Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

RICORDI E APPUNTI DI ANIELLO GIANNI MORRA (VII)

Posted by on Lug 14, 2023

RICORDI E APPUNTI DI ANIELLO GIANNI MORRA (VII)

Macini

Cenno storico della frazione Macini di Marzano Appio.

Quella che oggi viene chiamata con questo nome, in realtà è l’unione di tre piccoli agglomerati: Pepuni a monte della chiesa, Peperuni subito a valle e Macini ancora più a valle.

L’origine temporale di questi tre piccoli gruppi di case è incerta, la testimonianza più antica presente in zona è un rudere in località Peperuni: una piccola cappella di campagna costruita con materiali poveri raccolti localmente e affrescata con dipinti di figure sacre irrimediabilmente sbiaditi. Negli anni ’80 un amatore di reperti archeologici asportò un blocco di piperno trovato non lontano dalla cappella, con una scritta scalfita in latino arcaico, dove un certo Cenci a futura memoria scriveva che la Cappella l’aveva costruita egli medesimo con le sue proprie mani. La data, per il degrado del tempo, non si legge bene, tuttavia una interpretazione plausibile potrebbe farla risalire al 1479.

Si dice che il Cenci, inseguito da gendarmi armati, si rifugiò in cespugli molto fitti, e fece il voto che se fosse scampato alla cattura, che significava la morte, in quello stesso posto avrebbe costruito una chiesetta (la cappella sopra citata).

Oggi, questa pietra che misura poco più di un metro che aveva avuto, forse, la funzione di gradino o di architrave, dopo essere stata recuperata dall’amatore, è stata conservata e murata nell’attuale chiesa dei Macini.

In quello stesso periodo, alcuni dei nuovi abitanti napoletani, per la curiosità di approfondire la storia del luogo, chiesero alle persone più anziane di raccontare le cose più antiche che conoscevano. Uno di loro, il più anziano, Serafino Rozzi (Fifino) oggi non più tra noi, raccontò della presenza in una boscaglia lungo il rio Carangi di due ruderi di mulini ad acqua per la molitura del grano. Fu raccontato, che, i mulini avevano funzionato fino a inizio anni quaranta.

Nella stessa estate (agosto 1989) fu fatta una spedizione agli antichi mulini. In circa 2 ore un gruppo di persone munite di roncole e falcetti, per un sentiero impervio e completamente invaso da rovi, con non poca fatica, riuscì a riaprire la vecchia stradina, arrivando al primo mulino. Il gruppo, era composto prevalentemente dai napoletani dei Macini, Serafino Rozzi, il colonnello Ennio Broccoli ed altri.

L’arcaicità del mulino fu impressionante: era sistemato in una grotticella scavata a mano nella pozzolana, e con i resti ancora visibili dei conci di tufo che costituivano la parete e la porta d’accesso. Le macine, non più al loro posto per gli sprofondamenti della volta e del piano di calpestio, non avrebbero fatto immaginare a prima vista che si trattasse proprio di un mulino.

L’interesse suscitato da quel rudere, fece decidere di arrivare al secondo mulino il giorno seguente, terminando la giornata a scoprire tutti gli accessori funzionali al mulino stesso: la vasca di carico, il canale di adduzione, quello di alimentazione.

Per la scarsità della portata del rio, l’acqua utilizzata dal primo mulino, andava a riempire la vasca di carico del secondo per consentire al mugnaio di lavorare anche una intera giornata se necessario.

In seguito si fece un’altra spedizione con alcune persone locali tra cui Angelo Maccarone, macinese residente in Svizzera, il genero Bruno Taglialatela residente a Monza con la famiglia, ed il fratello Marino, che realizzò un filmato della spedizione.

La scoperta dei mulini con le interessanti macine, fece immaginare che il nome della frazione provenisse proprio da quelle pesanti pietre di molitura.

Tutti i presenti ritennero importante organizzare quanto prima il prelievo di due macine per sistemarle fuori dalla chiesa, dove tuttora sono allocate, per simboleggiarne la frazione e ricordare l’esistenza dei mulini ai più giovani.

Le colture macinesi

All’arrivo a Macini, oltre ai castagneti, vi erano molti alberi di ottime ciliegie, di diverse varietà. Ma la difficile raccolta con lunghe scale e il personale esperto che cominciava a scarseggiare, impose un cambiamento di coltivazioni a favore dell’olivo già in parte presente in zona. I luoghi erano anche ricchi di corbezzoli e di erica arborea come lo sono attualmente.  

Qualche simpatica curiosità:

Prima che a macini arrivasse l’acquedotto da Roccamonfina, le donne portavano a lavare la biancheria in un piccolo laghetto alimentato da una sorgente, sulla via per Casalegno, in un posto appositamente attrezzato. La posizione più comoda era quella inginocchiata per meglio allungare le braccia e bagnare i panni.

Quella posizione insolita attirava molto la curiosità dei ragazzi che arrivavano per godersi lo spettacolo.

Si racconta che quelle occasioni erano state propizie per intrecciare relazioni affettive.

La scuola.

A Macini, la scuola ha avuto sempre una grande importanza ed una elevata frequentazione.

Parecchi anni orsono vidi l’edificio che era stata la scuola elementare con unica maestra, che seguiva i ragazzi nei vari livelli fino alla quinta classe.

Era una piccola stanza ubicata nei pressi di casa Fifino.

Successivamente, fu costruito un nuovo edificio di fronte alla storica fontanina, che accoglieva anche i ragazzi dei Cardoni.

 Anche questa nuova scuola funzionò per poco tempo, forse per un crescente trasferimento degli abitanti, nel nord e all’estero.

Oggi i bambini delle elementari, che da un bel po’ di tempo non ci sono più diversamente da allora, andrebbero alla scuola di Marzano, accompagnati con pulmini.

I macinesi, che con grandi difficoltà portarono molto avanti gli studi fino al conseguimento di una laurea, furono Ennio Broccoli, che frequento la facoltà di agraria a Portici dove trovò anche una simpatica moglie che imparò a conoscere bene i funghi, che tutt’ora cucina divinamente, e Carla Paolino, che frequentò l’università Orientale di Napoli.

Successivamente non vi sono notizie di giovani macinesi che si siano laureati, ad eccezione di quelli che si sono trasferiti come Ettore Paolino e forse qualcun altro.

In una frazione con pochissimi abitanti, la percentuale di laureati è altissima, a testimonianza del grande interesse per lo studio da parte di tutti.   

 Napoletani alla frazione Macini

I primi insediamenti napoletani in questa frazione avvennero nell’anno successivo all’epidemia di colera che colpì Napoli nel 1973. Molti lasciarono la città per rifugiarsi in luoghi più sicuri, un gruppo trovò riparo a Roccamonfina, dove peraltro scoprirono il fascino dei castagneti e dell’aria salubre.

L’anno precedente Sibylle ed io col primo figlio di quattro mesi, sconsigliati di portarlo al mare, decidemmo per l’aria buona di Roccamonfina e precisamente della frazione Gallo, avendo avuto informazioni sulla salubrità di quei luoghi.

Al rientro in città, commentando con il gruppo residente nello stesso condominio della positiva esperienza roccana e l’amenità di quelle località, si decise di verificare la possibilità di acquistare un terreno per edificarvi una casa per vacanze.

Fu una ricerca negativa: non furono trovati venditori.

Affinché germogliasse il ‘seme’ della casa nei castagneti, dopo un po’ di peripezie, alcuni rappresentanti delle quattro famiglie, su indicazione di un funzionario del Comune di Marzano Appio, trovarono un terreno adatto allo scopo alla frazione Macini dello stesso Comune, posta più in alto rispetto al paese e comunque alle pendici del Roccamonfina e ricca di castagneti.

La trattativa per l’acquisto del terreno non fu cosa semplice: la proprietaria Rosalia Riccio, vedova con un figlio molto giovane, cercava con quella vendita di trarre un buon profitto, per accudire al meglio il suo ragazzo orfano di padre. Il terreno che offrì in vendita era una parte di castagneto molto degradato e infruttuoso. In ogni caso adatto per il progetto che volevamo realizzare. In quella occasione, Rosalia si valse della collaborazione di Domenico Angelone collocatore di Marzano.

Il terreno fu diviso in 4 particelle, e, per una maggiore economia, fu concepita una costruzione di 2 case bifamiliari, come ancora oggi si presentano.

La costruzione delle abitazioni fu realizzata da una ditta di Pietramelara, indicata da un parente di Benito Romeo e la direzione lavori fu affidata ad Augusto Raiola. Queste due persone, insieme con Pasquale Scognamiglio e Gianni Morra, furono i quattro pionieri insediatisi a Macini.

Successivamente fu costruito un nuovo edificio per l’insediamento di altre 5 famiglie imparentate con Romeo e Scognamiglio.

I consigli di Rosalia

Con Rosalia s’instaurò un rapporto amichevole, ma fu una severa maestra: ci richiamava continuamente per gli errori che facevamo nell’orticello per mancanza di conoscenze ed esperienze.

Le feste e le riunioni serali

Per la festa patronale, che cade nella prima settimana di agosto, si celebra una messa e in pomeriggio una processione con la statua della Madonna. Per alcuni anni la sera successiva alla festa religiosa è stato proiettato un film all’aperto nei pressi della chiesa (ognuno portava la propria sedia!) oppure si teneva una spaghettata a cura di Sinduccio Penta, che procurava anche i pentoloni adeguati. Mentre la spesa veniva organizzata da Enzo Lo Schiavo.

Per buona parte del mese di agosto, nei pressi delle abitazioni di Amerigo e Ciccio Penta, ci si riuniva anche con Ennio Broccoli e la figlia Brunella, si suonava la fisarmonica e si cantava un po’ di tutto ma la canzone più richiesta, soprattutto dalle signore più “datate” era “L’osellin della comare”.

In quegli anni si facevano molte scampagnate nei luoghi più interessanti indicati dagli abitanti locali. Ognuno portava la propria colazione, ma la più apprezzata era di Minuccio Paolino: con salsiccia stagionata fatta in casa.

La chiesa

Quando arrivammo a Macini, terminata in parte la costruzione della casa, cominciammo a fare conoscenza degli abitanti del luogo, compreso il sacerdote che veniva ad officiare la messa di domenica Don Tito, persona molto simpatica , amico della famiglia Valentino che gli forniva il vino per la celebrazione, e  custodiva gli oggetti preziosi della Madonna, che indossava poi alla processione, e le chiavi della chiesa stessa, che richiedeva interventi di conservazione: la stessa statua della Madonna era in precarie condizioni.

L’affabilità di Don Tito attirò la nostra simpatia, fino al punto che gli facemmo battezzare la nostra Laura, nata a Napoli qualche settimana prima.

Intanto le figlie di Fifino, residenti a Roma, molto devote alla Madonna, si accollarono l’impegno della manutenzione della statua, affidandola alle cure di una ditta artigianale di San Gregorio Armeno di Napoli. Pertanto mi chiesero di controllare l’avanzamento del lavoro che puntualmente feci con piacere.

Al maresciallo Ciro Capuozzo non sfuggì la precarietà delle panche e da esperto falegname, ritenne di poterne costruire delle nuove. Lo stesso Ciro, in occasione delle feste esterne alla chiesa, montava qualche vecchio e variopinto paracadute dismesso.

Anche l’impianto elettrico era vecchio e pericoloso e per questo lavoro, ci impegnammo Augusto ed io. Ci sforzammo di fare un impianto il più possibile a norma, realizzando anche la messa a terra. Inoltre fu riparato il lampadario al quale mancavano diversi pendoli di cristallo e molti candelabri fuori uso. Con l’occasione, fu anche murato il blocco di piperno con l’epigrafe in latino.

Anche la muratura dell’altare fu rinforzata.

Una brutta sorpresa si ebbe il giorno in cui ci si accorse della scomparsa della campana: era stata rubata. Sarebbe opportuno, quanto prima fare una colletta per comprarne un’altra. Se si riuscisse a fare ciò occorrerebbe rendere più sicuro il campanile per evitare il ripetersi di ruberie.

Un incendio pauroso.

L’ incendio d’agosto, iniziò all’altezza delle curve dopo i Cardoni, proseguendo poi verso Macini sulla parte sinistra della strada, arrivò a casa Paolino, la prima di tutto il caseggiato. Dopo l’allarme tutti quelli che si trovavano a Macini si precipitarono per spegnere quell’inizio d’incendio riuscendovi. Nel frattempo l’incendio aveva proseguito la propria corsa verso la chiesa e i caseggiati più a monte. Le fiamme alte incominciarono ad arrivare dall’altro lato della strada, fino al mio gazebo che incominciò anche a bruciare.

Sibylle, pur chiamandomi a squarciagola, non riuscì a raggiungermi, occupato com’ero da Paolino. Per fortuna in quel momento passava Raffaele Valentino, che resosi conto della situazione, con un paio di secchiate d’acqua presa dallo stagnetto vicino, riuscì a domare quel principio d’incendio. Subito dopo arrivai anch’io che, nel frattempo, ero stato allertato. L’incendio diventava sempre più pericoloso, con l’avvicinarsi ai caseggiati, tanto che portai la macchina sulla strada in un posto sicuro, per una eventuale fuga. Nel mentre si considerava il da farsi, arrivò un Canadair che spense l’incendio vicino casa.

Sapemmo il giorno dopo che a pilotare quell’aereo era stata una donna competente nei voli a bassa quota.

Quell’incendio ci tenne impegnati per due giorni, non potendo chiamare nuovamente i forestali, impegnati altrove, la bonifica dell’aria bruciata fu fatta da mio figlio Fabio e da me. Si trattava di spegnere quei fuocherelli che, covando sotto la cenere, si attizzavano per alimentare i resti dei tronchi non del tutto bruciati.

La flora

La flora nella frazione Macini è quella di tutto il comprensorio.

I prati nelle zone, prive di erba alta, sono ricchi di piccole piantine in fiore, con molte orchidee e in autunno, si possono osservare delle vere maree di Ciclamini. Crescono in abbondanza il Corbezzolo coi suoi curiosi frutti, l’Erica, con grappoli di fiorellini bianchi delicatamente profumati e la Ginestra. La zona è anche ricca di diverse specie di felci.

Castagneti e castagne vulcaniche.

La varietà più pregiata di tutta l’area del Roccamonfina è la tempestiva, per il sapore conferito dal suolo vulcanico ricco di potassio.

Si capisce già dal nome della varietà che è un frutto primitivo, che arriva a inizio di settembre.

Le castagne vengono selezionate, eliminando il bacato e, a seconda della pezzatura, si stabilisce il prezzo.

Altre varietà presenti in zona sono la Mercogliano, la Napoletana riccia e paccuta, che arrivano a maturazione dopo la tempestiva.

Fino ai primi anni 2000, a Macini arrivava un camioncino di un commerciante che ritirava il raccolto, registrando il peso ed il prezzo. Oggi vengono portate direttamente ai depositi dei commercianti.

Aniello Gianni Morra

continua……

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.