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Statuto di San Leucio, modello di Costituzione napolitana

Posted by on Set 23, 2023

Statuto di San Leucio, modello di Costituzione napolitana

Le leggi sono le funzioni base di un determinato Stato che hanno lo scopo preciso di garantire stabilità nel campo politico ed economico. Ma come? Puntando a soddisfare gli interessi dei popoli per evitare di far precipitare la loro Nazione nell’anarchia e nella crisi. E se quelle funzioni base non riescono ad adempiere lo stesso obiettivo in che modo può provvedere un governo? Modificandole in base ai tradizionali pensieri giuridici condivisi dal suo popolo per secoli e mai abbandonarle perché i popoli senza tradizione diventano selvaggi, come ebbe a dire il politico spagnolo Juan Donoso Cortés.

Infatti con il passare degli anni molti popoli hanno subito al loro interno tante delusioni e ingiustizie inaspettate proprio a causa di certe leggi emanate dalle loro élite che hanno imposto la prevalenza delle loro ideologie e dei personalismi nel sistema statale anziché attenersi alle morali norme tradizionali dei precedenti e legittimi governi che avevano permesso l’evoluzione della modernizzazione già prima e durante gli anni dell’avvento della tirannia elitaria. Ignorando tutto ciò che è stato positivo nelle politiche dei benevoli monarchi (la garanzia della rappresentanza parlamentare, il sostegno al progresso culturale, l’aumento del commercio e il dispotismo illuminato), essi, divenuti come classi dirigenti nelle monarchie di altre dinastie o nelle repubbliche, hanno impedito che ogni richiesta popolare venisse messa in discussione per dar spazio ai loro interessi che non conciliavano affatto con i bisogni e le condizioni dei popoli che, prima o poi, mostreranno le prime e seguenti gesta di indifferenza e malcontento, ricevendo in risposta arresti e pesanti provvedimenti giudiziari. Naturalmente impegnarsi politicamente a difendere e a far prevalere gli interessi di un popolo non è facile come vi può sembrare ma quel che conta è che la politica combaci con la coscienza e proprio dalla coscienza si arriva a conoscere in faccia la realtà di cui sia un individuo sia il suo popolo vivono nella loro terra. Ecco perché le leggi sono necessarie per dovere e non per la garanzia dei più poteri a chi è intento a danneggiare gli altri per favorire gli stessi interessi manovrando varie ideologie politiche e civiltà di un popolo per renderlo completamente superiore ad un altro. Su quest’ultimo l’Italia continua a essere retta da una propaganda razzista e coloniale che privilegia la Padania nei confronti di altri popoli italici, sempre di iniziativa elitaria, alimentando ripetutamente l’odio tra padani e napolitani che, chiunque ne sa e ne vuole sapere, ebbe inizio dal 1861, l’anno della (mala)unificazione italiana sotto il dominio sabaudo che, grazie alla collaborazione privata dell’Inghilterra e della massoneria internazionale, invase tutti i legittimi Stati preunitari per sottomettere i popoli alla sua giurisdizione politica ed economica che, precedentemente e di fatto, aveva ridotto i padani sabaudi e i sardi nella miseria a causa della pressione fiscale e dell’alta speculazione finanziaria, dall’altro compiuta dal Presidente del Consiglio Cavour, per sostenere le inutili e disastrose guerre straniere, come quella della Crimea del 1853-56, cosa che gli altri Stati preunitari, compreso le Due Sicilie, non si permisero di fare. Invece la propaganda razzista unitaria ebbe la libertà di imporre la solita “civiltà padana” sui popoli divenuti colonie, a cominciare dalla Sicilia alla Napolitania, la quale è costretta subire le stesse ingiustizie degli ascari che trovano ogni modo per impedire le sue certe iniziative di crescita, ricevendo pubblicamente e privatamente gli appoggi sia del governo razzista sia dei suoi alleati collaborazionisti, in particolare le cosche mafiose. Agli occhi del razzismo unitario i napolitani sono una razza inferiore che dovrebbe essere sottomessa dall’influenza culturale dei padani i quali dimostrano la loro e totale superiorità nei loro confronti, dovendoli assistere. Infatti l’assistenzialismo fu imposto dall’ascarismo proprio per condizionare, con durezza e con prepotenza, la vita politica, economica e sociale del popolo napolitano e, soprattutto, siciliano, ma proprio nella Napolitania che il popolo, a differenza del popolo padano, possiede una sua civiltà secolare. Infatti i napolitani non devono dimenticare che la loro terra ha avuto una serie di crescite e di rinnovamenti rendendola civile e indipendente da ogni tentativo di sottomissione da parte di una classe sociale dominante e di un Paese straniero. Oltre a questo beneficio, i napolitani possiedono la civiltà dell’uguaglianza sancita da un documento che rimane una norma facente parte delle sue tradizioni nazionali. È il famoso Statuto di San Leucio. Un documento di puro Illuminismo culturale e politico che ha permesso alla Napolitania di vivere nel periodo di prosperità iniziato dal re Carlo III di Borbone dopo la proclamazione dell’indipendenza nel 1734. In seguito Ferdinando VI di Napoli, suo figlio divenuto monarca, scelse di seguire la linea politica del padre, apportando all’intero Regno napolitano felicità e benessere al proprio popolo e ben presto tale garanzia avverrà pure ai siciliani grazie alla presenza dei due viceré Caracciolo e d’Aquino nel contrasto del baronaggio isolano. Il nome del documento proviene a San Leucio, un borgo situato a Caserta dove dietro di essa era retta il famoso Palazzo reale della dinastia borbonica. Ferdinando VI di Napoli, un re adottivo del popolo ma spinto dalla volontà di far rinascere il Regno, inaugurò la nuova manufatturiera di seta riuscendo a dare i posti di lavoro alle famiglie bisognose per poi iniziare a costruire altri edifici nella nuova colonia che precedentemente era stato un luogo di caccia regio, in particolare l’ospizio, una parrocchia, le scuole e un municipio, ma decise di garantirgli un’autonomia politica ed economica. Da questo sviluppo industriale che il re Ferdinando VI di Napoli pubblicò il famoso Statuto nel 1789, anno della presa della Bastiglia in Francia su istigazione massonica. Mentre la Francia rischiava finire nella anarchia massonica spacciata come “rivoluzione”, il Regno di Napoli sviluppò un nuovo modello di Costituzione sociale. Possiamo iniziare a dire che lo Statuto prevede maggiormente la garanzia della totale uguaglianza tra l’uomo e la donna e i loro diritti prescritti, i quali sono l’istruzione pubblica (obbligatoria), l’assistenza sociale, l’equa successione familiare e la tutela lavorativa (con 8 ore di lavoro). Inoltre un articolo di questo famoso Statuto cita una seguente frase: “Questo sovrano precetto di Dio è fondato sopra quella perfetta uguaglianza, che gli piacque stabilire tra gli uomini” (Cap. II – Doveri positivi). L’uguaglianza sanleuciana sancita dallo Statuto assume caratteri religiosi e socialisti che si fusero entrambi per mostrare che la solidarietà è presente negli obiettivi delle due dottrine: nella religione cattolica con il suo famoso detto “Ama il prossimo suo, come se medesimo” conferma la volontà di Dio del supporto e della condivisione della fede tra i suoi figli, uomini e donne, di raggiungere il bene per evitare di subire uno o più mali (es. la discriminazione) e nella dottrina socialista si pone la prevalenza della collaborazione tra lavoratori e datori di lavoro per la garanzia di tutele a favore dei primi contro ogni pericoli e ingiustizie sociali (es. lo sfruttamento). In altre parole, lo Statuto pone in risalto l’essere umano nella struttura economica della colonia e, soprattutto, del Regno di Napoli, a differenza di quelli degli Stati europei e di quello del Regno di Sardegna ancorati ai pensieri ideologici della tirannia d’élite che porteranno crisi, disoccupazione e povertà ai loro popoli (nella visione liberale si puntava sul profitto, mentre in quello comunista sulla forza-lavoro). Lo Statuto sanleuciano garantisce agli abitanti di età giovanile di potersi sposare liberamente senza il vincolo familiare e le donne ebbero una assicurata libertà di poter lavorare nelle sete e di non portare le doti in quanto causa della diseguaglianza sociale, poiché a provvedere le spese sarà lo Stato stesso (cioè il sovrano Ferdinando VI di Napoli) a supportare le condizioni delle famiglie. Nell’ambito lavorativo lo Statuto, oltre a sancire l’uguaglianza, garantisce l’esistenza degli istituti di assistenza vicini ai lavoratori e alle loro famiglie per risolvere molti problemi sociali e di salute, in caso di varie malattie, con le famose Casa degli Infermi, Cassa della Carità e Cassa del Monte degli Orfani. Attraverso con questo Statuto si dimostra la buona volontà e benevolenza statale di una dinastia al servizio dei sudditi che imparò a conoscere e a rispettare i suoi usi, i suoi costumi e le sue morali norme tradizionali, aggiungendole d’altronde quest’ultime nelle sue leggi e riforme. A pensare che il ceto intellettuale aveva appoggiato tale iniziativa riformistica del sovrano solo nei primi momenti (come si può notare nelle poesie di Eleonora Fonseca Pimentel che definì positivamente il sovrano borbonico con il termine “Tito” ed egli, assieme alla moglie regina Maria Carolina, s’impegnò di garantirgli la sussistenza economica da parte della Corte, permettendogli la sua separazione dal marito violento nel 1786) ma con la diffusione destabilizzante degli ideali rivoluzionari francesi cambiarono posizione arrivando a tradire sia la legittima monarchia dei Borbone sia il popolo napolitano per costituire un governo fantoccio al servizio di un regime dittatoriale che concedeva al suo esercito il diritto di saccheggio, del furto e del massacro contro gli abitanti sudditi che si erano opposti alle sue idee estranee pur di non voler vedere la loro terra finire nelle mani degli stranieri e dei suoi servi che, successivamente, pagarono le conseguenze con la fuga e con le condanne giudiziarie. Non ci pare che il Regno di Napoli avesse avuto bisogno della “Rivoluzione francese” se il livello economico era alto e il nostro popolo viveva nei momenti di tranquillità e di pace per portare avanti i loro sogni di futuro. Infatti lo Statuto di San Leucio non solo veniva concesso ai soli abitanti della colonia di San Leucio ma verrà applicato nelle principali province napolitane: nelle Calabrie Mongiana, San Ferdinando (Rosarno) e Ferdinandea (Stilo) ne sono gli esempi e assieme a loro si aggiungeranno San Ferdinando di Puglia e Battipaglia di Lucania. Questi nuovi territori venivano costruiti per volontà regia intenta a far nascere le nuove strutture produttive (ferriere, industrie siderurgiche e aziende agricole) e a mettere in atto i piani di bonifica e edilizia (bonifica rosarnese ad opera del generale Vito Nunziante nel 1823, le case popolari) favorendo maggiormente il processo della modernizzazione economico-sociale presente nell’economia duosiciliana promossi e condivisi dagli stessi sovrani borbonici che riuscirono a dare un sufficiente benessere alle esigenze di quelle popolazioni napolitane. Però non dobbiamo dimenticare che noi napolitani conosciamo un concetto puramente popolare che ben presto avrà la sua applicazione nella Jugoslavia di Tito, l’importante modello dell’autogestione locale di tipo mongianese dove nel 1778 la popolazione locale, con l’aiuto finanziario offertogli dalla Corte borbonica, costruì molte case nel loro territorio trasformandolo successivamente in città finché essa ebbe la sua autonomia amministrativa nel 1852 con il decreto regio di Ferdinando II. Però la presenza dei monarchi borbonici nelle province napolitane significava un puro interventismo statale nella società civile, dove lo Stato in sua presenza poteva adempiere all’inserimento e al soddisfacimento delle esigenze del suo popolo nelle sue leggi, e tale esempio viene condiviso direttamente dallo stesso e famoso Statuto. Inoltre grazie con questo Statuto che l’uguaglianza e la solidarietà sono divenuti obiettivi fondamentali della politica riformatrice dei Borbone, oltre alla condivisione della modernizzazione economica-sociale, che, dalla conquista dell’indipendenza nazionale del 1734 all’invasione illegittima del 1861, fece rinnovare l’intero Regno nel campo politico, culturale, istituzionale, fiscale, industriale e sociale, dove su quest’ultimo si impegnò a sradicare le difese del già abolito feudalismo che impediva lo sviluppo duosiciliano. La lotta della dinastia borbonica contro il feudalesimo, iniziato da Carlo III ma supportato dalle famiglie di estrazione borghese-aristocratico, era stata condotta sia con l’uso del pugno di ferro dei monarchi sia con le operazioni giudiziarie dei vari procuratori e funzionari inviati dal governo di Napoli, come il caso di Giuseppe Mario Arpino e Salvatore Maniscalco nella lotta contro il baronaggio borghese-aristocratico-mafioso e i suoi tentativi del disordine del 1820 e del 1848 in Sicilia. I risultati di questa iniziativa politica portarono un totale soddisfacimento al ceto contadino con l’applicazione delle riforme favorevoli alle loro condizioni, in particolare gli usi civici del 1792, arrivando alla formazione delle prime piccole proprietà terriere, ma alimentò sempre di più l’accesa opposizione terroristica e diffamatoria sia delle classi dominanti sia dei suoi alleati, i quali furono la delinquenza comune e gli inglesi che erano intenzionati di imporre nella Sicilia un progetto di protettorato a loro interesse dopo che si erano appropriati di Malta precedentemente territorio facente parte del Regno di Napoli. I potenti inglesi non si erano dimenticati della ferita avuta dalla questione degli zolfi del 1836 quando Ferdinando II, dopo aver visitato le misere condizioni dei minatori e condannato la loro politica di sfruttamento lavorativo, tentò di cancellare il Trattato commerciale del 1816 affidando la gestione dello zolfo ad una compagnia francese Taix-Aycard a vantaggio della Sicilia ma nacque un contrasto diplomatico tra le due Nazioni che si rischiò di precipitarsi in uno scontro militare che per fortuna non avvenne ma nel 1840 Ferdinando II dovette respingere il nuovo contratto con i francesi, subendo tutte le diffamazioni dell’Inghilterra che decise di stabilire i contatti sia con le minoranze di élite liberal-repubblicane sia con i Savoia con al capo Carlo Alberto, promotore di un progetto espansionistico del suo Stato che sarà portato avanti e realizzato dal suo figlio Vittorio Emanuele II, divenendo “Re d’Italia” il 17 marzo 1861 attraverso la manu militari. L’espansionismo era stato necessario per i Savoia con lo scopo di accaparrarsi tutti i soldi e i beni degli Stati preunitari dopo che l’hanno fatto con il popolo sabaudo padano e sardo rendendolo povero, tranne per i nostri Borbone che permisero allo Stato delle Due Sicilie di poter instaurare nuovi rapporti internazionali con gli altri Stati stranieri in modo pacifico, in particolare con l’Impero zarista russo la cui relazione ebbe inizio nel 1777. Forse traendo dal concetto di uguaglianza i Borbone capirono che essa riguardava non solo il suo popolo ma tutti gli altri, tant’è che egli si prodigò a lanciare, nel novembre 1833, la proposta di una Lega federale a tutti i principi italiani, tra cui il Papa Gregorio XVI, intesa a salvaguardare l’indipendenza degli Stati italici dall’influenza delle potenze europee di una volta, ovvero dall’Impero austriaco, anche se esso si interessò volontariamente a rendere l’Italia una confederazione di Stati. Come si può notare, il re Ferdinando II non voleva fare la guerra a nessuno, come non la voleva fare neppure suo figlio Francesco II che si sentì costretto a dover combattere un esercito mercenario ben pagato che, attraverso gli appoggi dell’Inghilterra e della congiura filo-piemontese di cui entrarono a farne parte pure i galantuomini borghesi e aristocratici desiderosi di recuperare i loro privilegi (in particolare feudali), rovesciò le secolari indipendenze della Napolitania e della Sicilia facendole diventare entrambe colonie di uno Stato retto dal modello della Grande Padania. I Savoia strumentalizzarono la civilità del Piemonte padano per sottomettere i popoli italici, mentre i Borbone intendevano privilegiare e tutelare quella dei popoli della Napolitania e della Sicilia, rispettando quelle degli stessi popoli della penisola italica. Esempio del genere è la famosa dichiarazione di Ferdinando II sul punto di morte per il suo rifiuto di diventare l’unico Re d’Italia la cui proposta era stata fatta sia dai fratelli Bandiera sia dai liberali: “Mi è stata offerta la corona d’Italia, ma non ho voluto accettarla; se io l’avessi accettata, ora soffrirei il rimorso di aver leso i diritti dei sovrani e specialmente i diritti del Sommo Pontefice”. Ecco il perché la salvaguardia dell’indipendenza nazionale duosiciliana e l’applicazione dei modelli pacifici ed egualitari nei rapporti internazionali con gli Stati stranieri ed europei hanno contribuito a rendere il Regno delle Due Sicilie uno Stato compatto, civile ma ben sviluppato con il passare degli anni. Quindi lo Statuto di San Leucio rafforzò maggiormente la benevolenza della dinastia borbonica verso il popolo e non solo certamente a dare spazio nella società napolitana la nascita e l’evoluzione del modernismo, il quale si conciliò con le tradizioni nazionali dei napolitani. Eppure gli ascari della propaganda razzista unitaria hanno la presunzione di raccontare ai nostri connazionali la favola della civiltà padana e dell’esistenza della loro e forzata inferiorità se le conseguenze della irrisolta questione meridionale furono causate dalla Malaunità d’Italia, per cui il popolo napolitano ha il diritto e la libertà di dimostrare davanti al mondo che esso è come tutti altri popoli che si impegnarono nella battaglia di acquisizione politica e culturale dei diritti e dell’indipendenza, contro tutti gli ostacoli e i problemi avuti al suo interno. Allora si può confermare che i napolitani possiedono una serie di civiltà, tra cui il famoso Statuto citato che sancì l’uguaglianza e la solidarietà nel Regno di Napoli e quindi come mai e con quale diritto i francesi repubblicano-napoleonici e i piemontesi sabaudi padani potevano venire nella nostra terra a divenire “liberatori” se noi e i nostri antenati vivevamo nella pace, negli assicurati posti di lavoro, nella assoluta libertà e nella nostra terra divenuta Stato totalmente indipendente e moderno? Meglio domandarsi e, soprattutto, dare risposte a tutto ciò che ci vengono dette per non essere complici in sé stessi.         

Antonino Russo  

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