Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

PER LE VIE DELLA CITTA’ –  Il naufragio della memoria

Posted by on Nov 19, 2022

PER LE VIE DELLA CITTA’ –  Il naufragio della memoria

     Un forestiero che si trovasse a Santa Maria Capua Vetere alla ricerca dell’antica e ricca città conosciuta come altera Roma potrebbe essere assalito dal dubbio di non trovarsi nel posto giusto in mancanza di qualunque riferimento  relativo alla Capua di storica memoria. Infatti, avendo letto o sentito parlare di una delle più importanti vie di collegamento dell’ antichità (la Via Appia); di una città che nel mondo conosciuto di allora contendeva il primato della produzione di profumi a Cirene; di una città famosa per i manufatti per l’agricoltura decantati perfino da Cicerone, si guarderebbe intorno per trovare un solo indizio utile a rassicurarlo di trovarsi nel posto giusto.

     Ma niente!

     I posti più significativi, come la grande piazza antistante l’Anfiteatro (già Piazza Adriano) e quella della Seplasia (forum plebis) che la resero famosa nell’antichità, sono intitolate rispettivamente Piazza 1° Ottobre 1860 (in ricordo degli avvenimenti relativi alla battaglia del Volturno, ai quali la città contribuì con grande partecipazione, come ricordato anche dalle lapidi situate in punti diversi della città) e Piazza Giuseppe Mazzini.

     Della grande via di collegamento Roma – Capua – Brindisi, nessuna traccia. Di essa, un primo tratto (quello che dalla parte orientale della città va verso Caserta) porta il nome di “Via Caserta”; un secondo tratto (che attraversa il centro abitato) è intitolato “Corso Aldo Moro”; un terzo tratto (in direzione della nuova Capua) è intitolato “Via del Lavoro”, senza che nessuno di essi – sia per andare incontro alle difficoltà di chi non è del luogo, sia per lasciare una memoria del lontano e glorioso passato della città – riporti tra parentesi la dicitura  “ex Via Appia”. Dovunque si posi lo sguardo, invece, non si fa che imbattersi in strade, piazze e lapidi che celebrano persone ed eventi  molto più vicini nel tempo, tanto che un visitatore poco informato potrebbe pensare che la storia della città inizi dalla fine del XVIII  secolo (leggi Repubblica Napoletana) per arrivare, poi, nel secolo XIX, ossia quello del Risorgimento.

     Il periodo relativo a quello coincidente con l’effimera Repubblica Napoletana è ricordato da strade intitolate a cittadini sammaritani simpatizzanti o aderenti alle idee dei rivoluzionari francesi o da storici di parte repubblicana di età posteriore: Via G. Matarazzi e Via G. Della Valle, oppure da lapidi – sempre scritte da giuristi, letterati o storici di parte – per tramandare eventi o personaggi.

     Il periodo garibaldino-risorgimentale, tra vie, piazze e lapidi,  è il più ricco di testimonianze: Via Avezzana, Via Sirtori,Via  Fardella, Piazza Milbitz, Corso Garibaldi, Piazza Mazzini, Piazza 1° Ottobre, Via Vittorio Emanuele II, Corso Umberto I.  

     Per quanto riguarda lo scopo di queste righe, non vi sono obiezioni da muovere sul conto dei personaggi che strade, piazze e lapidi intendono commemorare. Ognuno è libero di credere in un ideale. Che questo, poi, si riveli vantaggioso o nocivo per la società che ne ha subito le conseguenze è un discorso che, come detto, esula dai fini di queste righe, le quali intendono dimostrare solo che la scelta fatta dalle varie Amministrazioni cittadine è un chiaro segno di un orientamento ideologico, che, coinvolge maggioranza ed opposizione, che, incanalandosi nell’ alveo delle disposizioni generali impartite all’atto dell’unificazione, non hanno avuto alcun rimorso a cancellare la gloriosa memoria della propria città, la cui fondazione (prima dell’800 a. C.) precede di circa cinquanta anni addirittura quella di Roma (753 a. C.).

     Un luogo – con le sue strade e i suoi vicoli – conosciuto in tutto il mondo per essere stato teatro delle gesta di Spartaco, anch’egli personaggio di fama  mondiale, anziché chiamarsi Piazza Anfiteatro, Via Spartaco, Largo dei Gladiatori è consacrato ad un avvenimento che portò alla fine della casa regnante per merito della quale sono rimaste in piedi “ quelle quattro pietre “ (cioè l’Anfiteatro, come lo definiscono alcuni). 1          

  (1) Carlo III fece avviare la pulizia del sito e Francesco I emanò un editto con il quale si vietavano le spoliazioni

     Anche qui, niente che ricordi una dinastia che portò una anonima città di provincia a gareggiare con la più nota e blasonata Versailles; una dinastia che, come detto,liberò dalle sterpaglie e bloccò definitivamente la spoliazione del grande anfiteatro, intorno al quale, recentemente, ruotano notevoli interessi sia culturali che commerciali. Perfino l’importante corso cittadino, quello che diverrà il luogo dello “struscio” per antonomasia, la strada inaugurata il 4 novembre  1859 da Francesco II di Borbone e a lui intitolata fu dedicata a Giuseppe Garibaldi.

     Vediamo adesso quali avvenimenti e quali personaggi intendono commemorare strade, piazze e lapidi cittadine.

     La Via Fardella è dedicata ad Enrico, colonnello dell’esercito sabaudo, che nella città di Santa Maria Capua Vetere, in località Quattordici Ponti, sulla linea ferroviaria che collegava Capua con Napoli si impegnòper ostacolare l’avanzata di quelli che erano i padroni di casa – cioè i soldati borbonici – che i garibaldini erano venuti ad aggredire e a cacciare dalle loro case e dalla loro terra e, per questo, definiti dalla retorica asservita “gloriosi militi”, come recita l’iscrizione dettata dall’ arciprete sammaritano Stefano Pirolo, posta sulla  “colonna Fardella” ancora oggi esistente:

“Qui pugnò /

contro il borbonico orgoglio /

il redivivo italiano valore /

nel I ottobre 1860 /

Qui vinse /

il reggimento Fardella /

Questo monumento ergeva /

ai suoi gloriosi militi / augurio ed esempio ai nepoti”.

     Il Fardella, già ufficiale dell’esercito borbonico, era stato arrestato perché uno dei principali esponenti della rivolta siciliana del 1848/49 ed invece di essere condannato per alto tradimento fu, come al solito, graziato dal “terribile” Ferdinando II. Per ringraziare il sovrano a cui aveva prestato giuramento e a cui doveva la grazia pensò bene di passare nelle file del nemico e come i giacobini della Repubblica Napoletana volse le armi contro i suoi ex commilitoni, ex conterranei ed ex amici.

     Seguendo il canovaccio entro cui si dovevano adattare personaggi e azioni della mistificata epopea risorgimentale, il tradimento e l’abiura furono ritenuti elementi di così alto valore che il Fardella, insieme alla bandiera che sventolò ai Quattordici Ponti, veniva ricordato in una seconda lapide posta nel palazzo del Municipio:

“Due di queste bandiere /

nella campagna nazionale del 1860

guidarono alla battaglia i volontari garibaldini /

de’ reggimenti Fardella e Palazzolo /

la terza di esse /

piantata nella batteria Garibaldi a Porta Capua /

sventolò terribile a’ nemici d’Italia 1 /

nelle ore supreme del pericolo /

tutte e tre / furono donate a questa città /

che concorse fervente all’opera del riscatto

affinché ci ricordino /

quanti dolori e quanto sangue 2  costò redimere la patria

con che fede e che amore / dobbiamo saperla mantenere / libera e una”

[ NOTE – (1) Quelli che erano in casa loro vengono definiti i nemici  d’Italia, di una nazione, cioè, ancora da venire che esisteva solo nei piani degli invasori, dato che ognuno degli Stati esistenti fino a quel momento costituiva un’entità a se stante.

(2) Qui è chiaro che il dolore e il sangue sono solo quelli degli invasori, dato che, mentre esiste un Museo Garibaldino, nessun simbolo esiste per l’intero territorio cittadino per lasciare una memoria anche di quegli altri contro i quali avevano combattuto i “gloriosi militi”.Anzi, se qualcosa esisteva che poteva ricordare la deposta dinastia è stato subito rimosso, giusto per rimanere nelle indicazioni del canovaccio che prevedevano interventi specifici per cancellare ogni memoria del passato.]

GIUSEPPE AVEZZANA – Condannato a morte due volte in contumacia dai Savoia, come Garibaldi, riparò all’estero. Successivamente si arruolò nelle file delle camicie rosse e di qui riuscì a passare nell’esercito regolare sabaudo col grado di generale, venendo insignito perfino dell’Ordine Militare dei Savoia per essersi distinto a Capua durante la Battaglia del Volturno. Entrò anche nel parlamento italiano, eletto nei collegi di Montesarchio (1861), del I Collegio di Napoli (1870), di Capaccio (1874) e di Isernia (1876).

Fonti – Salvatore Fratta “Santa Maria Capua Vetere”, 2016

Castrese Lucio Schiano 15 ottobre 2022

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