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Napoli e Calabria, due luoghi uniti nel cuore d’origine

Posted by on Lug 10, 2023

Napoli e Calabria, due luoghi uniti nel cuore d’origine

L’amore verso la terra è diventato un sentimento comune per tutti coloro che l’hanno vissuta e continuano a viverla fino in fondo, arrivando a conoscere i suoi valori soprattutto morali. Sebbene potrebbe favorire la manifestazione di un certo patriottismo, quel sentimento che fa muovere a ogni individuo alla ricerca di fatti e di verità che né la sua scuola né il suo governo si permisero di inserirli sui libri di cultura, preferendo l’inganno anziché la realtà.

Quel che può fare la scuola nei confronti degli individui è l’educazione dell’indottrinamento culturale e dell’obbedienza statale, ma poi dopo tutto che tipo di obbedienza esiste oggi? Quella di una sola ideologia politica oppure di un vero regime coloniale? Purtroppo quello che sappiamo e vediamo è che i popoli sottomessi li troviamo nei regimi sia sotto la guida della tirannia elitaria sia sotto il colonialismo di una classe dirigente di un solo popolo. Così è successo e tutt’oggi rimane com’è, senza un’alternativa e un preciso interventismo statale da parte di tutti i governi complici. In altre parole, hanno cercato di ripetere i loro crimini per tante volte pur volendo governare per interessi personali o al servizio dell’Occidente al totale disprezzo dei loro popoli, come mettere un cibo marcio in un piatto pulito. Però molti individui che dovettero ricevere quell’educazione si renderanno conto da che parte stanno e prima o poi capiranno che quello che gli hanno insegnato a scuola potrebbero essere delle inutili falsità. Quindi non cerchiamo di definire “educazione” sui valori di fatto estranei alla realtà, nei confronti della quale l’ha dobbiamo rispettarla, guardarla in faccia e senza offendere al proprio popolo. La verità, oltre ad essere un diritto innegabile e un esempio di assoluta educazione per la collettività, può entrar a far parte nelle tradizioni di quei popoli discriminati dai governi della tirannide elitaria e coloniali e, senza alcun dubbio, dovrebbe dare spazio nell’educazione non solo gli emarginati e i discriminati ma anche i sottomessi, i quali lo sono sia per forza sia per il compiuto sostegno verso i complici e i criminali al governo, per cui si rischia di pagarne le conseguenze. Proprio per questo motivo che sia la storia sia la verità dovrebbero dare all’individuo stesso la possibilità di essere il garante dei valori morali, anche con il diritto di far rinascere la sua società eliminando tutte le lacune che le hanno condizionato negativamente. Dalla verità si può passare all’attaccamento della propria patria, mostrandone affetto e passione anche con la libera volontà di difenderla con parole o con le armi in pugno in attinenza agli ideali condivisi dal suo popolo. Naturalmente può sembrarvi che io vi sto analizzando una scala gerarchica di come si può amare una terra di appartenenza, ma intendo descrivere due luoghi che vengono messi da parte da un governo razzista e coloniale ma certamente hanno avuto insieme una storia che la maggior parte degli abitanti si impegnarono e si impegnano a onorare e a salvaguardare i sacrifici dei nostri antenati. Parliamo di Napoli e della Calabria, questi due luoghi, anzi province, diverse per dialetti, distanti geograficamente per 326 km ma unite per lingua, per tradizioni e per storia, i quali rappresentano il corpo fisico della Nazione Napolitana sia di forma monarchica sia di forma repubblicana (ad eccezione di quella giacobina del 1799), anche se tale nome d’origine viene sepolto dai termini coloniali di Mezzogiorno, Meridione e Sud. Queste province vissero in vari momenti storici che li resero coinvolti e partecipi di situazioni particolari dovendo avere il tempo e la pazienza di trovare mezzi necessari di affrontarli e risolverli per evitare di creare altri problemi. Però al momento della nascita della Nazione Napolitana, Napoli e la Calabria erano divise con le proprie entità territoriali, ovvero nel ducato di Napoli tra il 598 e il 1137 e nel ducato di Calabria e di Puglia tra il 1059 e il 1130, ma quando furono unite sotto il regno di Ruggero II di Altavilla iniziarono a conoscere il primo sistema della legislazione moderna, basata sull’accentramento del potere centrale volta a frenare la tirannia baronale presente nella giurisdizione amministrativa e penale. Nel 1285 nacque il Regno di Napoli da parte degli Angiò, dopo la loro cacciata dalla Sicilia in seguito alla rivolta dei Vespri del 1282, e con l’arrivo di molti sovrani stranieri nello Stato napolitano, i quali furono gli Aragona, i Capetingi francesi e gli Asburgo di Spagna e d’Austria, gli abitanti sudditi assistettero i numerosi cambiamenti, tra cui la nascita della cultura napolitana mediante le correnti dell’umanesimo e dell’anticurialismo; l’evoluzione dei processi urbanistici; il mantenimento dell’unità territoriale della Napolitania (a differenza della Padania che subiva tante scissioni con signorie, ducati e repubbliche marinare) e l’affermazione di un giurisdizionalismo antifeudale di stampo sociale ed economico, di cui prendeva spunto l’anticurialismo. Però le condizioni degli abitanti napolitani non erano migliori sotto i spagnoli e gli austriaci a causa della forte pressione fiscale e delle ingiustizie commesse dai feudatari verso i ceti bisognosi, determinando lo scoppio del banditismo sociale e dei malcontenti popolari che daranno origine i primi sentimenti di ribellione indipendentistici sostenuti sia dal popolo stesso sia da una minoranza di intellettuali e popolani, in particolare dall’abate calabrese Tommaso Campanella con la sua idea di Repubblica comunitaria trattata dalla sua opera “La Città del Sole” (1602) e dal pescivendolo Tommaso Aniello d’Amalfi detto Masaniello che nel luglio del 1647, con l’appoggio dei popolani e dell’avvocato Giulio Genoino, a Napoli guidò la rivolta contro il vicereame di don Rodrigo Ponce de León che imponeva le nuove gabelle sui consumi popolari ma, dopo la sua uccisione nel 16 luglio in mano dei miliziani vicereali, si verificò la nascita del primo Stato indipendente con la guida di Gennaro Agnese e del conte francese Enrico II di Lorena sotto forma repubblicana, coniando la prima moneta e una bandiera di corona di stemma imperiale con le quattro parole latine: “S.P.Q.N.” (Senatus PopulusQue Neapolitanus – il Senato e il Popolo Napoletano) e fu di breve durata, ammettendo che lo Stato repubblicano era governato dai napolitani stessi e protetto dalla Francia mediante il duca di Guisa ma tali ruoli istituzionali gli verranno usurpati e ridati ai nobili e ai fedeli del Viceré. L’ingiustizia delle gabelle e della tirannia feudale continuerà a sopravvivere fino al raggiungimento della totale indipendenza con il giovane re Carlo III di Borbone ottenuto il 10 maggio 1734 in seguito alla sconfitta delle truppe austriache d’Asburgo, inaugurando un nuovo periodo di progresso illuminato con una adeguata riorganizzazione statale, istituzionale, amministrativa, fiscale ed economica della Napolitania. Nel 1743 viene istituito il nuovo Catasto, rendendo tassativi i beni ecclesiastici e i privilegi feudali ma incontrò numerose resistenze dei feudatari che il giovane re dovette respingere e risolvere il feudalesimo forzatamente richiesto dai nobili delle province napolitane, tra cui dalla Calabria stessa, dove i quali tentarono di rapinare i beni ecclesiastici usati dalla Cassa Sacra istituita dal figlio Ferdinando IV nel 1783 per la ricostruzione delle case della Calabria Citeriore distrutte dal terremoto dello stesso anno. Ben presto le pretese feudatarie di beni saranno ancora minacciose in seguito all’applicazione degli usi civici con la Prammatica regia del 23 febbraio 1792 da parte di Ferdinando IV su consiglio di Giuseppe Palmieri e a infangare tale legge antifeudale non solo ci stavano i nobili, ma presero parte anche i borghesi con il timore di perdere le loro terre. Da allora i nobili e i borghesi iniziarono a instaurare il loro rapporto con lo scopo di cospirare contro la legittima autorità dei Borbone e le loro riforme favorevoli ai bisogni delle popolazioni e all’apertura della Napolitania e della Sicilia al modernismo, nei cui confronti si opponevano soprattutto i baroni siciliani. La congiura aristocratico-borghese abbracciava le idee estranee della Rivoluzione francese e della Massoneria internazionale pur di non perdere i loro interessi personali, tant’è che sia il popolino sia la minoranza di aristocratici e borghesi fedeli al governo napolitano di Ferdinando IV ne presero le distanze implorando al Re stesso di reprimere il presunto terrorismo giacobino commesso da complici intellettuali della Corte, tra cui Mario Pagano ed Eleonora Pimentel Fonseca, che finirono in carcere ma successivamente evadono per costituire un governo oligarchico agli ordini della Francia repubblicana…..continua

Antonino Russo

1 Comment

  1. Aggiungerei anche la Puglia… regioni che hanno conosciuto sviluppo e gestione di governi saggi ancora prima che si insediassero i Borbone…favorite io credo non solo dalla natura ma anche dalle relazioni facilitate dalla collocazione naturale centrale nel mondo di rapporti millenari di scambi che il Mediterraneo sicuramente agevolava tra le regioni che vi si affacciavano. caterina

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