Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

IL PORTO DI MESSINA CON I BORBONE

Posted by on Feb 11, 2023

IL PORTO DI MESSINA CON I BORBONE

Le opere pubbliche, gli impianti industriali, quelli delle attività portuali, quelli della pubblica amministrazione e numerosi edifici di rappresentanza civile e militare costruiti dai Borbone a Messina.

Durante il periodo in cui il casato dei Borbone di Napoli governò i territori dell’attuale meridione d’Italia, Messina in modo particolare, ebbe sperimentato la benevolenza verso i suoi interessi e verso le rispettive popolazioni. Il governo non mancò di potenziare le doti finanziarie e politiche a Messina in vari momenti storici. In quest’ottica, furono realizzati numerosi cantieri per l’innalzamento di Palazzi pubblici come: un Teatro grandioso il Sant’Elisabetta, la Scuola di Disegno e Incisione, la Camera di Consultazione per il Commercio, il Palazzo della Borsa, un grande Sbarcadero Reale, il Palazzo del Commissariato di Polizia, il Palazzo per la Cassa di Mutuo Soccorso per l’Agricoltura, un Porticciolo per l’ancoraggio dei Vapori di Posta, un Parco Civico, il Palazzo dell’Archivio della Intendenza della Cancelleria del Comune, un Acquedotto nel villaggio Madonna di Trapani, il Palazzo dell’Industria, una Casa di educazione per le Professioni, il Palazzo per la nuova Biblioteca Pubblica, le Scuderie Reali, un Parco Botanico nella contrada delle Fornaci, nel 1838 riattivata l’Università soppressa nei moti antispagnoli, costruirono un Arsenale d’Artiglieria, un Cantiere Navale, un Ospedale Militare. Furono costruite tre piazze, rettificate strade, innalzato ponti sospesi, costruito dighe, rettificati fiumi, traforati monti, costruiti moli per attracco, innalzato splendidi palazzi signorili e ricostruiti dalle macerie alluvionali, i villaggi di San Leone all’estremo nord, e quello di Larderia all’estremo sud di Messina. Monumenti artistici arredarono le piazze messinesi così pure una monumentale fontana, realizzata dal Falconieri 1842, e cinque statue equestri dedicate ai regnanti del casato borbonico, delle quali ne sopravvivono ancora due: quella indetta a Carlo III e un’altra innalzata a Ferdinando II. Fu bonificata l’area palustre di Ganzirri, costruite le periferiche idriche per portare l’acqua pubblica ai villaggi collinari costruendo delle monumentali fontane pubbliche, delle quali sopravvivono alcune oggi giorno come il fonte di Pistunina nel 1839, e fu ampliato il porto di Messina verso occidente, con l’utilizzo di un cavafondo a vapore attivo per un decennio presso il litorale peloritano, realizzati cassoni per l’ancoraggio nel porticciolo di Ringo. Fu costruito un approdo al borgo marinaro di Paradiso rettificando la strada costiera che giungeva fino a Capo Faro, mettendo quest’ultimo villaggio in comunicazione con il quartiere di San Leone, attraverso la contrada di Tremonti, messa in comunicazione con la litoranea attraverso un rettifilo carrabile servito da tre ponti, mentre si ampliavano le strade d’accesso provenienti dai distretti di Milazzo, quando fra il 1832 e il 1838 fu tracciata una nuova strada carrabile lunga due km che metteva in comunicazione il villaggio di Scala Ritiro con la città di Messina. Lungo il quale asse viario fu realizzato l’impianto di telegrafia di Reginella, che riceveva dall’omonimo stabile telegrafico il cavo sottomarino passante dallo stretto per congiungere telegraficamente Reggio Calabria a Messina. Fu favorita la conurbazione di nuovi territori demaniali accrescendo la dote pubblica di Messina. Si stabilì realizzare meravigliosi istituti come orfanotrofi e ricovero per i derelitti, un lazzaretto, un lebbrosario. Fu illuminata la rete stradale con lumi a gas. In Messina emergono quelle vestigia che fecero di questa città un esempio di civiltà in quel regno. Un incredibile sistema viario fu appaltato a Messina come nel suo distretto di riferimento, mettendo in campo tutta la forza ‘creatrice’ che un governo possa disporre a vantaggio di una comunità. Da ricordare per il territorio messinese: il restauro e potenziamento del ponte antico di Caronia, realizzando in varie tratte, il tracciato per il collegamento dei grossi centri fino a Messina. Fu realizzata una nuova arteria che da Calatapiana portasse alla Zaera e da Messina al Faro. Fu terminato il ponte di San Filippo e costruito il ponte di ferro per l’attraversamento del fiume della Zaera. Furono costruiti ponti a più arcate da Messina a Barcellona Pozzo di Gotto: e terminato il ponte a travate di legno sul fiume D’Idria. Fu realizzata e quasi compiuta la traversa che congiungeva Mistretta a Margi: mentre stavano costruendo le traverse di Castroreale, Santa Lucia e San Pietro Monforte. Progettando un’altra strada che da Tusa portasse alla marina: costruendo la traccia che da Patti portasse a Tusa perforando il Capo Calavà, la cui opera costò 236 mila ducati. Sul versante ionico fu messo in sicurezza il torrente di Forza D’Agrò accorciandone il letto, e rinforzato gli argini, e modificandone la pendenza del letto del torrente Zappulla presso Naso. Nello stesso territorio messinese, crocevia di tutte le tratte siciliane rivolte verso il continente, sono state costruite diverse strade che erano il prolungamento di circuiti provenienti da tutta la Sicilia. Di particolare importanza devono ricordarsi gli impianti stradali che collegavano il versante tirrenico dell’isola a quello ionico, come a quello mediterraneo meglio conosciuto come Canale di Sicilia. Fu costruita nella prima fase una lunghissima arteria che univa i centri di Patti a Messina sul versante tirrenico, e su di essa furono impostate le traverse che conducevano a Milazzo, e Castroreale.

in primo piano i depositi del porto e ili locali dell’antico Lazzaretto

Alessandro Fumia

Messina la capitale dimenticata, capitolo 6, pp. 126-128.

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.