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Leonardo Sciascia,la Sicilia e il Risorgimento di Giuseppe Gangemi (III)

Posted by on Feb 28, 2023

Leonardo Sciascia,la Sicilia e il Risorgimento di Giuseppe Gangemi (III)

Brigantaggio napoletano e mafia siciliana

Prendendo spunto dallo scritto, del 1865, del le- gittimista napoletano Tommaso Cava de Gueva (Un’analisi politica del brigantaggio attuale nell’Italia meridionale) Sciascia individua una profonda diffe- renza tra la situazione della Sicilia e quella del Resto del Regno delle Due Sicilie.

In Sicilia, la borghesia agraria siciliana è pronta a controllare il territorio esercitando su di esso il monopolio della forza e rie- sce a impedire la formazione del grande brigantaggio, mentre nel napoletano questa possibilità di controllare il territorio è molto minore e i briganti spadroneggiano. La borghesia siciliana si appoggia alla mafia e realizza il controllo del territorio. Parte della borghesia del meridione continentale si schiera su posizioni legittimiste e realiste e si serve del brigantaggio per i propri scopi politici, contrastata da un’altra parte, molto più determinante, che corre in soc- corso del vincitore e si presenta come liberale, pur es- sendo stata borbonica fino a un attimo prima.

75  Riall 2012, 120
76  Riall 2012, 120
77  Riall 2012, 139
78  Riall 2012, 120
79 Riall 2012, 120-121
80 Riall 2012, 138
81 Riall 2012, 124-125
82 Riall 2012, 135

Secondo Sciascia, “le frange legittimiste e sanfediste si riducevano in Sicilia a pochi funzionari e manutengoli del regime borbonico, a qualche isolato elemento del basso clero, e ai più maldestri e ingenui per di più”83. In queste poche righe, Sciascia fa un riconoscibile riferimento al personaggio di don Paolo Vitale della novella Quarantotto. Questa considerazione fa piazza pulita di tutte le spiegazioni ideali di quello che è stato il Risorgimento portate avanti dalla fazione neosabaudista, quelle spiegazioni che ve- dono liberali contro reazionari con la vittoria dei primi sui secondi.

Sciascia continua segnalando che, a “Napoli … c’erano invece un’aristocrazia e una burocrazia cri- stallizzate intorno alla corte borbonica … una classe borghese … meno pronta e spregiudicata”84, e so- prattutto meno compatta, nell’obiettivo di cambiare tutto per non cambiare niente. E anche questa con- clusione va nella direzione di contraddire le spiegazioni ideali neosabaudiste.

Ovviamente, Sciascia fa piazza pulita anche delle spiegazioni della vulgata neo-borbonica che vede in tutti i briganti dei combattenti per la libertà della patria e della fede. Egli cita, a questo proposito, Paul- Louis Courier che, nel 1806, di fronte ai briganti che cercano di ripetere il 1799, il quale i briganti o ribelli “non li chiama mai banditi o fuorilegge; e mai li mette su un piano morale diverso da quello in cui lui e Massena e l’esercito della repubblica francese si muovono. Le loro ragioni gli sembrano abbastanza buone”85. Violatori dei diritti umani sia gli uni, sia gli altri. Al punto che quando José Borjes si rende conto che non può distinguere il patriota dal delinquente nelle figure dei due capobriganti con cui collabora (Ferdinando Mittiga e Carmine Crocco) abbandona la partita rendendosi conto che è disperata e anche disdicevole per la propria reputazione.

Non si può capire, a mio parere, la produzione let- teraria di Sciascia sulla mafia senza avere meditato fino in fondo questi suoi quattro scritti sul Risorgimento e non si può capire, al di fuori di ogni retorica, la realtà effettuale del Risorgimento senza tenere conto che è stato realizzato, nel nome del liberalismo, da perso- naggi politici che di che cosa fosse il liberalismo non avevano, in effetti, alcuna nozione o comprensione. Non solo, “per usare un’espressione di De Sanctis, si avviluppavano nella sfera brillante della nazionalità, [di cui nemmeno] avevano effettuale nozione”86.

Analizzando lo scritto di Sciascia su Brigantaggio napoletano e mafia siciliana, lo storico Eugenio Di Rienzo inserisce sia il brigantaggio napoletano, sia la mafia siciliana nella categoria del “banditismo poli- tico” e così descrive il periodo della prima guerra civile italiana: “come aveva suggerito Gino Doria già nel 1931, come la fase culminante della guerra di fazione, insorta nel 1799 e riacutizzatesi nel 1848 all’interno della borghesia rurale meridionale, tra ‘galantuomini liberali’, collusi con la camorra napoletana, la delinquenza comune, le ‘mafie’ pugliesi, lucane, calabresi, e i ‘galantuomini legittimisti’ sostenitori e finanziatori dell’insorgenza antiunitaria (come la famiglia di Giustino Fortunato). Due ceti sociali che si trovarono, gli uni contro gli altri armati, nella [sic] conflitto per l’acquisizione o la conservazione di margini di potere economico e politico, tra le cui fila l’opportunismo e l’animus lucrandi prevalsero, molto spesso, soprattutto sul fronte dei novatori, sulle motivazioni ideali”87.

Sciascia, ovviamente, è stato uno scrittore sco- modo che spesso ha assunto posizioni antipatiche, non gradite al mainstream accademico, come quelle che ha assunto sulla prigionia, sulla morte di Aldo Moro e quelle analizzate in queste pagine sul Risor- gimento. Sciascia ha segnato una linea interpretativa tendente ad accreditare l’ipotesi che il liberalismo, e l’illuminismo a questo legato, non hanno avuto molto a che spartire con le idee portanti del Risorgi- mento che liberali o illuministe non sono mai state. È bene dirlo: gli intellettuali più importanti e influenti del Risorgimento non sono stati i Cattaneo o i Ferrari, perché sono stati i fratelli Spaventa, Ber- trando che ha influenzato la filosofia italiana postu- nitaria e Silvio che ha influenzato la cultura politica e amministrativa postunitaria. Entrambi sono stati he- geliani e hanno contribuito non poco a diffondere quella mentalità che così descriveva il liberale e risor- gimentale Matteo Manfrin: “Disse adunque colui il quale tenea le grandi chiavi della Grazia e della Giustizia, che fra Governo ed amministratori (che è quanto dire fra Governo e Popolo) la lotta è continua. Gli amministrati esagerano, continuò egli, ed è perciò che anche il Governo è obbligato ad esagerare, come

  • Sciascia 1970, 77
  • Sciascia 1970, 77
  • Sciascia 1970, 74
  • Sciascia 1970, 75
  • Di Rienzo 2020, 27

avviene in tutte le lotte… Non vede, disse allora qual- cuno al sullodato Guardasigilli, che la sua dottrina manca d’un’equa base, poiché si può bene ammettere che due contendenti esagerino dinanzi una persona, che ha l’ufficio di giudicare e dar ragione all’un dei due, ma nel caso da lei asserito di lotta e di esagera- zione fra amministrati e amministratori, questi [ultimi] sono giudici e parte. Se l’amministrato soc- combe, fu soggiunto dal proclamatore della dottrina, il male è piccolo, perché già tutto a vantaggio dello Stato; e siccome lo Stato rappresenta l’universalità dei cittadini e l’amministrato è un cittadino o tutt’al più un gruppo di cittadini, così è sempre d’interesse ge- nerale che abbiano la peggio i pochi in confronto al- l’ente che rappresenta tutto e tutti”88.

Riferimenti bibliografici

AA.VV. (2010), “Da Sud a Nord a Sud: Noi credevamo di Mario Martone”, un forum con Francesco Benigno, Salvatore Lupo, Marcella Marmo ed Emiliano Mor- reale, Meridiana, n. 69, pp. 145-170

Carrubba, Luciano (2020), Francesco Paolo Di Blasi e il ri- formismo nella Sicilia del Settecento, Patti, Casa Editrice Kimerik, edizione Kindle

Cuoco Vincenzo (1913), Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, a cura di Fausto Nicolini, Bari, Laterza
Di Rienzo, Eugenio (2020), Il brigantaggio post-unitario come problema storiografico,Nocera Superiore, D’Amico Editore

Gangemi, Giuseppe (2022), “I tempi della Chanson d’Aspremont e di Federico II”, Federiciana, in corso di stampa

Grandi, Francesco (2020), Ricordi di un Luogotenente dei Mille, Musei Garibaldini di Caprera, Biblioteca digitale Manduca, Raffaele (2020), Prefazione, posizioni 26-78 di

1.929, in Carrubba (2020)

Manfrin, Matteo (2011), Tirannia burocratica, Roma, F.lli Bocca, 1900, pp. 223-261, Gangemi, Giuseppe (2011), Arbitrio amministrativo e corruzione politica. La linea municipalista italiana di ispirazione anglosassone, Roma, Gangemi Editore

Radice, Benedetto (1963), Memorie storiche di Bronte. Nino Bixio a Bronte, Bronte, Associazione Bronte In- sieme Onlus

Renda, Francesco (2010), La grande impresa. Domenico Caracciolo viceré e primo ministro tra Palermo e Napoli, Palermo, Sellerio Editore

Riall, Lucy (2012), La rivolta. Bronte 1860, Roma-Bari, Laterza

Sciascia, Leonardo (1963), Introduzione, pp. 9-20, in Ra- dice (1963)

Sciascia, Leonardo (1970), La corda pazza. Scrittori e cose della Sicilia, Torino, Einaudi

Sciascia, Leonardo (1976a), Il Consiglio d’Egitto, Torino, Einaudi

Sciascia, Leonardo (1976b), Quarantotto, pp. 95-163, in Sciascia, Gli zii di Sicilia, Torino, Einaudi

88 Manfrin 2011, 230-31

continua….

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