Alta Terra di Lavoro

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BRIGANTAGGIO-NELLE PROVINCIE NAPOLETANE DAI TEMPI DI FRA DIAVOLO SINO AI GIORNI NOSTRI-MARCO MONNIER (Il maggior comandante il battaglione FRANCHINI)

Posted by on Set 5, 2023

BRIGANTAGGIO-NELLE PROVINCIE NAPOLETANE DAI TEMPI DI FRA DIAVOLO SINO AI GIORNI NOSTRI-MARCO MONNIER (Il maggior comandante il battaglione FRANCHINI)

Ci sono dei testi che hanno fatto la storia del Sud, partecipando a quella “guerra delle parole” che ci ha ridotti a dei servi senza dignità. Ebbene i libri scritti da Marco Monnier, scrittore che ebbe accesso alla documentazione delle gerarchie militari piemontesi (del La Marmora tanto per citarne uno a caso…) fanno parte di quei testi. 

I suoi scritti sul brigantaggio e sulla camorra verranno scopiazzati da tutti coloro i quali si occuperanno di tali argomenti dopo di lui. Nessuno dirà più di lui nè aggiungerà nulla a quanto detto da lui. Salvo rare eccezioni, quali il Molfese, secondo il nostro modesto parere.

I termini scelti da Monnier, i suoi giudizi, la sua valutazione degli eventi, tutto verrà ripetuto migliaia di volte sui giornali, nelle accademie dove si formano le classi dirigenti, nelle scuole di ogni ordine e grado.

Le sue omissioni saranno le loro omissioni – vedi le deportazioni dei Soldati Napolitani, giusto per non restare nel vago.

Zenone di Elea, 23 Dicembre 2008

Ecco ora alcuni ragguagli intorno alla morte di Borjès. Quando fu preso alla cascina Mastroddi, non volle rendere la sua spada che a Franchini; e quando lo vide, gli disse: Bene! giovane maggiore. – I prigionieri furono legati due a due e condotti a Tagliacozzo. Durante il tragitto Borjès parlò poco e fumò delle spagnolette. Disse a varie riprese: Bella truppa i bersaglieri! Poi al luogotenente Staderini: «Andavo a dire al re Francesco II che non vi hanno che miserabili e scellerati per difenderlo, che Crocco è un sacripante e Langlois un bruto.» Manifestò anche il suo dispiacere di essere stato preso tanto vicino agli Stati romani.

Franchini fece quanto potè per ottenere delle rivelazioni. Gli Spagnuoli furono muti e conservarono un fiero contegno. «Tutte le torture non mi strapperanno una parola,» disse Borjès, al quale non si pensava di infligger veruna tortura; e aggiunse:«Ringraziate Dio che io sia partito questa mattina, un’ ora troppo tardi; avrei raggiunto gli Stati romani e sarei venuto con nuove bande a smembrare il regno di Vittorio Emanuele.»

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Garantisco queste parole: resultano da un secondo rapporto inedito del maggior Franchini.

A Tagliacozzo Borjès e i suoi compagni vennero condotti in un corpo di guardia, ove dettero i loro nomi. Uno spagnuolo, Pietro Martinez, chiese inchiostro e carta, ove non scrisse che queste parole: «Noi siamo tutti rassegnati a esser fucilati: ci ritroveremo nella valle di Giosafat, pregate per noi.»

Tutti si confessarono in una cappella e dopo furono condotti sul luogo dell’esecuzione. – «L’ultima nostra ora è giunta, sclamò Borjès: muoriamo da forti.»

Abbracciò i suoi compatriotti, pregò i bersaglieri a mirar diritto, poi si mise in ginocchio co’ suoi compagni e intuonò una litania in spagnuolo. Gli altri in coro gli rispondevano. Il cantico fu rotto dalle palle: dieci Spagnuoli caddero; dopo di che venne la volta dei Napoletani, fra i quali eravi un ultimo straniero, il quale prima che fosse fatto fuoco, gridò ad alta voce: «Chiedo perdono a tutti!»

Tale fu la fine di Borjès e di tutti i suoi compagni. Uno solo fra essi, Agostino Capdeville, malato, era rimasto indietro. Borjès aveagli dato sedici napoleoni prima di lasciarlo. Questo disgraziato restò nascosto ancora un mese in una grotta in Basilicata, ove la guardia nazionale lo arrestò. Le sue deposizioni confermarono pienamente quanto fin qui ho narrato. Gli Spagnuoli tutti hanno confessato che sedotti dalle menzogne de’ generali e de’ comitati, aveano fatto conto di trovare delle armate già raccolte, e non eransi imbattuti che in briganti fuggiaschi. Dicevano essere stati traditi dal generale Clary.

È stata censurata la fucilazione di Borjès. Vittor Hugo ha esclamato: Il Governo italiana fucila i realisti! – Ma che poteva egli fare? A qual indizio riconoscere l’uomo onesto dal brigante?

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con qual diritto giustificare l’uno degli assassinii e dei furti commessi dall’altro? Borjès era stato con Crocco in tutte le sanguinose avventure della Basilicata: d’altra parte la legge era inflessibile:

saranno fucilati tutti coloro che verranno presi colle armi alla mano.

– Questa legge era stata fatta per i banditi, dappoiché non vi ebbero che banditi in queste parodie di guerre civili. Non un Italiano di cuore, non un ufficiale del re decaduto, non un uomo a cui i capi della reazione avrebber voluto stringer la mano erasi unito alle bande di Crocco e di Mittica. A che era dunque venuto fare Borjès, spagnuolo, in mezzo a queste ignobili scene di sangue? Dovevasi usargli indulgenza perché Spagnuolo?

I Napoletani avrebbero declamato contro questa ingiustizia. Tanto è vero ciò, che quando in appresso, sulla preghiera del principe di Scilla, il generale La Marmora consentì a che il corpo di Borjès fosse disumato per trasportarlo a Roma, non vi ebbe che un gride di indignazione in tutti i villaggi delle frontiere. Un nuvolo di proteste partì per Caserta, per Napoli e per Torino. L’implacabile rancore delle popolazioni non fa più distinzione: legittimismo per esse vale brigantaggio.

La mancanza di successo e la splendida testimonianza di Borjès addimostrano che io posso qui porre termine al mio lavoro. Dopo la morte dello Spagnuolo la banda di Crocco si disperse: il suo celebre capo non pensa che a porre in salvo il suo danaro e sé medesimo in qualche luogo. Dopo aver indarno tentato di unirsi a Cipriano della Gala, ricomparve nelle alture di San Martino nella provincia di Avellino. Una brillante spedizione diretta dal generale Franzini lo mise in fuga. Fu veduto un giorno sulle coste della Terra di Lavoro al disopra del Volturno: da quell’epoca se ne persero le tracce. Forse è giunto sano e salvo al Quirinale, o chi lo sa? al Vaticano.

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Alle frontiere romane l’intervento de’ Francesi ha reso il brigantaggio impossibile. Una nuova frotta di legittimisti schiacciata nel suo germe ad Alatri ha provato l’impotenza e la miseria di questo morente partito. Un altro tentativo abortito a Castellamare in Sicilia null’altro ha fatto che rianimare in quell’isola, che avea cominciato il fuoco, gli antichi odii contro i Borboni, e la fede nella causa nazionale.

Mentre io scrivo, vi hanno ancora alcune bande nel Gargano e in Capitanata, sulle coste dell’Adriatico, vicina allo sprone dello stivale. Non meritano qui neppur menzione. Lo Zambro, TurriTurri, il Muratori, Codipietro sono già dimenticati, forse morti. Tutto il resto del regno è tranquillo. Il generale La Marmora, prefetto di Napoli e comandante il 6° corpo d’armata, si fa amare per pregi tutti piemontesi. Pieno di riserva e di buon senso, attivissimo senza parerlo, vigile e rigoroso al bisogno, senza dirlo, tiene Napoli in sua mano e non se ne vanta. Egli solo in Italia poteva riuscire dopo il brillante vincitore di Castelfidardo e di Gaeta.

Il generale La Marmora ha avuto l’audacia di compire il grande atto innanzi al quale avevano esitato tutte le luogotenenze: ha ordinato la leva di 36 mila uomini; e la leva si è fatta quasi ovunque senza opposizione, ma con entusiasmo. Per la prima volta da che Napoli è Napoli vedemmo i coscritti accorrere sotto le bandiere al grido di

Viva il Re!

E’ quando ricordiamo ciò che era l’Italia alla fine del 1860, con Francesco II a Gaeta, organizzato e in forze il brigantaggio negli Abruzzi, ancora soggette al Borbone Civitella del Tronto e Messina; tre armate sulle braccia, quella di Francesco II, quella di Garibaldi, quella di Vittorio Emanuele, in rivoluzione il paese, esauste le finanze, destituito di autorità il potere, incerta la Francia, minacciosa l’Austria, furente il papa;

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e quando consideriamo che, procedendo diretto per la sua via, in mezzo a mille ostacoli, il Governo italiano non ha solamente sfidato le folgori del Vaticano, le rappresaglie austriache, superato le esitanze delle Tuileriesv raffrenate le impazienze della rivoluzione, conquistato Gaeta e Messina, distrutto Francesco II, posto da banda Garibaldi, battuto costantemente il brigantaggio ognora rinascente, ma ha ancora affrontato tutti i malcontenti e le resistenze del municipalismo napoletano, ostinandosi nella sua idea di annessione immediata e di assimilazione ad ogni costo; ha avuto maggior cura di quest’opera ne’ momenti più difficili e più disastrosi; vi ha compromesso la fama di tre uomini ragguardevoli, Farini, Nigra e San Martino, e più ancora la gloria del conte di Cavour; senza distrarsi un momento, senza deviare di un passo da questa idea fissa; si è reso impopolare quasi per diletto, togliendo ai Napoletani la loro autonomia briciola per briciola, e non solamente la loro autonomia, ma anche ogni egemonia sulle provincie meridionali, ristringendo l’autorità di una capitale di 500 mila anime in una provincia di poche leghe; sopprimendo infine la luogotenenza quando appunto ai cittadini era per divenire gradita, in grazia del generale Cialdini; e che infine a malgrado di questi errori, forse necessaria, fors’anco volontarii, ogni giorno egli si è ravvicinato al suo scopo invariabile, con miracolosi successi, senza turbolenze, senza scosse, senza che avvenissero moti nelle strade della città, a malgrado del brigantaggio sulle montagne e nelle foreste, senza innalzare una sola baionetta, a malgrado dell’opposizione violenta de’ borbonici, de’ garibaldini, e de’ mazziniani, a malgrado le libere parole pronunziate alla Camera e la licenza estrema della stampa; che infine egli ha compiuto la leva nel peggior momento, dopo la soppressione della luogotenenza, durante una recrudescenza del brigantaggio,

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e che questa leva si è operata quasi ovunque al suono di allegre fanfare, e i coscritti si sono presentati a folla sotto quelle bandiere che forse alla prossima primavera saranno crivellate dalle palle; quando consideriamo tutto questo, siamo pur costretti a riconoscere che Dio lo vuole, e che l’Italia ha la sua stella.

Marco Monnier.

Napoli, febbraio 1862.
fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa/Notizie_storiche_documentate_sul_brigantaggio_monnier.html#straniero

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