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Il Convento dei Cappuccini a Casoria

Posted by on Mag 26, 2024

Il Convento dei Cappuccini a Casoria

Il convento dei frati Francescani Minori Cappuccini venne realizzato nel tenimento della Contea di Caserta, su una mezza collina sovrastante il Casale di Puccianiello, a cura e spese di Baldassarre Acquaviva, Conte di Caserta. Del Casale di Puccianiello si trovano riscontri già all’epoca del triunvirato di Cesare, Pompeo e Crasso. Con il dominio longobardo e normanno molte famiglie nobili si alternarono nel possesso di quella che era genericamente intesa, storicamente, come contea di Caserta comprensiva di tutti i casali, ossia le attuali frazioni della città di Caserta.

Dal 1200 si hanno riscontri precisi come documentato dalla donazione a favore della Mensa Vescovile di Caserta, dei Casali di Puccianiello e di Pozzovetere, da parte di Guglielmo di Belmonte conte di Caserta dal 1268. La contea è citata, unitamente al signore del momento, regnando Federico II di Hohenstaufen (1194/1250) Re di Napoli e Sicilia e Imperatore di Germania. Come è storica la. vicenda di Riccardo Sanseverino conte di Caserta, cognato di Manfredi, figlio di Federico II che partecipò alla battaglia di Benevento nel 1266 e sospettato di tradimento nei confronti di Manfredi.
Sono documentate molte altre donazioni di Guglielmo, e del figlio Roberto, a Chiese e Conventi, ma solo quella dei Casali di Puccianiello e Pozzovetere originò contrasti, e controversie, con larga parte dei signori del tempo e durati fino al 1479. Vicissitudini storiche portarono a Caserta altre casate, come i Bracherio e i Gaetani, parenti del papa Bonifacio VIII. Dal 1302 la contea passò a Diego Della Ratta nobile di origine spagnola; tuttora non è ancora chiaro se acquistata dai Gaetani o avuta da Re Carlo II d’Angiò.
Gli successe Francesco della Ratta e alla morte di quest’ultimo Antonio. Quarto conte fu Luigi Francesco, detto Francesco, figlio di Antonio, che riprese la vertenza con il Vescovo Giacomo Martono (XX, 1351/1371) per riottenere i Casali di Puccianiello e di Pozzovetere. Già il Vescovo Azzone (XV, 1287/1310) dovette sostenere una lunga lite per la difesa dei propri diritti episcopali e feudatari, contestategli dal conte Bracherio. Lite che si concluse solo nel 1290.

Alla morte di Francesco Della Ratta, avvenuta in Francia nel 1382, subentrò nei diritti e nel titolo il figlio Baldassarre V conte di Caserta, trasmessi, alla 9 sua morte, al figlio Giovanni, sesto conte di Caserta. Quest’ultimo riaccende la vertenza con il Vescovo Francesco Antonio da Vítulano (XXVIII, 1459/ 1476) per rientrare in possesso dei Casali. Vertenze che t roveranno conclusione solo con la mediazione del Papa Sisto IV, eletto nel 1471, su richiesta dei contendenti, che pose fine alla controversia assegnando i due Casali ai conti Della Ratta in cambio di altri beni immobili alla Curia vescovile casertana. Nel 1479 Francesco Della Ratta, settimo conte di Caserta, colto da malattia a S. Agata dei Goti, attualmente in provincia di Benevento, e sentendosi prossimo alla morte, dispose il testamento alla presenza del Vescovo di Caserta Giovanni de Leone Galluccio (XXIX, 1476/1493).
La presenza di un sacerdote nel fare testamento fu resa obbligatoria dal Papa Alessandro III {1159/ 1181) al fine di garantire alla Chiesa lasciti, pena il sospetto di eresia e la negazione alla sepoltura in terra consacrata. In mancanza di eredi diretti il conte nominò beneficiari universali le sorelle Caterina e Diana Della Ratta. Con il medesimo testamento legò i Casali di Puccianiello e di Pozzovetere alla Curia casertana. Alla morte di Francesco subentrò nei diritti sulla contea la sorella Caterina andata in sposa a Cesare d’Aragona, figlio naturale di Ferdinando il Cattolico Re d’Aragona. Vedova di Cesare, Caterina sposò in seconde nozze Andrea Matteo Acquaviva Duca di Atri.

La stipula del contratto nozze, sottoscritto in Napoli il 22 maggio 1509, stabiliva che le terre di Caterina fossero proprietà comune con il marito e in caso di morte di entrambi i coniugi senza loro eredi diretti, l’asse patrimoniale poteva essere ereditato da un figlio, in caso di premorienza di Caterina, o da un nipote del Duca di Atri, in mancanza di eredi diretti suoi, con l’obbligo di sposare Anna Gambacorta, pronipote di Caterina, e aggiungere al cognome degli Acquaviva quello dei Della Ratta. Alla morte di Caterina Andrea Matteo Acquaviva ereditava i suoi beni. Nel 1509 moriva Gianfrancesco figlio naturale di Andrea Matteo Acquaviva. I beni furono ereditati dal figlio di Gianfrancesco, Giulio Antonio, Conte di Conversano, che in ossequio al contratto matrimoniale stipulato dal nonno, Andrea Matteo Acquaviva, sposava Anna Gambacorta pronipote di Caterina Della Ratta. Giulio Antonio a seguito di vicissitudini di guerra si recò in Francia conducendo con se il figlio primogenito Gianfrancesco che vi morì nel 1528. Alla morte della moglie Anna Gambacorta, avvenuta nel 1544, subentrò nei diritti il loro secondogenito Baldassarre, valoroso uomo d’arma al servizio di Carlo V d’Asburgo Re di Spagna e dal 1519 Imperatore.

Per i servigi resi, Filippo II il Cattolico, Re di Spagna, figlio di Carlo V, in segno di gratitudine gli conferiva il titolo di Marchese di Bellante. Baldassarre non fu soltanto un uomo d’arme ma anche uomo pio e caritatevole finanziando la realizzazione di numerose opere religiose tra cui la Chiesa di S. Francesco, con annesso convento, proprio in località Puccianiello attualmente frazione della città di Caserta. A ben vedere si può ipotizzare anche un certo calcolo nel favorire l’edificazione di case religiose, con la conseguente diffusione degli ordini monastici, considerati i tempi incerti a causa delle lotte, anzi vere e proprie guerre, religiose e l’espansionismo dell’islamismo che sarebbe stato fermato solo con la battaglia di Lepanto, 1571, dopo la grande paura dell’assedio di Vienna nel 1529. Riforme e controriforme, l’incerto quadro politico – militare europeo suggerivano comunque di guardare a Ronia, con il Papa Paolo III, (1534/1549), in equilibrio, anche se precario, tra Carlo V e Francesco II Re di Francia, che si contendevano con guerre estenuanti il dominio sull’Europa. Quindi, il favorire e finanziare tali opere, servivano per apparire in buona luce presso i papi e ricavarne buona protezione anche in considerazione del continuo cambiamento degli scenari politici e militari. Come farlo in vita risparmiava di dovere testare a favore della Chiesa. Animato da spirito cristiano, in ossequio a quella usanza diffusa e anche sentita, forse anche per calcolo, che Baldassarre nel 1570 acquistò, per la somma di 60 ducati, sei moggia di terreno ai piedi del monte S.Angiolillo, che sovrasta Puccianiello, da Giovanni Pietro e Ottaviano Minutolo, come da strumento pubblico rogato dal notaio Andrea Pascavilla del Casale di Tredici, altra attuale frazione di Caserta, appunto il 17 gennaio del 1570. Successivamente acquistò per 55 ducati altro terreno da Nicolangelo Giaquinto come da rogito del notaio De Caprio del Casale di Puccianiello in data 15 novembre 1570.

Terreni che saranno destinati alla costruzione del Convento dei frati Cappuccini. Successivamente, considerata eccessiva la superficie acquistata, provvedeva a vendere la porzione superflua per 42 ducati ad Oliviero d’Errico, canonico della Cattedrale di Caserta, come da rogito del notaio Francesco de Garillis di Caserta in data 5 gennaio 1578. Tali terreni erano gravati dal censo annuo di 25 grane a favore della Mensa Vescovile di Caserta. Il Vescovo Agapito Bellomo (XXXIX, 1554/1594) venuto a conoscenza del progetto di Baldassarre condonò il censo e pose la prima pietra dell’erigendo complesso della chiesa con annesso convento. Agapito Bellomo, già chierico di camera alla corte pontificia, fu eletto Vescovo di Caserta dal Papa Giulio III (1550/1555) il 5 dicembre del 1554. Partecipò, unitamente ad altri 225 vescovi, Pio IV Papa, (1560/1565) dalla sessione diciassettesima alla venticinquesima del XXIX Concilio ecumenico di Trento e ne sottoscrisse gli atti conclusivi il 4 dicembre 1563. Suo Vicario fu Giulio Santoro che sarebbe stato insignito della porpora cardinalizia. A causa della sua tarda età ottenne, dal Papa Sisto V (1585/1590), un Coadiutore nella persona di suo nipote Mario Bellomo nominato Vescovo di Betlemme. Sotto la guida spirituale del Vescovo Agapito Bellomo si diffusero il culto della Eucarestia disciplinato da una delle sei sessioni del XXIX Concilio di Trento che si svolsero tra il 1551 e 1552, e la devozione al S. Rosario. Alla sua morte, per sua espressa volontà, venne sepolto nella Cattedrale di Casertavecchia senza alcuna indicazione o citazione tanto da non poterlo identificare allorquando, qualche anno dopo, il Vescovo Giuseppe Schinosi.(LII, 1696/1734) dispose la sistemazione delle sepolture dei Vescovi predecessori.

Il Conte Baldassarre Acquaviva, iniziati i lavori, provvide a donare l’opera in costruzione e la scelta cadde sui Cappuccini, frati dell’Ordine di S. Francesco secondo la riforma di Matteo Bassi da Montefiascone (o Matteo da Bascio come da altre cronache) che prevedeva, come prevede, il ritorno alla severità della regola di San Francesco.

L’Ordine dei Cappuccini fu istituito nel 1528 per volontà del Papa Clemente VII (1523/1534) in piena riscossa della Chiesa, appunto la Controriforma, che accanto agli Ordini religiosi dediti alla predicazione, alla carità e all’istruzione, come i Gesuiti, i Barnabiti, le Orsoline, i Teatini, si vollero Ordini monastici che si prendessero cura delle anime, e anche delle sofferenze, dei più semplici e nel contempo rafforzare in loro la fede e la fedeltà a Roma. Ciò anche per contrastare efficacemente il doppio attacco portato alla Chiesa da nord dai protestanti, valdesi, calvinisti, e dal sud, appunto, dai turchi che alle conquiste territoriali facevano seguire l’islamizzazione forzata di tutto il bacino mediterraneo.

Senza contare gli strappi e gli scisma, primo tra tutti quello anglicano. I lavori iniziarono nel 1570 e durarono fino al 1575. La chiesa, in origine, era costituita da una sola navata centrale e, antistante l’ingresso, da un porticato. Solo successivamente fu arricchita con due cappelle, a sinistra entrando, in una delle quali il Conte Baldassarre si riservò il diritto di sepoltura per sé e per i suoi discendenti. Nella prima cappella trovò collocazione la tomba di Francesco, terzo figlio di Baldassarre e di Girolama Gaetani d’Aragona. Un bassorilievo raffigurava Francesco in armi. Nella seconda cappella trovarono sepoltura Mario Bellomo, morto prematuramente nel 1583, coadiutore del Vescovo Agapito Bellomo, lo stesso Baldassarre, e successivamente alcuni suoi discendenti. Le prime fabbriche subirono danni notevoli dai terremoti che obbligò i Frati a ricostruirle migliorandole. Solo nel 1621 fu possibile ampliare le originarie costruzioni completandole intorno all’anno 1681 con il secondo piano dove si disposero le celle, i dormitori e alcuni servizi indispensabili. Nel 1755 si ricavarono i cantinati e le vasche per la raccolta delle acque, per averne scorta, e una nuova biblioteca.

Nel 1760 fu eretto un nuovo refettorio, con stanze a uso di cannova (magazzini) e cucine, con altri commodi nel piano superiore. Durante i quasi due secoli per ultimare il complesso, così come è oggi, la comunità religiosa crebbe di numero e per la qualità della missione. La cospicua e ricca biblioteca aperta a tutti gli studiosi, il valore della preparazione dei singoli frati, molti furono illustri per dottrina e santità, altri eminenti predicatori, alcuni occuparono posti preminenti nel superiorato maggiore dell’Ordine, furono i segni della crescita della comunità monastica. Quel periodo di prosperità e di pace fu interrotta con la presenza dei francesi, negli anni appena precedenti alla Repubblica partenopea e quelli alla prima restaurazione.

Il convento fu in parte usato come ricovero per uomini e mezzi per le campagne contro i briganti, che infestavano Terra di Lavoro, promosse dai generali Championnet, prima, Macdonald, dopo. Con l’occupazione del regno con Giuseppe Bonaparte, e Murat dal 1808, tutti i beni appartenenti alla Chiesa furono confiscati e passati al demanio pubblico. Il convento dei cappuccini, già danneggiato dalla precedente occupazione francese, fu utilizzato come lazzaretto subendo ulteriori danni. il regio esercito.

Il convento fu utilizzato anche come accampamento per il comando tenuto da due ufficiali dell’esercito in riserva, pluridecorati, Stefano De Simone e Francesco Argentino.
Negli anni trenta nell’ambito dello sviluppo del piano sanitario, gli Ospedali Riuniti di Napoli l’occuparono per adibirlo ad ospedale per malattie infettive. Per la scelta di altri siti, ma anche per il sopraggiungere del conflitto, i lavori di ristrutturazione, appena cominciati furono sospesi con l’abbandono del progetto. Dopo il conflitto il Comune di Caserta utilizzò il convento per il ricovero degli sfollati di Cassino e per i senza tetto.

Il Vescovo Vito Roberti (LXVII 1965-1988) chiese di entrarne in possesso per realizzarvi opere sociali. Il comune di Caserta ritirò il custode. Il Vescovo Roberti affidò a don Salvatore D’Angelo, il fondatore del Villaggio dei Ragazzi in Maddaloni, l’incarico di effettuare i primi lavori urgenti di manutenzione, come le chiusure ormai fatiscenti. Però il progetto generale di restauro abortì riconsegnando ai vandali e alle intemperie il complesso monastico. Finalmente siamo ai nostri giorni. I frati Cappuccini hanno manifestato il desiderio di riavere la struttura, per restituirlo all’antico splendore, dopo centotrentasette anni di lontananza. E’ in atto la cessione a loro favore da parte della direzione generale del Fondo Culto.

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