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Anche Dumas padre fu garibaldino di Alfredo Saccoccio

Posted by on Mag 22, 2024

Anche Dumas padre fu garibaldino di Alfredo Saccoccio

    Alexande Dumas padre partecipò all’impresa dei Mille.Il popolarissimo  autore dei “Tre moschettieri” fu anche, pochi mesi prima della  spedizione,il primo editore delle “Memorie”di Garibaldi. Nel soggiorno a Napoli, lo scrittore francese, pieno di entusiasmo, fondò, diresse e redasse, quasi da solo, il quotidiano l”Indipendente”;quasi da solo, perché  era sempre suo l’articolo di fondo; e suoi altri articoli , note , schizzi storici e ricordi autobiografici dell’’epopea garibaldina, e sue, ancora le lunghe appendici, con traduzioni di suoi romanzi e  novelle. Gli davano una  mano, tra i pochissimi, Gaetano Somma; giornalista già affermato, e un giovane, Eugenio Torelli Viollier, napoletano che si traferirà , più tardi, a Milano; per fondarvi il  “ Corriere della Sera”.

   Gran parte  delle testimonianze del Dumas  sulla spedizione dei Mille, che avevano lasciato scettici i biografi del romanziere, fu confermata dai rapporti dei consoli francesi in Sicilia e degli ufficiali
della Marina da guerra di Napoleone III. E un altro avallo ai resoconti del Dumas è dato  dai tanti contemporanei che inserirono nei loro ricordi lettere e articoli del romanziere. Con prudenza, dunque, va presa la conclusione alla quale giunse il Croce, che, occupandosi  di scorcio della partecipazione del Dumas all’impresa dei Mille, scrisse che egli “pensò di far molti; gli riuscì  di  far poco, e raccontò  moltissimo”.

 In verità Dumas, quando si imbarcò a Marsiglia, il 9 maggio 1860, sulla goletta “Emma”, di sua proprietà, non aveva alcuna intenzione di recarsi a Palermo  e a Napoli ,a far l’eroe. La sua meta era il Medio Oriente; senonché, quando fece scalo a Genova e seppe dell’iniziativa di Garibaldi, si entusiasmò a tal punto, il creatore di d’Artagnan , di Athos, di Porthos e di Aramis, che non seppe resistere alla tentazione di correre a dar man forte all’Eroe e, dispiegate in fretta le vele, gettò l’ancora nel mare di Palermo, che libera il 9 giugno.

    L’impresa di Alexandre  iniziò, dunque, da Palermo e, se egli non fu “grande” e valente nelle armi, quanto il suo illustre omonimo, non mancò certo di mettere al servizio della causa “la sua spada”, ossia la sua” penna”, per riportare l’espressione che egli adopera sull’”Indipendente”. E,invero, la sua spada, cioè la sua penna, Dumas, in quella occasione, seppe adoperarla bene come pochi e non le risparmiò le battaglie, che, lette in tutta Europa, dovunque portò l’eco delle gesta alle quali ebbe la ventura di assistere. Quanto alle armi, quelle vere, quelle, cioè, che si nutrono di sangue e non di inchiostro, non sembra che piacessero molto allo scrittore piccardo, almeno se si deve prestar fede a quei filoborbonici che, in un libello satirico del settembre 1860, gli offrirono la corona del regno di Napoli come all’uomo più degno a cingerla, a quello, cioè , il cui “fucile d’onore” era ben degno delle “spade vergini” dell’esercito di “Franceschiello”.

   Comunque, Dumas si diede un gran daffare, anche se, ovviamente, non tutto è vero di quello che raccontò  poi sull’”Indipendente” e nei “Garibaldiens”.

 Però, più che i suoi racconti relativamente noti, interessano i reseconti dei testimoni oculari. I documenti pubblicati dal Boyer somo, in proposito, del massimo interesse. Buona parte del racconto fatto dal Dumas del suo operato a Salerno è confermato, ad esempio, dal rapporto che, il 23 agosto, il comandante della corvetta francese, “Prony”, inviò al suo ammiraglio. Fra l’altro, il capitano de Missiessy riferisce che la città e i dintorni erano tranquilli per il prodigarsi di Alexandre Dumas. Qualche giorno dopo, la goletta di Alexandre gettal’ancora nel porto di Napoli e riceve a bordo il governo provvisorio per una seduta segreta. Un diplomatico francese documenta ampiamente il racconto del romanziere : “Ieri i capi de  comitato si sono riuniti a bordo dell’”Emma”, “Yacht” diAlexandre Dumas. Costui dice apertamente che è venuto per prendere possesso dell’appartamento che  Garibaldi gli ha promesso a Palazzo Reale e che attende l’arrivo  del “Generale”. Senonché le camicie rosse tardavano e Dumas, impaziente, pensò di correre loro incontro. .Puntò , dunque, la prora nuovamente verso il sud e si fermò a Castellsmmare di Stabia e, ancora, a Salerno. Fomentò poi una rivolta ad Avellino e, accesi gli animi, proseguì per Messina, dove con gioia e disappunto insieme, apprese che Garibaldi era entrato in  Napoli, qualche giorno prima.

   Dall’8 al 12 settembre fu una corsa a vele dispiegate fino al porto di Napoli. Qui, così narra  il suo incontro con Garibaldi:”Ah te voilà, esclamò, vedendomi, Dieu merci, tu t’es fait attendre!” Era la prima volta che il generale gli dava il tu. Alexandre  si gettò tra le braccia di Garibaldi piangendo di gioia.

   Con questo abbraccio si conclude il libro “I Garibaldini”, a metà strada tra romanzo e storia. In esso il Dumas non tralascia occasione per farsi bello compiacendosi della “confidenza” che gli  accordava l’Eroe dei due mondi, anche se la maggiore, il “tu”e l’abbraccio, volle riservarsela per l’ultima scena. Su altree cose, invece, Dumas tacque, E come avrebbe potuto non tacere su certi particolari? I suoi biografi, però,  non hanno avuto peli sulla lingua e uno di essi, che scriveva nel 1865, racconta che, mentre si teneva un consiglio di guerra, Dumas, ansioso di servire la causa, si affacciava, di tanto in tanto,  alla porta per annunciare , con enfasi sempre maggiore, che “il popolo si riscaldava”; al che Garibaldi, alfine seccato, borbottò di rimando:”Che si raffreddi!”.

Alexandre Dumas era pazzo di Garibaldi. Lo conobbe, lo frequentò a lungo e nel corso della spedizione dei Mille, alla quale si era accodato, in veste  di cronista, aedo e fiancheggiatore, arrivò anche a fornirgli quanto necessario per comprare degli schioppi. Per il Dumas, il Garibaldi era il perfetto esemplare dell’eroe romantico, ardimentoso fino  alla temerarietà, spavaldo e per di più caratterizzato da un “look” (il poncho, lo zucchetto, la camicia rossa), che lo rendeva  identificabile a prima vista.

Dumas dedicò due libri a  Garibaldi, contribuendo non poco ad attirare simpatie alla causa unitaria, che, a modo suo, sanguigno e passionale, com’era, aveva sposato. Certo, erano libri in cui la realtà dei fatti si alternava a poderose balle, ma più che scrivere la storia Alexandre raccontava bene. Dopo aver galvanizzato i lettori narrando le gesta dei garibaldini, Dumas fece loro versare fiumi di  lacrime rievocando in un romanzo (dapprima pubblicato a puntate sul giornale napoletano  “L’Indipendente”) le tribolazioni di Luisa Sanfelice, che, da vittima della dabbenaggine degli innamorati, quale incontestabilmente fu,il Dumas trasformò in combattente per la libertà e simbolo della Repubblica napoletana del 1799, facendone la Marianna dell’unità d’Italia.

L’ostilità nei confronti dei Borbone dipende dalla prigionìa del padre del Dumas, Davy de la Paillterie, generale di Napoleone,catturato e rinchiuso nella fortezza del Lazzaretto, a Taranto, dal 1799 al 1801. A Ferdinando IV e ai Borbone l’aveva giurata molto prima che si infiammasse per l’epopea risorgimentale. Il generale francese riguadagnò la libertà, grazie all’armistizio di Foligno. Davy  morirà cinque anni più tardi, lasciando nella più nera miseria la moglie, Césette Dumas, e il figlio. Ebbene, Alerxandre si mise in testa di essere rimasto orfano per colpa di Ferdinando di Borbone, il quale avrebbe fatto avvelenare il padre al tempo della sua reclusione a Taranto. Che Alexandre avesse fantasia scatenata e  inesauribile inventiva  lo testimoniano le decine di romanzi che scrisse, ma per immaginarsi  e poi credere fermamente che un veleno faccia effetto dopo sei-sette anni, ce ne vuole. Eppure andò così. Giurato odio eterno al re  di Napoli, attese solo il momento buono per vendicarsi e questo giunse con Garibaldi, i Mille e Luisa Sanfelice, che gliene offrirono il destro. Il suo grandissimo talento di scrittore fece poi il resto. 

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