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Gli intrighi, le menzogne ed il brigantaggio piemontese in Italia

Posted by on Gen 29, 2023

Gli intrighi, le menzogne ed il brigantaggio piemontese in Italia

di Hercule de SauclieresPrima versione italiana di Giulio B.G.N.E Venezia: Tip. Emiliana, 1863

CAPITOLO PRIMO
La strategia dei settari

Allorché il Piemonte, spinto da un’ambizione eccessiva, strascinato fors’anche dal genio fatale delle sette rivolu­zionarie, intraprendeva, or son quindici anni, a ridurre sotto il suo dominio l’Italia intera, l’opera essendo perico­losa ed in pari tempo gigantesca, fece appello ad ogni cat­tiva passione della terra: gli ambiziosi, gli avidi, gli auda­ci, gl’intriganti ed i perversi, tutti quelli che avevano una vendetta da soddisfare, un’utopia da svolgere, e tutti pure quei tali per cui la rivoluzione è una speranza, una fortu­na[1]; in fine quelli che non saprebbero vivere senza mettere la Società in qualche pericolo.

Nelle opere del disordi­ne l’ambizione e la cupidigia tengono luogo del genio: in tal guisa non occorre un gran talento per agitare e scon­volgere le nazioni. Era il momento in cui, nell’Europa in fuoco, si rovesciavano i troni da tutte le parti, e che i ridi­coli eroi della demagogia si mettevano ovunque nei posti dei re. Si sa che questo fu per tutti gli onesti un supremo momento di terrore. Un sol uomo, nominiamolo per la gloria e l’onore del suo nome, il signor di Lamartine, col ammirabile Manifesto alle Potenze, salvò l’Europa dal più gran pericolo dei tempi moderni, e la preservò da una guerra di propaganda rivoluzionaria, alla quale si prepa­ravano già i faziosi di tutti i paesi e che forse avrebbe lan­ciato il mondo intero in un sanguinoso caos, come ai tempi delle irruzioni dei barbari.

Il Piemonte, timido allora nei suoi ambiziosi progetti di conquiste e di annessioni, si contentava di maneggiarsi solo in modo che la Corona ferrea dei re lombardi venisse riunita alla croce bianca di Savoia. In questo frattempo il Barone Hummelauer avendo presentato al consiglio dei ministri della Corte d’Austria un acconcio piano di pacificazione[2], il Governo sardo credendo il momento propiziad agire, fece giuocare tutte le risorse più segrete della sua diplomazia onde ottenere che l’antico regno lombardo venisse annesso ai suoi Stati. Il sig. Barone Hummelauer espose destramente in questa Memoria i motivi che dove­vano invitare il governo di Sua Maestà l’Imperatore d’Austria “a riconoscere il principio della nazionalità ita­liana ed inoltre a contribuire a tutto potere alla confedera­zione della penisola sopra basi le più nazionali”. In un dispaccio al Visconte Palmerston, in data di Londra 23 maggio 1848, il barone Hummelauer proponendo a nome del suo Governo una base pel riordinamento degli affari d’Italia sotto la mediazione amichevole dell’Inghilterra, scriveva queste rimarchevoli parole: “II Gabinetto britan­nico dev’essere informato del modo col quale procedono le cose in Francia meglio che noi stessi lo potessimo essere”. Il nobile Visconte infatti è il più fino di tutti i diplo­matici: ed è anche quegli che meglio d’ogni altro conosce gli uomini politici d’Europa ed i diversi motivi che li fanno agire. “Noi riguardiamo come inevitabile e fors’anche prossima un’invasione della Francia”. Un’invasione! Non si direbbe meglio parlando d’un’irruzione di barbari. Il diplomatico tedesco prosegue: “L’invasione dell’armata piemontese e delle altre truppe e bande del resto d’Italia ne’ nostri Stati non è stata fatta in realtà che per chiamar­vi i Francesi”. Realmente il riordinamento proposto dal governo di S. M. l’Imperatore d’Austria consisteva nel fare un “regno lombardo-veneto sotto la sovranità dell’Imperatore con un’amministrazione separata da quello del rimanente dell’Impero: un regno intieramente azionale, e le cui basi sarebbero state combinate dai rap­presentanti del medesimo regno senza intervento di sorta da parte del governo imperiale. Un arciduca-viceré sarebbe stato posto alla testa dell’amministrazione del remo come un luogotenente dell’Imperatore”. In questo caso si sarebbero riuniti al nuovo regno i ducati di Parma e di Modena, sempre però coi dovuti riguardi ai loro sovrani, e colla garanzia che le loro proprietà personali sarebbero state rispettate. La conseguenza di questa solu­zione era “la possibilità di riunire i mezzi del Piemonte a quelli dell’Austria in un sistema di difesa comune contro l’invasione dei Francesi”. Ma questo accomodamento non contentava le mire ambiziose del Piemonte: si sa con quali intrighi si fece abbandonare questo progetto.

L’indomani di questo dispaccio il Barone Hummelauer comunicava a lord Palmerston un nuovo piano per siste­mare gli affari d’Italia. “La Lombardia cesserebbe d’ap­partenere all’Austria, e sarebbe libera padrona di restare indipendente o di riunirsi a quello degli stati italiani che più le piacesse. Lo stato veneto resterebbe sotto la sovra­nità dell’Imperatore; esso avrebbe un’amministrazione separata, interamente nazionale, combinata dai rappre­sentanti del paese medesimo senza intervento del Governo imperiale, e sarebbe rappresentata presso il Governo centrale della monarchia da un ministero ch’essa nominerebbe e che formerebbe il rapporto fra lei e il Governo centrale dell’impero. L’amministrazione veneta sarebbe presieduta da un arciduca-viceré che risiederebbe a Venezia come luogotenente dell’Imperatore… Le truppe veneziane sarebbero tutte nazionali, quanto al loro perso­nale; ma siccome esse non avrebbero potuto essere d’una forza sufficiente per formare un’armata separata, così avrebbero dovuto partecipare naturalmente all’organizza­zione dell’armata imperiale, ed esser poste sotto gli ordini immediati del ministero della guerra dell’Imperatore…”.

Il 9 agosto seguente il signor Giulio Bastide, ministro degli affari esteri della Repubblica francese, offriva anche la sua mediazione in nome del proprio Governo, concludendo in questi termini una convenzione con lord Normanby, ambasciatore d’Inghilterra a Parigi. Vi era detto fra le altre cose che le ostilità sarebbero state immediatamente sospese fra le due Potenze belligeranti. Qualche giorno dopo, il 21 agosto, il signor Giulio Bastide comunicava questa nuova al signor di Harcourt, ambasciatore della Repubblica francese a Roma, dicendo: “Non è colpa della Francia se l’Italia non è stata da lei soccorsa. La Repubblica le ha sino dai principii offerta una generosa assistenza, ma l’Italia l’ha rifiutata pre­tendendo ch’essa era in grado di bastare a sé medesima. Oggi che questa speranza si va perdendo e che gravi avve­nimenti preparano all’Italia, ed aggiungerei alla Francia, una situazione anche più grave, questa ha certamente il dirit­to di consultare i suoi propri interessi e di esaminare la que­stione sotto il suo punto di vista e sotto quello della situazio­ne generale d’Europa, della quale bisogna ugualmente tener conto. Essa ha giudicato che una soluzione pacifica era essen­zialmente desiderabile, ed a questo scopo d’accordo coll’Inghilterra ha offerta la sua mediazione all’Austria ed alla Sardegna sopra basi onorevoli. È in questi termini ch’io ho risposto ad una dimanda che mi venne diretta dal Governo provvisorio di Milano per sollecitare il nostro intervento. Il re Carlo Alberto ha accettata la nostra mediazione. Noi attenderemo la risposta del Gabinetto di Vienna.

Disgraziatamente il re ha reso più difficile l’esercizio di questa mediazione coll’inqualificabile armistizio che ha conchiuso col maresciallo Radetsky, armistizio che ritorna in possesso dell’Austria le piazze occupate dalle truppe pie­montesi e che abbandona Venezia a sé stessa.

Veramente mentre che la diplomazia proseguiva i suoi intrighi in favore del Piemonte, il re Carlo Alberto aveva domandato un armistizio come introduzione al ripristinamento d’una pace definitiva; e l’Austria, più generosa che previdente, aveva arrestate le sue armate vittoriose alla frontiera del Piemonte, ed il 9 agosto accondiscendeva alle dimande del vinto. Il 20 settembre seguente un’amni­stia completa era accordata dall’Imperatore d’Austria a tutti gli abitanti del regno lombardo-veneto per la parte che essi avessero presa agli avvenimenti politici di quel­l’anno. Una costituzione particolare fu accordata al fine di togliere qualunque pretesto a nuove rivolte. Ma non anti­cipiamo gli avvenimenti.

Il 13 ottobre dello stesso anno, il signor Giulio Bastide, questo scrittore del National trasformato subitamente in ministro degli affari esteri, scriveva al signor Delacour incaricato d’affari della Repubblica francese a Vienna, uno strano dispaccio che sente più della minaccia d’un cospi­ratore che del linguaggio riflessivo del diplomatico d’una grande nazione. Il signor Lamartine non avrebbe certa­mente parlato così. “L’Austria, diceva il ministro repubbli­cano, qualunque sia il suo governo, farà sempre una follia ostinandosi a voler ritenere un paese il di cui possesso non può essere che un’occupazione armata[3]. Da molti secoli le pazzie italiane hanno fatto un male grandissimo alla Francia. Sarebbe da molto tempo l’Austria guarita da quest’incomodo, se si fosse occupata a pigliarsi quel posto che legittimamente le appartiene nel mondo, vale a dire ch’essa dirigesse i suoi sforzi per porsi a capo d’una confe­derazione danubiana[4]. Se essa vuoi tenere altro sistema da questo, conserverà difficilmente, o meglio perderà l’Italia e verrà schiacciata dall’impeto sempre crescente delle popolazioni slave. Essa dovrebbe ben comprendere che se qualche Potenza l’incalza ad estendersi al di là delle Alpi, questo è per un interesse che certo non è il suo: si vuole allontanarla dalle bocche del Danubio. Voi vi interesserete onde il Gabinetto di Vienna diffidi di questa politica nemica[5]“.

Ecco intanto il ministro di Foreign-Offìce inglese che viene a patrocinare alla sua volta la causa del Piemonte ed a mostrare all’Austria i pericoli dell’avvenire, se essa si ostina a non voler rendere alla Lombardia la sua indipendenza ed la sua libertà. Vi si vede sempre dell’intrigo in favore del Governo sardo, qui però riveste almeno una forma ed un linguaggio diplomatico. La nota inglese è saggiaprofonda nelle sue previsioni; e se essa non è del tutto profetica, sarà però la confidente dei progetti della rivoluzione, perché la previdenza umana non arriva ordi­nariamente a preconizzare fino coi dettagli gli avvenimen­ti sempre incerti del futuro. Checché ne sia, lasciamo par­lare lord Palmerston stesso: il suo dispaccio è dell’11 novembre 1848 a lord Ponsonby ambasciatore del Gabinetto britannico a Vienna.

Dapprincipio il nobile visconte è convinto, dice egli “che è impossibile sperare che una provincia (la Lombardia) nella quale esiste in ogni ceto della popola­zione sì nelle città che nelle campagne un odio inveterato contro la dominazione austriaca, che una tale provincia possa mai diventare una possessione utile e sicura per la corona imperiale”. Si potrebbe ritorcere l’argomento con­tro la dominazione inglese in Irlanda e nelle Isole Jonie.

“Non si può ragionevolmente sperare, prosegue il capo del Gabinetto inglese, che la medesima concessione di istituzioni nazionali fatte oggi dall’Imperatore alla Lombardia, possa cambiare le antipatie ch’essa ha pel governo straniero, od avere altro effetto da quello in fuori di offrire alle popolazioni maggior facilità di scuotere il giogo dal quale esse sono così desiderose di liberarsi”.

Il semplice buon senso mostra qui che la Lombardia avrebbe avuto immensamente da guadagnare in questa concessione d’istituzioni nazionali con un arciduca per viceré; come tutto ha perduto diventando una piccola pro­vincia del Piemonte, si sa come diventato Regno d’Italia. Non occorre né una gran saggezza, né un profondo giudi­co per comprendere che vai meglio governarsi ed amministrarsi da sé, che essere governati ed amministrati gli altri. Quando un popolo per l’imperiosa necessità degli avvenimenti è costretto ad essere soggetto, la cosa più n\0riosa per lui si è quella d’esser soggetto al più possente La Lombardia non era umiliata essendo soggetta all’Austria; oggidì essa deve sentirsi ben avvilita vedendosi conquistata da armi straniere e da queste ceduta, senza il suo consenso, ad un altro straniero, ad un detronizzatore di sovrani, ad un invasore di nazionalità, ad un re che incendia le città che non può sottomettere e che bombar­da gli ospedali!!! Ma proseguiamo: il popolo lombardo è già punito della sua imprudente ribellione. Il mazzinismo s’incaricherà di rendere la lezione profittevole: non si giuoca mai impunemente collo spirito del disordine.

“Il momento attuale, prosegue lord Palmerston in un rimarchevole pronostico dell’avvenire, è favorevolissimo all’Austria per concludere un riordinamento, col quale la Lombardia verrebbe resa libera. L’armata austriaca ha nuovamente occupata la Lombardia: in conseguenza una concessione non sarebbe che il risultato di una risoluzione ben ponderata e non mai d’una necessità locale. L’autorità dell’Imperatore frattanto è ristabilita a Vienna, e conse-guentemente le decisioni che l’Austria prenderebbe relati­vamente alla Lombardia non potrebbero essere considera­te come un sacrifìzio imposto al Governo d’un impero in pericolo; le due Potenze che intrapresero la presente mediazione sono amiche dell’Austria e desiderano since­ramente ch’essa mantenga la pace d’Europa.

Ma ben molti avvenimenti possono sopravvenire in qualche mese. Grandi cangiamenti possono aver luogo in Francia; l’elezione che dev’esser fatta il prossimo mese, può innalzare in questo paese altri uomini al potere, e con altri uomini altra politica. Massime d’una politica tradizionale legate ad un’azione più viva riguardo ai paesi stranieri ti possono esser prese per norma dal nuovo Governo, la Francia. Il sentimento popolare di questo paese che inclina presentemente alla pace, può pigliare una direzio­ne opposta, e la gloria che si considerava in Francia di liberare l’Italia fino alle Alpi dalla dominazione austriaca, potrebbe decidere la nazione francese a numerosi sforzi e sacrifizii. Il caso di chiamare l’intervento della Francia in favore dell’indipendenza italiana, non tarderebbe molto a presentarsi, e sarebbe avidamente colto dai Lombardi come dal Governo e dal popolo di Francia che sarebbe pronto a correre all’appello. È indubitabile che una forte armata francese aiutata e sostenuta da una leva generale d’italiani schiaccerebbe le forze di cui l’Austria può disporre in Italia, e, secondo tutte le probabilità, l’Austria perderebbe allora tutti i suoi possedimenti in Italia fino alle Alpi.

È detto benissimo che questo conflitto potrebbe porta­re una guerra generale in Europa, e che altre potenze potrebbero sostenere l’Austria. Ma il Governo austriaco è egli ben sicuro dei sentimenti che nutrirà la Germania quando venisse il giorno di ribadire il giogo all’Italia?… Il principio di nazionalità, che in oggi è il grido unanime della Germania, non si potrebbe pronunciare contro l’Austria in un tal conflitto?… In conseguenza di tutto questo, il Governo di S. M. britannica prega fervorosa­mente il Governo austriaco di voler prendere al più presto possibile questo stato di cose in seria considerazione…”.

In un altro dispaccio 5 dicembre del medesimo anno, ugualmente diretto a lord Ponsonby, il diplomatico inglese insiste perché il Governo austriaco abbandoni affatto la Lombardia, e la lasci incorporarsi al Piemonte col quale essa farà parte di uno stato italiano indipendente, in luogo di essere una provincia soggetta a Potenza straniera. Come se il Piemonte stesso non fosse per la sua origine straniero alla Lombardia, la cui antica e gloriosa capitale ora non è più che una semplice Prefettura del Governo di Torino Bisogna propriamente dire colla storia e con lord Palmerston medesimo che “i Lombardi sono sempre stati malcontenti, qualunque fosse il padrone che li governava e che sotto la Francia essi hanno manifestato uguale mal­contento che sotto l’Austria, e nella stessa maniera”. Ed ecco già che essi in odio al Governo piemontese si gettano nelle braccia del gran profeta Mazzini, come se l’indipen­denza non potesse acquistarsi che col disordine e la distruzione. Si potrebbe dire veramente che vi sono dei popoli, la missione dei quali sopra la terra è quella di essere sempre malcontenti. Sarebbe quasi a pentirsi di lasciarli esistere.

fonte

https://www.eleaml.org/sud/borbone/brigantaggio_piemontese.html#primo

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