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Il principio di nazionalità anche a tutti i popoli italici (III)

Posted by on Set 10, 2023

Il principio di nazionalità anche a tutti i popoli italici (III)

Però visto la continua e ripetuta presunzione politica di rivendicare la terra triestina da parte dei soggetti in contrasto, ovvero dai comunisti jugoslavi di Tito (i quali saranno responsabili dell’eccidio di molti innocenti triestini e veneti nelle foibe tra il 1943 e il 1945, etichettati falsamente come “fascisti” e “italiani”)

e dai capi dell’inesistente irredentismo italiano (i quali avranno appoggio dagli agenti dei servizi segreti coloniali nella organizzazione della rivolta del 3 e 6 novembre del 1953), i leader e gli attivisti del FILSG e del BT triestini presero le distanze da quello scontro, nonostante che subiranno una pesante emarginazione sociale e politica da parte sia dei capi irredentisti che istigarono la folla triestina a distruggere la sede del FILSG il 6 novembre del 1953, considerato come un simbolo dell’occupazione inglese, sia dalla nuova amministrazione coloniale che gli fece privare il loro ingresso negli organi comunali. Cusin, a differenza del duro e falso irredentismo italiano dei capi dei partiti filo-padani e della “Lega Nazionale” e degli agenti dei servizi segreti coloniali, puntava alla costituzione dello Stato libero di Trieste su visioni multietniche con una politica incentrata sull’inclusione della popolazione slava, assieme a quella italiana, nella società civile triestina e mediante a tale convivenza etnica si potrebbe raggiungere ad una rinascita economica, come avrebbe fatto lo stesso Tito dopo aver rotto con Stalin per la sua opposizione al centralismo forzato per poter rendere la Jugoslavia uno Stato federale per la salvaguardia delle etnie che la componevano. Purtroppo si sa che sia Cusin sia altri esponenti dell’indipendentismo triestino vennero zittiti dai nuovi ascari dell’Italia padana, non dimenticando la sua appartenenza all’identità triestina e al Blocco Triestino fino alla sua morte avvenuta nel 1955. Le iniziative politiche messe in atto dai principali politici citati hanno dato la massima applicazione dei principi tradizionali delle identità dei loro popoli, rimanendo però inascoltati dal governo razzista unitario e dai partiti ascari che si interessarono solamente a favorire lo sviluppo economico, culturale e sociale della Padania. Ovviamente la politica non è stato il solo strumento di manifestazione dei principi delle identità italiche ma anche la cultura è stata necessaria per aver reso più realistico l’esistenza della diversità italica. In particolare nell’area culturale di tale risveglio nazionale entrano a far parte Pietro Mascagni, Sergio Salvi, Gaetano Cozzi e Joseph Henriet.

Mascagni, sebbene fosse nato a Livorno in Toscana, è stato il compositore più conosciuto nella musica italica ma sarà noto di un inno di cui ebbe l’onore di comporlo nel 1898: il famoso “Inno del Sole”. Il tema di tale inno mascagniano simboleggia l’immortalità di una giovane donna che, dopo la sua morte, si trasformò come un fiore di color viola da parte del sole che gli garantisce la forza spirituale di vivere come tale. Infatti Roma, assieme all’Umbria e alle Marche, rappresentò e rappresenta come capitale spirituale della terra etrura con l’avvento dello Stato Pontificio, dove la figura del Papa è stato la guida dei popoli d’Europa e della penisola italica, nei cui confronti la mantenne unita nella fede e nella legalità, ossia in collaborazione con i principi italici, esclusi i Savoia che, dopo il patto tra Carlo Alberto e la setta massonica-elitaria, divennero anticristiani e francesi. Naturalmente l’identità etrura non ha caratteri culturali ma anche politici visto l’esistenza del “Forza Centro – Orgoglio federalista” fondato nel 2020 da Emanuele Fiorini che, seguendo la corrente federalista di molti pensatori italici, incluso quello del padano Miglio, ne è la guida di tale movimento. L’Etruria comprendeva non solo le tre regioni del centro anche la Toscana che, con il passare degli anni, ha avuto un suo governo, la sua cultura e la sua identità per differenziarsi giustamente dal popolo etruro. Infatti lo storico Sergio Salvi, attraverso il libro “Identità toscana”, elogia il patriottismo toscano dando delle risposte realistiche alla cultura della propaganda razzista unitaria: Dante non rappresenta il simbolo della “letteratura italiana” ma solamente quella toscana e la Toscana stessa ebbe tanti benefici sotto i Lorena, poiché il sovrano Leopoldo II imparò ad adattarsi all’uso dei costumi e della lingua del popolo toscano. In altre parole, la Toscana viveva meglio e di quella “rivoluzione del 1859” non fu altro che un vero colpo di Stato militare organizzato dagli agenti piemontesi sotto la guida del Conte di Cavour e della massoneria internazionale, con lo scopo preciso di rovesciare il legittimo governo dei Lorena per costituire illegalmente un governo fantoccio affidato ai soli fedeli dell’espansionismo sabaudo, in totale disprezzo del vigente diritto internazionale. In quell’anno la Toscana sarà la prima vittima del colonialismo sabaudo avvenuto nella storia della penisola italica, subendone ingiustizie e sottomissioni di idee estranee alle sue tradizioni nazionali, in particolare dal leghismo di Bossi che era riuscito ad avere spazio sia in Toscana sia nel Veneto che, successivamente, ne prenderà le distanze capendone le vere intenzioni ideologiche della Lega. Gaetano Cozzi, un altro storico ma di origini venete, viene considerato dai suoi connazionali veneti come il monumento della giurisdizione all’epoca della Serenissima Venezia con il suo libro “La società veneta e il suo diritto” pubblicato nel 2000, prima della sua morte, mediante il quale mostra che il diritto veneto aveva modernizzato le consuetudini matrimoniali nel nome di una libertà sentimentale, l’applicazione della giustizia penale dal punto di vista degli imputati e dei difensori e il rapporto morale tra Stato e Chiesa all’interno della società veneta. Inoltre Cozzi affermò che il diritto veneto era sopravvissuto nel periodo ottocentesco fino alla sua scomparsa in seguito alla prevalenza della giurisdizione “italiana” sempre a favore della Padania. Dalla sopravvivenza del diritto veneto si può affermare che era ed è sopravvissuto ai veneti il ricordo della Serenissima da chi la seppe guidare e difenderla dalle invasioni straniere, come le famose Pasque veronesi del 17 e 25 aprile 1797 e il tentativo di insurrezione dei serenissimi dell’8 e 9 maggio 1997, in ricorrenza della caduta della Repubblica di Venezia. Oltre a Venezia c’è un popolo sconosciuto che si trova nella parte ovest della Padania ma abitanti e intellettuali hanno scoperto la sua vera identità culturale e nazionale. Uno di questi è Joseph Henriet, un esperto di lingua valdostana che successivamente si distinse alla nascita dell’identità arpitana, dai libri di grammatica (“Grammatica della lingua arpitana”) all’attivismo politico basato sulla conquista dell’indipendenza di quella Nazione che comprende i territori est-meridionali della Francia, i cantoni svizzeri e la stessa Valle d’Aosta. È stato il presidente del breve Movament Harpitanya di ideologia maoista e, in seguito al suo fallimento, riesce a dare un contributo alla svolta dell’identità arpitana da parte degli indipendentisti e degli autonomisti (tra cui la Union Valdôtaine fondato nel 1945). Come Miglio, egli prenderà parte alla Lega di Bossi fino al 1999 quando, in seguito alla vittoria della squadra di calcio Arpitania contro la Padania con il punteggio 2-1, rimarrà come guida della lotta per il riconoscimento dell’identità arpitana opponendosi all’espansionismo territoriale della Padania su iniziativa di Bossi. Ora voi cari lettori italici, che cosa ne pensate di questi personaggi simbolo delle identità dei propri popoli che gli intellettuali e i “professoroni” della propaganda razzista unitaria non vi raccontano nei tg, a scuola e all’università? Credete che sia giusto vedere un popolo cancellato dalla storia di chi lo vuole sottomettere? Allora la questione delle nazionalità dei grandi e, soprattutto, piccoli popoli è realtà o fittizia? Ancora i politici ascari credono di scherzare su queste cose serie passandole come un perditempo o un pericolo “all’unità del Paese”. Ma almeno sanno cosa vuol dire unità di un popolo? Allora che si mettano in testa che quando un popolo vuole far nascere una sua Nazione la unisce non solo dalle loro origini ma anche dall’accordo tra individui e governanti, i cui ultimi devono garantire ai primi una massima tutela dei diritti e delle libertà naturali, secondo l’approccio giusnaturalista condiviso maggiormente dalla dottrina tradizionalista. Tutte le élite dei popoli, in cieca opposizione ai principi morali tradizionali, fecero nascere le loro Nazioni secondo le loro modalità con l’intenzione di governali per scopi personali e ideologici, come è successo nel periodo ottocentesco, nelle rivoluzioni nazionali e nei processi d’indipendenza e di decolonizzazione anche se alcune volte vari intellettuali e personalità appoggiarono i popoli per seguirli nei loro malcontenti caratterizzati dalle politiche di pura tirannia promossi dalle stesse élite che, dopo il ruolo di guida carismatica esercitata nei confronti di quegli stessi popoli, avranno fatto di tutto per sbarazzarli con il rischio di aumentare il dissenso che, da ieri e oggi, è più attivo e presente in tutti i paesi di diverso Continente. Infatti il collaborazionismo giacobino della maggioranza borghese e aristocratica elitaria è la dimostrazione di un egoismo oltre al limite e dannoso alle esigenze popolari che, in risposta, non riconoscevano l’avvento delle nuove idee importate dalla Francia “rivoluzionaria” della Repubblica e di Napoleone, commettendo tanti crimini disumani identici a quelli della Germania sotto Hitler e dell’Italia padana sotto Mussolini e di certo non mancanza l’antico diritto di ribellione posseduto legittimamente dai popoli insorti. L’insorgenza dei popoli italici del 1795 e del 1814 tende a rappresentare il vero esempio di resistenza spontanea di un popolo per fare una chiara distinzione storica con la cosiddetta “Resistenza italiana” che fece prevalere le condizioni della sola Padania facendo rinascere ingiustamente e interamente l’ingiustificato colonialismo iniziato dal 1861. E come possiamo concludere? Che ormai tutti gli intellettuali e abitanti dei popoli italici puntarono sulla tutela delle loro identità e sulla possibile conquista dell’indipendenza per passare in seguito alla nascita del federalismo italico, dal quale l’Italia dovrebbe diventare de facto una Confederazione di Stati a tutti gli effetti, come lo volevano i Principi italici e i pochi intellettuali del federalismo giobertiano e repubblicano di Cattaneo. I popoli italici hanno il merito di veder prevalso la loro storia al loro interno e non si può credere che essi avevano propriamente bisogno della unità per volontà di chi voleva avere più soldi e più potere al disprezzo delle loro tradizioni nazionali. Grandi o piccoli, i popoli sono esistiti dalle origini e vanno rispettati come tali e non secondo il pensiero di una presunta propaganda ideologica e coloniale messa in atto, anche perché il federalismo serve per riconoscere giuridicamente e legalmente l’esistenza patriottica di un popolo che potesse raggiungere la sua sovranità territoriale e legittima. L’Italia può e ha il diritto di rinascere come una Confederazione di Stati sul rispetto e sull’amore dei propri popoli senza i desideri di ambizione di conquista e senza l’uso della propaganda di odio in attinenza ai principi morali della religione cattolica e delle norme tradizionali italiche.

Antonino Russo

2 Comments

  1. Infatti hai ragione perché come i Balcani ha avuto due iniziative di leghe federaliste (la prima nel 1911 tra Serbia, Bulgaria, Montenegro e Grecia contro il dominio turco, la seconda nel 1946 con la nascita dell’assetto federale jugoslavo per volontà di Tito e la terza nel 1947 con la proposta della “Federazione balcanica”, sempre sulla spinta del primo, che comprendesse la Bulgaria e l’Albania per impedire le tensioni etnico-nazionali e l’egemonia sovietica), anche l’Italia ha avuto la sua storia come Confederazione attraverso le sue due famose Leghe: quella del 1454 e del 1455 con l’adesione della Repubblica di Venezia, del Ducato di Milano, della Repubblica di Firenze, dello Stato Pontificio e del nostro Regno di Napoli e sarà famosa per la Pace di Lodi per aver posto fine il conflitto tra Venezia e Milano e quella del 1848 con la collaborazione dei principi italici con il modello giobertiano, di cui Carlo Alberto prese improvvisamente le distanze per favorire il suo ingiustificato espansionismo che, proprio per colpa di tale sua scelta, portò al fallimento di tale modello che avrebbe reso l’Italia interamente unita e rispettosa per le tradizioni dei popoli che la compongono.
    L’Italia merita di essere riunificata come Confederazione e non come Nazione perché è totalmente impossibile essere tale.

  2. Articolo interessante, ma ritengo un po’ sorpassato per le tesi che esprime… almeno come vengono sentite dai più’… Io seno veneta ed ho passato la mia vita lavorativa, prima di rientrare nella patria di origine, a Milano che in realtà non mi è mai appartenuta pur avendola vissuta lavorando in ambienti fortemente localizzati e caratterizzati, e comunque non ritengo che sia un limite al giorno d’oggi, semmai il contrario, immergersi operativamente nell’attività che si svolge senza soffrire di lontananza… Per questo sono fortemente convinta che l’Italia, frutto di annessioni per non dire di conquiste purtroppo armate, con la consapevolezza della storia che tutti abbiamo raggiunto, potrebbe operare una svolta al passo coi tempi e diventare quello che in realtà è ed e’ sempre stata fondamentalmente, per lingua e storia, cioè una Confederazione, in barba alle acclamazioni fanciullesche a vederle ormai da lontano con l’elmo di Scipio in testa… I tempi sono maturi: a ciascuno finalmente l’orgoglio di appartenenza alla propria antica storia in una collaborazione che ci rende di fatto fra i primi nel mondo. caterina

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