Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

La rivolta sociale e l’enfiteusi ecclesiastica redimibile di Alessandro Fumia

Posted by on Nov 5, 2023

La rivolta sociale e l’enfiteusi ecclesiastica redimibile di Alessandro Fumia

Il principio della persecuzione di stato contro i diritti di proprietà, del lavoro, di fare impresa, di commercio fra i meridionali ebbe inizio, dentro le fredde stanze del parlamento. Dai documenti che ho consultato, dalle discussioni parlamentari sul disegno di legge del deputato Corleo il 15 aprile 1861 sulla enfiteusi ecclesiastica redimibile, quindi sulla possibilità di vendere la terra posseduta dagli enti ecclesiastici attraverso le aste pubbliche, si determinava nel paese un disagio sociale per la perdita del lavoro in larga parte della popolazione delle province napoletane e la Sicilia.

Tutto ebbe origine durante il governo dittatoriale siciliano, quando il generalissimo Giuseppe Garibaldi promise di dare le terre ai contadini estirpando il male prodotto dagli abusi di potere della classe dirigente che con le sue prepotenze alimentava il disagio nella classe meno abbiente l’idea, di mettere mano a una riforma agraria, aggredendo il demanio ecclesiastico e feudatario. Dopo la caduta dei sovrani di Borbone e l’insediamento della burocrazia del regno d’Italia di ispirazione piemontese, tutte le certezze si capovolsero e l’equilibrio sociale devastato da leggi inopportune e pasticciate deliberarono un disaggio sociale sfociato in rivolta armata. La materia osservata trova nell’iniziativa del deputato siciliano Simone Corleo del distretto di Salemi, la chiave di lettura necessaria a dare una spiegazione verosimile, alle cause di destabilizzazione del lavoro agricolo e commerciale in larga parte delle popolazioni meridionali. Dai documenti formati dal Corleo in una lettera che diventerà un suo incipit a una pubblicazione portata in stampa alcuni anni dopo, spiegava il suo punto di vista sulle cause che secondo lui avrebbero risolto quelle prepotenze quando affermerà:

“ Per rimediare ai sostanziali sopraccennati difetti che si trovavano nel decreto con cui la Prodittatura aveva ordinata la forzosa enfiteusi dei beni ecclesiastici, e per affrettarne nel tempo stesso la esecuzione, appena si aperse il primo Parlamento Italiano e fu confermata la mia elezione a Deputato, feci subito il proposito di presentare uno schema di legge su questo argomento, e lo presentai infatti il giorno 25 marzo 1861. Fu il primo progetto che si sottoponesse a quel Parlamento per iniziativa di Deputato”.

Il governo emanò una legge che puntava attraverso l’espediente dell’enfiteusi ecclesiastica, a strappare le proprietà rurali al suo proprietario legittimo per poi alienarla, attraverso le aste pubbliche. L’espediente accresceva da un lato la disponibilità economica dello stato centrale praticando un furto legalizzato, non rispettando la proprietà privata e il suo legittimo autore. Di fatto si stavano creando le fondamenta speculative attraverso leggi dello stato che miravano a depauperare le risorse di un ente, quello ecclesiastico favorendo la speculazione illecita di una proprietà e legalizzando la rapina di stato. Le leggi successive vincolate ai principii legislativi della legge Corleo sulla enfiteusi dei fondi rurali ecclesiastici riuscivano con opportune migliorie legislative a raggiungere i diritti dei proprietari per modificare la proprietà e la sua natura giuridica. Così attraverso l’ufficio dell’enfiteusi aggravava i rapporti del profitto fra un locatore e un prestatore d’opera per tot anni, mentre in rapporto allo stato invertendosi i ruoli il privato soccombeva nei confronti dello stato per cause di pubblico servizio. Vedi la costruzione di un impianto pubblico su un terreno privato. Di fatto colpendo la nuda proprietà che poteva essere estromessa al vero proprietario si inserivano delle specifiche condizioni in diverse materie: agricoltura, industria, commercio che ribaltavano la proprietà in favore dello stato. L’utilizzo dell’enfiteusi applicata in grande parte nelle province meridionali dissipava enormi fortune per aggredire il proprietario e l’affittuario di imposte e tasse. L’iter del disegno di legge del Corleo fu celere trovando poche resistenze in parlamento. Per dare mandato ai contenuti della nuova legge però, si dovette mettere mano a tutta una serie di regolamenti e leggi prodotte nel Codice Civile degli ex Stati Sardi egemone in materia legislativa determinando un naturale rallentamento della materia trattata. La costruzione dell’impalcato necessario a tramutare le disposizioni legislative in regolamento da trasferire agli enti preposti all’amministrazione dei beni, ebbe a determinare quegli accorgimenti necessari per facilitare l’applicazione di un castelletto di regole amministrative. Ecco come ricordava quelle disposizioni lo stesso autore del disegno di legge sulle enfiteusi redimibili:

“Sopraintendenza Generale delle Commissioni per l’enfiteusi dei beni rurali ecclesiastici di Sicilia. Palermo 24 dicembre 1863 Num. 348. Oggetto: Istruzioni sulle operazioni prescritte dalla legge 10 agosto 1862, e dal regolamento 26 marzo 1863 per l’enfiteusi dei beni rurali ecclesiastici di Sicilia. Ai signori Prefetti e Sotto Prefetti Presidenti delle Commissioni circondariali per l’enfiteusi dei beni rurali ecclesiastici, ed ai signori Procuratori Regii presso i Tribunali circondariali di Sicilia. Questa Sopraintendenza ha dovuto far trascorrere un certo lasso di tempo per potere aver presente un numero bastevole di casi pratici e di domande, sul quale ha creduto ormai poter redigere un piano di istruzioni generali atte a facilitare e rendere uniformi le operazioni delle 24 Commissioni circondariali incaricate della enfiteusi dei beni rurali ecclesiastici di Sicilia, ed a metterle in armonia con quelle delle Autorità giudiziarie che dalla legge son chiamate a cooperarvi. Perciò lo scrivente, prendendo a base la legge 10 agosto 1862, della quale ebbe egli l’onore esser autore nel Parlamento, il regolamento 26 marzo 1863, nel quale per volontà del R. Ministero ebbe pure una cooperazione, e finalmente le varie risoluzioni Ministeriali, e le speciali disposizioni date fin oggi da questa Sopraintendenza, verrà mano mano a riguardare tutto il corso delle operazioni enfiteutiche, per delucidarle coordinarle fra loro e risolverne i principali dubbi”.

Il corpo delle discussioni parlamentari e le eccezioni rivelate dalle osservazioni di altri deputati sulla consistenza dei regolamenti sconvolti da un principio troppo aggressivo, incominciarono a immaginarsi e poi regolamentarlo il principio dell’affrancamento illimitato prodotto sull’enfiteusi attraverso il Codice Napoleone, mettendo a rischio il diritto di proprietà nel momento in cui si sottoscriveva un’enfiteusi; chi avrebbe potuto sottoscrivere più questo contratto con il concreto rischio di vedersi espropriato del godimento del bene? Di fatto si inseriva nel Codice Civile italiano il principio di una vendita condizionata a prescindere dalle volontà dell’enfiteuta. Eppure, la storia e l’uso delle enfiteusi trovava degli ottimi esempi per indirizzare le volontà di riforma prendendo da esse quegli elementi di buon senso che avrebbero potuto indirizzare le volontà legislative, ma anche queste restarono inascoltate. Per esempio, il sistema livellare introdotto da Leopoldo I, non puntava attraverso l’uso dell’enfiteusi alla frammentazione di una vasta area agricola bensì, a produrre tanti piccoli proprietari, con l’obiettivo di estendere il beneficio della proprietà a coloro che non avevano capitali sufficienti per farsi compratori. Il livello Leopoldino non era una vera enfiteusi, ma una vendita a credito. Viceversa il principio sperimentato dal Corleo permetteva la deflazione del bene a vantaggio degli speculatori latifondisti in grado di acquistare un gran numero di lotti in rapporto alla loro capacità economica spiazzando il ragionamento del deputato Corleo indirizzato a frammentare il bene per facilitare l’acquisto dei contadini. La vendita all’asta scontava il principio del più forte capace di rastrellare a determinate quote di prezzo l’usucapione delle migliori terre sbaragliando i concorrenti compratori. Questo principio di prudenza non immaginato dal Corleo rispetto a quello di Leopoldo I, faciliterà l’occupazione di enormi aree produttive in aree speculative, da dove poter manomettere le produzioni, cambiando la natura del bene per indirizzo ed alienando da esso bene, tutti gli arredi arborei che ne avevano contraddistinto il bene medesimo. Di fatto, l’armonia raggiunta nel tempo sullo sfruttamento intensivo di un’area agricola cambiava di colpo spiazzando gli operatori agricoli e i braccianti che in essi fondi traevano la loro sussistenza e la ragione di vivere. Mutata la disponibilità di lavoro in rapporto alla forza lavoro, la disoccupazione fu inevitabile e le conseguenze furono devastanti. Il popolo affamato non era più governabile, ne le leggi che dovevano provvedere alle necessità sociali del popolo furono in grado di smorzare il malcontento delle classi intermedie messe in difficoltà dall’assenza di materia prima da trasformare nelle aziende agricole o addirittura nelle fabbriche a parità di indirizzo. I traffici agrumari ad esempio trovarono una brusca frenata; i terreni ecclesiastici con le loro piante che avevano alimentato l’industria della trasformazione per produrre sostanze chimiche, oli essenziali, e voci importanti dell’export siciliano, crollarono sotto il peso di una speculazione legislativa che puntava a drenare risorse da ogni bene trasformato in rendita finanziaria. Il depauperamento delle terre coltivabili produceva disagio sociale, perdita di lavoro, sbilanciamento commerciale, malumore crescente in larghi strati del paese mettendo quest’ultimo nelle condizioni di instabilità, ben presto sfociata in rivolta e in lotta armata. La propaganda dei liberali in parlamento pompata fino alle lusinghe più sfrenate, si contrapponevano le osservazioni dei deputati più avveduti; così se il Corleo affermava di avere favorito l’occupazione delle terre a oltre ventimila contadini, il deputato Bertozzi lo riportava alla realtà affermando che quei stessi lotti erano andati a servire la speculazione dei latifondisti e le unità formanti il totale come segnalato dal Corleo in realtà enumeravano appena poco più della metà della stima.

“Ai 20.300 lotti, a cui il Corleo faceva di fatto corrispondere altrettanti proprietari, il Bertozzi ne faceva corrispondere soltanto circa 10.790. Di questi solo per 5.458, che avevano preso 13.109 lotti sul totale di 20.300, egli potè fornire un’analisi più dettagliata. tra essi uno aveva preso 193 e un altro 108 quote: 6 avevano preso da 51 a 100 quote, per un totale di 361; 22 ne avevano preso da 31 a 50 per un totale di 895 ; 28 da 21 a 30 per un totale di 697; 95 da 11 a 20 per complessive 1387 quote; 231 da 6 a 10 per un totale di 1736 quote; 1546 da 2 a 5 per un totale di 4.204 quote; e 3.528 con una sola quota. Dei 5.458 concessionari considerati 2.345 non erano agricoltori e possedevano altri beni; 814 erano agricoltori che non avevano altri beni; e 167 non erano agricoltori e non possedevano beni”.

Dalle tracce trovate dagli effetti della legge posta in essere, risulterà che solo 814 agricoltori riuscirono ad acquistare quelle terre ma con quote molto basse per i lotti più modesti, mentre la grande massa di terre ecclesiastiche fu incamerata dai potenti latifondisti e speculatori che contribuirono ad azzerare l’agricoltura a vantaggio della instabilità sociale. Il più acerrimo oppositore, il deputato Sidney Sonnino con i suoi saggi e le sue osservazioni dimostrerà che tale legge non solo fu fallimentare per la proprietà terriera vessata dalle ingerenze dello stato, ma lo fu altrettanto se non in misura maggiore per gli agricoltori sottoposti a soverchianti imposte scaturite dalla manomissione della rendita finanziaria.

“Fu in modo particolare il Sonnino che mise in luce i gravi danni economico – sociali derivanti dalle leggi del 1865 sull’assoluta affrancabilità dal contratto enfiteutico, poiché i proprietari latifondisti, se da una parte lamentavano le difficoltà e le spese connesse con il frazionamento all’infinito dei canoni enfiteutici dall’altra divenivano sempre più alieni dalla concessione ad enfiteusi avendo la legge consentito la piena ed immediata affrancabilità. La fortissima contrazione nel campo della concessione enfiteutica veniva a costituire un ulteriore ostacolo al diffondersi ed affermarsi durevole delle colture intensive , sia che l’enfiteusi fosse applicata alla grande proprietà demaniale , sia a quella di manomorta, ex-feudale o privata”.

La legge del deputato Simone Corleo sulla enfiteusi rurale applicata sui beni ecclesiastici (immobili rurali), introdotta per favorire il frammentamento della proprietà terriera ecclesiastica in favore degli agricoltori, in realtà per come è stata progettata, diventerà un capestro che si abbatterà sul diritto di poter acquisire per enfiteusi la terra, per il principio introdotto dal Corleo del “patto di inaffrancabilità” che di fatto si trasforma in assoluta affrancabilità per l’enfiteusi.

“Tutti convengono dei gravi danni che di fatto arreca alle provincie meridionali più specialmente, ma anche a molte altre parti d’Italia, il divieto troppo assoluto portato dal nostro codice civile del patto di inaffrancabilità dell’enfiteusi, ossia la assoluta affrancabilità che esso ha stabilita per l’enfiteusi. Quella disposizione infatti ha portato alla conseguenza di aver assolutamente soppressa la concessione delle terre in enfiteusi. Sulla convenienza di limitare per questa parte le disposizioni del codice civile, credo che quasi tutti i partiti siano oggi d’accordo; ho difatti veduto con molto piacere che nel programma democratico-radicale formulato dall’onorevole Alessio in un recente articolo della Nuova Antologia, c’era appunto compresa questa disposizione, di rendere più facile l’enfiteusi, ammettendone l’inafferrabilità almeno fino ad un certo punto. In Italia, ed anche altrove, sono molte le cause che agiscono per rendere più difficile la conservazione e la moltiplicazione della piccola proprietà fondiaria”.

L’evoluzione del progetto di Legge del Correo durata dieci anni, vede in un primo momento la formazione della legge del 10 agosto 1862, la 743, che trattava le disposizioni sull’enfiteusi ecclesiastica redimibile; viceversa la Legge 794 del 21 agosto dello stesso anno, regolava il passaggio dei beni della Cassa Ecclesiastica al Demanio dello Stato dissolvendo quelle proprietà passate subitaneamente di mano, seguendo gli effetti della legge sull’enfiteusi affinché si venisse in possesso dei canoni affittuari gestiti dalla medesima Cassa Ecclesiastica, prima di giungere alle leggi eversive emanate di lì a quattro anni per assorbire la nuda proprietà degli stabilimenti, edifici di culto, monasteri e quanto possibile assoggettare agli infiniti bisogni di cassa di uno stato, quello italiano, spendaccione.

Allego gli estremi del disegno di legge del deputato Correo presentato la prima volta, all’Ufficio di Presidenza, il 25 marzo 1861, si spera, «futuro giorno della memoria, per ricordare l’inizio delle vessazioni prodotte dall’Italia alle popolazioni del suo Mezzogiorno». E a seguire, la proposta di legge commentata nell’aula della Camera dei Deputati del 15 aprile 1861.

CAMERA DEI DEPUTATI SESSIONE DEL 1861 – TORNATA DEL 25 MARZO 1861

PRESIDENZA DEL COMMENDATORE RATTAZZI

“Il deputato Corleo ha deposto all’ufficio della Presidenza un progetto di legge intorno alle enfiteusi perpetue redimibili dei beni-fondi ecclesiastici e demaniali di Sicilia, e costituzione d’una rendita fondiaria, anche redimibile, a favor dei comuni. Il progetto sarà distribuito agli uffizi per l’autorizzazione della lettura”.

DISCUSSIONE PER LA. PRESA IN CONSIDERAZIONE DI UNA PROPOSTA DI I.EGGE DEL DEPUTATO CORLEO CONCERNENTE LE ENFITEUSI REDIMIBILI DEI BENI ECCLESIASTICI E DEMANIALI IN SICILIA.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno è, in primo luogo, lo svolgimento della proposta del deputato Corleo , concernente le enfiteusi redimibili dei beni-fondi ecclesiastici e demaniali di Sicilia, che mi faccio a rileggere:

Art. 1. Fra il termine di un anno dalla pubblicazione della presente legge tutti i beni fondi rurali o urbani, che si posseggono a titolo di proprietà dalle chiese o dal demanio pubblico in Sicilia, dovranno da essi concedersi ad enfiteusi perpetua redimibile in lotti distinti e previo incanto.

Art. 2. Per beni-fondi delle chiese dovranno intendersi in generale quelli di qualunque chiesa cattedrale, parrocchiale, o altra ; di qualunque vescovado, abbazia, priorato, o altra dignità e beneficio, con giurisdizione, con cura d’anime, o senza; di qualunque convento, monastero, collegio di Maria, o altra casa religiosa di qualsivoglia denominazione ; di qualunque capitolo, collegiata, prebenda, coro ecclesiastico, o distribuzione corale ; di qualunque cappellania, semplice istituzione di messe, spese di culto, o altra qualsiasi amministrazione ecclesiastica.

Art. 3. Sotto il nome di beni-fondi del pubblico demanio dovranno intendersi tutti quelli che, per qualunque titolo, appartengono allo Stato, anche se provengano da commende o da aboliti conventini, restandone soltanto esclusi tutti i beni appartenenti alla casa reale.

Art. 4. Solamente non saranno concesse ad enfiteusi quelle case e giardini annessi alle medesime, che soglion servire per proprio istituto all’abitazione delle suddette persone ecclesiastiche, al disimpegno delle loro funzioni, o a luoghi di contabilità e di amministrazione sì delle chiese, che dei varii rami demaniali.

Art. 5. Tutte le operazioni dell’enfiteusi, e principalmente la fissazione preventiva del canone, la formazione dei lotti, ed il loro incanto, saran fatte per mezzo del rispettivo comune ove sono siti i beni, se avran luogo bonariamente, e per mezzo del tribunale, sulla istanza del comune, se vi sarà controversia ; il tutto giusta le norme che verranno stabilite da apposito regolamento che sarà annesso alla presente legge.

Art. 6. Quei comuni che non hanno nel loro bilancio almeno due terzi della loro rendita in beni-fondi, in canoni enfiteutici, o in rendite fondiarie, son autorizzati ad aggiungere in tali enfiteusi l’obbligo di una rendita fondiaria redimibile in loro favore sopra ogni lotto, purché però la detta rendita non ecceda la decima parte del canone che si fisserà sopra ciascun lotto in favor delle chiese o del demanio. « In proporzione che avrà luogo nell’incanto d’ogni lotto l’accrescimento di detto canone, si dovrà parimenti accrescere la rendita fondiaria al comune , seguendo sempre la proporzionale ragionata che egli si ha stabilito dentro il limite prescritto.

Art. 7. Ogni altra legge in opposizione alla presente ed all’annesso regolamento è abolita. »

Simone Corleo (Salemi, 2 settembre 1823 – Palermo, 1º marzo 1891) è stato un politico, filosofo e docente italiano. Deputato del Regno d’Italia Legislature VIII, XIV, XV.

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.