Alta Terra di Lavoro

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CANTO POPOLARE DI MONTECALVO AI TEMPI DI FERDINANDO II DI BORBONE-1853

Posted by on Ago 9, 2023

CANTO POPOLARE DI MONTECALVO AI TEMPI DI FERDINANDO II DI BORBONE-1853

La seguente che riportiamo è una delle più caratteristiche. Si osservi come vi è l’uso di cambiare alcune lettere, ed altre toglierne, e vi si trovano alcune parole della propria lingua

Noi l’abbiamo così scritta, siccome vien profferita, nulla aggiungendo, o modificando per accomodar taluni versi mancanti di alcuna sillaba, o rime.

DI SDEGNU

Faccia di nu (1) lignamu (2) cautato
Sia (3) acciso chi ti ha partoruto (4)
Tu (5) jeri (6) quillu giovane aggarbatu
Che si pigliare a me non hai potuto.
Va facenno come a spantecato (7)
Io moro pe te, non cerco ajuto,
Tre cose pe te stanno stipate (8)
La fossa, la campana e lo tauto (9).

* Argomento tratto dal testo di Filippo Cirelli “Il Regno delle Due Sicilie”, Descritto ed illustrato, 2a edizione del 1853, Opera dedicata alla Maestà di Ferdinando II, vol. VII, Principato Ulteriore-Montecalvo, pag. 12. (Cfr. F. Cirelli, “Il Regno delle Due Sicilie”, vol. VII, Principato Ulteriore-Montecalvo, pag. 12, 1853)

Filippo Cirelli (1796-1867),  di Campoli Appennino in alta Terra di Lavoro, figlio di una famiglia agiata, fu inventore, editore, professore, scultore e pittore.Si occupava di storia, geografia, scienze fisiche, matematiche e chimiche, attività economiche, usi e costumi dei sudditi dei Borboni, non trascurando di dar conto di canti, detti e filastrocche nei dialetti dei vari paesi e conduceva, verso la metà dell’Ottocento, una ricerca pluridisciplinare sui contesti urbani, rurali, economici, etnici e sociali dei territori del Regno delle Due Sicilie, che avrebbe pubblicato come monografie intitolate “Il Regno delle Due Sicilie”, Descritto ed illustrato, Opera dedicata alla Maestà di Ferdinando II.

Incontrò non poche difficoltà nella raccolta di materiale a riguardo della cultura orale, perché nobili e borghesi, cui si rivolgeva, irridevano la tradizione orale, di cui era portatore il popolo di analfabeti.

Era una storia della gente, quella del Cirelli, vista attraverso le tradizioni, le abitudini, gli usi e i costumi degli abitanti ed era quanto di meglio si potesse trovare allora sul Mezzogiorno d’Italia. L’opera, purtroppo, rimase incompiuta, a causa della morte dell’autore.

Personalmente ho avuto modo di consultare qualche stralcio della seconda edizione, editata nel 1853 (7 anni prima della Spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi e 8 prima dell’Unità d’Italia approvata nel 1861), e vi ho riscontrato un canto montecalvese, “DI SDEGNU”, (Cfr. F. Cirelli, “Il Regno delle Due Sicilie”, vol. XIV, Principato Ulteriore-Montecalvo, pag. 12, 1853), la cui trascrizione non convince e ho provveduto a riscriverlo in grafia fonetica, che ho messo a punto negli anni Ottanta del Novecento per il dialetto montecalvese dell’Ottocento.

Questo canto non è compreso negli oltre 200 canti da me raccolti a Montecalvo Irpino negli ultimi due decenni del Novecento. Nel 1852, sempre il Cirelli, dettava il necrologio per Pietro Paolo Parzanese (Ariano di Puglia, come si chiamava allora Ariano Irpino, 1809 – Napoli, 1852), certamente il più noto poeta irpino del XIX secolo.

Nota al testo del canto

(1) uno. (2) bucato per vetustà. (3) ucciso. (4) partorito. (5) eri. (6) quello. (7) irrequieto. (8) conservate. (9) bara di legno ove il cadavere si ripone.

Traduzione: PER SDEGNO // Faccia di un legno tarlato / Sia ucciso chi t’ha partorito / Tu eri quel giovane garbato / Che pigliarsi a me non ha potuto. / Vai in giro da irrequieto / Io muoio per te, non cerco aiuto, / Tre cose per te sono conservate / La fossa, la campana e la bara.

La trascrizione del testo fatta dal Cirelli non convince, per cui nella grafia fonetica, messa a punto dal sottoscritto per il dialetto montecalvese dell’Ottocento, il testo così risulterebbe:

DI SDEGNU // Facci di nu lignàmu cautàtu / Sij’accìsu chi t’ha figliàtu / Tu iri quiddru gióvin’aggarbàtu / Ca pigliàrit’a mme nunn’hai putùtu. / Vaji facènnu lu spanticàtu / Iju móru pi te, nun cércu ajutu, / Tre cóse pi te stannu stipati / La fossa, la campana e lu tavùtu.

Zell, 4 luglio 2011 Angelo Siciliano

Si veda pure il sito www.angelosiciliano.com

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