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IL BRIGANTAGGIO LUCANO (III)

Posted by on Giu 15, 2024

IL BRIGANTAGGIO LUCANO (III)

L’AGONIA DEL REGNO DELLE DUE SICILIE

Ferdinando II di Borbone, colpito da grave malattia, muore il 22 maggio 1859, all’età di 49 anni e gli succede sul trono il ventitreenne Francesco II, Franceschiello per tutti i sudditi del Regno.

L’ascesa al trono del sovrano è festeggiata in Genzano con spari di cinquecento mortaretti, luminarie e il Te Deum cantato in chiesa, così come si evince da una deliberazione del municipio a firma dei decurioni Rocco Franzini, Savino Muscillo, Giuseppe Buonerba, Vincenzo Polini, Donato Anobile, Canio Rocco FalangaNicola Maria Lagala, Canio Claps, Domenico Lepore, Nicola Tufanisco, che nella circostanza assume le funzioni di Sindaco Presidente, in sostituzione dell’assente Sindaco Vincenzo Trabace.

I festeggiamenti non servono, però, a dissolvere e scongiurare la bufera che si sta addensando ormai sul capo del giovane sovrano.

Nei primi giorni di aprile del 1860, infatti, scoppia una rivolta, prima a Palermo e poi a Messina, seguita nel maggio, dallo sbarco di Garibaldi a Marsala e dall’assunzione di questi della dittatura dell’isola.

Garibaldi sconfigge i borbonici a Calafatimi e successivamente a Milazzo e i borboni abbandonano completamente la Sicilia, ad eccezione della cittadella fortificata di Messina.

I “Mille” cominciano a risalire la penisola e, sull’onda di grandi speranze e aspettative, si comincia a manifestare anche l’insurrezione lucana: sul ruolo dei lucani lo stesso Garibaldi avrà, successivamente, parole di stima e ringraziamento.

Francesco II, ai primi di settembre, lascia Napoli e si ritira dapprima a Capua e successivamente a Gaeta, ultimo baluardo di resistenza, allorché viene abbandonato dalla sua flotta, che passa ai Piemontesi.

Dopo la sconfitta sul Volturno e la capitolazione di Capua, la fortezza di Gaeta viene bombardata incessantemente, dal mare, dalle truppe del generale Cialdini . L’eroica resistenza dei soldati napoletani, stretti intorno al loro Re, si rivela inutile; infatti prostrata dalla fame e dal colera e devastata dai continui bombardamenti, il 14 febbraio 1861 Gaeta si arrende e Francesco II si ripara in Roma, presso la Corte Pontificia, dove rimane fino al 1870.

Dopo la conquista dello Stato Pontificio il sovrano abbandona Roma, ripara in Austria e si stabilisce, nel Trentino, dove rimane fino alla morte avvenuta ad Arco, nel dicembre 1894.

A seguito della sconfìtta inappellabile della Monarchia, l’esercito borbonico, che sia sul Voltumo che a Gaeta aveva dato prova di abnegazione e valore, diventa “quello di Franceschiello”, un modo di dire, che ancora oggi è adoperato quando si voglia indicare confusione, pressapochismo, inefficienza.

Ma è proprio così inefficiente ed impreparato l’esercito napoletano? Esistono forse altre cause, che non sia il valore delle truppe piemontesi, perspiegare in maniera più convincente il dissolversi dell’esercito borbonico e la fortunata galoppata di Garibaldi dalla Sicilia a Napoli? Dice Alianello ne “La conquista del Sud”:

«elenchiamo dunque i meticci, gli ibridi, i beneficiati in ragione del loro tradimento. I principali sono cinque: il generale Nunziante, il generale Lanza, il generale Clary, il generale Pianell e l’avvocatuccio Liborio Romano, che elevati troppo in alto dai Borbone, si disobbligano col tradimento più inqualificabile.

A questi cinque uomini fatali facevano codazzo due Altezze Reali: Leopoldo di Borbone, conte di Siracusa e Luigi di Borbone, conte d’Aquila, tutte e due fratelli di Ferdinando II … si segnalarono nell’epoca garibaldina per viltà e tradimenti i generali Landi in Catalafimi, Lanza in Palermo, Clary in Messina, Callotti in Reggio, Ruiz e Briganti nel Reggino, Caldarelli in Cosenza, Ghio in Soveria-Mannelli, Pinedo in Capua, Locaselo in Siracusa, Touson La Tour in Augusta, De Benedectis negli Abruzzi ».

Dalla dura requisitoria dell’Alianello traspare evidente che il Regno delle Due Sicilie sia stato minato dalle più alte cariche militari e politiche borboniche che, all’approssimarsi delle truppe piemontesi, così come nel resto della campagna militare, ne abbiano sfacciatamente favorito la loro penetrazione, con una condotta militare non priva di negligenza e di palese tradimento.

fonte

http://www.archeopolis.it/Pubblica/genzano/brigantaggio/index.htm?caduta_borboni.htm&2

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