Alta Terra di Lavoro

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COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862

Posted by on Nov 20, 2023

COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862

INTRODUZIONE

Stampate questo libro, mettetelo nella vostra biblioteca, fatelo leggere ai vostri figli, fatene copia e regalatelo ai vostri amici.

Si racconta di un periodo triste della nostra storia, di una guerra fratricida che tracciò un solco profondo fra le due Italie – Centro-Nord e Centro-Sud – che non è stato mai colmato e che ancora oggi continua a produrre i suoi frutti venefici. Immaginate due frecce che fotografano una situazione immutabile: una diretta verso sud che indica che tutto il bene viene dal nord e l’altra diretta verso nord che indica che tutto il male viene dal sud.

Questo portarono in dote i mille eroi, i nostri liberatori dalla “oppressione” borbonica!

Dopo l’ubriacatura iniziale, soprattutto nella capitale (la Sicilia merita un discorso a parte – rivolte di Castellammare, Alcamo, rivolta del sette e mezzo a Palermo) molti cominciano ad aprire gli occhi. E non solo gli esponenti del borbonismo, i nostalgici del tempo che fu.

Tra gli stessi liberali, Lioy, Manna, Villari, Proto, Cenni, tanto per citare qualche nome, diversi esponenti descrivono le condizioni dell’ex-regno denunciando tutti i limiti e gli arbitri delle luogotenenze. Poi arriva la legge Pica, molti sono costretti loro malgrado a schierarsi, stare con i fucilatori o con i fucilati; Cala una coltre di silenzio.

Tutto il dibattito sugli ordinamenti del nuovo regno, i suggerimenti che taluni avevano fatto tra il 1861 e il 1862 in senso federale o confederale, vengono gettati nel dimenticatoio. Parlano i fucili e lo stato d’assedio, i processi sommari, i sequestri e la chiusura dei giornali non allineati: basta un nonnulla per essere dichiarati nemici della patria o attentatori alla unità e alla integrità dello stato.

Migliaia di oppositori o dichiarati tali prendono la via della emigrazione, vanno a Roma o all’estero. Nelle provincie meridionali rimane una classe dirigente asservita o collaborazionista, mentre al nord progredisce la vita civile al coperto delle garanzie statutarie.

Chi imbraccia le armi per opporsi appartiene soprattutto alla gente più povera della società, braccianti, contadini, pastori, soldati sbandati, qualche ufficiale borbonico che non intende rinnegare il giuramento di fedeltà fatto alla dinastia in esilio.

Una guerra civile che mette tutti contro tutti. Scrive l’anonimo autore (identificato in talune bibliografie come Francesco Durelli):

Della laconica definizione data dall’Hobbes alla guerra civile bellum omnium in omnes , si esamini ora come nel parlamento di Torino ne vien fatta una maestrevole applicazione alle attuali province meridionali: «In che consiste il brigantaggio ? (si fa a ragionare il deputato Ferrari nella tornata 29 novembre) Consisterebbe nel fatto (come vorrebbe far credere il ministero), che 1500 uomini, capitanati da 2 o 3 malandrini, tengono testa ad un regno, e ad un esercito di centoventimila soldati? – Ma quei 1500 sono semidei, dunque, sono eroi! Intanto, mi si risponde, sono esseri illegali, eminentemente incostituzionali, e quindi conviene opporre la violenza alla violenza. Quindi, se per se stesso il brigantaggio si riducesse ad una sciagura, di cui potreste rendervi irrisponsabili, la repressione del brigantaggio diventa un vero caos di guerra interra civile, e causa di nuove repressioni eccezionali. – mi ricordo, che appena voleste credermi quando vi dissi di aver visitate le provincie meridionali, e di aver veduta una città di cinquemila abitanti distrutta.. e da chi? Forse dai briganti? No! Adesso, o, signori sappiamo, che si fucila, che le famiglie sono arrestate, che sono detenuti in massa; che vi sono in quelle provincie degli uomini liberati da’ giudici, e ritenuti in carcere in virtù dello stato d’assedio, che era stato proclamate, e che si dice cessato; ma essi sono ancora detenuti! ( Voci di conferma a sinistra )… Poi si è introdotto il nuovo diritto, sul quale le dichiarazioni del ministero non hanno lasciato alcun dubbio; il DIRITTO, dico, DI FUCILARE UN UOMO PRESO CON ARMI ALLA MANO. QUESTA si chiama GUERRA DI BARBARI, GUERRA SENZA QUARTIERE. Ed all’interno come si chiama? Dateci. voi un nome.., io non so darlo. E se il vostro senso morale non vi dice, che camminate nel sangue , io non so come spiegarmi.

Molti sindaci ad Gargano sono stati messi a pane ed acqua; e da chi? Non da’ briganti, perché non ne avevano tempo. Il sindaco di Serracapriola è stato battuto, da chi? – Io non lo so. In somma è aperta una inchiesta, io non voglio pregiudicarla.

Ma vi debito ripetere le parole con le quali finiva un mio discorso, dicendovi, che se noi perseveriamo nella via, in cui ci siamo impegnati, noi entriamo nell’era degli antichi tiranni italiani…

Io ho visto Pontelandolfo incendiato; a Pontelandolfo si oppone adesso Aspromonte. Dove siamo noi? – Quello che dico del regno di Napoli deve ripetersi per la Sicilia, se non che ivi il clima è diverso, e, gli uomini di opposta natura. Quindi altre scene… quindi le repressioni militari; quindi proclamate leggi terribili: quindi le fucilazioni hanno luogo anche in Sicilia SENZA PROCESSO…».

Sul campo si usavano le armi, sui giornali e in parlamento, si usava la parola: per battere un popolo che non ne voleva sapere di aderire al nuovo ordine di cose. Non vogliamo, però, ripeterci, pertanto vi invitiamo a leggere “La guerra delle parole”, un ficcante editoriale di Edoardo Vitale pubblicato sulla rivista tradizionalista napoletana L’Alfiere.

Qui vogliamo sottolineare un ultimo aspetto che si è trascinato fino ai giorni nostri e che fra tutti i libri dell’epoca che abbiamo letto, abbiamo trovato accennato solamente in “Colpo d’occhio su le condizioni del reame delle due Sicilie nel corso del 1862”.

Si tratta della secretazione di quanto avveniva nelle zone di guerriglia – forse sarebbe il caso di definirle zone di guerra, leggendo alcune pagine sembra un reportage di guerra, si descrive un vero e proprio conflitto fra due eserciti: piemontesi e guardia nazionale da una parte e bande di reazionarii dall’altra.

Delle relazioni militari, e di polizia, che giungono in Torino al comando generale, ed al ministero, solo centro da cui si potrebbero trarre più esatte notizie, una parte rimane infatti naturalmente secreta, come materia di alta polizia militare e da un altra parte la stampa va ad attingere quello che può e che crede, e cosi sì ha sempre una scarsissima parte del vero. Si è pubblicato che durante il 1861 fossero ammontati a 574 gli scontri tra truppe piemontesi e reazionarii; cifra, che dovrebbe essere di gran lunga maggiore pel 1862: ma chi può assicurarlo con certezza? Basti dire, che nel corso dell’anno stesso sono giunti ogni di, su tale materia al comando generale militare, da un 60 a 100 fra telegrammi, e relazioni, delle quali ì giornali non possono, o non voglio pubblicare più di quelle quattro, o sei, o dieci, che così sole si diffondono poi per la stampa.

Inoltre si sa anche per prova, che non mai vengono riferiti in quelle relazioni tutti i fatti che accadono. Parte rimangono ignoti a’ carabinieri stessi o a’ militari; – parte per molti motivi non vengono riferiti, o per riserbo delle autorità che scrivono,, vengono attenuati.

Non presumiamo perciò di esporre in questo colpo d’occhio una cronaca, esatta e completa della guerra civile e delle fucilazioni nel periodo annale del 1862; – ma fornire nell’insieme tutti gli elementi che si son potuti raccogliere in un Sommario cronologico ; certi, che in esso non sarà il minore inconveniente l’aver dovuto empire molte pagine di nomenclature corografiche e topografiche, rattristante da una monotonia di tragici eventi, poco tra loro diversi per la maggiore, o minor violenza del risalto, e della rispondente compressione.

Materia di alta polizia militare ” la definisce il nostro anonimo autore. Tale è rimasta fino ai giorni nostri. Per legge il segreto di stato dura 30 anni (Criteri per l’individuazione delle notizie, delle informazioni, dei documenti, degli atti, delle attivita’, delle cose e dei luoghi suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato – GU n. 90 del 16-4-2008), quindi gli archivi più vecchi dovrebbero essere liberamente accessibili al pubblico.

Noi oggi ci ritroviamo le carte del brigantaggio 1860-1870 presso l’archivio storico dell’esercito che sono teoricamente accessibili agli studiosi, di fatto però si dice – noi non ci abbiamo mai provato, quindi ci affidiamo a chi ha provato a visionarli – che gli accessi siano contingentati, e anche selettivi.

Tutto questo non ha senso.

Nel 2011 ricorre il cento-cinquantenario della nascita dello stato italiano, non si comprende per quale motivo non si pubblichino online – come è stato fatto per alcune carte della camera inerenti il brigantaggio – tutte le carte dei militari con relativi codici di decrittazione, se necessario.

Sarebbe un gesto di riappacificazione nazionale verso due parti del paese che si sono combattute aspramente, con ferocia inaudita da entrambe le parti.

Al NORD servirebbe per comprendere meglio le ragioni di un SUD dipinto da sempre come piagnone e indolente e al SUD servirebbe per riconquistare una coscienza di sé e del proprio passato di cui non ha di cui vergognarsi, anzi.

Ci piacerebbe conoscere la vostra opinione in merito.

Buon anno a tutti voi, di qualsiasi parte del mondo siate e comunque la pensiate.

Zenone di Elea – 27 Dicembre 2009

Si ringraziano vivamente il dir. Sac. G. Ravizza e S. Pirola della Biblioteca del Seminario di Pavia per la squisita cortesia mostrata nell’inviarci le fotocopie delle pagine 240-241-242 che ci mancavano.

Zenone di Elea – 16 gennaio 2010

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa2s/01_Colpo_d_occhio_su_le_condizioni_del_reame_delle_due_Sicilie_nel_corso_del_1862.html

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