 1760 fu “ubertosa” 191* anche se non del tutto soddisfacente 192*
Ad un’estate caldissima, con improvvisi e violenti temporali 193*, seguirono un autunno “infuocato” ed una magra vendemmia 194*.
A gennaio le campagne nude per la mancanza delle piogge 195* furono coperte da copiose nevicate,che imbiancarono le marine, spazzate “dall’orridezza de’ venti” 196* con grave moria del bestiame 197*. Sopraggiunse una memorabile aridità.
Per “la siccità dell’acqua, e mancanza dell’erba tutte le mandre hanno patito” 198* e nelle campagne muore il frumento.
In primavera, “perché in questo corrente anno li seminati fattovi sono malamente riusciti per la mancanza delle piogge e secondo l’apparenza poco frutto si potrà raccogliere”, i coloni cercano di rescindere i contratti di fitto, di annullare gli impegni di vendita 199* e di dilazionare i pagamenti 200*.
Arriva maggio e “invece di portare a maturare li frutti delle biade, si vedono giornalmente andar mancando”. Alcuni fittavoli al primo anno di semina rinunciano al raccolto lasciando al padrone “tutti li sementati in essi esistentino e con tutte le colture”201*; altri, persa “la semenza, fatiche e bovi già morti in gran numero”, sono ridotti in miseria 202*.
“Per la generale fallenza e sterilità … in una annata cotanto calamitosa che non si fa raccolta di grani” 203*, essi non riescono a pagare i debiti ed a nutrire le famiglie. Minacciati di rovina e carcerazione, sono costretti ad impegnare o svendere i pochi averi agli usurai, tra i quali spicca Fabrizio Suriano 204*.
Al fallimento dei contadini del Marchesato si aggiunge l’indebitamento dei proprietari di terreni e di mandrie.
Il marchese di Valleperotta Carlo Berlingieri, colpito da più anni nelle sue industrie e “per caggion di grossi danni sofferti specialmente … per la fallenza del raccolto che non percepì frutto alcuno de suoi sementati che della generale mortalità de suoi armenti” deve ricercare un accordo con i numerosi creditori 205* dai quali ha ottenuto la caparra in cambio della promessa dei prodotti 206*.
Anche i fornitori di pasta di liquirizia cercano di evadere le consegne 207* e la produzione del formaggio risulta la metà dell’anno precedente 208*.
Arriva l’autunno e per poter seminare si devono stipulare contratti capestro 209*.
Molte gabelle rimangono sfitte e incolte con grave pregiudizio 210* per la rendita ed il commercio 211*
Il raccolto del 1762 non fu come le attese 212* anzi fu peggiore del precedente 213* e gravò ancor più i coloni che per le annate “calamitose e scarse” rischiano la carcerazione 214*.
Violenti burrasche dall’autunno 215* si prolungano fino a primavera 216*con inondazioni e danneggiamenti al bestiame ed alle colture 217*.
Con la bella stagione riprendono vigore, sotto la guida dell’ingegnere Gennaro Tirone 218* e del capomastro Salvatore Mazza, i lavori di costruzione del porto 219*.
A fine maggio improvviso arrivò il gelo che rovinò le biade 220* e subito lievitarono i prezzi 221*.
Dopo il pessimo raccolto giunge il tempo dei pagamenti ed i contadini fuggono o finiscono in carcere 222*.
La certezza della scarsità e l’imminente pericolo di una pestilenza creano il panico nella popolazione indebitata.
Per proteggere la città dal tifo petecchiale 223*, si costruisce un casino “con sua loggia tutta stacchiata a due registri”, per poter rifornire di viveri le navi in contumacia senza pericolo per la pubblica salute 224*.
Il 15 agosto veniva eletta la nuova amministrazione cittadina e ai primi di settembre uscì la voce a carlini 12 e grana 8 e 1/3. Prevedendosi la carestia il 18 settembre l’università stabilì che occorrevano 10.000 tomolate di grano per assicurare il pane alla città fino al nuovo raccolto e formò il ratizzo delle tomola che dovevano versare all’annona i mercanti, cittadini e forestieri, che avevano magazzini in città. Non si accumulò la quantità stabilita. Molti mercanti erano pronti a speculare e, corrompendo, ottennero, con provvisioni della regia camera e con ordine della udienza di Catanzaro, di essere esentati dal fornire la loro parte e di non essere impediti nell’estrazione. Così delle oltre 10.000 tomola se ne racimolarono solo 7.000 225*.
Poichè i prezzi dei cereali salivano, a novembre dispacci reali li fissarono a carlini due più della voce, con rigorosissime pene per i trasgressori e per coloro che avrebbero rifiutato di vendere, si ordinò inoltre di fare le rivele dei grani presenti nei magazzini, così gran parte fu imboscata.
A Cutro la corte principale aveva accolto la richiesta dell’università di vietare l’estrazione del grano nato nel suo territorio 226*, ma ai primi di dicembre arriva l’uditore con alcuni acquirenti di Catanzaro.
Dato ordine che ognuno rivelasse il grano che teneva, egli fa girare per Cutro i compratori con soldati e testimoni, “per far incorrere alla pena delli regii editti tutti coloro che negavano la vendita di detti grani”.
Comprati così forzatamente circa 700 tomoli di grano, subito li manda con carri a Catanzaro 227* poi va a Crotone.
Qui la situazione si aggravava, sia perchè si alimentavano i numerosi forestieri che lavoravano nelle vicine campagne, sia perchè il grano, ammassato per l’annona, non era stato panizzato ma rivenduto fraudolentemente in natura e quel poco pane che si era fatto, se ne era fatto commercio con i paesi vicini o ne avevano usufruito le famiglie facoltose legate ai governanti. Non trovandosi grano, il re il 31 dicembre accoglieva la richiesta fattagli dall’auditore F. Labanchi di vietare l’estrazione di 4500 tt.a di grano, destinate alle truppe di Messina, ed ordinava di metterle sul mercato per alimentarlo.
Ne approfittava l’università che pochi giorni dopo deliberava di acquistarlo tutto per l’annona al prezzo di 2 carlini più della voce, prezzo stabilito dal dispaccio reale, decidendo anche di venderne una parte “a minuto per i poveri bisognosi della città” 228*.
Ormai il grano si acquista solo in contanti e la fame incalza. Interviene presso i mercanti il sindaco dei nobili che riesce a far vendere “a credenza” alcune quantità di grano “secondo la qualità delle persone” 229*.
La situazione peggiora e cominciano a morire e ad essere uccisi gli animali. A fine gennaio il governatore ed i sindaci sequestrano orzo ed avena ad un bastimento, che per il maltempo si era rifugiato nel porto, per poter sfamare le mule ed i cavalli rimasti e consentire la macina del grano poichè in città “non ci sono molini d’acqua ma tutti gentimoli” 230*.
Mentre nei luoghi vicini le università, per assicurare il pane ai cittadini, continuano a sequestrare grano, dal castello partono due compagnie di soldati per sedare i tumulti di Monteleone dove la popolazione affamata si è ribellata.
Dal porto per paura, che per la protesta popolare non “sopravenisse qualch’ordine pello disbarco de grani”, i bastimenti, pur non avendo il carico al completo, tolgono l’ancora per Napoli 231*.
Continua l’estrazione di grandi quantità di cereali ma la popolazione non ha di che sfamarsi.
All’inizio di febbraio (1764) sale la protesta con i primi assalti ai magazzini.
I Rossanesi “d’ogni stato e condizione”, ben armati, scassati i magazzini a Torretta nella marina di Crucoli, trasportano per terra e per mare il grano in piazza a Rossano dove viene venduto pubblicamente 232*.
A Crotone rimanevano all’annona solo 1100 tt.a di grano. L’acquisto delle 4500 tt.a era stato momentaneamente sospeso per l’opposizione del proprietario che facendo pressione sul re aveva ottenuto che, pur rimanendo il divieto di estrazione, il grano non potesse essere venduto fino a nuovo ordine.
Era stata abolita la limitazione del prezzo di vendita del grano che il re aveva stabilito ed il grano, ritornato sul mercato, a prezzi altissimi ben presto andava ad esaurirsi “per la gran concorrenza de bastimenti e forastieri”: Rimanevano soltanto alcune migliaia di tomola di grano nei magazzini di alcuni mercanti del Fosso.
Carlo Minieri, segretario della regia udienza di Catanzaro, arriva a Crotone e accertata la quantità di grano, ne impedisce sia l’imbarco che la pubblica estrazione. Sentendosi le funeste notizie di quello che succedeva in diversi luoghi del regno, per tranquilizzare la popolazione, viene proposto un nuovo ratizzo per l’annona cittadina di tomola 2200, pari alla decima parte dei grani accertati.
L’università elegge alcune persone del primo e del secondo ceto perchè vigilino e costringano i proprietari a consegnare il prefissato 233*.
Quest’ultimi, mentendo e imboscando 234*, accelerano le vendite, eludendo il sequestro.
Furtivamente il grano di notte lascia con le condotte i depositi per gli imbarchi e le montagne 235*.
Mentre i mercanti per fini speculativi rifiutano di consegnare il grano ratizzato e ricorrendo in Regia Udienza ottengono di farne l’uso che vogliono, un subalterno rimisura il grano nei magazzini e ne trova la metà di quello presente pochi giorni prima. Su pressione popolare l’università decide di comprarlo tutto per l’annona e tenta di accordarsi con i mercanti che fingono di accondiscendere.
Poichè il popolo non si fidava si adottò l’espediente di far consegnare le chiavi dei magazzini in mano a Francescantonio Sculco, nobile “circospettissimo ed onestissimo”. Fatto uscire dal tetto e da altre parti dei depositi, il grano di soppiatto veniva venduto a prezzi sempre più esorbitanti.
Il 25 febbraio mentre pubblicamente il governo cittadino dibatteva sul prezzo da dare ai mercanti, arriva la notizia che si sta estraendo da un magazzino del Fosso.
Sospesa la seduta ed accertato che numerosi animali erano pronti a partire per Nicastro, si sequestra il carico e lo si porta in città.
Il popolo reclamava che tutto il grano fosse preso e portato dentro le mura. I governanti trovavano nuovi espedienti per calmarlo, aggiungendo nuovi catenacci e sollecitando i mercanti a consegnare le chiavi.
Correva voce che nella notte dovevano arrivare 45 carri, ognuno con due armati, e continuava ad andare a vuoto il bando di consegna delle nuove chiavi anzi si trovarono che alcuni magazzini erano senza maschiature perchè anche le vecchie erano state tolte dai proprietari.
Poichè i mercanti, “congregati in un scandaloso monopolio a guisa di tanti Dardanarii con far incetta di grani, e seccando ogni rivolo della Divina Munificenza, an fatto alterare i prezzi de grani, in guisa tale che an recato un gran scandalo ad ambedue le province di Calabria”, continuano ad
evadere le consegne e trovandosi la “città nel deplorabile stato che si sentono moltissimi luoghi di q.sta e dell’altre Prov.e e di quasi tutto il Regno”, la mattina di domenica 26 febbraio, su ordine del regio governatore i deputati eletti dall’università, costretti da una folla sempre più inferocita, fatto bandire vanamente per tre volte l’ordine di consegnare le chiavi dei magazzini altrimenti si procederà con la forza, si portano al “Fosso” e, scassati i magazzini sospetti di traffico illecito, requisiscono il grano 236*, lasciando ai proprietari il sufficiente per l’uso familiare e per la semina.
Troppo tardi, il grano è quasi del tutto sparito 237*.
Pochi giorni dopo arriva l’avvocato fiscale della Regia Udienza per vagliare le proteste dei proprietari e vedere se poteva approvvigionare altre città bisognose. Visto che il grano preso dai cittadini era appena sufficiente per il loro sostentamento non impose la restituzione e se ne ritornò a Catanzaro.
Entrò marzo con piogge dirotte e nevischio mettendo in pericolo i seminati che il sereno e caldo febbraio aveva prematuramente fatto germogliare.
Il grano, che era trattato a carlini 24 il tomolo 238*, balza prima a ducati 4 e mezzo e subito dopo a 5 e mezzo 239*.
Ormai in città non si macina più per mancanza di animali. Il grano requisito per il pubblico pane parte è dolosamente venduto 240*, parte è scortato nei mulini ad acqua.
Le popolazioni dei paesi vicini, affamate e “armate di scopette, mazze ed altri sorti d’istromenti”, assaltano i mulini di Corazzo 241* ed i convogli con i cereali che escono dalla città 242*.
Il prezzo cresce ancora 243*; la fame spinge gli abitanti dei paesi ad accorrere presso i magazzini della città dove alcuni, cercando di alimentarsi, lasciano violentemente la vita 244*.
Più volte viene il Preside con armati per cercare cereali per Catanzaro e altri luoghi; a metà maggio Crotone è una delle poche città dove si può ancora trovarne 245*.
Anche da lontano e spesso inutilmente giungono le delegazioni 246*.
A volte riescono con la violenza e a caro prezzo a trovarne un po’ che poi scortano per non essere depredate 247*.
“Multi exteri his mensibus ob summam frumenti penuriam hic mendicantes fame periuntur, quia nomen et cognomen eorum ignoratum fuit” 248*.
Tutti attendono il nuovo raccolto, che si annuncia buono.
Dopo una primavera con improvvisi temporali 249*, si affaccia la “staggione in cui l’aere s’infetta e ne produce i suoi soliti funesti malori” 250*.
I magazzini del Fosso si riempiono, arrivano i procuratori dei mercanti napoletani che si accaparrano il grano, impegnandosi a pagarlo ad un carlino più del prezzo della voce che verrà stabilita a fine mercato 251*.
Gli incaricati dell’università annotano le quantità ed i prezzi di compra e di vendita per poter stabilire la voce 252*e tra furti e frodi riprende il commercio 253*.
Con l’autunno ritornano i fortunali che ostacolano i bastimenti che caricano al porto e quelli che dalle Puglie trasportano gli alimenti a Napoli 254*.
Le messi nel 1765 furono abbondanti 255* anche se una improvvisa gelata all’inizio di aprile aveva seccato le gemme e fatto lievitare i prezzi dell’olio e del vino 256*.
Dopo un autunno piovoso 257* il 1766 si affacciò freddo e nevoso; seguì una primavera arida, presagio di imminente sterilità.
Rialza il grano; prima del raccolto è a carlini 16 il tomolo 258*.
“Li seminati tutti fallirono e particolarmente il Marchesato che quasi tutto restò di mietere e quel poco di grano che si fece è del tutto secco” 259*.
Il sindaco, per assicurare il pane, vieta l’esportazione del grano prodotto sul territorio cittadino e procede a sequestri 260*. Il costo del cereale, di qualità scadente, giornalmente aumenta e già alla metà di settembre vale 18 carlini il tomolo 261*.
Il prematuro arrivo di venti freddi e “furiosi” annuncia il gelido inverno 262*.
La penuria tiene alti i prezzi e le violenti piogge ed i venti gelidi si prolungano fino alla soglia dell’estate prospettando un raccolto tardivo e pessimo.
In previsione del ripetersi della carestia, già a maggio si stipulano i contratti per la fornitura del nuovo raccolto ed il cereale è scambiato a carlini 4 al tomolo più della voce 263*.
Verso la metà di maggio (1767) arriva al porto con una speronara Johann Hermann Von Riedesel.
“Cotrone… è la città più infelice dell’Italia e forse del mondo tale che essa non conta più di cinquemila anime… Il re vi fa costruire un porto e sono ormai parecchi anni che si lavora; la spesa ascende circa a centottantamila ducati napoletani, e intanto le navi non trovano sicurezza per gettare l’ancora nè per difendersi dai venti, sicché è evidente che il re è stato tratto in inganno” 264*.
Terminata dopo molti anni con un accordo la lite sull’accatastamento di sei corsi con la confinante Isola 265*, l’università di Crotone proseguiva nel tentativo di rivendica delle terre demaniali usurpate 266*.
L’annata 1967 fu misera e pessima e già alla fine di agosto la maiorca è trattata a carlini 19 il tomolo 267*.
Il ripetersi di scarsi raccolti giova i contrabbandieri e gli strozzini 268* e colpisce gli industrianti 269*. Favorisce la città a scapito dei paesi 270*.
Molti coloni sono in carcere o ricercati 271*, altri, indebitati per più anni 272*, devono fuggire da paesi, immiseriti dalle tasse e dagli usurai crotonesi 273*.
Gli imboscatori, ai quali nel febbraio 1764 i deputati dell’università avevano fatto scassare i magazzini e sequestrare il grano per l’annona, vengono premiati. Essi,dopo aver ricorso alla regia udienza provinciale e in regia camera della sommaria, costringono l’università di Crotone a pagar loro il grano al prezzo corrente al momento del sequestro ed in più le spese sostenute per la lite 274*.
La fame ed il tifo hanno spopolato 275* ma a Crotone l’attività edilizia è in piena espansione. Il mastro Pasquale Juzzolino, essendoci forte richiesta di materiale edile, costruisce una fabbrica per la produzione di ceramidi e mattoni 276*, edifica magazzini 277* e palazzi ed acquista piccole case che, rifatte ed ampliate, rivende 278*.
Con i soldi accumulati grazie alla carestia, i padroni ingrandiscono i loro palazzi 279*, occupando i pochi suoli liberi all’interno delle mura 280* e attratti dalla salubrità dell’aria, dalla ricchezza di acque sorgive e dai celebri resti 281*, costruiscono dei casini di villeggiatura a Capo Colonna 282*.
Il proseguimento dei lavori del porto richiama in città molti forestieri che favoriscono la nascita di nuove attività e non mancano tentativi di rinnovamento culturale 283*.
Crescono gli affitti e per la carenza di luoghi vuoti, l’abitato si dilata verso le mura.
Presso la porta, da una parte e dall’altra, lungo la strada maggiore di S. Francesco d’Assisi 284*, dietro la torretta o magazzino delle munizioni 285*, dirimpetto alle “scale della casa della Regia Corte ed al portone del palazzo vescovile” 286*, sotto il torrione dell’orologio 287*, accanto e nella piazza di fronte all’ospedale, nel luogo detto “il sedile delli massari” 288*, in poco tempo, sorgono numerose botteghe appoggiate alle mura 289*, altre si rinnovano e si elevano gli edifici 290*.
Le numerose concessioni di suoli pubblici, dentro e lungo le mura, gestite dal Fondo della Separazione de Lucri Reali aiutano il commercio 291* e l’attività edile 292*.
Parti della cinta, inutili per le mutate condizioni militari, ed edifici, dismessi da anni, sono ceduti a privati che li trasformano in botteghe, casamenti 293*, magazzini 294* o vi allargano le dimore 295*.
Luoghi incolti e solitari diventano orti e giardini con “fogliame”, “fiori e alboretti” 296*
Sulla spiaggia a Capo Colonna è piantata una tonnara, gestita da una società composta dal marchese di Apriglianello, Giuseppe Maria Lucifero, e da Francesco Antonio Zurlo 297*.
Ai due si associa Annibale Montalcini che poi cede parte della quota al marchese di Valle Perrotta, Carlo Berlingieri 298*.
Fornita di ancore, barche e attrezzi necessari ed edificati alcuni magazzini, casette ed altre comodità tra le quali una “taverna con alcuni camerini” 299*, nel maggio 1771 la tonnara entra in attività sotto la guida di un rais e alcuni marinai di Pargalia 300*.
“Non ostante le grandi spese fattevi e danaro impiegato invece di esser fruttuosa è stata molto dannosa non essendosi ricavato dalla pesca fattasi ne pure il quarto” e la società dopo tre anni è di fatto sciolta 301*.
Al maltempo e ai parassiti 302* si uniscono i nuovi vincoli burocratici che impedendo l’esportazione del grano colpiscono la speculazione 303*.
La mancanza dei coloni “cosentini” che trovano più conveniente la coltivazione del “germano” in Sila, riduce in pochi anni ad un quarto la produzione del grano del Marchesato 304*. Su molti terreni i pastori prendono il posto dei seminatori. L’affitto dei terreni a pascolo e la pastorizia sono divenuti più redditizi.
Si ripetono raccolti scarsi 305*. Nel 1772 il maltempo causa difficoltà e danni alla navigazione 306*.
Il succedersi di annate calamitose ed i pochi terreni a grano 307* accrescono la miseria 308* e mettono in difficoltà i primi pastifici 309*.
Il vaiolo e la malaria fanno ristagnare la popolazione 310*. Parte del territorio non più arato si è inselvatichito, parte è diventato pantanoso per le riccorrenti inondazioni causate dal disboscamento della Sila 311*.
D’estate i possidenti lasciano la città e vanno a villeggiare nei nuovi casini accanto ai quali hanno costruito magazzini, abitazioni e chiese rurali per comodità delle loro famiglie e per quelle dei coloni e di quanti stabilmente vi lavorano 312*.
Nelle magre annate 313* 1775 e 1776 i morti superano i nati 314*. L’anno dopo, per un’epidemia del bestiame, il vescovo supplica il papa a concedere l’indulto di poter mangiare latticini e uova in quaresima essendo “i salumi generalmente scarsi, notabilmente più cari del solito e di mala qualità e perciò anche nocivi alla salute” 315*.
Sempre più la città di Crotone si differenzia dai paesi vicini, abitati quasi solamente da braccianti e massari ai quali nella presila si aggiungono i custodi di armenti. La città è in mano ad un gruppo di nobili e usurai, con interessi su tutto il Marchesato, che si spartiscono favori e beni comunali 316*. Opera un robusto ceto cittadino composto da artigiani, bottegai, esperti nel trattamento e nella commercializzazione del grano e del formaggio e dagli addetti al servizio del porto 317*.
La vita è scandita dagli obblighi. Dopo Carnevale arriva Pasqua con la seconda rata dell’affitto sugli orti, sui giardini 318*, sulle case 319* e sulle botteghe. Poi la fiera della Madonna del Capo e San Giovanni dell’Agli, terza domenica di maggio, con il pagamento annuale dei terreni a pascolo 320*. Il primo giugno inizia l’affitto annuale dei magazzini 321*. Fatto il raccolto ecco il giorno della Maddalena, ventidue luglio, con il pagamento del grano preso a prestito per seminare 322*. Quindi il 15 agosto con la terza ed ultima rata dell’affitto sugli orti e sui giardini e l’ inizio dei fitti dei terreni a semina e a pascolo, dei giardini e degli orti. A Molerà, otto settembre, scade il pagamento annuale delle gabelle con fitto triennale a semina o ad ogni uso 323* ed il 13 settembre i fitti sulle case e sulle botteghe con il pagamento della terza ed ultima rata, fitti iniziati il 14 dell’anno precedente con la prima rata. Dopo la semina, a Natale si paga la prima rata dell’affitto sugli orti e sui giardini.
Protetta da altissime mura e da un forte castello 324*, l’agguerrita guarnigione sorveglia una città dove ai pochi residenti si aggiunge un gran numero di coloni e custodi di animali armentizi, vaccini e pecorini, che all’inizio dell’inverno con i loro aiutanti calano dalle montagne.
Eretti pagliari, capanne e altri ricoveri e mandrie per gli animali, essi rimangono nel piano fino alla tarda primavera 325* quando i padronali o custodi di mandrie, con curatoli e caporali, dopo aver affittato le difese ed assunto i pecorai, anticipandoli grano, scarpe e bisognevole, salgono in Sila con i loro armenti e con quelli avuti in custodia dai nobili 326*, che pagano il servimento 327*.
Ai pastori ed ai lavoratori dei campi si aggiungono i marinai dei bastimenti, “che vanno e vengono in questo porto”, gli equipaggi dei reali sciabecchi, che inseguono gli ultimi corsari barbareschi 328*, ed i pescatori amalfitani e pugliesi 329* con le loro barche 330*.
Alcuni galeotti 331* sono nel quartiere dei forzati, addetti al “travaglio del porto” 332*; altri trecento a Capocolonna assieme a “individui asallariati” sotto la guida del capomastro Saverio Viviano 333* tagliano le petriere 334*, sorvegliati da una cinquantina di soldati 335*.
L’opera, soggetta a continui insabbiamenti, si trascina tra frodi 336* ed inganni sotto la direzione dell’ingegnere Gennaro Tirone e di suo nipote 337*.
Dopo la raccolta la città diventa deserta. A causa dell’insalubrità dell’arie che colpisce specie i forestieri 338*, il piano è abbandonato durante l’estate e l’autunno 339*.
La malaria spopola gli abitati prossimi alle acque stagnanti.
Santa Severina “civitas quondam Nobilis, Populoque frequens, in presentiarum vero civitatis tantummodo servat nomen, quo incertu fato pene ad desolationem diminuta, civibusque destituta, cum octingentos circiter cives solum enumeret, nisi coeli, aerisque gravitas culpanda veniet” 340*. Si susseguono inverni con micidiali infezioni 341*.
Per prevenire disturbi e sollevazioni per mancanza di pane i sindaci nella primavera 1780 sequestrano il grano che si sta imbarcando 342*.
In espansione è il commercio della pasta di liquirizia. Raffaele Suriano costruisce due nuovi conci 343* e colloca il prodotto anche nei mercati esteri 344*.
Nonostante una accurata vigilanza 345*, una epidemia iniziata nell’autunno 1781 si prolunga 346*. Grandi e continue piogge autunnali nel 1782 causano allagamenti e danni 347*. Il 5 febbraio 1783 la Calabria è scossa.NOTE1. Famiglie aggregate al sedile di S. Dionigi: Alessandro Albani fu Annibale, Domenico e Carlo Blasco, Michele Castillo fu Antonio, Francesco Gallucci, Valerio Grimaldi, Nicola Marzano, Giuseppe Antonio Oliverio, Domenico Rodriguez, Francesco Antonio Sculco, Giovanni Duarte, Pietro Zurlo, Diego Tronca, Nicola Milelli, Rocco Susanna, Pietro Ipolito de Berlingieri, Pietro Silva, Giovanni Bartolo Galasso e Carlo Ventura, Vaccaro A., Kroton, Cosenza 1965, I, pp. 408-409.
2. ANC. 911, 1737, 5v-6.
3. Il sedile di S. Dionigi era ormai composto solo dai componenti delle famiglie Amalfitani, Pipino, Barricellis, Presterà, Montalcini, Suriano, Berlingieri e Lucifero, Presterà G., Note araldiche sulla nobiltà generosa di Cotrone, Calendario d’oro, Roma 1897.
4. ANC. 911, 1737, 5v-6.
5. Rinunciano di appartenere al secondo ordine alcune famiglie che, rivendicando possesso di suffeudi e ascendenza nobiliare, rimangono fuori seggio piuttosto di aggregarsi con famiglie popolari, ANC.665,1738,37v-39.
6. Alcuni patroni caricano olio e cereali a Gallipoli per Napoli. Avvisati dai padroni dei carichi, aspettano la tartana corsara del capitano Donato Cafiero che li accompagna fino a Crotone da dove verranno scortati a Napoli dalla nave armata a guerra del capitano Nicola Vignola, ANC. 793, 1736, 15-16.
7. I turcheschi nell’estate 1736 sbarcano da tre galeotte nelle marine di Strongoli e di Simeri rubando frumento e facendo schiavi. Messi in fuga dai paesani, assalgono una tartana ma sono respinti dai soldati che erano nella nave, i quali catturano una galeotta turca, uccidono 20 pirati ed altri 13 catturano, perdendo 5 soldati, Nunz. Nap. 196, f.81.
8. Nell’aprile 1736 per sostenere l’”incursione che vien minacciata da Turchi” si rifornisce di munizioni l’artiglieria del forte delle Castella, ANC. 665,1736,58-61.
9. Nunz. Nap. 196, ff. 94, 117, 227v.
10. Nel 1733 O. La Piccola e D. Doppido prendono in fitto per tre anni da F. C. Berlingieri delle gabelle, il primo anno franco a “maesare” e gli altri due a semina. Nel primo anno di semina, “perchè non torna conto raccogliere per la sterilità che si prevede”, ricorrono “all’uso e municipale legge di questa città”, e rilasciano i seminati al proprietario in estinzione dell’affitto, Reg. Ud. 429, fasc. V,1761, A.S.CZ.
11. Il 28.10.1736 naufraga per una tempesta nella marina di Manna loco d.o li Civiti la barca di B. Blasi di Taranto, ANC. 840, 1738, 5; Nel settembre 1737 una tempesta fa naufragare due tartane nella marina di Strongoli, Nunz. Nap. 198, f. 179; Nel gennaio 1738 affondano nella marina di Crotone due tartane, Nunz. Nap. 199, f.22.
12. “Coeli intemperies in tota Diocesi, prasertim aestivo et autumnali temporibus cui immaturae episcoporum mortis fatum extremum attribuitur”, Rel. Lim. Umbriaticen., 1735; Isola “civitas cuius aer est crassus, et concretus, et ob eius incostantiam valde insalubris”, Rel. Lim. Insulan., 1741; Cerenzia “sita in loco sulfureo et pessimi aeris, praesertim tempore aestivo et autumnali quam ob causam Episcopus ibi residere nequit”, Rel. Lim. Cariaten. Geruntinen., 1733.
13. Liber Mort. cit.
14. ANC. 1063, 1744, 70v.
15. Tra il 1739 ed il 1744 vengono costruiti i 4 magazzini di Dionisio Ventura (1739), i tre dei certosini di Rocca di Neto (1741-1742), i cinque di Giuseppe Grasso (1742), i due dell’arciprete Rinaldi (1742), quello di Domenico Giglio (1743), i due di Girolamo Cariati (1744), quello di Gio. Contestabile di Scandale, di Andrea Scicchitano ed i due di Domenico Rodriguez, Platea della Mensa Vescovile, Cotrone 1780- 1781, ff. 18-22, AVC.; Anc. 912, 1744, 77v-78; M. Messina chiede di poter costruire un magazzino sul vignale di S. Francesco di Paola vicino all’orto del Biviere, terreni della mensa vescovile sui quali già sorgono 18 magazzini e che si trovano da una parte e dall’altra alla via pubblica che va al convento dei paolotti, ANC. 860, 1759, 480-487.
16. Nel 1741 un vignale del beneficio dell’Immacolata Concezione presso “li furchi” è concesso ad annuo canone perpetuo a D. A. Farina, P. Asturelli e F. Gallucci perchè possano costruirvi 12 magazzini, ANC. 911, 1741, 18-21; 854, 1746, 38-40.
17. La chiesa viene ridotta alla sola nave, chiudendo l’ala in cornu epistolae. La cappella, fondata al tempo della costruzione da Garretto Berlingieri, è trasformata in magazzino, ANC. 911, 1742, 73-77.
18. I frati nel maggio 1743 chiedono di utilizzare duc. 50 per completare i lavori perchè così in breve tempo ritorneranno in possesso della somma col ricavato dei nuovi magazzini, ANC. 666, 1743, 61-62.Nel 1749 G.A. Oliverio, barone di Paparone e di Crepacuore, vi costruisce la cappella di famiglia sotto il titolo di S. Francesco di Paola, collocandovi la statua del santo che si trovava in una nicchia, ANC. 668,1749,90-92.
19. Lunga lite tra i La Piccola e D. Greco i cui palazzi sono vicini. I La Piccola hanno elevato un muro occupando “l’aere che riceve da una delle finestre del quarto inferiore” il palazzo del Greco, ANC. 916, 1764, 149v-152; Lite tra i Messina ed i Duarte. I primi vogliono elevare la casa ma i Duarte lo impediscono perchè verrebbero privati della vista del mare e dei monti,ANC. 1125, 1755, 119-120.
20. ANC. 911, 1739, 19v-20.
21. L’università concede a D. Tirioli un terreno demaniale attaccato alla casa nel luogo il Cavaliero perchè possa costruirvi una scala che conduca al nuovo quarto superiore, ANC. 913, 1751, 88-91; A. Grasso costruisce un quarto superiore alla sua casa al largo del castello ed ottiene dall’università un pezzo di terra pubblica per fabbricarvi le scale, ANC. 854, 1746, 46.
22. Una volta le case dei Tirioli “erano tre bassi e tre camere di sopra e fra queste e quelle di Cirrelli vi era una via larga che vi si giocava alle smarre.. ed alla punta di dette case vi era la timpa ed immediate a questa vi era un casaleno lungo”. Su ordine del decano Sisca esse furono demolite e rifabbricate “a nuova pianta di palazzo includendovi dette case e casaleno e fattone un palazzo”, ANC. 912, 1745, 11; Il mercante G. Orsini, comprato da G. Giunti un palazzo che fu del decano Sisca, vicino alle mura della città ed alla “porta secreta della Piscaria”, lo riduce all’”uso moderno”, ampliandolo ed innalzandolo, ANC. 915, 1762, 46; 912, 1747, 16; 1128, 1762, 193-194.
23. G. Montalcini allarga in forma migliore il suo palazzo in par. del SS. Salvatore, ANC. 1128, 1762, 66v; F. De Vennera alza alcune casette e le fa uniformi ed uguali al suo palazzo per renderlo “magnifico”, ANC. 1125, 1756, 369-370; Il marchese F. Lucifero allarga il palazzo comprando parte delle case confinanti dei De Vite. Il figlio G.M. Lucifero acquista la parte restante e la aggrega,ANC. 912, 1745, 74-78; Catasto Onciario Cotrone, 1793;B. Suriano smantella una casa palaziata dotale in par. di S. Maria P., compra altre case vicine e fa edificare un gran palazzo, ANC. 1343, 1770, 78v.
24. I fratelli Suriano dopo aver rifabbricato “all’uso moderno” il loro palazzo sito a “li rivellini”, riedificano ed allargano la vecchia rimessa per uso di stalla al “modo moderno”, ANC. 912, 1746, 64v-65.
25. F.A. Sculco compra ed abbatte due casette e poi ha “molto più ampliato ed ingrandito con nuove fabriche ed adornato con molti mobili moderni e ricchi” il suo palazzo in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, ANC. 857, 1754, 445v.
26. Lunga lite tra D.A. Farina ed i Monteleone, i quali nel restaurare e modernizzare la loro casa sono costretti a non alzarla oltre un certo livello ed a mantenere il fabbricato entro certe misure, ANC. 1266, 1753, 100-103.
27. D. A. Farina acquista nel 1738 dalle clarisse le “case di Nola”, confinanti a tramontana con la strada e chiesa del SS. Salvatore, a levante via mediante con le mura della città, a mezzogiorno con largo del castello e a ponente con le case del fu parroco Carlo Bonelli, ANC. 911, 1738, 23-30; Catasto Onciario Cotrone 1743; Le case di Gio. Batt.a di Nola, confratello della confraternita del Rosario, passarono al monastero di S. Chiara per dote della sorella Lucretia de Nola, ANC. 117, 1622, 31; 119, 1641, 24; 119, 1643, 69-70.
28. A. Vigna fitta a pascolo le terre di Buggiafro della mensa vescovile ma vuole lo sconto perchè dieci tomolate sono occupate da F. Trapasso che vi ha impiantato olivi e fatto una “privata chiusura”, C. 117, s.d., AVC.
29. I fratelli Soda possiedono il territorio di Carbonara che è composto da terre aratorie e “parte alberato di olive”, ANC. 1130, 1770, 110; 857, 1754, 443-452; F.A. Sculco disbosca parte di Jannello e vi fa una chiusura con giardini e piante di olivi e da frutto, ANC. 1129, 1767, 13; Il vescovo di Umriatico D. Peronacci disbosca due fondi incolti e li trasforma in oliveto ed agrumeto, Rel. Lim. Umbriaticen., 1753, 1771.
30. I Crotonesi godevano diritto di pascolo sui vasti territori di Isola (Buggiafaro, Li Pozelli, Domine Maria, S. Andrea, Forgiano ed il Bosco) ma ne erano impediti perchè gran parte di essi erano stati convertiti in vigne ed oliveti e circondati da fossi, ANC. 854, 1746, 30-34.
31. Nell’autunno 1736 alcuni massari vanno nelle gabelle Volta della Corte e Volta del Salico in territorio di Rocca di Neto per seminarle e trovano che erano state allagate dal fiume Neto, ANC. 911, 1743, 156; Alla foce il fiume aveva cambiato corso infatti la gabella Vitetta confinava con il fiume Neto e con Neto Vecchio e quantunque si trovasse al di là del fiume apparteneva al territorio di Crotone, ANC. 912, 1747, 8; Catasto Onciario Cotrone 1743.
32. “Fluvius excurrit, quem Brausium vocant, ipse lentus et lacunosus, qui aestate graves, crassosque emittit vapores, humanis corporibus infestos. Quod malum etiam ipsi cives, dum linum in eo macerare consueverunt”, Rel. Lim. Strongulen., 1747, 1749.
33. Gli abitanti di Papanice si oppongono ad alcuni governanti che, dopo aver indebitata l’università, vogliono ora alienare e ipotecare i due territori dell’università: il Prato e la Botte, i “quali da loro Antennati furono sempre con gelosia conservati senza averne voluto far uso nemeno nel tempo del grande bisogno come fu quello della ricompra del Regio Demanio nell’anno Mille Seicento trenta sette”, ANC. 912, 1747, 180-181.
34. Lite tra il marchese Doria, barone di Tacina, ed i Gesuiti vertente “se da dieci anni a questa parte” alcune gabelle dei Gesuiti del corso di S. Leonardo, ricadenti nella giurisdizione della baronia di Tacina, si aprissero o si sbarrassero ogni primo maggio, ANC. 584, 1741, 9.
35. Lite tra l’arcivescovo di S. Severina ed il commendatario di S. Angelo de Frigillo sul diritto di esigere le decime sulle terre di Terrata e Camerlingo, Rel. Lim. S. Severina., 1750; Il barone Pignatelli non riconosce al vescovo di Strongoli D. Morelli il diritto di esigere le decime sui corsi Virga Aurea, S. Mauro, Serpito e Zuccaleo. I capimandra delle pecore che pascolano a Serpito e S. Mauro rifiutano di pagare il “jus decime” all’economo del vescovo. Quest’ultimo si rivolge al governatore che invia il mastrogiurato con armati che si prendono 68 agnelli e 36 forme di formaggio per il diritto di decima ed altri 2 agnelli, 4 forme di formaggio e 24 ricotte per la loro giornata. Pochi giorni dopo gli armati ritornano e si prendono altri agnelli, formaggio e ricotte, ANC. 1124, 1753, 59-61; Rel. Lim. Strongulen., 1753, 1759.
36. Per apprezzare i terreni si usava la salma. Nelle terre fertili la salma era formata da 3 o 4 tumula o moggia di terre e valeva da ducati 50 a 60, nelle terre montuose comprendeva 4 o 5 tumula e valeva da 40 a 50 ducati e nelle terre sterili o sciollose era di tumola 6 ed il suo prezzo variava da 20 a 25 ducati.L’affitto a pascolo era annuale e oscillava intorno a 20 carlini la salma a seconda della fertilità e della richiesta dei terreni. Il terratico variava per qualità delle terre da tumulo uno, tumolo uno e mezzo a tumula due di grano e maiorca per ogni tumulo di terra ed era chiamato “pagamento di copertura, copertura e meza et due coperture”. I territori si fittavano tre anni a pascolo e tre anni a semina e nel triennio di semina “si costuma il primo anno maggesare et non si paga cosa alcuna alli padroni di essi, ma l’affitto ed estaglio di tutti detti tre anni quando si è in grani si corrisponde mettà nella raccolta del primo anno della semina che viene ad essere il secondo del triennio ed l’altra mettà nella seconda raccolta in cui viene a terminare detto triennio di semina”, ANC. 667,1746,166; 860, 1759, 246.
37. Il comandante del castello Antonio Fenoza chiede al vicario che gli siano consegnati due soldati spagnoli che dopo aver ferito un commilitone si sono rifugiati nella chiesa di S. Francesco, impegnandosi a non metterli a morte, Cutroni 19.11.1734, AVC.; A. Le Pera si rifugia nel convento dei Cappuccini “per un delitto commesso in persona di G. Garasto”,ANC. 1266, 1754, 44-45.
38. Il vescovo Costa scomunica Vincenzo Amalfitani e Rosa Berlingieri, figlia del marchese Francesco Cesare, ANC. 911, 1739, 19; 911, 1740, 42-43.
39. I mercanti di Napoli protestano per l’estorsioni che di continuo commette ilguardiano del porto di Crotone che non osserva la pandetta stabilita nel 1692 che prevede per ogni tomolo di grano che si estrae cavalli 4, d’orzo e legumi cavalli 5,per ogni cantaro di biscotto tornesi 5, ANC.665,1739,105-107.
40. Il barone di Isola affermava che il privilegio concesso alla città dai re Ferdinando I e II , da Alfonso e da Carlo V e poi conferito alla corte baronale, fu da essa sempre esercitato nonostante i tentativi di usurpazione da parte dei regi portolani, ANC. 840, 1738, 3-5.
41. A metà marzo 1738 per una mareggiata la tartana di V. Vincione imbarca acqua. Approdata a Capo Ricciuto i marinai coll’assistenza delle guardie di Isola salvano parte del carico e lo pongono in una chiesola vicina alla marina. Arriva un rappresentante del portolano di Crotone e porta via il carico, ANC. 840, 1738, 1; Lo stesso succede per il carico della nave del napoletano N. Vignola naufragata il 2.11.1738 a capo Piccolo, ANC. 840, 1738, 3.
42. L’affitto dei terreni ad ogni uso o in semina costava circa un terzo di più del prezzo del fitto a erbaggio per il pascolo d’animali, ANC. 911, 1739, 29-30.
43. La polacca del capitano F. Del Giudice parte da Castellamare carica di vino per Corfù. Una burrasca “con grugni di neve et acqua” la sorprende il 19.3.1740 nel golfo di Catanzaro. Non riuscendo a entrare nel porto di Crotone si ancora sulle secche. Sopraggiunge un violento fortunale che dura due giorni “con neve et acqua”. I marinai col battello si rifugiano a terra mentre parte del carico va perso, ANC. 911, 1740, 24-25.
44. La tartana di M. Cacace, carica di orzo, il 29.3.1740 “per li tempi fortunali e pessimi” finisce sugli scogli ed imbarca acqua, rovinando parte del carico. Riparata, dopo cinque giorni di mare tempestoso il quattro aprile riprende il viaggio, ANC. 911, 1740, 33v-34r; La tartana di G. Ametrano, carica di olio, subisce l’8.4.1740 un temporale che causa danni all’albero di maestra e alle botti, ANC. 911, 1740, 34.
45. Il 23.7.1740 i patroni genovesi G.B. Magliane e G. Garasina dichiarano che all’inizio di aprile fecero contratto con G. Capocchiano per la fornitura di 4100 tt.a di grano a grana 11 e 1/2 il tt.o. Portatisi a Crotone per caricare trovarono che “per ordine di Sig. superiori porzione di essi grani si erano esitati e consumati per uso dell’annona di questa città per la penuria sortita di d.i generi”. E’ stato possibile perciò caricare una sola barca con tt.a 2050 di grano mentre l’altra deve attendere che venga il grano nuovo, ANC. 854, 1740, 97-98; All’inizio di agosto F. Suriano si impegna a consegnare sulla spiaggia di Tropea tt.a 2000 di grani duri a carlini 12 e 1/2 il tt.o per l’annona di quella città, ANC. 854, 1740, 111-112.
46. Il giudice S. Sabbatini è inviato per investigare sul contrabbando praticato dal mastrogiurato. Avvisati, i contrabbandieri lasciano il porto. Il giudice sarà accusato di aver preso denaro,ANC. 666,1741, 163v-164.
47. Il pinco di A. Paulillo carica grano a Trani per conto di N. Pedimonte per portarlo a Livorno e Genova. Arrivato a Capo Spartivento il 6 aprile 1740 per sfuggire a due bastimenti barbareschi va ad incagliarsi sulle secche presso Brancaleone. Aiutati dai paesani i marinai riescono a mettere in fuga i corsari ma perdono quasi tutto il carico, parte del quale è gettato in mare per disincagliare la nave e parte è predato dai paesani che li avevano aiutato, ANC. 854, 1740, 32-34.
48. G. Dean ordina di rifornire le regie torri di guardia di Nao detta il Mariello e di Scifo ed i cinque cavallari che battono le marine di Crotone con polvere. La torre di Nao è rifornita anche di 20 palle per cannone, ANC. 854, 1740, 72-73.
49. L’università di Cutro che già paga due cavallari protesta perchè le si vuole addossare parte del pagamento del cavallaro che custodisce la marina la Catinella in territorio di Le Castella, Reg. Ud. Cart. G, 198-7, fasc.XX, 1764.
50. I mastri Messina, Asturi e Ricciolillo si impegnano a completare i lavori entro un anno. I lavori prevedevano la costruzione dei quartieri dei soldati, delle abitazioni degli ufficiali e del castellano ed il riparo della muraglia del corpo di guardia, ANC. 666, 1740,102-104.
51. ANC. 840, 1740, 6.
52. Nunz. Nap. 203, f.247v.
53. Nel 1742 Giacinto Voschi, ministro plenipontenziario del re, era a Tripoli per concordare la tregua. Il bassà in segno di cordialità gli regalò due prigionieri cristiani, ANC. 668,1750,121-123.
54. Protesta contro il guardiano della dogana che impedisce l’estrazione del grano per Napoli se prima non sono pagati carlini 5 per cibarie, carlini 2 al giorno per assistenza al magazzino e carlini 2 “per ragione di mesa”, ogni volta che si fa. Il guardiano asserisce che l’ufficio non è nè nominato nè riformato dal nuovo editto reale, ANC. 666, 1741, 127-128.
55. Il marchese F. Lucifero, già priore del consolato del commercio, consegna ai nuovi priore, consoli ed assessore parte del denaro ricevuto dalla tesoreria provinciale per l’acquisto di grano da inviare a Reggio, ANC. 912, 1745, 14.
56. G. Niceforo di Stilo e B. Orsino di Scandale si associano per commercializzare la pasta di liquirizia. Il primo mette l’esperienza, il secondo il capitale. La copia dell’accordo è depositata al regio tribunale del consolato del commercio. La società dopo poco si scioglie, ANC. 912, 1746, 83; F. Suriano nel 1741 si associa con F. Pavarelli di Taranto. Egli versa metà del costo di un bastimento, che possiede il Pavarelli, e sostiene metà delle spese per accomodarlo. L’anno dopo il Suriano rivende la sua parte al Pavarelli, ANC. 854, 1742, 79-81.
57. A. Orsini di Catanzaro protesta perchè essendosi avvicinato il tempo per mettere in attività la tonnara a Capo Colonne, loco detto Nao, il raiso A. Jerocadi di Pragalia, casale di tropea, incaricato con alcuni marinai ad erigere la tonnara e a farla funzionare, non è ancora arrivato, ANC. 854, 1742, 28-29.
58. ANC. 793,1743,15.
59. Per completare i lavori il principe di Strongoli nel 1744 prende in prestito duc. 2500 all’otto per cento da Pietro Asturelli, “cassiere dell’arrendamento de ferri e doana” di Crotone e commerciante di grani e formaggi, ANC. 1063, 1744, 38-51, 56-63.
60. Compilatori furono: Il sindaco dei nobili Carlo Berlingieri, il sindaco della regia piazza Onofrio Sezza, due rappresentanti dei nobili (il marchese di Apriglianello Francesco Lucifero e Francesco Sculco), due del ceto dei nobili viventi (Domenico Farina e Girolamo Cariati) e due cittadini del popolo (Gaspare Cavalieri e Dionisio Curcio).Catasto Onciario di Cotrone ,1743.
61. ANC. 981,1742, 3-4.
62. L’università di Isola rivendicava sei corsi, di cui cinque (Buciafaro,Le Cezzelle, Domine Maria, S. Andrea e Le Comunelle) erano posseduti da enti ecclesiastici crotonesi e uno Forgiano , dalla badia di S. Nicola era stato concesso dal commendatario, il cardinale Luigi Carafa, al marchese Cesare Berlingieri, Controversia tra l’università della città di Cotrone e la università della città di Isola, AVC.
63. Antonio Suriano già nel 1699, rivendicando che il feudo doveva rimanere per volontà di Gio. Dionisio Suriano “sempre nella famiglia Suriano della linea mascolina più propinqua”, aveva costretto Fabritio Lucifero a sborsare 1200 ducati. Il figlio di Antonio, Berardino, all’inizio del 1742 riapre la lite rivendicando il feudo e viene tacitato nel 1746 da Francesco Lucifero, figlio di Fabritio, con altri 2300 ducati, ANC. 913, 1752, 120-130.
64. La Camera della Sommaria accogliendo il ricorso del Lucifero intimava agli apprezzatori di Crotone di astenersi dall’apprezzare il feudo, ANC. 981, 1742, 7-8.
65. Mancando il governatore di Crotone che esercita anche a Papanice assunse la carica il sindaco dei nobili di Crotone che perciò “pretende di firmare il catasto di papanice”. Il sindaco di Papanice protesta sostenendo che in mancanza del governatore deve sostituirlo il mastrogiurato di Papanice mentre il sindaco di Crotone sostiene che sempre il governatore di Crotone pro tempore ha esercitato giustizia anche a Papanice la qual terra è edificata nella gabella Cortina facente parte del regio demanio crotonese e per tal motivo gode dei privilegi di Crotone e ne è soggetta alle tasse come risulta dai catasti, ANC. 981, 1742, 36-38.
66. I marinai del pinco di F.A. de Angelis, carico di olio, il 19.3.1742 a causa dei venti impetuosi che “fracassarono la gabbia del pinco e la mandarono via in mare”, per salvarsi sono costretti ad alleggerire la nave gettando in mare parte del carico, ANC. 911, 1742, 40-44.
67. I soldati rimarranno fino alla fine di settembre, ANC. 856, 1753, 299-302.
68. Contratto del vicario generale delle Calabrie con B. Suriano per la fornitura di tt.a 8000 di grano per le guardie di torre del Cavallo, ANC. 856, 1753, 299v.
69. I proprietari maggiori erano: B. Suriano, F.A. Sculco, P. Zurlo, A. Oliverio,G.B. Venturi, F.C. Berlingieri, M. Barricellis, F. Gallucci, A. Albani, F. Lucifero, il duca di Santa Severina..,ANC. 793, 1743, 1-12.
70. Nota di fatti e … a pro’ dell’uni.ta della citta di Cotrone contro la uni.ta della citta di Isola, s.d., ff. 10v-11.
71. Ai primi di settembre alcuni mercanti si impegnano a fornire, una volta ottenuta l’autorizzazione, tomolate 1500 di grano per l’annona di Calopezzati al prezzo di carlini 16 e mezzo il tomolo, comprese le spese di trasporto ed eccettuati “li passi” ed i pagamenti di dogana, ANC. 911,1743, 137-139.
72. Il periodo di alta mortalità infantile si prolungherà fino all’inizio del 1747, Liber. Mort. (1698-1756).
73. Rel. Lim. Bellicastren., 1745.
74. I sindaci di Cutro supplicano che con l’estrazione di tt.a 1700 di grano “resteranno privi di pane cotidiano e li supplicanti nell’evidente pericolo d’esser lapidati da’ cittadini e di vedere le proprie case abbrugiate, restando l’annona sprovvista delli grani partiti, e la piazza senza pane”, ANC. 584, 1743, 24-29.
75. Il 21.3.1744 a Cutro sindaci e popolo in processione si portano alla chiesa di Santa Caterina presso la cappella dell’Immacolata Concezione dove in ginocchio fanno voto che se la Madonna preserverà Cutro dai pericoli del terremoto che ha devastato molti luoghi della provincia, la festa dell’Immacolata Concezione sarà celebrata in modo solenne e col versamento di duc. 6 annui alla cappella, ANC. 584, 1744, 19-20.
76. ANC. 666, 1744, 54.
77. La torre del barone Lucifero risulta lesionata dal terremoto nonostante le catene poste per la sua sicurezza, ANC. 666, 1744, 113v-114r.
78. C. Presterà, D. Soda, G. A. Oliverio e G. B. Ventura chiedono il pagamento delle 15 vacche consegnate allo scrivano per le provviste di Reggio, ANC. 912, 1744, 21.
79. ANC. 912, 1744, 62.
80. ” Terremotus formidabiles edificia tam sacra, quam prophana quassaverunt et non pauca solo aequarunt, et non quiescente adhuc terra ruina super ruinam non inaniter timetur”, Rel. Lim. Crotonen. 1744.
81. “Sub belli pondere, peculiari modo misere haec Civitas ingemiscit, tum in eadem et in castro quingenti milites morantur”, Rel.Lim. Crotonen. 1744.
82. Rel. Lim. Strongulen., 1747; La tartana di patrone M. Cappiello va in Puglia a caricare olio e rimane ferma a Brindisi tutto marzo per il maltempo. Partita, il 23 aprile è all’alba a Capo Colonne assieme a due navi veneziane ed ad un pinco. A causa della “nebbia e maltempo non vedendo troppo buono”, il pinco ed una nave veneziana si infrangono sugli scogli mentre la tartana subisce danni, ANC. 912, 1744, 19-20; Il 18.2.1746 naufraga per il maltempo sulle secche del porto la martigana di B. di Rose di Gaeta, ANC. 912, 1746, 25; “A 22 luglio 1745 orribile tempesta di vento, acqua e grandini che colpì e denudò tanti alberi, e precisamente le viti”, Pugliese G.F., cit., I, 110.
83. I coniugi Vaccaro, essendo la loro casa inabitabile, sia perchè vecchia sia a “causa de tremoti, li quali in tutto, e dappertutto la sconquassarono”, chiedono in prestito 100 ducati e la fanno ricostruire, ANC. 1124, 1747, 1v-2. Per l’incapacità del costruttore il nuovo campanile minacciava di rovinare la cattedrale. Per proteggere la facciata principale della chiesa, troppo appesantita ed inclinata, la si rinforzò con grandissime pietre. L’accorgimento si rilevò provvidenziale perchè preservò la cattedrale dal terremoto. Finito il pericolo, riprese la costruzione con mastri più esperti e nel 1747 il campanile era già più alto del tetto della chiesa e tre anni dopo era completo, Rel. Lim. Crotonen., 1747, 1750.
84. ANC. 1069, 1747, 33v.
85. Il mercante G. Grasso nel 1746 inizia la costruzione del suo palazzo in par. di S. Veneranda vicino alla porta del castello. La costruzione proseguì per 6 anni e la spesa fu di 3000 ducati, ANC. 1124, 1751, 40v-42.
86. Tra i privilegi che godevano i Crotonesi vi era quello concesso nel 1483 da re Ferdinando che li esentava dal pagamento di tutti i diritti spettanti al Regio Arrendamento de Ferri sia nell’estrazione che nell’immissione delle loro mercanzie in tutti i luoghi del regno, Reg. Ud. 426, fasc. xi (1752)
87. Il marchese di Perrotta, F. C. Berlingieri, ottenuto nel 1743 il corso di Forgiano consistente in “terre inculte, alpestre et aratorie senza alberi fruttiferi e senza alcuna fabrica” tranne i “vestiggii d’una chiesa diruta di già profanata”, per l’annuo canone perpetuo di duc. 180 dal commendatario dell’abbazia di S. Nicola de Jaciano, P. L. Carafa, tra il 1744 ed il 1748 costruisce due bivieri, 3 caselle per pastori, un porcile grande, una cisterna, la chiesa di S. Nicola quasi dalle fondamenta e due giardini, circondati da fossi e mura di pietra secca, pieni di alberi fruttiferi e viti, spendendo oltre 7000 ducati, ANC. 911, 1743, 74-76; 1063, 1748, 16-18; 854, 1748, 7-10; F. A. Sculco tra il 1734 ed il 1754 impianta un esteso oliveto e costruisce un casino con più camere, vaglio, magazzini e “capelliera” a Jannello, restaura il palazzo e fa costruire trenta casette da locarsi a Papanice, edifica due nuovi magazzini al Fosso, compra due casette vicino al suo ampliato palazzo di Crotone e due magazzini e sei botteghe a Catanzaro ed incrementa di molto il bestiame, ANC. 857, 1754, 443-452; A. Aragona possiede il podere li Ponticelli consistente “in terre vacue, vigne, alberi fruttiferi, capelliera di presente esistente in caselle seu case di ape numero duecento ed un casino con diversi membri ed edificii con chiesa rurale” di San Giovanni Battista, ANC. 860, 1760, 240-241.
88. B. Suriano migliora il suo feudo della Garruba facendo una chiusura “serrata di fossi e mura di pietra secca”, impiantandovi “più migliaia di piante di olive, vigne ed altri alberi fruttiferi di diverse specie”. Nel 1751 vi costruisce un casino e “altre diverse fabriche per uso di chiesa, magazzini, trappeto, stalla e altro” e, nel confinante territorio di Giambiglione, una fontana ed un biviere. Il feudo che prima dei miglioramenti valeva 2000 ducati ora ne vale 15.000. ANC. 1343,1770,75-79;Il marchese di Crucoli, Nicola Amalfitano, possiede il casino della Sala, ANC. 1343, 1764,165.
89. Gli Orsini dimoravano nella torre di Corazzo, dove era la loro grossa massaria, “in occasione di una picciola villegiatura”, ANC. 1411, 1761, 27v-28.
90. Stipendiati dal decano F. Suriano: D.Varano e A. Varano, magazzinieri, A. Piromalli, cuoco, F. Lungo, cameriere, F. Scalercia, scritturale, L. Villarroja e F. Villarroja, fattori degli affari di campagna e del concio della liquirizia, B. Messina, soprintendente agli affari di campagna per la masseria, G. Gerace, esercita per conto della casa l’ufficio del peso a cantaro e di vicesecreto, M. La Piccola, addetto ai servizi della casa e utilizzato come sovracarico per l’estrazione dei grani, R. Gerace e G. Cavaliere, dipendenti, ANC. 1124, 1748, 31.
91. Feudi in territorio di Crotone: La Cerza o Giordano (Montalcini), Valle Perrotta (Berligieri), Aprilianello (Marchese Lucifero), Bagliva di Crotone e Papanice (Barone Lucifero), La Sala (nel 1779 passa dagli Amalfitani ai De Mayda), Crepacore (nel 1729 passa dai Filomarino agli Oliverio), e Carbonara o Sacchetta (passa dai Barricellis ai De Castillo ai Gallucci), ANC. 912, 1747, 190; 911, 1743, 74; 912, 1747, 191.
92. I coniugi Caracciolo, feudatari di Isola, possessori di feudi in Puglia, vendono nel 1767 ai fratelli Zurlo le proprietà che possiedono nel territorio di Crotone per investire il ricavato con maggior profitto nei feudi pugliesi, AN. G. B. Bonfante, Napoli 13.5.1767;ANC. 1343, 1767, 53-54.
93. G. Montalcini compra la Garrubba di Nao dai Rotella di Taverna, Platea del Capitolo 1758/1759, AVC; L. Volcano vende il podere la torre di Piterà a F. C. Berlingieri perchè per la lontananza non può governarlo e sono “assai minorati li poderi e la torre, il pozzo e pila rotti e diruti”, ANC. 663, 1729, 55-58; Gli Zurlo posseggono “Bucchi” con casino, stallone, magazzini, tavernella e chiesiola. “Bucchi” faceva parte di un comprensorio di terre alla foce del Neto che essi avevano comprato dagli indebitati eredi di Nicola Passarelli di Catanzaro, ANC. 1589,1777,60-62;1589, 1778, 69-70.
94. Il marchese Berlingieri corrompe testimoni, autorità, cittadini e notai e fa passare il corso di Forgiano della abbazia di S. Nicola come “infertile e petroso” e di poca estensione. Impedisce che venga affisso e conosciuto l’editto di vendita. Avutolo per un censo annuo basso, impedisce poi i diritti civici, ANC. 667, 1745, 59-61; 911, 1743, 74-76.
95. Colletta P., Storia del Reame di Napoli dal 1734 al 1825, Firenze 1864, pp. 104-105.
96. Nel 1750 il tasso sui capitali dati in prestito dal Capitolo è ridotto al 5% per i vecchi e per i nuovi al 4,5%, Platea del Capitolo di Cotrone per gli anni 1758 e 1759, AVC.; I Presterà, avuto nel 1727 un prestito al 6 % dal beneficio dell’Immacolata Concezione, ottengono la riduzione al 5 % perchè “l’annualità de sei per cento più non corre in questa città e specialmente per li luoghi pii ma bensì quelle del cinque per cento”, ANC. 1126, 1759, 280-283.
97. Il marchese F.C. Berlingieri manda a studiare a Napoli i due figli Annibale e Pompilio e dà duc. 6 al mese al napoletano F. Sportelli perchè vigili sulla loro condotta, ANC. 1124, 1752, 8-9v. Nel 1758 chiamato da alcuni benestanti arriva F. Bifano, maestro di musica e cappella nella città di Napoli. Il Bifano si impegna per tre anni a dare lezioni in casa ad alcuni nobili e come maestro di cappella ad accompagnare con la musica le principali funzioni religiose, ANC. 859, 1758, 163-169.
98. Lapide in chiesa: “HIC IN SINU ECCLESIAE / QUAM PROPRIO AERE FUNDAVIT / ULTIMAM TUBAM EXPECTAT / LEONARDUS DE COLA / ET / HIERONYMUS CARIATI / 1736”.
99. Nel 1738 per costruire il cimitero nella chiesa la congregazione comprò una casetta ed un magazzino. Sul cimitero fu poi edificata la porta della chiesa ed un corrispondente atrio “per quanto si era il luogo di detta casetta e magazeno”. Davanti all’atrio rimase un piccolo largo che la congregazione chiuse con un muretto, ANC. 1063, 1750, 117-118.
100. Nel maggio 1750 la congregazione permuta con il vicario D. G. Suriano una casetta del Monte dei Morti della confraternita con un’altra di proprietà del vicario, attaccata alla chiesa, per demolirla, ANC. 913, 1750, 97-102; Il prefetto G. Cariati, compera a sue spese una casetta matta nei pressi della chiesa per demolirla e poter innalzare il nuovo cappellone, ANC. 913, 1751, 156v-158.
101. Lo stuccatore P. Ciamboli si impegna ad iniziare i lavori nell’aprile 1756 e finirli entro giugno dell’anno dopo per la somma di ducati 400 e secondo il disegno concordato, ANC. 1267,1756,6-10.
102. ” D.O.M./ AETERNAT HOC MARMOR/ HIERONYMI CARIATI/ LIBERALITATEM RELIGIONI DESPONSAM/ QUI SACRAM HANC AEDEM DEIPARAE/ IMMACULATAE VIRGINI/ DICATAM/ PRIUS HUMILEM NIMISQUE RUDITER/ EXTRUCTAM/ SUA LARGITER PROFUSA IMPENSA/ INCENSO ANIMO AC MUNIFICE/ REDEGIT HONESTAVIT EXPOLIVIT/ AN. REPAR. SAL. MDCCLVIII”
Il Cariati restaurò ed ampliò la chiesa spendendovi di proprio oltre 4000 ducati e lasciò ogni diritto che perciò poteva avere alla chiesa e alla congregazione con le condizioni che non fossero mai rimossi la lapide con le sue insegne sotto i gradini dell’altare maggiore, il suo ritratto nel medaglione sotto il dipinto della Vergine in mezzo all’oratorio e l’iscrizione su marmo all’entrata della chiesa, ANC. 862, 1763, 182-185; 1345,1781,19-30.
103. Alla fine di maggio 1756 il prefetto della congregazione, Geronimo Cariati, si accorda con N. Boccacci di Napoli per la costruzione dell’altare maggiore da farsi in un anno con “marmore di Massa Carrara” secondo le misure, qualità, lavoro e colori” concordati nel disegno per il prezzo di duc. 450, ANC. 858, 1756, 104-107. Nell’aprile 1758 l’altare maggiore, portato da Napoli, è eretto dal Boccacci dentro la chiesa, ANC. 859, 1758, 135-137.
104. Trovandosi nella chiesa della Congregazione dell’Immacolata Concezione due cappelle di stucco costruite ultimamente nel restauro ed ampliamento della chiesa, i mastri barbieri ne chiedono una da dedicare ai santi Cosimo e Damiano, ANC. 862, 1763, 182-185. La cappella nello stesso anno è abbellita con un quadro rappresentante i santi tutelari dipinto dal pittore Vitaliano Alfì come si rileva da iscrizione: “Alfì P. 1763/ Giovanni Spataro e Vito Curcio P.P.vi F.C.P.E.” Questi ultimi erano i procuratori della cappella e loro stessi mastri barbieri.
105. B. Milioti compra per duc. 60 una cappella con altare impegnandosi a “farvi scolpire un quadro coll’effigie del SS. Crocifisso e nei lati la Beatissima Vergine Addolorata e S. Gio. Evangelista e sopra d.o altare l’effigie del P. Eterno. Inoltre… far scolpire altri santi nelli due medaglioni vacui dell’orchesto ove sta situato l’organo”, ANC. 1130, 1773, 2-4; Oltre alla cappella del SS. Crocifisso l’anno dopo il Milioti fonda un monte di maritaggi, ANC. 1130, 1774, 62-64. Nel 1767 aveva fatto fare un dipinto rappresentante Gesù di ritorno dai dottori. Il quadro attribuito a Nicola La Piccola è in cattedrale.
106. “TEMPLUM HOC/ MAGNAE DEI PARENTI/ A LABE PRIMIGENIA IMMUNI/ IAM AB ANNO CI)I)CLXXXII/ DICATUM/ QUOD/ SODALITAS CROTONENSIS DEVOTA/ PROXIMIS ANNIS/ SUB PRAEFECTURA/ HIERONYMI CARIATE/ VIRI IN EAMDEM MUNIFICENTISSIMI/ AFFABRE ET BASILICE/ HANC IN FORMAM AMPLIAVIT/ IOSEPH CAPOCCHIANI/ CROTONENSIUM PONTIFEX/ RITU SOLEMNI CONSECRAVIT/ DIE XXII MENSIS IUNII A. D. MDCCLXXVII/ FRIDERICO LETTERIO SODALIUM PRAEFECTO”.
107. Durante il vescovato del crotonese Giuseppe Capocchiani (1774-1788), furono riparati il tetto, il pavimento e le finestre della cattedrale. Fu costruita la cantoria, istallato l’organo e rifatto l’altare del Sacramento.Riedificato con travature in ferro il tetto del palazzo vescovile, vi fu sistemato l’archivio della curia dove furono conservate e messe in ordine tutte le scritture della chiesa, Rel. Lim. Crotonen. 1778.
108. Nel marzo 1736 L. Di Cola compra per duc. 20 da M. Del Castillo palmi 60X30 di terreno nei pressi della chiesa di S. Maria Prothospatariis con l’obbligo di costruirvi una chiesa, ANC. 665,1736,45-47.La chiesa di S. Vincenzo Ferrerio era filiale e in parrocchia della real chiesa di Santa Maria de Prothospatariis, ANC. 911, 1740, 42-43; ANC. 911, 1741, 6-7.
109. L. di Cola compra da C. Ciambrone un pezzo di terra attiguo alla chiesa per costruirvi la sacrestia, ANC. 667, 1748,94.
110. ANC. 667,1748,102-106; Le cappellanie furono poi portate a sette, Rel. Lim.Crotonen. 1774.
111. Rel. Lim. Crotonen. 1760.
112. “D.O.M./ THOMAE DOMINICO SCULCO CROTONIATA/ E DYNASTARUM GENTE/ SACELLI HUIUS FUNDATORI/ IRO EXIMIA PIETATIS AC ANTIQUIS QUIBUSQUE MORIBUS EXCULTO/ IN PUBLICIS PRIVATISQUE REBUS/ USU PRUDENTIA ATQUE AUTORITATE CLARISSIMO/ FRANCISCUS FR CAROLUS EQUES HIEROSOL. AC BONAVENTURA FILI/ ET VICTORIA LUCIFERO UXOR/ EHU PATRI OPTIMO ET PIENTISSIMO CONIUGI PP/ VIXIT ALIIS POTIUS QUAM SIBI ANNOS LXX MENSES VII DIES XXV/ OBIIT CUM LUCTU PENE PUBLICO KALENDIS NOVEMBRIS AERAE VULGARI/ (I)(LCCXXXIV”
113. Nel 1745, ottenuto il permesso del vescovo e del cappellano della chiesa, il marchese Francesco Lucifero costruisce a sue spese con patronato laicale una cappella gentilizia nella parte laterale in cornu epistole, vicino a quella degli Sculco, simile per forma a quelle già esistenti di S. Nicola degli Sculco e di S. Gregorio degli Aragona, ANC. 912, 1745, 107-109.
114. “D.O.M./ TEMPLUM HOC DIVO IOSEPHO DICATUM/ STUDIO AC PIETATE SACERDOTIS IOANNIS ANDREE/ DE SANDA/ MIRIFICE EXCULTUM/ IPSO SUPPLICITER PETENTE/ ILL.MUS AC R.MUS D. DOMINICUS MORELLI/ STRONGOLEN AEPISCOPUS/ RITU SOLEMNI CONSECRAVIT/ DIE XIII MENSIS IUNII 1756”.
115. Il vescovo D. Zicari (1753-1757), con i soldi lasciati dal predecessore C. Costa, compra due bassi attaccati alla sacrestia per ampliarla, ANC. 858, 1755, 263-268.
116. Eretto dal vescovo Zicari in par. del SS. Salvatore il 16.7.1755. Prima superiora fu Teodora Lapiccola, ANC. 858, 1755, 194-196; Al reclusorio e ritiro di povere vergini periclinanti il vescovo, già eletto dal re arcivescovo di Reggio, nel novembre 1756 lascia duc. 736, somma che deve avere dal suo economo, il canonico T. Capocchiani, con la condizione che se il reclusorio cesserà il denaro vada al Capitolo per il mantenimento di due sarcedoti anziani. All’inizio di febbraio 1757, prima di partire per Reggio, l’arcivescovo riduce la donazione a 500 ducati, ANC. 858, 1756, 438-442; 858, 1757, 4-9.
117. I lavori iniziati nel 1741 proseguono ancora nel 1747. In quell’anno la chiesa è tutta rustica e prima di procedere ai lavori di stucco i frati raggiungono un accordo per smantellare la vecchia cappella dei Pipino-Barricellis, concedendo in cambio una di quelle nuove, ANC. 912, 1747, 121-124.
118. La congregazione dei nobili di M.V. dei Sette Dolori, istituita nel 1712 e con sede nel convento dei conventuali, in fase di estinzione, è nel 1750 ripristinata. I nuovi statuti verranno nel 1764 approvati da Ferdinando IV. L’anno dopo Francescantonio Sculco dispose nel suo testamento la fondazione di un Monte di Pegni o di Prestanza per i poveri, dotandolo di mille ducati, da amministrarsi dai priori pro tempore della congregazione e da un appartenente alla famiglia Sculco ANC. 668,1750,32-33; Stato presente delle rendite e dei pesi della Congregazione de Nobili de’ Sette Dolori, 1789, C.118, AVC.
119. Il vescovo Costa, essendo le clarisse ridotte al miserevole numero di dieci, riduce la dote da ducati 300 a 200. La dote era stata elevata al tempo del vescovo La Pena quando il monastero era al completo, ANC. 861, 1761, 130-132.
120. Le clarisse acquistano da G. Gerace un pezzo di muro di un magazzino e lo utilizzano per allungare la sagrestia, ANC. 912, 1748, 31v-33r.
121. ANC. 855, 1752, 24-48; 856, 1753, 100,105, 110; 857, 1754, 392-396.
122. Le monache chiedono di poter impiegare i capitali di dote di due monache defunte per riparare dall’imminente rovina la loro chiesa, Supplica del 29.1.1745; La richiesta di impiegare a tale scopo i 400 ducati, è accettata dalla Sacra Congregazione il 10 marzo 1745, AVC. 117.
123. Il vescovo Costa, morto il 24.1.1753, lasciò per testamento alle clarisse duc. 300 “per applicarli in fabrica della chiesa, e de monastero”. Ma il successore Zicari si oppose. Le clarisse ricorsero in Camera Reale che rese esecutiva la loro istanza con dispaccio reale del 20.3.1756, Richiesta al Capitolo, al Seminario ed al canonico Messina di concorrere nelle spese sostenute dal monastero per il paqgamento dei legati del testamento di Monsignor Costa,s.d., in Carte Antiche del Monastero, C. 26,n. 1784/96, ASCZ.
124. Tra agosto e dicembre 1769 sono spesi oltre 1400 ducati per costruire la camera delle nuove educande ed una mattonata nella chiesa. Operano i mastri Domenico e Nicolò Scaramuzza ed il falegname Giuseppe Cirrelli, Platea del monastero di S. Chiara, 1769-1770, AVC.
125. Rel. Lim. Crotonen. 1775.
126. Tra le donazioni: Antonia Sculco( 1752- Immacolata con Angeli, SS.Francesco e Antonio), Angelica Gallucci (1774- tre dipinti nell’abside e 2 busti lignei), Cecilia Lucifero (1753- organo a canne) e Aloysia Gallucci….
127. “DEO OPTIMO MAXIMO/ SUB INVOCATIONE SANCTAE CLARAE VIRGINIS/ AUGUSTAM HANC AEDEM/ A MARIA ANGELICA GALLUCCIA/ PROXIMI PATRICIARUM VIRGINUM COENOBI./ IAM IIII. ANTISTITA/ SIMULACRIS PICTURIS THECIS ARGENTEIS/ OMNIGENAQUE SUPELLECTILI/ AERE CONSILIOQUE ORNATAM/ IOSEPHUS CAPOCCHIANUS CIVIS ET EPISC. CROTONIATES/ DOCTRINA ET PIETATE APPRIME CLARUS/ ARA MAXIMA/ SS. MARTYRUM SIMPLICI FELICIANI ET CONSTANTI/ RELIQUIS DITATA/ SOLEMNI RITU DEDICAVIT/ PRIDIE KAL. NOV. AN. (I)I)CCLXXIIII/ ATOVE FIDELIBUS PIE IN EA ORANTIBUS/ CULPARUM POENAS EXOLVENDAS MORE MAIORUM INDULSIT/ HOC MONUMENTUM BENEFACTA POSTERIS TESTATOR”
128. Vertenza tra il procuratore del monastero e gli eredi del canonico V. Smerz, C. 109,AVC.
129. Notamento di spese che occorrono nella rifazione del luogo incendiato nel ven. monastero di S. Chiara di Cotrone dal 10 maggio 1782 fino al 13 decembre anno medesimo, Carte antiche cit.
130. A. Barone di Belvedere nel luglio 1751 è ferito con più colpi di sciabola da F. Lupinazzo,ANC. 1124, 1751, 47v-48r; G. Falbo di Garropoli nel mese di giugno 1752 mentre lavorava nella masseria di A. Garasto è ferito a colpi di falce da G. Guzzo, suo compaesano, ANC. 1124, 1752, 40-41; Nell’aprile 1752 P. Pezzimenti, sorpreso mentre rubava, è ferito da una scopettata dal guardiano del sementato di F. Paglia a Bernabò, ANC. 855, 1752, 130-131.
131. C. Abramo, priore del convento di S. Giovanni di Dio, ricorre al re per far chiudere una vicina taverna dove notte e giorno urla e risse disturbavano non solo i padri del convento ma anche gli ammalati dell’ospedale, ANC. 1124, 1752, 37.
132. F. Suriano nell’estate 1752 affermava che il giardino di Maccoditi, composto da vigne ed alberi fruttiferi, era “quasi totalmente distrutto per la siccità in tanti anni occorsa in modo che il frutto non uguaglia la spesa che annualmente si fa per la di lui cultura”, ANC. 913, 1752, 132-134.
133. I capimandria affermano che nel 1748 nel Crotonese ci fu grande mortalità di pecore a causa “che non si vidde in quel tempo piovere, e tirò sempre tramontana, con seminarsi in detto anno nevigando” e delle 2100 pecore di G. Andreotti, che pascolavano a Turrotio, ne morirono circa 700, ANC. 1124, 1752, 9, 37.
134. Il 10.1.1751 la nave del capitano inglese Francesco Boway, arrivata da Napoli per caricare tt.a 5000 di grano da portare a Lisbona, deve subire una “fiera tempesta di mare”. Per salvare la nave il capitano ordina di recidere gli alberi. Per ripristinare la nave egli fa venire l’albero di maestra dalle montagne di S. Giovanni in Fiore e fa ricavare l’albero di mezzana dal tronco di quello che si trovava nella sua nave, ANC. 1063, 1751, 19-22; Il 2.2.1751 la nave SS. Concezione e S.Aniello del capitano Romano di Piano di Sorrento, carica di fave, ceci e lenticchie, partita da Taranto per Livorno,Genova, Marsiglia o Cadice, sorpresa da una tempesta al largo di Le Castella, non riuscendo a ripararsi nel porto, si ancora sulle secche. Mentre i marinai sono portati in salvo da alcune fellucche, la nave finisce sugli scogli, ANC. 1069, 1751, 3-4.
135. La nave del capitano svedese Sven Kamp arriva al porto il 7.12.1751 e riesce a superare indenne una burrasca con venti di scirocco e levante ma la sera del 19 dicembre sopraggiungono “venti gagliardi di mezogiorno e scirocco ed acqua di cielo” e la nave finisce sulle secche e naufraga, ANC. 855, 1752, 8v-9r.
136. I governanti ed i magistrati di Crotone stabilirono la voce dei grani duri a 88 grana il tomolo ma il grano fu venduto anche a meno, ANC. 1124, 1753, 20.
137. ANC. 1069, 1752, 25-26.
138. Il 4.1.1753 una burrasca danneggia alcuni bastimenti ancorati al porto e fa naufragare nella marina delle Castella la tartana di P.Cafiero, ANC. 1124, 1753, 7-8; 1266,1753, 165v-166; Il 22.1.1753 un fortunale fa naufragare al porto il pinco di A. Cacace, carico di grano, ANC. 1266, 1754, 19v-21.
139. P. Asturelli vende al mercante napoletano C. Vantepane tt.a 6000 di grano maiorche del raccolto 1752 e del peso di non meno di rotola 44 e mezzo per tomolo da consegnarsi al porto tra i mesi di febbraio e aprile a carlini 13 il tomolo, ANC. 1124,1753, 30-31.
140. D. Cosimo di Pallagorio vende a R. Suriano tt.a 2650 grani mischi,tt.a 2200 a grana 82 e mezzo e tt.a 450 a grana 85. Alla consegna i grani risultano bagnati, patiti, punti ,di mala qualità e marciti, ANC. 1266, 1754, 7v-9.
141. P. Asturelli vende tt.a 4500 di grano del raccolto 1753 a carlini 10 e grana 9 il tomolo alle università di Scilla e Calanda, ANC. 1124, 1753, 140-141, 165-166.
142. Una nave livornese, carica di grano, partita da Taranto il 23.3.1747 a causa del mare tempestoso si rifugia al porto. Il giorno dopo “una continua pioggia” ed “una fiera tempesta” costringono i marinai a buttare a mare il carico per alleggerire e salvare la nave, ANC. 854, 1747, 17-18.
143. Il re, venuto a conoscenza delle illecite tassazioni che praticano i governatori della città ai patroni dei bastimenti col pretesto del diritto di licenza, nonostante i continui richiami spediti dalla Camera della Sommaria, il 24.3.1751 intima al governatore di astenersi dal praticare le predette tassazioni sotto pena di mille ducati al fine di evitarsi in futuro un abuso così pregiudizievole “non solo per i patroni dei bastimenti ma anche al pubblico commercio” ANC. 1063,1751, 51-52.
144. ANC. 1125, 1754, 105-106.
145. Ai primi di giugno 1750 P. Asturello si reca alla tesoreria di Monteleone per prendere il denaro col quale pagherà “le mensuali paghe alle tartane e galeotte che corseggiano questi mari”, ANC. 913, 1750, 102v-103r.
146. Nel 1751 per proteggere il commercio dai pirati furono armati due sciabecchi, il Sant’Antonio ed il San Gennaro, per il mantenimento dei quali fu posto un dazio del 2% sui generi che si estraevano, Galanti G. M., Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, Napoli 1969, Rist.Vol.I, 394; Il capitano G. Martines, comandante degli Scaibecchi del re, sorprende al largo di Trebisacce alcuni bastimenti che hanno caricato grano di contrabbando. Portati al porto di Crotone procede all’inventario ed al loro sequestro, ANC. 1124, 1752, 57v-60r.
147. T. di Vito di Isola afferma che quando si trovava schiavo a Tripoli assieme a R. Varano di Catanzaro, quest’ultimo fu rilasciato senza riscatto a G. Voschi, ambasciatore mandato dal re presso quella corte per trattare la tregua, ANC. 1124, 1752, 25.
148. Il 11.3.1748 presso il lazzaretto della chiesa del Carmine i marinai della marticana del patrone D. Bianco dichiarano che partiti da Procida per caricare olio a Gallipoli per conto di alcuni mercanti napoletani, giunti di notte nei pressi di Crotone con una tartana che si era dimostrata amica, all’improvviso “li scridarono colla tromba maritima, che avessero amajnato le vele scaricandoli nell’istesso tempo più colpi d’archibugiati e cannonati”. Mentre i marinai sono costretti ad abbandonare la nave, la tartana barbaresca porta via la marticana, ANC. 1063, 1748, 2-3; “A 23 feb.ro al can. Sig. D.A. Albani per un corriero mandato per avvisare a mons. Zicaro che si guardasse dalli Siambecchi turchischi 60 “, Platea del R.mo Capitolo di questa città di Cotrone, 1756 e 1757, Arch. Vesc. Crotone.
149. Dip. Som. Fs. 521, fs. 1,f. 1, ASN. Il Laurenti rielaborò un precedente progetto fatto dall’ingegnere Pietro Sbarbi, Lucifero A., Cotrone dal 1800 al 1808, Cotrone 1922, pp. 285-308.
150. Spese fatte per alcuni lavori alla porta del calavozzo della torre Marchesana per serrarvi li forzati venuti da Capocolonna la sera del 22 7bre 1753, in Torri e Castelli, Vol. 47, f. 352, ASN.
Nel settembre 1754 vi erano cento forzati sorvegliati da 40 soldati, ANC. 1266, 1754, 150-153.
151. Il bando fu emanato in piazza a Crotone il 20.10.1754 ma solo il 27.4.1755 i lavori furono aggiudicati ad una società composta dal mastro fabbricatore M. Messina e dai mastri ferrari D. D’Oppido e L. Lucente, i quali si impegnarono a riparare le torri di Scifo, Capo Rizzuto e Castella ed a costruire la nuova torre di Capo Rizzuto secondo il disegno dell’ingegnere Adamo Romeo e seguendo le istruzioni dell’ingegnere Pietro Sbarbi, ANC. 1125, 1755, 60-81.
152. Il 25.4.1756 veniva affisso in piazza il bando per le “riparazioni e fabriche” al castello secondo la relazione fattane dal regio ingegnere Amato Polet, ANC. 1125, 1756, 192-201.
153. ANC. 1125, 1756, 144-145.
154. ANC. 1125, 1755, 157-159.
155. La chiesetta costruita per ordine del re era retta da un cappellano nominato dal cappellano maggiore del regno, Nota de’ luoghi pii della città e diocesi di Cotrone, 1777, AVC.
156. Dip. Som. Fs. 521, fs.1, ASN.
157. Padron M. Guarino del Piano di Sorrento con la bottega di merci in piazza, ANC. 1125,1754, 50; G. Cirillo deve molte migliaia di ducati a negozianti napoletani e di altri luoghi del regno, ANC. 1125, 1754, 133-135; Nicola Lucente d’Aprigliano, mastro ferraro, residente a Crotone, ANC. 1125, 1755, 59v.
158. ANC. 1127, 1761, 100; 1528, 1767,2.
159. Il patrone G. Ruggiero il 5.12.1753 noleggia il suo pinco per recarsi da Napoli a Crotone a caricare grano per Palmi ma a causa “dei cattivi tempi sopraggiunti e che correrono sempre dopo detto contratto”,solo ai primi di aprile salpa da Napoli, ANC. 1123, 1754, 70v-73.
160. C. Albani affitta da Faraldi alcuni terreni ma a causa dei topi il raccolto è distrutto ed egli vuole rinunciare al terreno, Reg. Ud. 4, fasc. 8 (1754)
161. R.Suriano il primo settembre 1754 vende ad alcune persone di Squillace 4000 tomoli di grano della raccolta 1754, parte “scelto” e parte “ammajorcato”, a carlini 13 e grana 8 il tomolo, ANC. 914, 1755, 19-20.
162. P. Zurlo vende il 20.10.1754 a N. Cervino e G. Marinelli di Cotronei tt.a 600 di grano a carlini 15 e grana 4 il tomolo, compreso il trasporto, da pagarsi in più rate. Arriva il raccolto penurioso del 1755 ed i cittadini di Cotronei, ai quali il grano era stato venduto, non riescono a pagare ed N. Cervino e G. Marinelli rischiano il carcere, ANC. 1125, 1756, 24-28v.
163. L’abbate di San Giovanni in Fiore dopo tre anni di inutili tentativi riesce a fittare per quattro anni (1753-1757) ad uso semina le gabelle Camerlingo e Terrata ma l’affittatore non rispetta l’accordo con la scusa che nello stato di Cutro vi sono molte terre aratorie e pochi coloni e massari, ANC. 1070, 1757, 32-33.
164. Tra il 1744 ed il 1765 la popolazione del Marchesato subisce un calo di circa il 10% causato soprattutto dal vaiolo che imperversò dal 1743 al 1746, Rel. Lim. Crotonen., S. Severina., Bellicastren., Strongulen., Geruntinen.,; Distribuzione per età dal catasto di Cotrone del 1793; Nel quadriennio 1743-1746 morirono a Crotone 783 persone a fronte dei 489 del quadriennio precedente e dei 439 di quello successivo, Liber Mort. 1698-1756,AVC.
165. Alcuni Cutresi attestano che numerose gabelle da molti anni non sono state più date a masseria ma lasciate al solo pascolo e che “molte cabelle de Baroni e particulari del Marchesato, per la sudetta mancanza de coloni, sono romaste a più tempo inarate, a segno tale, che si sono rese boscose”, ANC. 496, 1764,16-22.
166. ANC. 914, 1755, 97v-98r;Il bastimento “La Maddalena” del francese G. Maunier, diretto da Negroponte per Malta, carico di mercanzie e con alcuni passeggeri turchi, naufraga per una tempesta l’otto dicembre 1755 a capo Alice. Mentre i governanti di Cirò mettono in “contumacia” l’equipaggio, un’altra tempesta distrugge completamente il bastimento, ANC. 858,1756, 48-54; La mercanzia ed i 44 naufraghi, francesi e turchi, devono essere imbarcati dalla polacca di F. Cafiero e portati a Malta ma alla fine di marzo la barca è ancora ferma al porto di Crotone in attesa che arrivino le “robbe” salvate da capo dell’Alice, ANC. 914, 1756, 90-91.
167. ANC. 914, 1757, 117.
168. Nel 1756 la camera principale di Isola lamenta la perdita di 26 vecche “figliate” e 34 “stirpe”, ANC. 1267,1757,76-77.
169. Morto il 26.1.1753 il vescovo Costa,il 25.7.1753 veniva consacrato vescovo di Crotone Domenico Zicari che il 3.1.1757 diveniva arcivescovo di Reggio. Il 28.3.1757 era consacrato vescovo di Crotone Mariano Amato,cappellano della regia cappella del palazzo reale, Russo F., Regesto XII,p.74 e sgg.
170. T. Capocchiano è accusato di avere fittato le terre della mensa privatamente, sottoprezzo e senza bandi pubblici a speculatori che poi le hanno subaffittate a semina nonostante esse dovevano essere maggesate, ANC. 1267,1756,168-171; 1267,1757,105-106.
171. Il proeconomo F. Messina, rettore del seminario, ha affittato “alla sordina e clandestinamente” per molti anni alcuni territori del seminario al fratello, ANC. 1323,1756,28-31.
172. De Leone A., Giornale e notizie de’ tremuoti accaduti l’anno 1783 nella provincia di Catanzaro, Napoli 1783, p. 137.
173. Il patrone P. di Costanzo è imprigionato nel castello perché ha sbarcato un passeggero senza aver avuto il permesso dai deputati della salute, ANC. 859, 1757, 229-231; Un bastimento, proveniente dall’Albania, per il cattivo tempo si rifugia al porto. I deputati della salute lo sorvegliano con guardie, isolandolo completamente, ANC. 859,1757, 448-450.
174. L’alta mortalità colpisce soprattutto i bambini e si prolunga dal 1758 al 1761, Liber Mortuo. cit.; La popolazione di Crotone dai circa 5000 abitanti del 1727 nel 1769 è scesa a circa 4500, Rel. Lim. Crotonen. 1727, 1769.
175. M. Amato era stato confermato dal papa il 28.3.1757, Russo F. Regesto XII,90.
176. ANC. 1267, 1758,27v-28r.
177. A fine agosto 1758 il grano era già a carlini 12 il tomolo, ANC. 1323, 1758, 60-65.
178. I forzati vergono trasportati via mare da Taranto dove avevano pulito il fosso del castello, ANC. 1323, 1758, 107-108; 1323,1759, 3-5.
179. L’università di Catanzaro compra in Crotone 6000 tomoli di grano a carlini 1,33 il tomolo che portato a Catanzaro “alla colma venne a carlini 19 incirca”, Moio G.B.- Susanna G.,cit., p. 172.
180. G. Aragona non potendo far fronte ad alcuni suoi impegni “per l’annata accaduta molto scarsa e quasi sterile nel raccolto”, vende tre salmate di terra a R. Suriano, ANC. 860, 1759, 299; F. Follone per la sterile raccolta è costretto a dare in pegno i suoi buoi a F. A. Sculco, ANC. 860, 1759, 328.
181. G. Paturzo, venuto con la sua tartana da Trani per caricare 4500 tomoli di grano da portare a Napoli, protesta perché F.B. Suriano si rifiuta di consegnare il grano, ANC. 915, 1759, 43-44.
182. La marticana di P. Scotto, per ordine della Regia Corte carica grano a Sciacca per portarlo a Brindisi, giunta nel golfo di Taranto il 13 settembre è sorpresa da un temporale con forti venti che porta via “lo sperone di prora con tutto il bollaccone” e straccia la vela maestra. Imbarcando acqua riesce il giorno dopo a rifugiarsi nel porto di Crotone, ANC. 915, 1759, 45v-46r.
183. La marticana di C. Montefusco, noleggiata dalla Regia Corte, parte il 3.11.1759 da Procida per imbarcare grano a Sciacca e portarlo a Barletta e Trani. Mentre si carica arriva il maltempo che costringe la nave a riparare a Marsala. Otto giorni dopo la marticana ritorna per completare il carico ma un improvviso temporale con mare tempestoso la costringe a due giorni di “penoso navigare”. Il 6.1.1760 finalmente attracca a Crotone dove a causa del maltempo è ancora ferma il 15.1.1760, ANC. 915,1760, 20.
184. I deputati del ceto dei massari e dei mastri di Isola, eletti per assistere alla confezione del catasto onciario, denunciano che, fatta la liquidazione del testatico a carlini 17 a testa e l’oncia a grana 7 e cavalli 8, già il giorno dopo l’oncia era stata portata a grana 8 ed il testatico a carlini 17 ed un grano. Dopo un mese l’oncia era arrivata a grana 10 ed il testatico a carlini 17 e grana 6 ed il libro dell’once risultava tutto manomesso, ANC. 1372, 1763, 105-106.
185. ANC. 1127,1760,201-205.
186. Protesta di T. Roselli, cantore e deputato degli ecclesiastici per assistere alla formazione delle tasse o sia onciario annuale, che fa presente al re che il sindaco e gli incaricati alle tassazioni sono tutti o familiari o essi stessi mercanti, ANC. 915, 1760, 62v-63.
187. L’esattore incaricato di riscuotere i pagamenti fiscali di Cutro non esige i pagamenti dai facoltosi e benestanti. Essendo l’università in debito verso la Regia Corte arriva un commissario della tesoreria e soggiorna a spese dei cittadini, ANC. 1069, 1753, 17-18.
188. Numerose persone che avevano denunciato le ingiuste tassazioni e richiesto la formazione di un nuovo catsto sono costrette a ritrattare, ANC. 1127,1760,201-215,210-214.
189. I compilatori del catasto onciario di Cutro tassano la bonatenenza ed i vitalizii. I benestanti ricorrono e riescono a non pagare. I cittadini a loro spese incaricano un regio ministro del tribunale che ripropone e vince la causa ma per le spese eccessive essi non riescono a farsi pagare gli arretrati. Dopo alcuni anni i cittadini ritentano e ci riescono. I benestanti si rivolgono allora al feudatario. Il principe della Rocca, minacciando che “qualora li rimedi per il capo o per il petto sono troppo violenti, tutto il restante de’ membri del corpo anche assai patisce e sta in evidente periglio di precipitare”, impone ai cittadini di moderare le loro richieste, ANC. 1070, 1757, 26-30.
190. G. Lucifero e D. Ventura, che hanno avuto in fitto ad uso pascolo dalla camera principale di S. Severina il corso di Gullo in territorio di Scandale, composto da gabelle e vignali, protestano perchè i cittadini di Scandale, come da ordini del Sacro Regio Consiglio, dal 9 marzo 1755 hanno sbarrato e pascolato liberamente con il loro bestiame tutti i vignali da 36 tomolate in giù, ANC. 1125, 1755, 45-48.
191. ANC. 915, 1761, 47.
192. G. Micilotto coltiva un orto a meloni. Nel 1760
appena ricava le spese, nell’anno successivo non vi ricava frutto alcuno, ANC. 1342,1761,33-36.
193. La marticana di V. Scuotto di Procida, imbarcato grano in Abruzzo per Napoli, il 13 e 14 agosto 1760 è sorpresa dal maltempo al largo di Corigliano. Perso l’albero di maestra a causa dei forti venti ed imbarcando acqua, riesce il 16 a rifugiarsi a Crotone, ANC. 915, 1760, 112-113.
194. Moio G.B.- Susanna G., cit., p.176.
195. A fine dicembre si elevano preghiere e si fanno processioni, 26 Decembre 1760 Cotrone, Lista delle 40 ore per la gratia dell’acqua, ed in mancanza si dovrà portare la B.ma Vergine del Capo in Nao, C. 107, AVC.
196. La filuca S. Maria di Porto Salvo del patrone G. Iannolo, partita da Messina per Gallipoli, per i forti venti contrari ripara nella marina di Cariati. Ripreso il largo la burrasca la spinge al porticello di capo Ricciuto dove il 12.12.1760 naufraga sugli scogli del capo a causa di un fortunale, ANC. 1372, 1760, 280-283; Naufraga alla fine di febbraio 1761 nel lido della città la barca di D. Luppino di Scilla, proveniente da
Taranto, ANC. 861, 1761, 43.
197. A causa della neve nel gennaio 1761 muoino 278 pecore,440 agnelli e numerosi buoi della mandria di G. Le Pera che sverna a Ritani, ANC. 1268,1761,74v-76.
198. I capi mandra per la siccità che ha colpito il bestiame chiedono al re di ordinare ai padroni delle gabelle di conceder loro “l’escomputo sopra l’estaglio dell’affitto, giusto il danno, che cadauno di essi loro ha patito”, ANC. 1372, 1761, 37-39.
199. In marzo il massaro A. Mune si impegna a vendere a G. Cannoniero tt.a 150 di grano a carlini 10 il tomolo. Il Cannoniero manda le condotte per caricare il grano ma esse ritornano vuote, ANC. 1127,1761,195v-196.
200. I massari Giaquinta e Riccio, che hanno in fitto delle gabelle dei Presterà, ottengono di poter pagare la metà del fitto e l’altra metà l’anno dopo, ANC. 915, 1761, 46-47.
201. La consuetudine prevedeva che “qual’ora nel primo anno della semina non torna conto all’affittuario di raccogliersi i frutti, sta a sua dispositione di poter cedere, e renunciare al padrone del territorio il sementato, che si attrova in quello fatto, e con tal rinuncia resta dismesso il contratto di detto fitto, nè tenuto più l’affittuario cosa alcuna per d.o affitto, ed estaglio”, ANC. 1342, 1761,17-19.
202. G. Micilotto che ha in fitto alcune terre ,semina tt.a 250 di grano, tt.a 8 di linusa, tt.a 1 e 1/4 di fave e tt.a 3 di orzo e dopo tutte le spese sopportate raccoglie tt.a 493 di grano, tt.a 6 di orzo, tt.a 1 e mezzo di fave e tt.a 3 di linusa, ANC. 1342,1761,33-36; Reg. Ud. 429, fasc. V (1761)
203. A fine aprile 1761 alcuni massari verificano il raccolto. A causa della siccità “da tumolate cinquanta di sementato, ne stimarono, e le passarono per tumola tre o quattro, e tumolate venti le stimarono tumola uno circa, e per gl’altri seminati li stimarono dove un quarto, dove un mondello poco più, o poco meno, ed alcune parti non le stimarono per causa di non esservi frutto”, ANC.1268,1762,35-36; 1268,1761,61.
204. I Varisano prendono in prestito da F. Suriano duc. 100 impegnando le loro case per non far morire di fame i loro congiunti e per sfuggire alle minacce dei creditori, ANC. 861, 1761, 158-160; Il colono C. Condaruo di Scandale che vive “con qualche picciola industria di sementato e colla fatiga delle proprie braccia” è perseguitato perché non può pagare i creditori “per la generale sterilità accaduta in questa predetta città e suoi convicini paesi”, ANC. 861, 1761, 307-308; I fratelli Gallucci a causa dei debiti contratti prendono a prestito duc. 1000 al 5% da F. Suriano, ANC. 861, 1761, 196-197.
205. ANC. 861, 1762, 149-158.
206. C. Berlingieri fitta un territorio al massaro G. Falbo, il quale si impegna a pagarlo in grano al raccolto. Il Berlingieri si impegna a cedere il grano al mercante F.A. Farina dal quale ottiene una caparra. Per la siccità il massaro non consegna il grano ed il Berlingieri si indebita col mercante, ANC. 1342, 1761, 17-19.
207. Ai primi di luglio 1761 l’olandese C. Strop arriva con la sua nave al largo di Fasana per imbarcare un carico di liquirizia da portare a Livorno. Egli manda alcuni marinai con una sua barca al lido per consegnare le lettere di avviso ai corrispondenti del venditore per avere il carico ma i cavallari impediscono l’attracco sparando contro la barca, ANC. 915, 1761, 62-63.
208. B. Barbiero nel 1760 fornisce a P. Zurlo 4000 forme di formaggio pecorino, l’anno dopo la sua mandria a causa della neve e della siccità ne produce solo la metà, ANC. 1268,1761,71-76.
209. Cutro 16.11.1761- F. Gulli compera 50 tomolate di grano nuovo da B. Pietrà a carlini 12 il tomolo, prezzo stabilito per l’annona di Isola, impegnandosi a pagare il 22 luglio 1762. Il grano serve per seminare alcuni terreni della mensa vescovile di Isola e si trovava nei magazzini di Le Castella. Esso era stato comprato per conto di Scherini di Napoli a favore del quale va la vendita, AVC.
210. Il colono A. Barbiero, che ha in fitto un terreno del monastero di S. Chiara, a causa dell’annata sterile nella primavera del 1761 cerca di rescindere il contratto poi in autunno non vuole seminare, ANC. 1268, 1761, 128-130.
211. Il monastero di S. Chiara lamenta la perdita di tomola 600 di grano. Mancando il sostentamento per la comunità deve indebitarsi col Monte dei Morti, ANC. 1268,1761,130-133:
212. Nel 1761 F. Fallacca, “il di cui mestiere è massaro, non ne fu di detta sterilità esente, anzi fu il maggiore in essa”, restò debitore con P. Manfredi e per non esser carcerato impegnò la casa dotale sperando di poter estinguere i debiti con il raccolto del 1762 ma non ci riuscì anzi essi aumentarono e fu perciò costretto a cedere la casa, ANC. 1128, 1762, 225v-227.
213. Il colono C. Rinaldi, indebitato per la sterilità del 1761, continua a seminare. Poichè il raccolto del 1762 fu peggiore del precedente, per non andare in prigione, deve vendere un magazzino, ANC. 1128,1762, 214-216.
214. B. Russo, indebitato e perseguitato dai creditori, impegna la casa dotale per ottenere dai paolotti ducati 50 al 6%, ANC. 915, 1762, 103-104.
215. La marticana di M. Scuotto di Procida, caricato olio alla marina di Rossano, si dirige su Gallipoli per completare il carico ma il 6.11.1762 a causa di una tempesta perde la vela di maestra ed il trinchetto di mezzovento. Invertita la rotta e malconcia la nave il giorno dopo riesce a riparare a Crotone, ANC. 915, 1762, 139v-142; La marticana del patrone P. Custagliola, partita da Napoli e caricato grano il 13.10.1762 a Crotone per portarlo a Roccella, non può salpare a causa dei “tempi contrari”. Preso il largo il 3 novembre arriva a Roccella il 5 e comincia lo scarico ma sorpresa dal temporale ripara di nuovo a Crotone. Finito il maltempo ritorna a Roccella ma il 20 novembre un fortunale spinge la nave dapprima nel canale di Messina e poi a Spartivento da dove il 24 ritorna a Roccella con parte del grano bagnato e marcito. Lasciata di nuovo Roccella per il maltempo, ripara a Crotone e qui è ancora il 17 gennaio 1763 in attesa del tempo favorevole per ritornare a Roccella e finire lo scarico, ANC. 915, 1763, 3v-5v.
216. Il bastimento greco S. Pantelerainon del patrone C. Dimitrio, partito dalla Morea per Livorno, è sorpreso il 30.1.1763 al largo di capo Spartivento da una “fiera borasca con gagliardissimi venti di libecci e mezzogiorno”. Rotta la vela maestra latina e imbarcando acqua, la nave va alla deriva e riesce ad ancorarsi a capo Bianco. Continuando il brutto tempo e temendo di finire sugli scogli, il bastimento alla fine riesce a rifugiarsi al porto di Crotone, ANC. 862, 1763, 16-17r.
217. Nel 1762 il Tacina inonda alcuni terreni causando l’affogamento di 16 capi di bestiame, ANC. 696, 1764,21v.
218. L’ingegnere Gennaro Tirone era subentrato nella direzione dei lavori del porto dopo la morte di Giuseppe Laurenti avvenuta nel 1761, Severino G., Crotone, Bari 1988,p.63.
219. Ai primi di marzo i patroni delle tartane che hanno trasportato pozzolana da Pozzuoli a Crotone per il porto protestano perché l’ingegnere Tirone ed il capomastro Mazza non riconoscono la quantità certificata del carico, ANC. 915, 1763, 23-26.
220. Moio G.- Susanna G.B.,cit., p.197.
221. All’inizio di settembre in città il grano era già trattato a carlini 14, grana 3 ed un terzo al tomolo, ANC. 862, 1763, 213-215.
222. I massari dichiarano: “Come la raccolta in questa città per l’affitti delle gabelle affittate in semina, tanto in grano, che in danaro, è stata , ed è sino alla metà del mese di agosto di cadaun anno e dopo detta mettà di agosto si può liquidare l’obliganza di detto affitto e non prima”, ANC. 915, 1763, 83.
223. Papa E., Carestia ed epidemia nel Regno di Napoli durante il 1763-64 nella corrispondenza tra la nunziatura e la Segreteria di Stato, in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, a. XXVIII, 1974,p.192.
224. Il casino è costruito in mare vicino al molo vecchio, la via dell’Osservanza e propriamente dove ci sono molti scogli a fil d’acqua, dirimpetto alla bocca del porto dove solitamente ormeggiano i bastimenti in quarantena, ANC. 915, 1763,97-98.
225. Reg. Ud. CZ. Cart. M 270-16, fasc. XX;ANC. 1343, 1766, 35-38.
226. B. Piterà di Cutro deve consegnare in Crotone a G. Orsino tt.a 500 di grano ma ne è impedito “per la prelatione che spettava alla università di Cutro”, ANC. 696, 1764, 32v-33r.
227. Il grano viene pagato a circa 15 carlini il tomolo, ANC. 696, 1764,30.
228. Gio. Carrozza, assentista generale dei viveri per le truppe di Messina, aveva incaricato D. de Silva di comprare il grano. Su pressione del mercante alla fine di gennaio il re era ritornato sulle sue decisioni, Reg. Ud. C. M -270-16, fasc. XX.
229. ANC. 1324, 1764, 133-135.
230. ANC. 1342, 1764,6-9.
231. ANC. 1342, 1764, 10-14.
232. Vengono svuotati i magazzini di Annibale Montalcini e di Giuseppe Orsini. Il grano è venduto da deputati eletti dall’università in Rossano a duc. 4 il tomolo, ANC. 916, 1764, 62v; 1326,1772,71-72.
233. ANC. 1324,1764,24-27.
234. D. Cannoniero deve fornire al patrone N. Treglia tt.a 2200 di grano per Napoli ma dichiara di esserne impedito dai governanti della città. Quest’ultimi rispondono che il Cannoniero all’inizio di febbraio aveva dichiarato al Minieri solo 1200 tt.a e che inoltre quelli gli servivano per rifornire la truppa e per uso familiare, ANC. 1342, 1764,21-25.
235. ANC. 916, 1764, 65.
236. ANC. 1324,1764,24-27.
237. Vengono scassati i magazzini di Giuseppe Orsini, Orazio Montalcini, Francesco Antonio Farina e Giuseppe Micilotta e si sequestrarono 5228 tt.a di grano che fu trasportato in altri magazzini per uso dell’annona della città, ANC. 916, 1764, 63; 862, 1764, 74-80; 1343, 1766, 35-38.
238. ANC. 1343,1766,34-38.
239. Ai primi di aprile l’inviato dell’università di S. Caterina e quello di Montesoro, venuti in città per reperire grano, attestano che dopo molti giorni sono riusciti a comprarne un po’ a ducati 4 e mezzo e ora per averne ancora dovrebbero pagarlo a ducati cinque e mezzo il tomolo, ANC. 1324,1764,57v-58.
240. G. Carrozza protesta perchè i 4000 tomoli di grano a lui requisiti col pretesto che servivano per l’approvvigionamento della città erano stati invece venduti all’università di Tropea, Reg. Ud. Cart. C 76, sott. 20, fasc. XIX, 1764.
241. In marzo una “moltitudine di persone” si impadronisce con la violenza del grano portato da Crotone ai mulini di Corazzo per essere macinato,ANC. 1324,1764,105-106.
242. Gli abitanti di Scandale, per non morire di fame, si impadroniscono del grano comprato dall’università di Policastro, ANC. 1324, 1764,55v-57.
243. “Domenico Morelli (vescovo di Strongoli, nel 1764, anno di carestia, nel quale il prezzo del grano era stato elevato a duc. 6 al tomolo.Allontanò la fame dal popolo comprando grano col denaro proprio e curando personalmente la distribuzione del pane”, Vaccaro A., Fidelis Petilia, Palermo 1933, p.105.
244. Il periodo di alta mortalità in cui alla carestia si aggiunge un’epidemia, si prolunga dall’estate 1763 all’autunno 1767, Liber. Mortuo. cit.
245. Il 12 maggio il re ordinò al Preside di lasciare alla città 12.000 tomola del suo grano e ciò che avanzava lo si distribuisse alle università bisognose pagandolo al prezzo che il tribunale della Camera avrebbe poi deciso. Il Preside parte con una scorta armata e con la forza riesce ad estrarre da Crotone 700 tomola per darle a Catanzaro, “non ostante che se ne avea preso tomola 1400 e dopo se ne ha preso altri tomola 600 quel caporuota”, Reg. Ud. Cart. M, 270-16, fasc. XX.
246. La città di Tropea non riesce a rifornirsi di grano perché esso è stato requisito per l’annona della città di Crotone, ANC. 862, 1764, 338; A. Orsino si impegna a consegnare alla città di Ischia 2000 tt.a di grano. Giunge al porto il bastimento che deve caricarlo ma il grano è stato sequestrato dai deputati della città, Reg. Ud. Cart. M, 270-16, fasc.XX.
247. L’annona di Policastro nel marzo 1764 compra grano a Crotone ma una parte “colle cavalcature a ciò destinate” durante il trasporto è con la violenza preso dai paesani di Scandale, ANC. 916, 1764, 69; Moio G.- Susanna G. cit. pp. 198-199; La popolazione della diocesi di S. Severina, comprendente 13 abitati, diminuisce dal 14956 abitanti del 1744 a 13298 nel 1765, Rel. Lim. S. Severina., 1744, 1765.
248. Annotazione nel giugno 1764, Liber Mortuo. cit.
249. “Ob tempestate subito exortam, in loco huius maris dicto Bocca d’Inferno, naufragium fecit navicula una piscatoria Barensium, et cum ea, qui erant, nautae mersi sunt, evenit die ultima maij 1764, Liber Mortuo. cit.
250. Il patrone G. Idone giunge alla fine di giugno per scaricare un carico di ferro ma ne è impedito perchè non è in regola con la patente di salute. “Pel pericolo evidente di perdere la vita esso patrone e marinari tutti per causa del cattivo aere che in q.a città e particolarmente in essa sud. marina, vicino la quale sono situati ed edificati li magazini ed anco per la stagione avanzata” decide di non sottomettersi a contumacia ma di andarsene, ANC. 1342,1765,81-83.
251. ANC. 916, 1764, 106v-107.
252. G. Cirillo e G. Maistre, persone del secondo ordine, assistono nel fosso annotando i prezzi di vendita e di compra dei grani e majorche nel mese di agosto” per farsi la voce dei medesimi grani secondo l’uso di qui”, ANC. 917, 1769, 177v.
253. Nell’ottobre 1764 si trasportano da Fasana a Crotone tt.a 1660 di grano ma ne arrivano solo 1624 e mezzo, che bagnati all’imbarco diventano 1650, ANC. 916, 1765, 109v-110r; P. Ambrosino si porta con la sua marticana allo scaro di Fasana per imbarcare grano, orzo e fave che deve fornirgli l’agente del principe di Strongoli. Per portare i cereali dalla torre al bastimento vengono assunti alcuni vaticali di Crotone che sono sorvegliati da soldati mandati dall’agente. I vaticali si accordano con i soldati e rubano parte del carico. Il patrone ed i marinai, accortisi, recuperano parte del carico nel vicino bosco e denunciano per complicità l’agente del principe, ANC. 1129, 1769, 40-42.
254. Il bastimento di G. Romano, carico di grano pugliese, il 12.10.1765 a causa dei venti impetuosi perde una vela, imbarca acqua e deve rifugiarsi al porto, ANC. 1128, 1765, 225-227;Alla fine di ottobre il pinco del patrone F. Esposito subisce seri danni e perde parte del carico a causa di ripetute e violenti tempeste, ANC. 1342, 1765,165-168. Il pinco di R. Ruggero, partito da Brindisi, è sorpreso il 6 novembre da un fortunale nel golfo di Taranto. Per non naufragare i marinai buttano a mare parte del carico, ANC. 916, 1764, 144v-145; I trabaccoli di A. e G. Russo, partiti da Mola di Bari, il 22 novembre sono sorpresi da una burrasca. Con i pennoni di maestra rotti e con i trinchetti “sbracati” riparano a Brindisi. Ripreso il mare il 6 dicembre arrivano a capo Alice ma una tempesta li risospinge a Gallipoli, subendo gravi danni ma salvando la vita. Salpati, il 17 dicembre arrivano a capo Spartivento ma un nuovo fortunale li spinge a capo Colonne, dove riescono a dare fondo, ANC. 916, 1764, 162-163.
255. A metà agosto 1765 G. Orsini che ha immagazzinato “più migliaia di tumula di grani e majorche nuovi” si impegna a consegnare a sue spese nella marina delle Pietre Nere ai Parpagliolo di Palmi tt.a 3000 di grano e 100 di majorca “per il prezzo di grana 45 il tumulo più della pubblica voce liquidanda fra giorni in questa città di Cotrone”, ANC. 916, 1765, 72v-74.
256. Moio G.B.-Susanna G.,cit.,pp. 207-208.
257. La marticana di N. Treglia giunge il 24.10.1765 nella marina di Calopezzati. Mentre aspetta il carico di olio subisce diverse burrasche. Il primo novembre salpa per la marina di Amendolara dove imbarca grano, orzo e avena. Ripreso il largo, il 9 novembre è sorpresa da un temporale sopra Rossano ed imbarca acqua. Dopo varie peripezie e danni il giorno dopo riesce ad ancorarsi a capo Alice ed il 16 arriva a Crotone dove il 25 è ancora ormeggiata a causa delle continue piogge e del maltempo, ANC. 916, 1765, 126v-127r.
258. Il 14.6.1766 il negoziante A. Farina vende al capitano di pinco, A. Pesante di Marsiglia, tomolate 1200 di grano della raccolta 1765 a carlini 16 il tomolo. Il Farina si impegna a portare il grano fino all’imbarco, ANC. 916, 1766, 53v-54r.
259. Moio G.B.- Susanna G.,cit. p. 210.
260. Il sindaco requisisce 1200 tomoli di grano ai Certosini di S. Stefano del Bosco i quali protestano perchè il grano proveniva dalla grangia di Rocca di Neto, Reg. Ud. Cart. C – 80 Sott. 24, fasc.III, 1767.
261. G. Orsini, possessore di più migliaia di tomoli di grano, parte riposti nei magazzini di Crotone, parte in quelli di Torretta di Melissa, vende a O. Martelli di Scilla 3500 tomolate di grano di fermo e 500 di rispetto al prezzo di carlini 18, grana 7 e cavalli 6 il tomolo. L’Orsini si impegna a consegnare a sue spese il grano a Scilla entro il mese di ottobre, ANC. 916,1766, 113-114.
262. La marticana del patrone G. Spinelli, partita da Gallipoli per Napoli il 13.10.1766, è sorpresa nel mare di Cutro da una tempesta furiosa. Mentre la nave si rompe e va a picco, i marinai si salvano col battello, ANC. 916, 1766, 153.
263. F. A. Farina, tramite il suo internunzio di Napoli, si impegna a consegnare in agosto tomolate 3000 di grano di fermo e 1000 “meno e non più” di rispetto della prossima imminente raccolta agli amministratori dei posti di Costanza e di Chiaia, da consegnarsi in Napoli per il prezzo di carlini 4 di più al tomolo della voce, ANC. 916, 1767, 50-51.
264. Zangari D., Viaggiatori stranieri in Calabria.I) Johann Hermann Von Riedesel (1740-1785), in Rivista di Cultura Calabrese, a. IV, 1924, p.21.
265. La vertenza, i cui atti vennero formati in Regia Camera della Sommaria fin dal 1745, si concluse il 9 dicembre 1765 con un decreto che recepiva l’accordo raggiunto tra le due università sull’accatastamento dei corsi di Forgiano, Puzelle, Domine Maria, Communelle, Buciafaro e Santa Andriella.In esecuzione del Regio Assenso il 5 giugno 1766 veniva stipulata “la trattazione” presso il notaio Nicola Partale. L’università di Crotone doveva pagare 200 ducati di arretrati a quella di Isola mentre per il futuro ogni università avrebbe esatto la metà della tassa da ciascun possessore dei sei corsi “a quella ragione che rispettivamente verranno tassati”, ANC. 1343, 1766, 82-83;Cart.119 bis, AVC.
266. Nel luglio 1771 su istanza di F.A. Zurlo veniva esaminata una causa civile in Regia Camera della Sommaria avente per oggetto le gabelle demaniali La Foresta e Le Marine del Comune in possesso rispettivamente di Cesare Oliverio e di Raffaele Suriano, ANC. 917, 1771, 60
267. A 21 agosto (1767) per tum. 6 maiorche a carlini diece nove 11.40, Platea del Capitolo di Cotrone del 1767, Arch. Vesc. Crotone.
268. Il bastimento del francese Merli, arrestato per contrabbando, è venduto all’asta per ordine del supremo magistrato del commercio, ANC. 1343, 1768,106-108.
269. I Trapani e i De Martino di Piano di Sorrento si associano: i primi mettono l’esperienza i secondi il capitale. Nel marzo 1764 si trasferiscono a Crotone “coll’ingegno de’ maccaroni”. Affittato un magazzino fuori porta, producono fino al febbraio 1765 quando, fatti i conti, i Trapani risultano in grave debito con i De Martino; debito accumulato sia per pagare obblighi precedenti sia per l’annata “calamitosa e carestosa” del 1764 quando il prezzo del grano arrivò fino a 5 ducati il tomolo. I Trapani si impegnano a risarcire in più anni, ANC. 1128, 1765, 110v-111.
270. Il vescovo T. Fabiani così descrive: “Aedificiorum destructioni, et Civitatis desolationi conspirat non solum temporis aedacitas, extremaq. incolarum paupertas, sed pessimi etiam nonnullorum civium mores; undiq. enim audiuntur furta, assassinia, incendia, scelera hominum perditorum furentium, et ruinas minitantium, qui in obscuro me vivere cogunt ergastulo, noctuq. diuq. a viris armatis custodito, ut meae vitae consulam”, Rel. Lim. Bellicastren., 1765.
271. ANC. 1130, 1770, 137; 1130, 1771, 77.
272. I fratelli Cannoniero, corrispondenti del napoletano C. Vantapane, assentista delle truppe regie, comunicano di aver acquistato una grande partita di grano a prezzo vantaggioso e si fanno inviare 3130 ducati. Il mercante manda un bastimento che ritorna vuoto perchè il grano non c’è. I Cannoniero sono denunciati. Uno è incarcerato nelle carceri della vicaria ed un altro è ricercato. Dopo alcuni anni per togliere la denuncia ed uscire di prigione, i fratelli Cannoniero si impegnano a dare subito al mercante duc. 120 ed a consegnargli duc. 80 all’anno per undici anni, ANC. 1130, 1770, 137-142.
273. F. A. Sculco, proprietario di Cortina, territorio entro il quale fu edificata Papanice, i cui abitanti gli pagano il jus pagliaratico, gli affitti di vignali, di case, di chiuse, orti, censi di vigne e di capitali in grano e in denaro, ordina per testamento di continuare ad impegnare ogni anno duc. 300 al 4 % per sottrarre quella povera terra agli strozzini ed allo spopolamento ed aiutare quella università a far fronte ai pagamenti della Regia Corte, del fisco o dell’annona e questo aiuto lo dà “per ragione de’ propri interessi che sono l’annuali rendite” che gli pagano gli abitanti, ANC. 1129, 1767, 9-32.
274. Nel maggio 1766 A. Montalcini, G. Orsini, G. Micilotto e F. A. Farina ottengono dall’università carlini 24 per ogni tomolo sequestrato ed in più 500 ducati per le spese sostenute per la lite, ANC. 1343,1766,34-38; 41-43.
275. Mortalità a Crotone: 1763(163);1764 (198); 1765 (243); 1766 (179); 1767 (223); 1768 (88), Liber Mort. cit.; Rel. Lim. Bellicastren. 1765.
276. Essendoci forte richiesta di materiale edile, Pasquale Juzzolino nel settembre 1765 ottiene dall’università la concessione di un pezzo di terra in località “il ceramidio” per costruirvi una loggia o baraccone presso il quale poi sorgerà un magazzino per produrre ceramidi e mattoni, ANC. 916, 1765, 50-52.
277. Ottenuto il Regio Assenso della Real Camera di S. Chiara e quello dei governanti della città, il mastro P. Juzzolino ottiene nel giugno 1767 a censo perpetuo un pezzo di terra dell’università per edificarvi tre magazzini che poi rivende speculando, ANC. 917, 1771, 48v-49.
278. Il mastro P. Juzzolino per terminare la costruzione di alcune case palaziate, parte comprate e parte da lui costruite, chiede in prestito duc.100 al 6% a F. Suriano, ANC. 1129, 1769,231-232.
279. G. A. Oliverio compera un appartamento confinante con il suo palazzo per ampliarlo, ANC. 1411,1762,21; Tommaso Sculco tra il 1767 e il 1768 compra alcune casette da T. Falbo, dai coniugi La Piccola e Ruffo, uno spiazzo dai francescani e le concessioni di poter allargare ed alzare il suo palazzo in par. dei SS. Pietro e Paolo che chiude la vista del mare e dei monti a quello del canonico G.B. Schipano e ostacola e sovrasta quello di F. Marzano, ANC. 1129, 1767, 73v-74, 116-118; 137v-138; 1129, 1768, 308v-309.
280. I Grasso, volendo ampliare il loro palazzo al largo del castello ottengono dall’università dapprima un pezzo di terreno pubblico per costruire le scale e poi spiazzo pubblico vuoto, ANC. 854, 1746, 46; 1128, 1765, 79-81; 1129, 1768, 180-186.
281. Alle nuove camere costruite dall’arcidiacono Torromino segue il casino fatto costruire da Pietro Asturelli che nel 1763 aveva chiesto all’arcidiacono in enfiteusi per un annuo canone di carlini 10 mezzo tomolo di terra infruttuosa a Capo Colonne “che consiste in palmi centotantadue di lunghezza ed 8o in larghezza principiando la prima dalla cantoniera delle nuove camere fatte colà dal Signor arcidiacono Torromino e va verso la colonna e da detta si distende verso la città”, Richiesta di Pietro Asturelli al vescovo, Napoli 27.8.1763,C. 114 AVC.; L’arcidiacono concede a N. Marzano mezzo tomolo di terreno, vicino a quello già concesso a R. Suriano, a capo delle Colonne “nel luogo d.o la colonna” per edificare un casino per l’annuo canone di carlini 10, ANC. 862, 1764, 144-151; Carlo Sculco (?) costruisce un casino nel 1767 e Annibale Montalcino un’altro nel 1771, Sculco N., cit. p.45.
282. Tra la fine del 1763 e l’inizio del 1764, Pietro Asturelli, Francesco Antonio Sculco, Annibale Montalcini e Nicola Marzano ottengono dall’arcidiacono mezzo tomolo di terra infruttuosa a testa.
Su ogni striscia di terra di palmi 132 X 80, in concessione enfiteutica con l’annuo canone perpetuo di carlini 10, ognuno potrà edificare un casino e piantarvi alberi “affine di godere l’amenità di quell’aere” . L’arcidiacono R. Torromino possedeva la gabella il Capo di Nao nel luogo detto Nao o Capo delle Colonne con “chiesa e cappella della B.V. del Capo Principale Padrona di questa città con torre e casino per servizio dell’istessa, che s’appartengono pure a detto arcidiacono”, ANC. 862, 1764, 144; 916, 1764, 37v-45r; Egli aveva apportato dei miglioramenti alla chiesa ed alla torre ed aveva fatto costruire tre nuove camere e tre bassi attaccati alla torre.I miglioramenti erano stati valutati del valore di duc. 480, ANC. 917, 1770, 66v-67r; Nel 1771 il marchese Giuseppe Maria Lucifero ottiene dall’arcidiacono la concessione enfiteutica di un suolo “nelle vicinanze della colonna del tempio antico e de ruderi esistenti” dell’estensione di un tomolo per costruirvi un casino. Il casino non verrà costruito e nel 1840 il terreno verrà ceduto a Nicola Berlingieri, Notaio Vitaliano Pittò 20 maggio 1771, A.V.C. cart. 115.
283. Il vescovo B. Amoroso (1766-1771), non essendoci in città scuole dove gli adolescenti potessero imparare le discipline delle buone arti, ottiene l’assenso regio per poter utilizzare alcune rendite del Monte dei Morti della congregazione del Purgatorio a favore del seminario in modo da poter istituire una scuola di grammatica e due cattedre, una di matematica e filosofia e l’altra di diritto civile e canonico, per i seminaristi ed i paesani,Real dispaccio del 20.5.1769, Napoli 12.6.1769; Lettera di B. Amoroso, Napoli 12.6.1769, AVC.
284. Nel 1760 il mastro G. di Perri fabbrica una bottega di fabbrica ad uso di Caffetteria nella strada maggiore di S. Francesco d’Assisi attaccata alle mura, ANC. 1411,1761,12.
285. I Mastri sartori A. Brunello e D. Loiaco ottengono il permesso di costruire le loro botteghe sopra la real muraglia, dirimpetto al convento di S. Francesco d’Assisi, dietro la torretta per uso di munizione, ANC. 1326, 1772,104.
286. R. Perri possiede due botteghe con sopra due camerini, edificate su suolo pubblico e attaccate alle mura, una attaccata all’archivio dell’università e l’altra alle botteghe costruite da R. Suriano, ANC. 1344, 1771, 95.
287. Il mastro M. Di Sole, ottenuto il permesso del re, apre una bottega sotto il torrione dell’orologio occupando lo spazio che l’ospedale utilizzava per alloggiare i pellegrini, ANC. 1267,1759,256.
288. I notai G. De Meo, G.D. Siciliano e V. Pittò ed i barbieri B. Stabile e V. Zurlo ottengono dall’università e dal re la concessione di poter edificare 5 botteghe appoggiate alle mura, ciascuna di palmi 14X70, sullo spiazzo pubblico davanti all’ospedale ed ad altre botteghe, ANC. 1129, 1769, 100-108.
289. G. De Meo ottiene in concessione un suolo pubblico per costruire una bottega appoggiata alle mura davanti all’ospedale tra le botteghe di M. Messina e F. Liglio. La costruzione potrà essere elevata sino a palmi 22, “conforme gl’altri edifici fatti in esso luogo da più persone”, ANC. 1131, 1779, 22-23.
290. S. Mazza, volendo ingrandire la casa, ottiene il permesso di poter costruire sopra quattro botteghe accanto al convento dell’ospedale di fronte alle mura della porta. Egli si impegna a rifare i muri ed i pavimenti delle botteghe ed ad intonacarle, ANC. 1324, 1765, 134-144.
291. Da una verifica del marzo 1776 risultava che tra il 1770 ed il 1773 erano state concesse 17 autorizzazioni all’uso di suolo presso le mura ed altri 9 suoli risultavano occupati abusivamente. Inoltre le quote che i concessionari pagavano al Fondo reale risultavano quasi la metà di quanto valevano i suoli, ANC. 1327, 1775, 144-156.
292. Morto mastro P. Juzzolino, subentra mastro Cesare Scaramuzza che, rilevata dal mastro A. Lepera una “casella di creta colla fornace per uso di ceramidio” presso il colle detto di Cipriano, ottiene la concessione del suolo comunale su cui è costruita e del terreno confinante che fu concesso a Juzzolino, ANC. 1330,1782, 55-56.
293. R. Di Perri ottiene dall’università una piccola stanza terrana “ab antico e di sopra voltata a lamia”, attaccata alle mura e alla cappella di S. Giovanni Battista a man sinistra nell’entrare la porta di terra. L’ edificio era stato in precedenza usato come archivio cittadino ma poi abbandonato per l’umidità, ANC. 1326,1773,192-196; A. Brunello e D. Jacone allargano la loro bottega e fanno un casamento, utilizzando un edificio antico detto torrazzo, posto dirimpetto ai conventuali ed utilizzato in passato come magazzino per la polvere, ANC. 1326, 1773, 69-71.
294. B. Zurlo ottiene un “vacuo” nel luogo “li pozzilli”, dietro la chiesa di S. Giuseppe e attaccato al baluardo delle Armi o dei Sette Cannoni, per costruirvi un magazzino, ANC. 1329, 1781, 24-25.
295. T. Soda costruisce su uno spiazzo con alcune antiche fabbriche dirute davanti al suo palazzo, luogo detto la Croce, e utilizza anche una lingua di terra “che al presente non serve, se non che per puro passaggio”, ANC. 1327, 1777, 109-112; A. Orsini ottiene un suolo davanti al suo palazzo presso le mura della Pescheria, ANC. 1327,1775, 186-189.
296. N. Zurlo ha in concessione un ottavo di tomolo sopra le mura, davanti ai conventuali per uso di giardino, ANC. 1327, 1775, 245; G. Sersale costruisce una casa con giardinello sul cavaliere, ANC. 1327, 1776,152; E. Coppola può “seminare e piantarvi fogliame” su un timpone infruttuoso di circa un tomolo e mezzo nel luogo le Fontanelle tra il castello, le mura ed il mare, ANC. 1327,1776,80-83.
297. Nel giugno 1770 G. A. Lucifero e F. A. Zurlo ottengono dalla regia camera il permesso di piantare per sette anni il palo della tonnara a capo Colonna in località “l’acqua di Berlingieri” con l’onere di pagare duc. 25 annui , ANC. 1589, 1770, 48-50.
298. A. Montalcini possessore di una quota di duc. 600 della società della tonnara ne cede una parte di duc.200 a C. Berlingieri, ANC. 1325, 1771, 115v-118.
299. ANC. 1344, 1773, 96-106
300. ANC. 1326, 1772, 105-106
301. La metà del patrimonio della società della tonnara fu venduta a G. Micilotto, il quale per i rimanenti anni della concessione si interesserà completamente della amministrazione e gestione, con l’accordo che le spese e gli utili andranno divisi a metà, ANC. 1344, 1774, 42-48.
302. Un pinco sorpreso nella marina di Fasana ai primi di agosto 1770 da una forte burrasca con venti di tramontana, perde l’ancora e deve riparare a Crotone dove rimane alcuni giorni a causa del maltempo, ANC. 1130, 1770, 113-118.
303. L’agente del feudatario di Strongoli per poter imbarcare grano su una nave genovese deve attendere che arrivino le provvisioni dalla Regal Azienda e dalla Regia Camera della Sommaria, portate da Napoli da un corriere straordinario: Deve poi mandarle ad Amantea per far spedire da quel mastro portolano un mandato diretto agli ufficiali del fondaco di Rossano, affinchè si rechino a Fasana per poter caricare in loro presenza ed assistenza, ANC. 1130,1770, 113-118; 1130,1775, 64v-67.
304. Galanti G. M., Giornale di viaggio in Calabria (1792), S.E.N., 1981, p. 155.
305. Il 20.8.1768 le clarisse comprano a Strongoli tt.a 100 di mayorca pagandola duc. 1.54 il tomolo; il 14 dicembre acquistano grano orocavallo a duc. 1.75 , Esito per il Ven.le Monastero di S. Chiara, 1768 e 69, f. 14, AVC; G. Cimino compra al fosso in più volte nel mese di agosto 1768 tt.a 1300 di grano pagandolo a grana 153,154 e 155 il tomolo, ANC. 917, 1769, 177v. Il 28.8.1768 G. Cimino e F.A. Farina vendono al Duca di S. Agata tt.a 3000 di grano del raccolto 1768, impegnandosi a portarlo a loro spese fino alla marina di Tropea, alla ragione di carlini 19, grana 2 e cavalli 6 il tomolo, ANC. 916, 1768, 65-66; Alla fine di agosto 1771 il grano è trattato a Crotone a carlini 16 e mezzo il tomolo, ANC. 917,1771, 84v-85.
306. La marticana di A. Lubraro, caricato grano a Vasto, parte il 13.12.1771 per Napoli. Dopo aver subito alcuni danni per il maltempo il 17.1.1772 ripara a Batisca. Il 9.2.1772 riparte; sorpresa da un altro temporale, imbarca acqua e perde parte del carico e deve riparare a S. Maria da dove salpa per Crotone. Il 26.2.1772 parte da Crotone ma, arrivata a capo Stilo, è nuovamente danneggiata da un fortunale e deve rientrare a Crotone da dove il 19.3.1772 riparte ma giunta a capo Rizzuto subisce gravi danni da un’altra tempesta ed imbarcando acqua riesce a ritornare a Crotone, ANC. 917, 1772, 13v-14r,22; La marticana di N. Ferrero carica grano a Trani e salpa il 11.1.1772 .Due giorni dopo per il vento contrario ripara a Brindisi dove per il maltempo rimane per un intero mese. Riparte il 17.2.1772 ma il 20.2.1772 è costretta a fermarsi a Taranto. Lasciato Taranto il 4 marzo è sorpresa da una tempesta al capo dell’Alice che la spinge nel golfo di Catanzaro da dove è risospinta a capo Rizzuto. Il giorno 6 marzo ripara a Crotone, ANC. 917, 1772, 20-21.
307. A fine settembre 1775 G. Cimino vende tt.a 3000 di grano a grana 167 il tomolo da consegnare a sue spese nella marina di Siderno. Noleggia perciò un bastimento che gli costa 240 ducati, ANC. 1130, 1775, 64v-67.
308. L. Rucciolillo, per liberare il marito incarcerato nel castello per debiti, vende la casa dotale, ANC. 1327, 1777, 46.
309. M. Fuscaldo indebitato con I. Schipano impegna “un ordegno grande per lavorar maccaroni, con sei trafili, bronzo, ferro e legname necessari al lavoro”, ANC. 1327, 1777, 44-45; I fabbricanti di pasta svolgevano la loro attività in parrocchia di S. Margherita, dietro la piazza nel “largo delli maccaronari”, ANC. 1528, 1775, 31.
310. La popolazione di Crotone nella seconda metà del Settecento non subisce grandi variazioni oscillando dai circa 4500 abitanti ai 4800: 1760(4659), 1763(4480), 1769(4500), 1774(4717), 1775(4722), 1776(4592), 1779(4605), 1781(4700 circa), 1783(4496), 1788(4640), 1792(4831), 1800(4519), Rel Lim. Crotonen. 1750-1800; Stato della popolazione della città di Cotrone, AVC.Nel Marchesato la popolazione aumenta nei paesi presilani e diminuisce in quelli del piano, Rel. Lim. S. Severina.,Bellicastren., Strongulen., Geruntinen..
311. Le terre Terrata e Camerlingo della abbazia di S. Angelo de Frigillo non più arate sono “arenose, piene di sterpi, spine, roveri ed arbusti, volgarmente chiamate vruche, incapaci alla semina” e ogni anno in tempo d’inverno vengono inondate e danneggiate dal Tacina, ANC. 696, 1764,37v.
312. Gli Zurlo tra il 1767 ed 1772 costruiscono un casino con magazzini ed altre fabbriche a Scifo; nel 1774 allargano la proprietà comprando la vicina gabella di Scifo di Silva e nel 1779 costruiscono una chiesa rurale vicino al casino, ANC. 1665,1774,16-18; 1589, 1778,69-72; 1774, 1779, 23-24.
313. G. Brutto affitta terreni dai Montalcini e ne subaffitta una parte al colono G. Petrolillo. Il mercante napoletano G. Attanasio si accorda col colono ed in cambio del raccolto gli paga i debiti del subaffitto ed altri che il Petrolillo doveva al Brutto. Venuto un raccolto scarso e non potendo il Petrolillo fornire al mercante il grano promesso, quest’ultimo cerca di rivalersi sul colono con la complicità del Brutto, ANC. 1131, 1776, 1v-2.
314. Nel 1776 a 215 nati si contrappongono ben 333 morti, Stato delle anime di Cotrone e sua diocesi per l’anno 1774-1775, 1775-1776, 1776-1777, AVC.
315. Supplica al Papa per l’indulto di mangiare latticini e uova nella prossima quaresima del 1778, Cotrone 21.12.1777, AVC.
316. Nel 1780, sindaco A. Berlingieri, si concede un terreno pubblico presso la chiesa della Pietà a V. Grimaldi; due anni dopo, sindaco D. Grimaldi, si concede un terreno pubblico presso l’Esaro ad A. Berlingieri, ANC. 1590, 1780, 8-12; 1330, 1782, 246-247.
317. Distribuzione per professione del capofamiglia come si rileva dai catasti in percentuale.
Crotone Isola Cotronei
(1793) (1800) (1753)
Braccianti e massari 38 84 64
Nobili Possidenti 11 8 4
Capomandra custodi – – 22
Altri 51 8 10
318. L’affitto degli orti o giardini variava da 1 a 3 anni ed il pagamento in denaro era in 3 rate annuali: Natale, Pasqua e 15 agosto. L’anno di fitto iniziava il 15 agosto. Il frutto degli alberi andava al proprietario ed i fittavoli ogni anno dovevano prestare gratuitamente due giornate di lavoro “di alberi o in elevare il fosso del giardino” ed osservare varie condizioni, ANC. 1665, 1772, 2-3.
319. Il pagamento dell’affitto delle case e delle botteghe avveniva in denaro in tre rate annuali: il 14 settembre, Pasqua e 13 settembre. La durata del contratto variava da 1 a 3 anni ed iniziava il 14 settembre, ANC. 1665, 1772, 4v.
320. L’affitto annuale dei terreni “ad uso di pascolo d’ogni sorte di animali, forchè porci, ma solamente per quelli servissero per uso di mandra seu vaccarizzo” era in denaro più alcune forme di “cascio”. I terreni venivano quasi sempre presi in fitto dagli industrianti di animali pecorini che avevano domicilio nella provincia di Cosenza, ANC. 1665, 1772, 2.
321. ANC. 661, 1722, 292.
322. ANC. 1665, 1772, 5-6.
323. L’affitto a semina o ad ogni uso durava tre anni “colla potestà d’associare e subaffittare” ed il pagamento era in grano , ANC. 1665, 1772, 4.
324. Rel. Lim. Crotonen. 1761.
325. ANC. 1063, 1750, 20-21.
326. G.M. Lucifero e T. Sculco da soli possedevano oltre il 40% degli armenti. Un altro 55% era suddiviso tra A. Gallucci, B. Zurlo, C. Albani, C. Oliverio, D. Ventura, B. Suriano, F. de Vennera, G. Zurlo, L. Messina, R. Zurlo, S. Orsini, G. Micilotto e V. de Lucro ed il rimanente 5% ,composto per lo più da bovi aratori,era suddiviso tra 24 massari, Catasto Cotrone ,1793,AVC.
327. Il servimento in Sila prevedeva che chi aveva in custodia le mandrie doveva far fronte ai pagamenti e soccorsi ai pecorai sino alla calata “poichè alla marina è obbligato il padrone a soccorrere i pecorai”. Il servimento consisteva nell’affittare e pagare le difese e la fida in Sila, nell’assumere i pecorai necessari per la custodia, nell’anticipare grano, scarpe e tutto il bisognevole ai pecorai, nel fornire le mule, i buoi ed i cavalli per il trasporto dei vestimenti e del necessario, ANC. 912, 1748, 87.
328. La tartana del patrone F. Cappiello, diretta in Fortore per caricare grano, è inseguita da uno sciambecco e da una galeotta corsari. I marinai col buio della notte abbandonano la tartana e con uno schiffo prendono terra nella marina di Crotone dove sono posti in contumacia nel casino del Carmine, ANC. 1345, 1778, 45-47.
329. ANC. 858,1756, 362-365.
330. ” Sebbene la città sta situata sul lido del mare, pure si scarseggia assai di pesce fresco, perchè i paesani non sono addetti alla pesca, ed allora soltanto si ha il pesce quando vengono da altre città lontane pescatori forestieri colle loro barche pescareccie a pescarlo”, Supplica del vescovo al Papa, Cotrone, 21.12.1777,AVC.
331. La razione giornaliera dei “rimieri seu persone condannate alla galera” era composta da un po’ di pane, olio, fave, sale, legna ed olio per il caldaro, ANC. 1345, 1777, 77-78.
332. Un regio ospedale nel palazzo di Manfredi presso la cattedrale cura i forzati e i soldati che se muoiono sono seppelliti nella chiesa della Pietà fuori mura, ANC. 1328, 1779, 52v; Nota delle chiese e luoghi pii, Cotrone 1777, AVC.
333. ANC. 1666, 1781, 81.
334. Nel 1771 N. Zurlo protesta per i danni che la “petriera” fin dal 1753 ha causato al territorio “li Piani di Nao”, ora in suo possesso. Il taglio della pietra ha reso tt.a 12 di terre, non più adatte al pascolo ed alla semina, ANC. 1589, 1771, 30-31.
335. Lettera del cappellano del castello al vescovo del 10.4.1778, per il precetto pasquale de’ forzati della marina; Lettera del vescovo al marchese Demarco, Cotrone 14.4.1778, AVC.
336. I forzati denunciano al re che il sopraintendente del porto G. Arrighi col lavoro di alcuni forzati costruisce utensili (cortelli, baionette, sciabole ecc.), utilizzando il ferro, l’acciaio ed il legname appartenente al regio travaglio di Capocolonna. L’Arrighi vendeva i manufatti al tavernaro di Capocolonna ed ai capoimandra, ANC. 1330, 1782, 61-62.
337. Nel 1781 l’uditore provinciale esamina una denuncia contro l’ingegnere G. Tirone fatta da alcuni forzati, istigati dal soprastante del porto C. Polenzia che così cerca di subentrare al Tirone, ANC. 1329, 1781, 97-99, Il Tirone dirigeva i lavori dal casino presso la marina del porto,ANC. 1666, 1781, 81.
338. P. Ciamboli da Maratea, venuto in città per stuccare la chiesa dell’Immacolata, si impegna a lavorare fino a giugno e poi a riprendere a novembre perchè non vuole passare l’estate a Crotone, ANC. 1267,1756,6-10.
339. “Insalubris aeris timore, et indulto quo Insulani Episcopi donari a S. Sede consueverunt de non residendo per sex menses..”, Rel. Lim. Insulan., 1753; “Aestivo vero tempore usque ad primam Domenicam Adventus ad evitandam coeli inclementiam a SS.mo dispensatus abfui”, Rel. Lim. Umbriaticen., 1745.
340. Rel. Lim. S. Severinae, 1735.
341. Durante il primo trentennio del Settecento la maggiore mortalità si verifica durante l’estate e l’autunno (agosto- settembre- ottobre), nel secondo trentennio essa prevale in estate e d’inverno (agosto, gennaio), nel trentennio 1760-89 ritorna in estate e autunno (da agosto a novembre), Libro dei Morti cit.
342. Alla fine di aprile 1780, mancando il grano per l’annona, perchè alcuni mercanti ratizzati sono inadempienti col pretesto di non averne, il governatore ordina ai sindaci di sequestrare il grano che si sta imbarcando, pagandolo al prezzo di carlini 23 il tomolo, e di rivalersi sui renitenti, ANC. 1774, 1780, 20-23.
343. R. Suriano nel 1781 costruisce due conci, uno a S. Antonio di Mesoraca e l’altro a Simbo. Costituisce una società. Ai soci affida l’amministrazione ed il funzionamento dei conci mentre lui controlla e vende il prodotto, ANC. 1774,1781, 18-20,36-40.
344. R. Suriano vende a G. Andrè, agente e console del re di Svezia, 500 cantara di liquirizia da imbarcarsi a Crotone per Nizza, ANC. 1666, 1781, 66-68.
345. L’equipaggio della marticana di M. Assante, carica di legname, munito di patente di salute, non può scaricare a Squillace ed è minacciato con le “scopette” dai deputati della salute i quali sospettano che la barca sia stata predata dai barbareschi e poi abbandonata per timore dei reali sciabecchi. La marticana si dirige su Crotone ma prima di avere la libera pratica deve rimanere 27 giorni in contumacia, ANC. 1666, 1781, 84-86.
346. Liber Mortuo. cit.
347. M. Lomare vende a G. Messina una casetta rovinata dalle continue piogge dell’autunno 1782, ANC. 1666, 1783, 29.

 Andrea PESAVENTO

fonte

Crotone moderna. La città dei Borboni

“Vue de la Ville moderne de Cotrone dessineè par Desprez”. Estratto da Voyage pittoresque ou description des Royames de Naples et de Sicilie, di Jean Claude Richard Abbé de Saint-Non, Parigi 1781-86

1 Comment

  1. Del lunghissimo resoconto apprezzo l’idea dell’utilizzo dei “forzati” che interpreto come colpevoli di qualche misfatto e percio’ “in prigione”…meglio ovviamente farli lavorare!… saggezza di un tempo! caterina

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