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COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (XIII)

Posted by on Dic 2, 2023

COLPO D’OCCHIO SU LE CONDIZIONI DEL REAME DELLE DUE SICILIE NEL CORSO DELL’ANNO 1862 (XIII)

Da’4 a’ 12. Lagrimevole è la descrizione dell’attuale stato delle Provincie del napoletano; e sopratutto delle Puglie. – Dalle lettere di alcuni deputati parlamentari di colà, pubblicate dal Diritto di Torino N.310, si notano tra le altre cose, le seguenti confessioni: 210 – «Lo stato di queste provincie è pessimo: i briganti hanno consumato forse la metà del ricolto con incendii, devastazioni, e ricatti; si sono poi ingigantiti a segno da venire ad insultare ì grossi centri delle popolazioni, sino a due chilometri dalle mura i delle città.

I proprietarii non possono uscire dalle loro case: i coloni, o non coltivano le terre pel nuovo ricolto, o lo fanno malissimo, i braccianti non trovano lavoro, perché gli agricoltori non possono darne, né mandare gli animali in campagna. Si è gridato, e pregata per aver forza, ma nulla si è mai ottenuto. Ora vi è stata una presentazione di circa 120 briganti, ma ci stanno tuttavia grandi masse, fino 200 a cavallo. Questo stato di cose, non esagerato al certo, porta un terribile tracollo alla finanza particolare e generale, un grave intoppo all’amministrazione della giustizia, un grandissimo incaglio al commercio, un discredito immenso al governo e ciò che è più tristo, mette un dubbio funesto nell’animo di tutti su le nostre future sorti…. Insomma qui siamo in un generale scoramento, soverchiati in tutti i modi, senza più rispetto alle leggi, abbandonati all’arbitrio di quanti sono impiegati, impiegatuzzi, comandanti militari uffiziali, caporali, soldati, si arresta a capriccio, si vessano gli onesti, si proteggono i malvagi… Diresti, che gli Agenti del governo si affatichino a renderlo odioso, e rovesciarlo».

A’ 5 corrente il distaccamento militare di Andretta (Avellino) accompagnando varii prigionieri, è attaccato da 20 briganti presso Guardia Lombarda, che vorrebbero far fuggire i detenuti; ma i soldati sostengono con valore il conflitto, e fanno retrocedere gli aggressori, che vi perdono un cavallo, un cappotto, ed una giberna.

A’ 13. Il comandante Fumel è nel comune di S. Fili (Calabria) in procinto di muovere contro i briganti, il giornale di quella provincia il Calabrese «aspetta con sicurezza i fatti, che saranno al solito degni dello egregio maggiore Fumel».

Da’ 14 a’26. La Gazzetta de’ comuni, giornale dell’Abruzzo citeriore, scrive «che colà il brigantaggio si ride dello stato 211 d’assedio; il mandamento di Torricella è travagliato dalla banda di Domenico Fanti: in Gessopalena i ricatti sono giornalieri; ed è sommamente pericoloso di uscire fuori dell’abitato: molte famiglie sono costrette a riscattare figli e nipoti con parecchie centinaia di lire; e non ha guari veniva massacrato un tale Emilio Sambuco: un gentiluomo dello stesso comune, signor Garzia Pellicciotti, richiesto con viglietto di ricatto per vistosa somma di denaro, si uccideva con un colpo di pistola».

E il deputato Ricciardi, da Napoli, con lettera de’ 24, pubblicata nel giornale il Diritto osserva, tra l’altro «che il brigantaggio sia cresciuto con lo stato d’assedio, e principalmente a cagione dello stato d’assedio, e narra, ohe non ha guari 37 reazionarii pervenuti in Apricena (Puglia), dopo essere sbarcati comodissimamente, cioè, senza molestia alcuna in quella spiaggia di Lesina, sebbene giunti senza armi e senza munizioni, hanno subito trovato, sì le une che le altre, ed ora ingrossano le varie bande, che scorrazzano la infelice provincia».

Ricomparisce una banda reazionaria su’ monti di Amalfi, e si presenta nel giorno 26 a Ravello (Salerno) dove gli s’imbandisce lauto banchetto, celebrandovisi la festa del B. Bonaventura, e quindi dà fuoco ad un deposito di fascine; richiede 500 ducati a D. Alessio Manzi, che non glieli dà; e ritorna a tutto agio a’ suoi covi. Ben tardi sopraggiunge la guardia nazionale di Amalfi; essendo quella costiera sfornita di truppa, che ha dovuto accorrere in luoghi più minacciati.

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A’ 27. I giornali pubblicano la lettera di un pubblico funzionario residente nelle Puglie, diretta ad un deputato, nella quale è notevole il seguente periodo: – «È tempo che si ponga un confine agli arbitrii militari; è che si determinino le facoltà competenti, anche in questo stato eccezionale, all’autorità de’ comandanti di truppe. 212 A’ 27 ottobre questa città fu per trovarsi in preda al disordine stante un conflitto fra l’autorità militare ed il consiglio municipale. Intanto il brigantaggio continua a devastare le campagne. I briganti, respinti da’ punti vicini, ripiegano su questi paesi. Il prefetto fa appello alla guardia nazionale. Ma chi risponde? Dopo il disastro di Aspromonte, la sfidueia è ingigantita, la prostrazione è generale».

Da’ 28 a’ 31. E su lo stesso tenore esclamano i diarii, anche quelli che hanno per mestiere di soffiare nel fuoco delle discordie intestine de’ popoli. Così il giornale Le Temps accennando alla insufficienza de’ 120 mila soldati che il governo di Torino adopra per contenere un popolo, che egli spacciò essersi dato volonteroso a portare il giogo del «Piemonte, si dichiara, stomacato della impudenza con cui si vorrebbe far credere esser rimaste appena poche reliquie della reazione» e conchiude: «A Torino si è fermato il proposito, e si mantiene, d’ingannare l’Europa su lo stato degli Abruzzi, e specialmente delle Puglie. Le pretese vittorie delle truppe non esistono che su la carta; la strada da Foggia a Napoli è impraticabile: le vetture ed i trasporti di merci derubati ad ogni momento: le circolari de’ prefetti, e persino quella del prefetto di Lecce, si orribile da far drizzare i capelli in fronte, non sono che inefficaci e ridicole minacce». Mese di novembre.

Dal 1 al 5. Da S. Croce di Magliano (provincia di Molise) muove nel mattino de’ 5 il capitano Rota, col luogotenente Perrino, comandando un distaccamento di soldati del 36 reggimento piemontese per attaccare la banda reazionaria ne’ boschi contigui, che dividono quella provincia dalle Puglie; ma nel conflitto in contrada Melanico vi rimangono uccisi i due uffiziali, ed è distrutto quasi tutto il distaccamento, e soK undici prigionieri in mano a’ briganti. 213 – A prevenire ogni scossa, che il fatale annunzio potrebbe eccitare 213 nelle popolazioni accorre una colonna da Caserta (distanza di circa 80 miglia) di fanteria e cavalleria, comandata dal capitano Berti; ed ha un primo scontro con altra banda nel bosco Petacciato (tra Molise ed Abruzzo citra) fa prigioni tre briganti, e li fa subito fucilare nel vicino comune di Termoli.

Del disastro accaduto al cennato distaccamento del 36 reggimento, ecco l’ufficiale rendiconto pubblicato dall’Italia militare: «Individui di cui si sono rinvenuti i cadaveri

«1. Giuseppe Rota – capitano comandante la 13 compagnia del 36 reggimento di linea.

«2. Vincenzo Ferrino – luogotenente.

«3. Temistocle Cassini – sergente.

«4. Gaetano Basilio – caporale.

«5. Rocco Brusa – id.

«6. Dario Cocci – scelto.

«7. Secondo Surra – id.

«8. Marco Capelli – soldato.

«9. Bartolomeo Bertone – id.

«10. Nicola Boniello – id.

«11, Pietro Clerici – id.

«12. Pietro Cuzzetti – id.

«13. Guisi Roffo – id.

«14. Clemente Ambrogi id.

«15. Pietro Micone – id.

«16. Pietro Garbarino – id. «Individui i cui cadaveri furono sotterrati da’ villici

«17. Giuseppe Seghezza – soldato scelto.

« 18. Gaspare Pasero – soldato.

«19. Ferd. Senise – id. 214 «20. Pietro Gapatto – soldato.

«21. Angelo Jardella – id.

«22. Pietro Facchiiretti id. Individui dispersi

« 23. Francesco Sista – sergente.

« 24. Luigi Trivisonno – caporal-foriere.

«25. Natale Michelucci – caporale.

«26. Pasquale Fratangelo – soldato scelto.

«27. Lorenzo Mìroglio – soldato.

«28. Nunzio Cerfoglio – id.

«29. Domenico Alise – id.

« 30. Pasquale Mucerino – id.

«31. Michele Bartolini – id.

« 32. Sebastiano Mecca – id..

«33. Luigi Annibali – id. Individui salvati.

«34. Lorenzo Didier – caporale.

«35. Guglielmo Palmieri – soldato scelto.

«36. Giuseppe Tozzuolo – id..

«37. Cherubino Galli – soldato.

« 38. Davide Ghioldi – id. Da’ 6 agli 8. La Gazzetta di Torino riferisce, che per notizie pervenute da Foggia i lancieri di Montebello attaccati da una banda reazionaria ne avevano uccisi venti, ed avevano fugato il resto della banda stessa.

Una compagnia del 55 reggimento comandata dal capitano Rossi, con un distaccamento di guardia nazionale, e due carabinieri si scontra a di 8 con un numero superiore di reazionarii a cavallo, nel tenimento di S. Severo di Puglia. 215 Per guadagnare una buona posizione, ordina alla sua truppa il capitano di concentrarsi nel sito detto Focicchia: nello eseguirsi questo movimento, quattro guardie nazionali prese da timor panico si danno a fuggire, ma raggiunte da’ reazionarii sono uccise, unitamente ad uno de’ carabinieri rimasto alla coda della colonna: Ja truppa, guadagnata che ebbe la posizione indicatale dal capitano Rossi, si sostiene con valore contro i nemici, i quali manovrano pure con tutte le regole strategiche, ciò che fa ritenere essere tutti antichi soldati dello esercito napoletano, ed i loro capi vecchi militari: al cadere della notte questi ultimi si ritirano, e scompariscono.

Da’ 9 a’ 13. La Gazzetta officiale di Torino annunzia «che nel mattino de’ 10 le regie truppe comandate dal generale Franzini attaccano in regolare ordine di battaglia le bande Pio, e Andreotti, nel bosco Monticchio, al luogo detto Fiumara d’Atella (Basilicata): il 6 squadrone dei cavalleggieri di Lucca carica a gran carriera. Poco dopo ce i briganti sono sopraggiunti alla corsa dalla 1. compagnia del 13 bersaglieri, che li segue per più miglia. Alla fucilata accorre la 13 compagnia del 33 di linea. I briganti perdono 23 cavalli bardati, molti viveri, e munizioni, ed utensili da cucina. Non si hanno notizie del maggiore Brera del 33 di linea, che perlustra il lato opposto del bosco».

Il tenimento di Taranto (Terra d’Otranto) è infestato interamente da reazionarii; alla vicinanza di sole 5 miglia si sono accampate le bande: ne’ vicinissimi villaggi di Staiti e di Crispiani sono padroni assoluti del terreno.

A’ 14 e 15, Secondo il giornale officiale di Napoli «dal 7 settembre fino ad oggi (14 novembre) il governo rigeneratore ha fatti fucilare più di novanta briganti, o sospetti di complicità con i briganti, oltre quelli caduti negli attacchi con le truppe».

A’ 16. Oggi si fa firmare dal re in Torino il decreto con cui termina lo stato d’assedio, conservandosi però a’ prefetti di Napoli e di Palermo gli amplissimi poteri politici, onde li avevano investiti i decreti de’ 12 e 15 agosto. 216 Il giornale torinese il Diritto osserva sul proposito: «Non essendo oggi le condizioni delle provincie meridionali mutate punto da quel che erano, una, due, o più settimane addietro, il togliere lo stato d’assedio precisamente alla vigilia della riapertura del parlamento, non può voler dir altro, se non che il ministero ammette ciò che la opposizione va dicendo da mesi, cioè, che quello stato eccezionale, in cui da più mesi senza alcun beneficio, è stata gettata mezza Italia, è incompatibile affatto con i principii e con la essenza della vita costituzionale: in questo modo, il voto di biasimo su l’operato del ministero comincia a partire da lui stesso».

A’ 17. Una banda reazionaria invade in questa sera il comune di Grottaglie (provincia di Lecce) a’ gridi di Evviva al re Francesco II; s’impossessa delle armi al posto di guardia nazionale, che abbandonatolo, è fuggita; libera i detenuti dal carcere, e si vendica delle sofferte persecuzioni su le case de’ liberali, i quali fuggono spaventati, e si nascondono: la maggior parte della popolazione è a favore de’ reazionarii che vi restano fino al dimani; e’ si trovano partiti quando sopraggiungono le truppe, e le autorità superiori da Taranto. È arrestato il sindaco, per ordine di queste, come sospetto di aver favorito quel movimento. Uno de’ reazionarii a nome Francesco Monaco rimane ucciso nel rincontro da Alfonso Pignatelli, la cui casa era stata aggredita.

Su questo avvenimento è data lettura nel parlamento del telegramma del deputato Castromediano diretto dalla Puglia. «Briganti entrati a Grottaglie commettendo soliti «danni. Paese retrivo li ha ricevuti con luminarie. Sindaco «ed assessori conniventi, guardia nazionale pure. Il caso (è grave. Sindaco, ed assessori arrestati. Il Consiglio comunale apertamente ostile. Indispensabile immediato scioglimento, e destinare alla amministrazione commissario provvisorio. 217 Domando autorizzazione per urgenza».

A’ 18. Nel comune di Francavilla, prossimo a quello di Grottaglie, si teme oggi la stessa sorte toccata jeri a questo: i liberali, e la guardia nazionale sono tutti in armi, e ne impongono al minuto popolo, che aspetterebbe con giubilo le bande reazionarie, che si sono fatte vedere fino a due miglia dal paese.

Da 19 a’ 24. Nella notte de’ 21 i reazionarii comandati da Errico Romano di Gioia, e da un tale La Veneziana entrano in Carovigno (Lecco) tra le acclamazioni, e le luminarie della popolazione co’ gridi di Evviva il re Francesco II; disarmano il corpo di guardia nazionale; – spezzano i busti del re Vittorio Emmanuele, e di Garibaldi e non commettono la menoma intemperanza contro niuno degli abitanti. Il delegato di polizia Giuseppe Calò, contro il quale si proferisce qualche minaccia, si nasconde. Nel mattino la banda con la popolazione si recano fuori il paese a celebrare la festività religiosa nella chiesa della Madonna di Belvedere. In questo mentre sopraggiungono le forze maggiori dal capo-luogo distrettuale; e procedono a misure di rigore, ma la banda si è già allontanata. Il contegno moderato serbato da questa in Carovigno è attribuito dalla stampa liberale a’ sentimenti reazionarii che generalmente ivi prevalgono, meno pochi devoti al Piemonte; e la stessa Perseveranza di Milano aggiunge sotto la data de’ 25 «che questa visita della banda non è giunta, né inaspettata, né sgradita a’ Carovignesi».

Nello stesso giorno (come pubblica la Gazzetta officiale di Torino) la guardia nazionale di Melito (distretto dì Ariano) comandata dal suo capitano Catugno si batte con una banda di 20 reazionarii, per 3 ore, ferendo uno di questi, e prendendo 3 cavalli. – Nel domani altro conflitto tra altri reazionarii, e la guardia nazionale di Villanova (Avellino) sussidiata da’ notabili, e finanche da’ preti del paese. 218 Ben a ragione quindi nelle correnti tornate parlamentari il deputato pugliese Castromediano assicura: «di aver vedute parecchie guardie nazionali di un comune chiamato Cellino (Puglia), le quali per isfregio avevano avuto da’ briganti le orecchie mozzate».

E altro deputato Massari aggiunge, che «nel distretto di Taranto, i briganti se ne vanno pacificamente ad assistere a’ fuochi di artifizio ne’ paesi.» – Alla interpellanza dell’altro deputato Ara, sul contegno degli abitanti – il primo risponde «che gli abitanti sono disarmati; e se non sono briganti, sono però loro affezionati».

E il Popolo d’Italia sotto questa stessa data conchiude; «Il brigantaggio a piedi e a cavallo infesta le 3 Puglie, le (province di Avellino, di Benevento, e Campobasso; non escluso il Salernitano, l’Abruzzo chietino, e l’Aquilano. Ed a sentire i giornali dello stato d’assedio, questo orribile flagello dell’Italia meridionale deve presto sparire, e per sempre!»

A’ 20. La guardia nazionale di Manduria (Lecce) si attacca con una banda a cavallo di 50 reazionarii, in S. Pietro a Bevagna.

A’ 22. Nelle ore pomeridiane oggi arriva in Manduria per rinforzo io squadrone de’ cavalleggieri di Lucca. A carico del costui comandante, muove lamento il deputato Nicola Schiavone con lettera inserita nel giornale il Cittadino leccese dal perché non curava mettere in movimento tutta la sua forza, anzi marciava per opposta posizione, allo annunzio, che una banda di 150 reazionarii a cavallo si aggirava a’ 23 nel tenimento del paese.

A’ 23. Il generale Franzini alla testa di 75 cavalleggieri di Lucca insegue senza posa e pel tratto di 35 miglia un’ altra banda di 150 reazionarii a cavallo, dalla masseria Cisternosa, tenimento di Bovino, fino albi sponde dell’Ofanto, e non cessa, che pel sopraggiungere della notte, e per la spossatezza de’ cavalli, de’ quali quattro ne muoiono. 219 Diciotto reazionarii cadono sotto i colpi di sciabola di 5 cavalleggieri condotti dal capitano Maglia, che precede tutti, e ne uccide tre di sua mano.

A’ 25. La stampa è costernata pel ritardo di sette giorni della posta di Napoli, in Lecce, le cui strade consolari sono tutte ingombre da bande reazionarie a piedi, ed a cavallo, che interdicono ogni transita; comunque imponenti forze militari si fossero ivi raccolte, ed operassero razzie ad ogni istante: sfoga quindi il suo malumore contro il prefetto, e i sottoprefetti, che non sanno provvedere alla libera comunicazione delle corrispondenze postali.

Oggi il delegato di polizia della città di Lanciano (Abruzzo) dopo aver superato la più accanita resistenza per parte del vecchio reazionario Domenico Andreoli, di colà, lo arresta, ferito, e dopo poche ore lo fa fucilare in piazza.

Uno de’ capitani della 4. compagnia di guardi nazionale di Rionero, con la sua forza, e due carabinieri, perlustra il bosco Monticchio, si. attacca con una banda, le uccide un uomo, ne ferisce altri, prende 4 cavalli, ed alcuni viveri.

A’ 26. Nella odierna tornata parlamentare in Torino il deputato Ricciardi dichiara, che l’altro deputato napolitano Leopolda Cannavina non ha potuto recarsi colà da Campobasso perché comunque ne fosse partito scortato da 150 soldati; pure appena fatte poche miglia, è stato costretto a retrocedere essendosi imbattuto in una banda di oltre 300 briganti.

E nella stessa tornata il presidente de’ ministri Battazzi rispondendo alla interpellanza del deputato Dc; Cesare dice, che «una forte banda di briganti delle Puglie aveva promesso di arrendersi, a condizione di godere la grazia Sovrana, la quale grazia non fu loro negata, ma che i briganti stessi, mutato parere, la rifiutarono»

A’ 27. Una forte banda reazionaria si spinge a poca distanza di S. Vito (Lecce) con intenzione di penetrarvi,ma la ferma attitudine della forza pubblica, manda a vuoto il tentativo. 220 La banda nel retrocedere si vendica incendiando varie masserie.

A’ 28 e 29. La stampa italiana, e straniera e concorde nello affermare «non essere più solamente bande irregolari, e indisciplinate, che percorrono il napoletano; – ma colonne di gente a cavallo bene armate, ed equipaggiate.

In luogo di 20, o 30 insorti, che si erano scelto un capo all’azzardo, s’incontra adesso un vero corpo di 400, e 500 uomini. Il governo di Torino spedisce ordini per punire le località colpevoli di non voler combattere i briganti, fa minacciare le autorità locali; invia deputati su i punti più pericolosi. Sforzi inutili! – Il generale Lamarmora vorrebbe come una volta il Manhès mettersi alla testa delle sue truppe; ma è necessario che tenga Napoli occupata, e circondata da 50 mila uomini. Quanto alle autorità civili si ha un bel cambiarle; esse nulla più valgono. Il contagio della paura, e la persuasione che il male è senza rimedio rende tutti inutili i loro sforzi».

A’ 28. Una forte banda a cavallo intercetta ogni comunicazione tra Napoli, e Puglia; perocché messasi alla metà del cammino, nel punto detto Giardinetto, ferma 36 carri, che dalle Puglie marciavano carichi di svariati generi verso Napoli, e li obbliga a retrocedere; – altrettanto pratica nel dimani con altri 40 carri carichi di mercanzie, che da Napoli dirigevansi alle Puglie.

A’ 30. Il generale Franzini scrive al sindaco di Flumeri una lettera, che comincia con queste parole: – «In mezzo alla continua apprensione, ed allo spavento, da cui sono dominate queste popolazioni sotto il flagello del brigantaggio, che, ridotto all’agonia pochi mesi fa, tenta ora di rialzare il capo etc.».

Un telegramma officiale da S. Angelo de’ Lombardi (Avellino), riferisce «che il suddetto generale abbia intanto compiuta con importanti successi una perlustrazione generale co’ distaccamenti de’ due reggimenti 28. e 33. a Vallo, 221 Bovino, Formicoso, e Matera, attaccando, e disperdendo i briganti, 23 de’ quali sono rimasti morti, altri molti prigionieri, e prese armi e munizioni ».

Non vi può essere nella vita umana più penosa contraddizione di quella, cui soggiacciono i possidenti nello Abruzzo, esposti alle continue requisizioni di viveri e denaro fatte loro sotto le più fiere minacce da’ briganti, ed alle effettive fucilazioni imposte da’ piemontesi contro chiunque esegue gl’invii pretesi dal brigantaggio.

Alla famiglia Placidi vengono uccisi 40 animali vaccini per vendetta. Le famiglie Mozzetti, Martelli, Maeli, Ghiavelli, Antonini, Silvi, Jacobelli, Ortenzi non osano uscire più di casa, ed hanno abbandonato i poderi, e le industrie armentizie. Un povero prete è stato in procinto di esser fucilato per aver riscattato con denaro una greggia pecorina sequestratagli da’ briganti, ed ha transatto con 40 giorni di duro carcere in Aquila.

Perquisizioni ed arresti in tutta la provincia esegue la polizia piemontese; ed in un piccolo convento di cappuccini, tuttocchè nulla avesse rinvenuto di attendibile, pure ha arrestati i frati, e ridotto il convento a caserma militare.

Passando a rassegna gli avvenimenti compiutisi nel corso di questo mese, il giornalismo francese (sopratutto il Pays) si compiace accennare alla relazione officiale sul brigantaggio presentata dal prefetto Lamarmora, il quale vorrebbe far credere, che lo si riduce a poche centinaia; ed osserva ironicamente, che con 120 mila soldati, quanti ne ha confessati il ministro della guerra nella tornata parlamentare de’ 22 di questo mese di trovarsene ora nel reame delle due Sicilie, bastò alla Francia ne suoi più tristi giorni domare molti milioni di Arabi da’ confini del gran deserto fino alle frontiere del Marocco, e sopra un terreno ben altramente difficile, che il regno di Napoli. 222 – E l’altro giornale la France aggiunge, che «questo non è annesso al Piemonte, ma è semplicemente conquistato; e che il gabinetto di Torino è così impensierito da una simile condizione di cose da voler adottare per colà un autonomia amministrativa; ciò che potrebbe esser foriero di ALTRA PIU’ IMPORTANTE MISURA reclamata dalla opinione pubblica, e dallo intero paese.» – E conchiude «essere giunto a Torino da Napoli un dispaccio, che termina con queste parole: – le popolazioni napoletane ci sono tutte contrarie; noi non possediamo nel mezzogiorno che il terreno occupato materialmente dalle nostre truppe».

Deplorando, come dopo tre anni di fucilazioni, di stragi, con 28 paesi bruciati, dopo tre o quattro mesi di stato d’assedio, dopo la energia de’ Fantoni, de’ Fumel, de’ Pinelli, de’ De Luca, il brigantaggio ingigantisca semprepìù, il deputato Ricciardi in una delle ultime tornate parlamentari dice: «Fino a che non si avranno contentate le province napoletane, noi non avremo l’unità italiana. Io non amo, né odio il generale Lamarmora; ma io credo, che egli sia la causa principale del malcontento generale pel suo dispotismo, e poi pel suo militarismo».

Il Popolo d’Italia diffidando della esattezza delle cifre officiali troppo minime sul numero totale de’ briganti, esclama: «se queste cifre fossero effettivamente tali, se il fatto fosse vero, noi saremmo i primi a consigliare a’ nostri ufficiali dello esercito di spezzare le loro spade!» Mese di decembre.

continua

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa2s/02_Colpo_d_occhio_su_le_condizioni_del_reame_delle_due_Sicilie_nel_corso_del_1862.html

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