Alta Terra di Lavoro

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COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (V)

Posted by on Nov 24, 2023

COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (V)

3.° ESERCITO

SUE TRISTI CONDIZIONI: – PERDITA

DI FORZA MATERIALE 

Per gli elementi eterogenei intrusi fra le truppe piemontesi trasformate in esercito italiano, e pe’ turpi esempii di defezioni, e tradimenti fomentati su taluni noti capi dell’armata delle due Sicilie, è scaduta l’antica virtù e disciplina del soldato; peggio ancora pel mestiere di sgherro commessogli ad esercitare sul territorio napoletano divenuto generalmente reazionario.

Il ministero della guerra del nuovo regno d’Italia assorbe col suo bilancio quasi tutta la rendita ordinaria dello Stato, in circa 400 milioni di lire. Nondimeno l’esercito, checché ne vanti la stampa officiale, ed ufficiosa, risente quotidiani detrimenti, ed è straziato da discordie, da odii, da animosità.

Indipendentemente dall’accresciuto dualismo de’ garibaldeschi, e della milizia regolare, F ordinamento della truppa versa in gravi difficoltà, – 1, per avversione popolare; – 2. per ripugnanza alla leva militare; – 3. per diserzioni, ed insubordinazioni; – 4. per le esorbitanze ne’ provvedimenti. ‘ La disamina del merito di questi quattro articoli si avrà con r esporne i fatti correlativi. I. AVVERSIONE POPOLARE. 1. ne’ frequenti conflitti con le bande reazionarie, i paesani schivano porgere rinsegnamenti alle truppe piemontesi, ovvero forniscono loro erronee indicazioni, chele fa rimanere vittime nelle imboscate: tra i varii incidenti (che saranno più estesamente riportati nella seziona V. sotto l’articolo della guerra civile) basterà notare il recentissimo macello della compagnia di soldati con l’infelice capitano Rota, tratto dalla fallacia di un contadino ne’ ridenti boschi di S. Croce di Magliano (tra la pianura di Capitanata, e il Molisano), senza aver aiuto di sorta da’ naturali. 32

2. In agosto viaggiano in vettura perché infermicci un ufficiale, un foriere, e due caporali, piemontesi tutti, partiti da Palermo: giunti presso Termini, si fa contro essi una scarica improvvisa di moschetti, e ne rimane vittima il foriere, e gravemente feriti gli altri tre col pericolo di vita, autori ignoti: cagione l’odio. (Gazzetta del Popolo de’ .. agosto); più tragica fine incontrano due uffìziali piemontesi, che viaggiano con un monaco teatino da Bari per Napoli: al Vallo di Bovino sono presi da un drappello di reazionarii, e tradotti in fondo del bosco, dove i due militari sono massacrati (Gazzetta di Napoli de’ 28 marzo); – ed è ben noto il macello del distaccamento di truppa piemontese con l’infelice capitano Richard presso Lucera di Puglia, (Pungolo de’ 26 marzo): – nel breve tragitto tra Castellammare, ed Agerola a’ 14 dicembre sono uccisi due carabinieri.

3. Con senso di universale riprovazione della stampa d’ogni colore fu appreso il reclamo degli uffìziali napolitani fedifraghi, che a’ 27 marzo 1861 si querelavano di non essere stati considerati convenevolmente nella fusione dell’antico esercito delle due Sicilie nell’armata sarda. Discutendosi tal reclamo in una delle tornate del parlamento di Torino, è risultato dalle parole del deputato Nicotera, che gli spergiuri per tradire il proprio Sovrano, eransi venduti per vilissima somma al comitato rivoluzionario di Basilicata; – e dall’altro deputato generale Cugia si è accennato, «che i reclamanti anzidetti ebbero così poca modestia da arrogarsi da se stessi tre gradi di avanzamento, così, i sergenti si i(fecero capitani, ed i capitani si elevarono a colonnelli; ed inoltre essi, vigliacchi al paro che traditori, non presero a mai parte ad alcuna fazione guerresca.»

La Camera se n’è annoiata, e diradandosi il numero de’ votanti, non ha creduto impartire per quella tonata vernn provvedimento. 33 4. È noto, che per reprimere un moto garibaldino in Brescia la truppa piemontese fece fuoco su la popolazione. La stampa in generale rese di pubblica ragione i gravi insulti scagliati contro la truppa stessa, e propagati ad accrescere gli odi contro questa, nella seguente protesta del Garibaldi – «Io non conosco ancora il numero esatto de’ morti, e de’ feriti nella strage di Brescia. – So che vi sono ragazzi morti, ragazze e donne ferite. Io non voglio credere, che soldati italiani possano aver ammazzato e ferito fanciulli e donne inermi. – Gli uccisori dovevano essere sgherri mascherati da soldati. – E chi comanda la strage.., oh! io lo proporrei per boia. G, Garibaldi» – Riferitasi questa protesta nel giornale il Diritto de’ 20 maggio; – la Gazzetta Ufficiale di Torino dello stesso di volle riparare alla grave ingiuria contro l’esercitò, e disse modestamente: – «I soldati non usarono le armi in Brescia, che allo estremo, quando l’adempimento del loro dovere, e la difesa personale lo esigevano imperiosamente. Essi sono soldati di quel glorioso esercito, a cui l’Italia deve la sua esistenza, e nel quale tutte le nostre instituzioni hanno la più sicura guarentigia, ed il paese respingerà le contumelie, di cui son fatti segno in alcune linee del Diritto di questa mattina.»

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Il paese però non solamente non respinse le contumelie ma invece le amplificò a discapito della forza materiale del governo; e il Diritto del susseguente giorno 21 cosi rispose: «Credevamo, che la Gazzetta ufficiale fosse soltanto menzognera: oggidì l’abbiamo trovata, (ci consentano i nostri lettori il forte, ma giusto linguaggio), VIGLIACCA, ed INFAME»

5. Noti può trasandarsi il giudizio emesso dalla Stampa di Torino (29 dicembre) a carico del governo pel libero arbitrio rimasto all’autorità militare nel reggere le sorti delle Provincie napolitane: – «Il militare non intende altro codice che il suo, e non gli entra in capo, che fuori di questo vi sieno altri codici dei pari sacri, e di maggior rilievo per tf gr interessi sociali. 34 Se gli si dice che Tizio è un birbante, perché starci tanto a pensar sopra ci vi risponde? fucilatelo su, e l’avrete levato di mezzo. Noi sappiamo troppo bene tutti gli sconci, che dalla prevalenza soverchia del militare dovevano accadere nelle provincie napoletane. Noi li abbiamo enunciati, i nostri amici non li hanno detto nel parlamento; parte per carità di patria; parte perché è vana cosa il dirlo. Di fatti, non ne va censurato nessuno, e molto meno ne vanno censurati i capi. Il torto è solo del governo che lasciandosi cadere le redini di mano, mette il paese in condizioni, nelle quali è finanche risibile il lagnarsi che siffatti sconci accadano, mentre è naturale ed indispensabile che debbano accadere».

E nella corrispondenza epistolare di un militare piemontese distaccato nelle provincie napoletane (pubblicata ne’ giornali) è detto «che essi trovansi nel reame, delle due Sicilie come gli austriaci nel Novarese in maggio 1859, tanto sono invisi agli abitanti, che li denunciano all’autorità per ogni piccola cosa! Cosi dal ministero è stato destituito un eccellente capitano. In un solo battaglione del 47. reggimento fanteria nell’Abruzzo citra, quindici reclami furono sporti in odio degli ufficiali, che cosi arrischiano non solo la vita, ma anche la loro posizione sociale. In somma, questi barbari, non vogliono essere italiani, e non han vergogna di ripetere a tutti, e a noi stessi, CHE VORREBBERO ESSERE ANCORA NAPOLETANI COME PRIMA».

Non dee quindi sorprendere se il giornalismo napoletano quello soprattutto che si mostra più emancipato dalle influenze governative, siasi cosi pronunziato: -«Il militare piemontese nel napoletano per la durezza sistematica, per la burbanza, e per l’aria di conquista, ha attirato contro di sé le generali antipatie: se ne schiva l’incontro, e lo si lascia nello isolamento; e per evitarne le relazioni il ceto civile non ama riceverlo nelle conversazioni; 35 e si son vedute donzelle, benché in misero stato di fortuna, ricusare uffiziali per mariti, abborrendo di congiungere la loro sorte co’ distruttori della grandezza della loro patria. – Ed a codesta avversione deve attribuirsi, se le diserzioni (di cui si parlerà particolarmente nel paragrafo 3. che siegue) da tutte le Provincie annesse diano argomento a credere, che il dominio Sardo è ritenuto come lo straniero, e gli si preferisce l’austriaco: in fatti, ne’ pochi mesi tra la fine del 1361, ed il cominciare del 1862 sono passati a militare nel Veneto 4633 uomini, laddove in egual tempo dal Veneto nelle provincie annesse ne passarono 121. (1) – Il deputato Ferrari nella tornata parlamentare in Torino a’ 29 novembre accennando alle ultime riviste militari fatte da re Vittorio Emmanuele in Milano, Torino Firenze, e Bologna per fare sfoggio di forze conchiude: – «Ma a che valgono le armi? – A che le virtù del soldato, se manca la direzione; – se, nel momento della guerra false voci (come quelle testé corse in Sicilia, che Garibaldi prima di arrivare in Aspromonte era d’accordo col re, e perciò commoveva il pubblico), notizie, e capitolazioni favolose, ordini contraddittori, – la viltà di un capo, il tradimento di un uomo, possono paralizzare la truppa, dementarla, e dare la vittoria al nemico?» II. RIPUGNANZA ALLA LEVA MILITARE. Il barone Ricasoli, capo del ministero a’ 3 gennaio 1862 con una circolare diplomatica strombazzava in Europa: – ….

«una numerosa leva viene ordinala nelle provincie meridionali e tosto le reclute si affrettano ad accorrere quasi con entusiasmo sotto la bandiera italiana!» I seguenti fatti hanno però incontrastabilmente pruovata la insussistenza di codesta assertiva: (1) Altri molti fatti saranno riportati sotto la sezione IV. ‘di questo colpo d’occhio. 36 1. Benché in Castellammare di Stabia si fosse officialmente imposto il giubilo durante le operazioni della leva nel gennaio 1862, pure de’ molti usciti al sorteggio trasportati al deposito di Napoli, tutti hanno presa la fuga, meno DUE. (Il giornale Veritiero, de’ 14 gennajo).

2. De’ 53 sorteggiati per la leva nel villaggio di Posillipo presso Napoli, soli due possono essere arrestati, essendo scomparsi gli altri 51.

3. La nuova provincia annessa di Benevento, che sotto il governo Pontificio non aveva mai conosciuto il peso della coscrizione militare, ora ne risente vivamente, e non sa adattarvisi. I sorteggiati de’ vari comuni, che dovevano presentarsi al Consiglio di reclutandone nel mattino degli 11 gennaio, non si presentano affatto: ed il Prefetto per non ismentire le solite notizie di entusiasmo per la leva, prende il ripiego di dire, che i municipii non hanno ancora pronte le carte necessarie, e regolari. – (Idem de’ 15 gennajo).

4. Parimenti i coscritti di leva delle isole Eolie non si presentano al consiglio di rivalutazione non avendo mai soggiaciuto a questo obbligo della leva forzosa militare sotto il governo borbonico. – Il nuovo governo ordina una spedizione militare per ridurre i contumaci recalcitranti alla obbedienza. Capo della spedizione è il maggiore Achille Caimi, che con buon numero di carabinieri, con una compagnia del 21. bersaglieri, e parecchie altre compagnie del 32. fanteria, si reca in quelle isole: fa improvvisamente circondare dalle truppe i villaggi di Lipari, di Stromboli, di Alicuri, di Folicuri, di Panaria, e delle Saline; ed arresta que’ renitenti, che può rinvenire, e che conduce sotto scorta al 5. deposito in Messina: rimane porzione della truppa per continuare le misure coattive contro i nascosti, (Giornale ufficiale di Sicilia de’… marzo 1862).

5. Turbolenze gravissime segnano il 1. giorno di gennajo in Castellammare del golfo (Sicilia) a causa del nuovo peso della coscrizione militare. Il popolo in armi insorge, gira il paese a colpi di fucile, gridando ABBASSO LA LEVA, morte a piemontesi, viva la repubblica, 37 afferra, e minaccia di massacrare il Delegato dì Pubblica Sicurezza, il costui figlio, e il Sindaco: i carabinieri sardi, e il giudice mandamentale nella fuga ricevono dietro una scarica dì fucilate. è aggredito, ed ucciso, con la figlia, il Borusco comandante della guardia nazionale: è incendiata la casa, e gli abitanti della famiglia Asaro; quella del medico Calandra, ed ucciso un Antonino di tal cognome: bruciate tutte le officine delle pubbliche amministrazioni. Accorso da Alcamo (capo distretto) il comandante Varvaro de’ militi a cavallo, è ucciso con sette de’ suoi. Di quest’agitazione cominciano a risentire gli altri paesi convicini. I piemontesi si risolvono ad un colpo disperato: da Palermo, e da tutti i punti di Sicilia concentrano per mare e per terra le loro forze contro il paese insorto, il quale si difende con ardore, ed uccide nell’assalto il capitano Mazzetti, piemontese, un sergente de’ bersaglieri, – e varii altri militari restano feriti. – Accorrono nuove truppe, e fanno uno sbarco numerosissimo. Ecco come si esprime il Diritto a Torino de’ 5 gennaio: «oltre di tante troppe accorse in Castellammare di Sicilia, vi sono spedite nella notte stessa de’ 2. sul Monzambano due compagnie di bersaglieri; e questa fregata non può accostarsi alla spiaggia, ove son collocati due obici degl’insorti, che per due ore la fanno stare lontana: bisogna far venire da Trapani la bombardiera l’Ardita, ohe fa tacere i due obici della spiaggja, e cosi si accinge allo sbarco; ma appena approda il primo battello, una scarica degl’insorti fa cadere il capitano della compagnia, e vari soldati: allora la fregata comincia a lanciare granate a giusto tiro, e costringe gl’insorti a cambiare posizione: la truppa riesce a sbarcare; esegue vari arresti, fucila sette individui sul momento (di tre de’ quali non si cura né anche, di liquidare nome e cognome); ne manda 27 legati, a Palermo: il nucleo degl’insorti si getta su’ monti… Da ciò si vede, che la massa dei popolo in Sicilia è malcontenta; sia per non aver guadagnato nulla dopo la rivoluzione, sia per odio verso la leva; sia por timore di nuovi dazii». 38 La semiofficiale Opinione di Torino (n.13) riporta una sua corrispondenza da Palermo, nella quale è affermato: che «tale sommossa merita tutta l’attenzione del governo e del paese; perché le file erano distese in parecchi altri luoghi lungo il littorale dell’isola, le quali noti ebbero tempo di manifestarsi».

Cade qui in acconcio di notare che sul modo di procedere de’ piemontesi nel rincontro il deputato Crispi, nella tornata del parlamento di Torino dei di 11 del detto mese di gennajo, muovendo interpellanze, dice, tra le altre cose: – «i fatti tragici di Castellammare sono d’importanza maggiore di quel che possano farli credere le reticenze della gazzetta ufficiale, essendone state le Autorità locali informate 20 giorni prima…. Il malcontento in Sicilia è gravissimo, sopratutto contro la leva».

E nella susseguente tornata de’ 15 l’altro deputato D’Ondes; censura gravemente «il subitaneo massacro degl’individui fucilati nel rincontro senza nessuna forma di giudizio, o di legalità e grida contro questo atto di barbarie su le persone de’ cittadini che potevano anche essere innocenti».

6. Il Malta-Times accenna a’ molti fuggiaschi Siciliani che approdano nell’isola di Malta: nell’ultima settimana di ottobre 1862 il numero ne ascese a 60 e ventisei ne arrivarono tutti in un giorno, fuggitivi dalla coscrizione. – E il giornale la Stampa Napolitana dei 22 novembre dice: – «l’ordine della leva ha commosso la Sicilia, e molti per isfuggirla si sono appiattati ne’ monti, e sono emigrati: a Malta ne arrivano tuttodì in gran numero, il telegrafo (sempre bugiardo) vuol far credere poi, che in Sicilia la leva de’ nati del 1842 procede regolarmente».

7. Nell’Osservatore Napolitano de’ 15 maggio si legge: «che 40 coscritti provenienti da Lecce per recarsi al Consiglio generale di leva in Bari, giunti in Mola fuggono, e si imbarcano segretamente per la Dalmazia, dove arrivano dopo 48 ore di navigazione, e sono bene accolti da quelle Autorità civili». 39

8. Al Monte di Procida, presso Napoli gli abitanti fanno una reazione allo annunzio della leva militare; percuotono il Sindaco, ed incendiano la farmacia di uno dei più esaltati fautori del nuovo governo.

9. Sul lodevole, e benigno sistema dell’antica legge per la leva militare nelle due Sicilie sotto il cessato governo, nello stesso parlamento di Torino i deputati Pace, Ricciardi, e Minervini, (tornate de’ 14 giugno, ed il luglio 1861) fanno onorevoli menzioni «avendo dato un esercito di buoni soldati, e meglio d’ogni altro in Europa, legge patema, ed economica, e senza dispendio, efficacissima in pratica; migliore assai della nuova legge, introdottavi dal Piemonte, che è costosa, e di origine tedesca».

10. Il giornalismo napoletano declama pel modo indegno, ed inusitato col quale il governo fa scortare da’ carabinieri i giovani coscritti, conducendoli pubblicamente per le città ligati come malfattori; ciò che da luogo a sospettare venire quelli di mala voglia, e forzati ad entrare nelle file de’ difensori della patria.

11. I coscritti del comune di Castelbuono (Sicilia) diretti a Cefalù verso la fine di dicembre, disertano tutti lungo il cammino; ed appena due s inducono per amichevoli insistenze, dopo qualche giorno, a presentarsi all’Autorità preposta per la leva.

12. Il Corriere Siciliano benché foglio ministeriale, riferisce «che in quell’isola al primo appello dell’ultima leva a più della metà degli inscritti si sono resi contumaci.)» – E l’altro giornale il Precursore annuncia «che nella notte dell’ultimo di dicembre evadono dal Lazzaretto di Palermo 36 reclute di leva ivi arrestate come resistenti, essendo salite per una scala di corda sopra un urna d’acqua d’onde discesa un’alta muraglia, prendono la via rotabile e vanno via inbarcaodosi quasi a vista delle truppe, e delle guardie di custodia». 40 13. Tra i motivi, che rendono odiosa la leva imposta dal governo piemontese nelle usurpate provincie meridionali, si annoverano i seguenti. Quivi si pretende ora chiamare sotto le armi più di 36 mila coscritti, mentre pel passato non si oltrepassava il numero di 18 mila. La somma pel cambio, o sostituzione nel servizio militare era da 240 ducati, ed ora si è più che triplicata fissandosi a ducati 729 con mille imbarazzi e difficoltà. – Secondo le provvide leggi napoletane (encomiate nella stessa Camera de’ deputati) erano taluni, paesi marittimi esenti dal fornire un contingente per la truppa di terra, dando solamente capaci marinai per la flotta; ed ora le leggi piemontesi distruggendo all’intutto una vetustissima consuetudine, li assoggettano con somma ingiustizia al doppio contingente; per cui quei paesi marittimi sono spopolati dalla emigrazione, come risulta dalle ultime statistiche delle isole di Ischia, Procida, Ventotene, e Lipari, che sono ridotte alla miseria ed allo squallore. – Inoltre le antiche kggi del regno esentavano dal servizio militare i laureati. gli emancipati, e gli unici relativi, che ora per le austere leggi di Torino sono tutti requisiti pel servizio militare, ciò che accresce il malcontento in generale.

Dimostra con siffatte leggi il Piemonte di voler tutti soldati, senza badare alle esigenze della società, alla perpetuità e sostegno delle famiglie, al progresso delle utili discipline.

Aggiungasi che col maggiore danno delle famiglie stesse il governo subalpino ha dato risposte equivoche ed evasive su’ molti reclami pervenutigli contro le risoluzioni date da’ Consigli di leva delle provincie meridionali, che costringono a marciare individui, i quali hanno acquistato diritto alla esonerazione, mercé il cambio già fatto per essi, o per uno della famiglia. 41 14. È cosi progredita l’avversione per la leva in Sicilia al cadere dell’anno, che bisogna circondare con molta truppa i comuni di Ademò, Paterno, e Biancavilla, fino al punto di non farne uscire niuno degli abitanti, onde assicurarsi de’ coscritti. – Costoro poi vengono trasportati nel Piemonte in modo così barbaro e disumano, che nella traversata da Napoli a Genova, sul piroscafo Generale Garibaldi ne muoiono due intirizzite pel freddo, ed altri 200 circa sbarcano molto maltrattati dalle intemperie. III. DISERZIONI, ED INSUBORDINAZIONI. 

Benché ne’ principii del 1862, una riservatissima circolare del ministro della guerra dà Torino diretta a’ comandanti, de’ corpi, li inviti premurosamente ad usare un’attiva sorveglianza su’ soldati non solo per reprimere, ma anche per prevenire la diserzioni, che numerose tuttodì con iscandalo avvengono; pure si accrescono oltre misura: e qui si accennano le seguenti notizie su alcune delle più significative di esse:

Diserzioni – 1. Otto soldati (napolitani) del 15. reggimento; di Saluzzo disertano dal deposito ne’ primi, giorni di gennaio;

2. Nella sera de’ 2 del mese stesso disertano del pari dal deposito di Fano del 56. reggimento fanteria, 26 soldati (napoletani)

3. Contemporaneamente la gazzetta di Torino annunzia «che 14 soldati sono giudicati da quel tribunale militare per accusa di diserzione con complotto; essi appartengono a quel numero di oltre 80 napoletani, che disertavano insieme da Savigliano (Piemonte), a’ 20 novembre 1861».

4. Negli ultimi giorni di febbraio disertano: nove soldati della guarnigione di Cremona (Corriere Cremonese 1. marzo 1862.) E nella prima quindicina di marzo ascende a 51 il numero de’ disertori dell’ottavo reggimento di linea che può dirsi quasi ridotto a niente. 42

5. Nei mese di marzo sono arrestati ventinove soldati disertori (napoletani) appartenenti al reggimento Piemonte reale stanziato in Cremona. (Pungolo 18 aprile 1862).

6. In aprile disertano tredici soldati (napoletani) da Casalmaggiore. (Corriere Cremonese de’ 20 aprile).

7. Al cadere dello stesso mese si scopre in Milano un complotto di diserzione tra alcune reclute militari, addosso alle quali si sarebbero trovati anche gli stiletti (Politica del popolo giornale milanese, 27 aprile),

8. Da fonte certa si ha che 173 individui della truppa italiana stanziata in Castellammare (Napoli) sono disertati. (L’Epoca giornale de’ 25 aprile). E il Diritto di Torino del 31 marzo riferisce, che non solo i soldati, ma anche i i coscritti disertano in gran numero da’ loro quartieri: cosi, a’ 25 marzo otto ne disertavano dal quartiere S. Potito in Napoli; – e più di duecento indigeni dal quartiere presso S. Leucio di Caserta con armi e bagagli, dirigendosi alle vicine montagne.

9. Da Memo (Novara) si ha, che le diserzioni continuano frequenti e numerose: e che a’ 25 aprile transitavano sette disertori armati di squadrone; ma venivano poi arrestati da’ reali carabinieri – (L’Opinione di Torino 28 aprile).

10. In una delle precedenti notti sedici soldati del 9. reggimento di linea disertavano da Monza, diretti al confine svizzero: essi sono tutti napolitani dell’antica armata borbonica. (Gazzetta di Milano de’ 30 di aprile).

11. Leggesi nella Gazzetta di Modena de’ 30 aprile: «Ieri nelle ore pomeridiane il generale comandante lai divisione, venne a scoprire, che tra i soldati provenienti dalle provincie meridionali, si era complottata una diserzione. Egli prese immediatamente tutte le disposizioni, e dopo un’ora dalla ritirata furono condotti in città cinque soldati del 59. reggimento e due bersaglieri. Gli altri disertati domenica sera furono arrestati nei pomeriggio di ieri in una cascina lungo il confine». 43 12. Nello stesso tempo nel circondario di Montepulciano, e a Colle si arrestano vari soldati disertati da Lucca, e da Siena. A S. Quirico è arrestato da’ reali carabinieri un militare siciliano disertato da Genova. (Il Foro, giornale de’ 15 maggio).

13. Il Lombardo di Milano de’ 21 maggio, annunzia: – Entrano oggi in città, scortati dalla guardia nazionale di Rossano (Lombardia) cinque soldati napoletani disertori.

14. Il Corriere delle Marche, giornale de’ 20 maggio, riferisce: «nella notte del 18 sono stati arrestati su la via provinciale del Tiglio presso Vico Pisano dieci soldati napoletani disertati da Lucca: l’undecimo è riuscito ad evadere».

15. Nella notte de’ 23 giugno si hanno a lamentare molte diserzioni di soldati napoletani ne’ quartieri di Napoli.

(L’Epoca giornale 24 giugno)

16. La Patria (giornale liberale di Napoli) del 1 luglio deplora lo spirito di diserzione, che va infestando l’esercito e dice: – «Notizie attendibili ci annunziano molte diserzioni di soldati sbandati, già convertiti nel campo piemontese di S. Maurizio e poi incautamente arruolati nelle file dell’esercito italiano».

17. A’ 28 giugno da Campobasso si riferisce la diserzione di 19 soldati del 36 reggimento di linea ivi stanziato (Id.)

18. A’ 29 luglio disertano dalla guarnigione di Crema undici soldati, de’ quali un solo è milanese, e gli altri sono napoletani. vengono arrestati lungo il cammino dalla guardia nazionale di Sabbio (Gazz. di Milano).

19. A dì 8 agosto i carabinieri riconducono arrestati in Genova 50 soldati disertori, che transitano per la via Carlo Alberto, ed entrano nel palazzo ducale gridando a dispetto, Viva Garibaldi (Idem).

20. A’ 10 ottobre disertano dal Forte di Fenestrelle dodici soldati napoletani (Idem). 44

21. Nello stesso tempo una mezza compagnia di truppa del Piemonte, composta di soldati quasi tutti napoletani, insieme con un uffiziale, ed anche un carabiniere, si disertano tutti, e presentatisi al confine svizzero, vi depongono le armi, e sono scortati a Poschiavo da’ gendarmi svizzeri (Fazzetta di Coira dei 10 ottobre),

22. L’Eco delle Alpi Cozie giornale de’ 15 ottobre, ha in data di Pinerolo: «Nella sera degli 8 a 9 corrente sono (disertati undici soldati de’ cacciatori da’ varii ridotti del forte di Fenestrelle. Nella decorsa settimana disertavano anche dalla scuola di cavalleria due graduati per motivo di debiti, incondotta, e consecutiva degradazione: più un soldato dello stesso corpo pochi giorni prima: a’ 12, domenica, due soldati del 45 reggimento disertavano dal deposito di Pinerolo, dirigendosi al. confine francese».

23. Sono così aumentate le diserzioni, che le Gazzetta del Popolo (le cui tendenze politiche sono troppo conosciute) a’ 23. aprile è costretta ad esclamare: «Le diserzioni si moltiplicano in modo assai grave…. Né hanno luogo soltanto fra soldati napoletani, come dicevasi prima, ma ance che tra quelli di qualche alta provincia, e pur troppo anche fra i veneti».

Ed, a’ 6 maggio lo, stesso giornale aggiunge: «È inutile dissimularlo: la piaga delle diserzioni va assumendo le proporzioni di un vero pericolo» . – E quindi insiste, per una legge speciale contro i subornatori de’ militari; senza porre mente, che, una delle teoriche passate del governo piemontese per rivoluzionare gli altri stati italiani, che ha usurpati, è stata appunto la subornazione de’ militari, e de’ funzionari civili.

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Al cadere dell’anno la Discussione di Torino è lieta di poter dire che le diserzioni da 120 soldati la settimana sieno ora ridotte a 25, o 30 per ogni settimana. 45 Insubordinazioni. – 1. A’ 17 febbraro accadono tumulti nella fortezza di Fenestrelle tra i soldati malcontenti di quella residenza, e della severa disciplina militare. Vi accorrono molti carabinieri, e guardie di pubblica sicurezza; e si tiene su l’avviso la guardia nazionale del paese. Fatta una rigorosa perquisizione si trovano addosso a molti de’ soldati napoletani i ritratti del Re, e della Regina di Napoli.

Ed il Monitore dello stesso giorno osserva che tutte le «notti avvengono barruffe tra garibaldini, ed ufficiali piemontesi: negli ospedali entrano molti feriti degli uni e degli altri.»

2. A’ 6 gennajo (festa de’ Re magi) un soldato napoletano in Milano va gridando per le strade: Viva il Borbone, viva Francesco II; ed anche sotto le violente percosse di quelli del partito piemontista, non cessa dal gridare.

3. Nella sera de’ 23 febbraro, il caporale Benvenuti Ognibene del 13. reggimento, stanziato in Milano, caserma S. Filippo, nel fine di rubare il denaro dalla cassa militare presso il foriere Odoardo Agosto di Voghera, lo trae con un pretesto ne’ sotterranei, dove spegne il lume, gli si avventa, e lo ferisce a morte. (Pungolo di Milano, giornale de’ 24 febbraro 1862).

4. I giornali di Milano accennano verso la fine di aprile alla scoverta di un grave complotto militare reazionario tra i soldati napoletani accasermati negli ospedali di S. Ambrogio, e del Monastero maggiore: il sergente di amministrazione del primo di questi locali è ucciso. – Il foglio La Lombardia de’ 28 dallo stesso mese dice, che quaranta de’ detti soldati sono arrestali, e addosso gli si sono rinvenuti stili, e pistole, tutti congiurati a promuovere la insubordinazione fra i commilitoni, come si dice essersi verificato con la inchiesta fattane dal generale Durando accorso alle 2 della notte stessa sopralluogo col colonnello de’ carabinieri, e varii ufficiali di Stato maggiore.

5. Nelle carceri di Cremona trovandosi detenuti una gran 6 quantità di soldati napoletani disertori, si ammutinano contro i custodi, brandendo ferri acuminati, e randelli. 46 Tra i loro effetti perquisiti si rinvengono i ritratti di Francesco II con l’epigrafe Re d’Italia (Corriere Cremonese 16 ottobre 1862.).

6. A’ 13 luglio con manifesta indisciplinatezza varii soldati di fanteria si azzuffano fra loro per le vie di Torino con le sciabole sguainate, e due gravemente feriti vanno a morire nell’ospedale. Nel giorno stesso, anche a Torino nella via del Soccorso due altri soldati di ordinanza si feriscono tra loro; ed alla cascina Ormèa, presso borgo S. Donato si deplora una seria rissa tra i soldati di artiglieria, e quelli del 47. reggimento, uno de’ quali rimane gravemente ferito, e due de’ primi riportano significanti offese.

7. A’ 9 del mese stesso a Napoli altra grave rissa tra militari accadeva, co’ gridi di viva la repubblica (Osservatore napoletano N. 48.)

8. A’ 10 agosto un capitano dell’esercito piemontese si presenta al Deputato del Parlamento signor Francesco Crispi, e si offre, mediante denaro di disertare dal suo reggimento, e raggiungere Garibaldi (Lettera dei Crispi pubblicata nel giornale il Diritto de’ 2 settembre 1862.).

9. Nel quartiere de’ Granili in Napoli, essendo ubbriaco il soldato Trocchio di Àsti, è rimproverato dall’uffiziale di picchetto sig. Scarlini, che trovasi costretto a sfoderare la sciabola contro Trocchio; ma costui gli si avventa su la persona, gli strappa coi denti mezza guancia, e si fa venire su la bocca l’orecchia sinistra: a’ 27 novembre è stato condannato a 15 anni di reclusione.

10 A’ 17 agosto dieci soldati nel campo S. Maurizio presso Torino sono colti in flagranza di complotto camorristico, arrestati, incatenati, esposti alla berlina nei campo alla via della truppa col cartellone, sul quale è scritto Camorrista; condannati poi dal Consiglio di disciplina al passaggio in un corpo di punizione. – Nel rincontro il maggior generale comandante interino Boyl pubblica a’ 19 del mese stesso un ordine del giorno severissimo per purgare l’armata della razza de’ camorristi, 47 che egli chiama «maledetta da Dio, e dagli uomini, che lede, ed avvilisce la dignità del soldato, il quale le indossa la onorata divisa per la difesa del Re, della legge, e della patria (1)» (L’Italia militare, giornale de’ 20 agosto 1862).

11 A’ 23 agosto il giornale L’Unità Italiana pubblica in Milano, che l’intero battaglione de’ bersaglieri in Sicilia ricusa di combattere contro Garibaldi.

12. Il Diritto di Torino, del 24 detto mese annunzia che in atto di marciare agli avamposti il 3. reggimento della brigata Piemonte nella Sicilia, si sono apertamente ribellati agli ordini Superiori, ed han ricusato dì obbedire, dando le loro dimissioni sul terreno, trenta uffìziali dello stesso reggimento, tra i quali si enunciano i capitani Bonafini, Borruso, Buttinone, – i luogotenenti Tosti, Borichi, Plebani, Armanni, Maggioni; – i sottotenenti Quercìoli, Zenoncelli, Gassi, Arehieri, De Carli, Bertone, Cucchiarelli, Luòianetti, Rossignoli, Botagli. – Il foglio stesso aggiunge, che altri 16 uffiziali di quella brigata ne avevano imitato lo scandaloso esempio, ed erano giunti a Catania; e che tutti i 56 uffìziali per ordine del generale in capo sieno stati tradotti in un forte di Genova per subire il giudizio del Consiglio di guerra.

13. E quivi indi a poco giungono come colpevoli di mancamenti militari dello stesso genere i due comandanti delle fregate Duca di Genova Vittorio Emmanuele signori Giraud, ed Avogadro, tradotto l’uno nel forte S. Giuliano, e l’altro nel forte Begatto. – A’ 17 dicembre il tribunale militare assolve entrambi. (1) “Per la protezione del nuovo governo creato in Napoli dai Piemontesi si è ingigantita la temuta setta de’ camorristi; setta che servì tanto e tanto bene nella rivoluzione per rappresentare la volontà di nove milioni d’anime a plaudire alla invasione del 1860; setta infine cosi nefasta, che ha ora spinto il governo alla gran necessità di distruggerla con mezzi pronti, e violenti, popolandone le lontane prigioni di Fenestrelle, e di Sardegna” (L’Osservatore Napoletano de’ 19 novembre 1862 n.68 nel dimani della cessazione dello stato d’assedio di tre mesi). 48 Sul proposito la Gazzetta del Popolo de’ 28 agosto osserva: «un nostro amico capitano nella brigata Piemonte ci scrive trovarsi d’avamposto con la sua compagnia, dalla quale si sono dimessi tutti gli uffiziali e quelli che nel suo reggimento han fatto lo stesso, sono 14. – Quale orrore! – Si figuri la impressione prodotta sopra una compagnia, che resta col solo capitano E ciò, fatto pensatamente agli avamposti!»

14. A’ 9 dicembre ha luogo la discussione del processo a carico del soldato calabrese Pantaleo Serviddio, del 15 battaglione bersaglieri, imputato di oltraggio al Re, perché ritornando dalle manovre in caserma, gettava rabbiosamente a terra le sue armi, lo zaino, ed il cappello esclamando: «maledetta l’anima di Vittorio Emmanuele, ci trattano come cani e cavalli: si ammazzi l’Italia: maledetti bersaglieri… » ed altre frasi consimili. Invitato da un sergente a tacersi, gli rispondeva con ira: Io non ascolto nessuno. Tradotto innanzi alla Corte di Assise di Milano pel reato previsto dallo articolo 471 codice penale, i giurati pronunciano con 7 voti contro 5, la colpabilità con circostanze attenuanti; ma i giudici sospendono la sentenza ritenendo, che il giury si fosse ingannato ritenendo colpevole il soldato. – La pubblica opinione è che le costui imprecazioni manifeste sieno identiche a quelle che segretamente si ripetono ad ogni istante da tutti i soldati delle provincie meridionali forzati ad entrare nelle file delle truppe piemontesi.

15. A’14 dicembre in Manfredonia (Puglia) il sergente di marina Spina uccide il capitano del porto de Franciscis. IV. 

ESORBITANZE ne’ PROVVEDIMENTI. 

1. A’ 3 ottobre il tribunale militare di Torino si è radunato per giudicare gli anzidetti uffiziali che sì ricusarono di combattere, e di obbedire a’ superiori ordini, e li condanna alla destituzione. – questa sentenza è confermata dai Re. (L’Italia militare giornale de’ 4 ottobre). 49 Ma ben diversa era stata la sorte di altri militari per la stessa colpa. – L’Opinione di Torino riferisce, che due sergenti de’ bersaglieri sardi trovati fra i volontari di Garibaldi, dopo che costui fu ferito, e fatto prigioniero, vennero immediatamente fucilati: come lo furono altri 27 loro commilitoni trovatisi nello stesso caso, in Catania, e d’ordine di Cialdini.

Un telegramma dell’Agenzia Stefani da Messina 4 settembre annunzia che una colonna di garibaldini, comandata dal Traselli è battuta da un battaglione piemontese, e lascia 90 prigionieri, fra cui un maggiore, un capitano, e dieci officiali: sono fucilati immantinenti sei militari disertori, che si trovano fra i prigionieri.

2. Per la notevole disparità delle pene, i giornali di Genova narrano di un soldato napoletano, che per prima e semplice diserzione erasi ritirato in famiglia (villaggio Garofali di Roccamonfina, presso Gaeta) dove viveva tranquillo ed innocuo: scoperto è trascinato su la piazza di Roccamonfina, ed immatinenti fucilato, accorsa la. madre ad implorare pietà è ligata e tradotta in carcere, da’ cui cancelli poté vedere la sorte del figlio. – Contemporaneamente, ad atri disertori condannati a morte da un consiglio di guerra il Re fa la grazia della vita. (Gazzetta, ufficiale de’ 14 ottobre). Garibaldi ed i suoi sono pienamente amnistiati.

3. Il deputato napoletano de Cesare nella tornata de’ 22 novembre accenna allo stato deplorabile, la cui sono ridotte le truppe per la esorbitanza ne’ provvedimenti delle continue marce, delle malattie, e morte incontrata negli scontri frequenti con le bande reazionarie, e ne dà questo esempio: «In Capitanata vi sono tre reggimenti: ve ne è, uno di cavalleria, che non ha più di 70 cavalli! 50 Ve ne sono due di fanteria, che dovrebbero avere le compagnie secondo le leggi e i regolamenti militari, di 80 a 120 uomini: invece una compagnia è composta di 45 a 50 uomini. Or dicendosi, che nelle provincie meridionali le milizie son tenute sul piede di guerra, il vederle ridotte a cosi tenui proporzioni, non può esser effetto di vizioso organamento; ma delle perdite patite».

4. A provvedere poi su le tante diserzioni il giornalismo reclama severe misure. «Il presente codice militare (scrive la Gazzetta del Popolo 23 aprile 1862 n.113) è di una insufficienza deplorabile: pare immaginato da una commessione di pietosi avvocati, anziché compilato da persone pratiche del mestiere: le autorità militari vorrebbero fare, ma si sentono le braccia tagliate». Al che fa eco la Monarchia Nazionale nel suo foglio del 24 aprile: «conveniamo che il nostro codice militare era dettato per un esercito, che fu modello di disciplina, e di onore militare; ma in mezzo alle circostanze eccezionali, in cui versiamo, non può ora riescire efficace».

Anziché attribuire le cause della diserzione alla demoralizzazione rivoluzionaria elevata a governo, si crede ripararvi con la esorbitanza delle sanzioni penali. – Invano i ministri della guerra, e dello interno scrivono circolari veementi sul proposito; fino a pretendere il secondo di essi, che «le guardie nazionali con l’attivo loro concorso abbiano a sopra vegliare l’esercito regolare!».

Si sospetta, che il clero possa essere una delle cause influenti alla diserzione! Il governo di Torino, e il parlamento se ne impienseriscono tanto, che creano una nuova legge per la punizione de’ disertori, e loro complici, la cui mercé con pene straordinarie sono presi precipuamente di mira gli ecclesiastici. Per definire il merito di codesto provvedimento giova seguire le fasi della proposta, della discussione, delle opposizioni fattevi da varii deputati, e dell’approvazione.

A’ 3 giugno il ministro della guerra propone lo schema dì cotal legge, con la ragionata sua relazione. 51 Lo spirito, che la informa è oltremodo severo, ed arbitrario, parziale, inosservante delle essenziali norme legislative su la eguaglianza delle pene, e sul foro ordinario giurisdizionale.

La discussione dell’anzidetto progetto di legge occupa varie tornate del parlamento. In quella de’ 2 luglio il deputato Massari propone, e svolge il seguente emendamento all’articolo 5. «In ogni, caso, quando si tratti la provocazione, il consiglio alla diserzione provenga da ministri di culti, la pena sarà aumentata di due gradi più di quella stabilita per la diserzione».

Insomma per incrudelire contro il clero si approva tra le grida di bene benissimo questo aggravio penale, mentrecehè nel progetto della commessione del parlamento erasi detto: «chiunque, o militare, o estraneo alla milizia avrà provocato, o consigliato ad un reato di diserzione, soggiacerà alle pene stabilite per la diserzione. – Qualora la provocazione, o il consiglio a disertare provenga da pubblici funzionari, da ministri di culti, la pena come sopra stabilita pe’ provocatori, sarà aumentata di un grado».

Nella stessa tornata si legge l’articolo 9 dello stesso progetto di legge così concepito: – «Saranno sottoposte alla giurisdizione militare quelle le persone estranee alla milizia, le quali abbiano provocato, consigliato, o in qualunque altro modo concorso, ad un reato di diserzione, ovvero abbiano preti stato assistenza, alloggio, o ricovero a’ disertori».

Si oppongono a questo articolo i deputati Crispi, e d’Oudes, e con energiche, e giuste osservazioni dimostrano, che esso da evidentemente contrario all’art.71 dello Statuto costituzionale sul diritto di ogni cittadino di non esser privato del suo giudice territoriale; e che l’articolo stesso distrugga uno de’ principii fondamentali di ogni libertà. Il deputato Brofferio nella susseguente tornata del 3 luglio oppugna vivamente questo articolo, che egli definisce violatore de’ principii della giustizia, e della umanità. E volgendosi al ministro Pepoli, che gli è di fronte, domanda «se egli avrebbe cuore di chiudere 52 la porta in faccia ad un povero giovane disertore, che stanco, affamato e febbricitante gli chiedesse ricovero per una sola notte? – No, certamente. Eppure nel domani il ministro Pepoli, in virtù dell’art.9 della presente legge, sarebbe sottoposto al tribunale militare!» – L’oratore ricorda in seguito il fatto di Danton, che dopo aver votata una legge simile, in virtù della quale andò poi a morte benché innocente, prima di morire gridò: «Questa legge l’ho votata ancor io; la morte che ora mi si dà, me la sono meritata». Conchiude «che egli non voterà mai una legge cosi ingiusta, e scellerata, come la presente, e la Camera votando questo articolo 9 crederà un giorno, come Pilato davanti ad un Giusto, di lavarsi le mani nell’acqua; – ma si accorgerà di averle grondanti di sangue innanzi a molti giusti iniquamente condannati».

Ma la legge, che un Brofferio chiama ingiusta e scellerata, sulla quale votano 218 deputati, è approvata da 184 voti, avendo votato in contrario 34; ed uno si è astenuto.

Ma tra i 184 votanti facilmente si trovò il deputato Mordini, sul conto del quale è utile ricordare la relazione dell’altro deputato generale Lamarmora prefetto di Napoli, letta nella tornata del parlamento di Torino de’ 26 novembre 1862. In essa è detto di averlo fatto arrestare con gli altri due deputati Fabrizi, e Calvino «per la parte attivissima presa alla ribellione di Garibaldi, che cominciò in Sicilia, e fini sconfitta nella estrema Calabria. Ma vi ha di più (soggiunge il Lamarmora): mi risultava, e mi venne poi confermato da’ rapporti del prefetto di Catania, del generale Mella, e del maggiore Pozzolini essersi tentato da’ medesimi Fabrizi, e Calvino, e massime dal deputato Mordini di subornare la truppa a tradire il proprio dovere!!… Io arrossisco di avere colleghi, che si servirono del sacro mandato di deputato per meglio tradire il prestato giuramento». (Atti ufficiali della camera de deputati n. 912 Pag. 3546). 53 

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa2s/01_Colpo_d_occhio_su_le_condizioni_del_reame_delle_due_Sicilie_nel_corso_del_1862.html

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