Alta Terra di Lavoro

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Puttanieri e moralisti d’Italia

Posted by on Mar 26, 2024

Puttanieri e moralisti d’Italia

La stessa cultura che ha sostenuto il divorzio e l’aborto, eliminazione cruenta di una creatura innocente, e che ha veicolato la pornografia, il “libero amore” e quant’altro; quella stessa cultura che ha portato in Parlamento, come simboli di una visione “aperta”, e non “sessuofobica” della vita, Cicciolina e che ogni giorno che Dio manda in terra combatte la morale cristiana della famiglia e degli affetti, oggi, improvvisamente, riscopre nientemeno che la purezza verginale, e marcia con sciarpe bianche come gigli, urlando contro il mercimonio, la promiscuità e ogni altra morale nefandezza.

 Potenza dell’ipocrisia. Onnipotenza della mentalità giacobina, che utilizza tutto e il contrario di tutto, senza vergogna, pur di demonizzare il Nemico, trasformandolo nell’ostacolo, metafisico, all’avvento del Bene e della Giustizia. Ebbene, questa breve riflessione, mi apre ad un invito, a tutti i partecipanti alla manifestazione di indignati/e sciarpati di bianco: passando lungo le strade e le piazze che vi porteranno al grande raduno catartico, in preda al furore sacro che vi anima, abbattete le lapidi e i simboli che ancora ricordano i “padri della patria”!

 Fate un lavoro completo, per favore, contro i satiri di oggi e di ieri, negandovi solo, se la coscienza richiamasse, improvvisa, il suicidio. Troverete sicuramente, lungo la strada, almeno una statua equestre di Garibaldi: abbattetela.

L’eroe dei due mondi, è ora finalmente di dirlo, era un grande puttaniere, anche se per “Repubblica” di allora era un eroe, del libero pensiero, dell’anticlericalismo, dell’odio alla Chiesa “sessuofobica”. Lo raccontano i suoi biografi, anche i suoi entusiasti celebratori. Alfonso Scirocco, nel suo “Giuseppe Garibaldi”, ricorda solo alcune delle sue amanti: Anita, Emma Roberts, la serva Francesca Armosino, la baronessa Maria Esperance von Schwatrz, la contadina analfabeta Battistina Raveo, “tra i pochi abitanti dell’isola (Caprera) l’unica donna cui può rivolgere la sua virilità”; e poi la trentenne Paolina Pepoli, vedova del conte Zucchini, la diciassettenne marchesina Giuseppina Raimondi…

 Senza contare le innumerevoli avventure lampo. Scrive infatti Scirocco che Garibaldi, già anziano, “da vecchio marinaio coglie facili occasioni quando va alla Maddalena e in Sardegna, per la caccia e gli acquisti. La presenza di una donna giovane, senza pretese, è una tentazione cui cede volentieri. Non è abituato a precauzioni”, e sparge a destra e a manca figli cui non dedicherà alcuna attenzione. Sulle avventure sentimentali di Garibaldi, Luca Goldoni ha scritto un intero libro, “Garibaldi, l’amante dei due mondi”, da cui emerge il ritratto di un donnaiolo senza scrupoli, capace di consumare amori furibondi tra una battaglia e l’altra come pure nei periodi di noia e di inattività, sino alla fine.

 Eppure Garibaldi era anche un perfetto moralista: distruggerne la statua, o invitarlo alla manifestazione? Ricorda Massimo Viglione, nel suo “L’identità ferita”, che “l’ultimo suo ventennio di vita l’eroe dei due mondi lo impiegò anche a scrivere, dedicandosi alla letteratura. Si mise a comporre patetiche opere anticattoliche, tutte a sfondo sessuale, con gesuiti depravati e assassini che si innamoravano di belle donne, le violentavano e poi venivano puniti dai patrioti”.

 Ma non c’è solo Garibaldi tra i tombeur de femmes, magari moralisti, che hanno creato l’Italia risorgimentale.

Camillo Benso, conte di Cavour, il re Vittorio Emanuele II, Mazzini, Crispi, e tanti altri, non erano da meno. Racconta le loro gesta Gilberto Oneto nel suo “La strana unità”. Se Garibaldi “ha tre mogli ufficiali e un numero imprecisato di amanti” e di figli, “anche Mazzini miete successi amorosi” in gran numero, approfittando della sua aria di profeta e di rivoluzionario misterioso: “al suo fascino soggiacciono Adelaide Zoagli, madre di Goffredo Mameli; Giuditta Bellerio, vedova del cospiratore reggiano Giovanni Sidoli; Susan, moglie inglese del patriota Pio Tancioni: Emile, moglie del carbonaro Carlo Venturi; l’inevitabile Jessie White, che tanto ama l’Italia da frequentarne appassionatamente tutti gli eroi più indomiti…”.

E Cavour? Il conte, ricorda Oneto, “ha un debole per le signore un po’ attempate, ovviamente mogli di altri, come la Marchesa Clementina Guasco di Castelletto e la contessa Emilia Nomis di Pollone, ed ha una lunga relazione con la ballerina ungherese Bianca Sovertzy, moglie di Domenico Ronzani…”.

Vito Di Dario, nel suo “Oh, mia patria!” rammenta che le numerose lettere d’amore a svariate donne di Cavour erano così “sconvenienti” che vennero distrutte dagli eredi. Il conte era l’uomo, ricordiamolo, che non esitò ad inviare a Parigi la cugina diciottenne, già amante di Vittorio Emanuele – anche lui un vero puttaniere alla caccia continua di donne di corte e di bordello, di cui Cavour teneva nota per poterlo ricattare- , per sedurre Napoleone!

E Crispi, il feroce nemico della Roma papale, vagheggiatori di imperi africani? “Neppure in età avanzata smette di essere un impenitente donnaiolo”, tanto che la moglie Lina Barbagallo deve scrivere al vecchio servitore di famiglia: “Vi ordino di non portare più puttane a don Ciccio”.

Il Foglio, 10/2/2011

Francesco Agnoli

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