Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Ominini italiani, scalatori di vulcani

Posted by on Giu 26, 2024

Ominini italiani, scalatori di vulcani

Avevo pubblicato questo post nel 2022, ma ho deciso di ripubblicarlo dopo aver letto l’intervento sotto quel post di uno dei ricercatori che ha partecipato allo studio, Adolfo Panarello. Aggiungo il suo intervento tra virgolette e alla fine del post (potete leggere lo screen del suo intervento anche nei commenti), anche perché questo studia merita di essere approfondito e non di essere trattato in modo generale, come ho fatto precedentemente.

Queste tracce che vedete in foto, sono state lasciate da individui di una specie non precisata appartenente al genere Homo (si tratterebbe di Homo heidelbergensis o di Homo neanderthalensis ), che avrebbero scalato un vulcano subito dopo un’eruzione.

Questa zona, ove sono state rinvenute le impronte, si chiama “Ciampate del Diavolo”, e si trova nella località Foresta, nelle vicinanze dell’antico vulcano (ormai spento/inattivo da 50.000 anni circa) di Roccamonfina (in provincia di Caserta).

Queste impronte sono datate 385.000–325.000 anni fa circa, e la datazione è stata possibile grazie al flusso piroclastico ricco di zeolite scoperto proprio in prossimità di questo antico vulcano.

La particolarità è che non sembrano appartenere ad un individuo in fuga dall’eruzione, ma la direzione e il verso delle impronte indicano una ‘camminata verso la cima’.

Come ben sapete, associare le impronte fossili (o icnofossili) ad un individuo/organismi è molto difficile se non si trovano nel sito anche i resti fossili, ma la pianta delle impronte (assieme anche alla datazione) trovano delle similitudini con la pianta del piede rinvenuta nella grotta di Sima de los Huesos. Un sito caratterizzato dalle due specie citate in precedenza.

Inizialmente, in questo sito, erano note in precedenza ben 67 impronte, indirizzate verso valle, ma con lo studio del 2020 (che trovate nei commenti), sono state aggiunte altre 14 impronte. Secondo lo studio, il vulcano aveva erutatto da poco, con il materiale piroclastico che si stava ancora solidificando. Ma le tracce non mostrano una corsa, ma una camminata “tranquilla”. Tutto sommato, si può tranquillamente dire che i Neanderthal fossero frequentatori attivi di questi edifici infuocati.

Una particolarità di queste impronte è che non sono presenti impronte di bambini, e questo fa pensare che fossero lasciati in altri luoghi, più sicuri, forse perché non in grado di scalare materiale piroclastico ancora abbastanza “fresco”.

Probabilmente, queste rilassate camminate avevano diversi scopi:

– La caccia di animali, in quanto il suolo nei pressi dei vulcani è molto fertile;

– Raccolta di rocce per ricavarne utensili. Questa pratica è molto accreditata in quanto nello studio del 2020, è stato rinvenuto un masso scheggiato.

Approfondimento di Adolfo Panarello

“Le “Ciampate del diavolo” furono rilevate e interpretate come orme umane fossili nel 2001 e il primo “report” ufficiale fu pubblicato sulla rivista NATURE il 13 marzo 2003. A quell’epoca erano le più antiche impronte umane ACCERTATE del mondo riferibili con certezza a esemplari del genere “Homo”. Hanno perso il primato dell’antichità planetaria nel 2009, in seguito alla scoperta delle impronte di Ileret (Africa), datate a circa 1,5 milioni di anni fa, ma rimangono comunque fra le più antiche del mondo. Tuttavia, la ricerca scientifica avrebbe presto dimostrato che l’unicità planetaria e l’assoluto pregio paleontologico e geologico del geosito non risiede solo nella sua antichità.

La principale caratteristica del deposito vulcanico che fu impresso nel Pleistocene medio, infatti, è la sua fortissima inclinazione, la quale, in alcuni punti, raggiunge anche l’80%.

Tale caratteristica, esistente fin dalla preistoria, costrinse gli hominini e gli animali che lo percorsero a muoversi con estrema circospezione, assecondando – con ragionamenti acuti e precisi comportamenti – tutti i condizionamenti alla deambulazione imposti dalla rude e ingannevole geomorfologia locale. Gli studi, infatti, hanno dimostrato che la solidificazione del substrato non fu omogenea e i camminatori dovettero, spesso, fare i conti con un terreno che, oltre a essere fortemente inclinato era anche imprevedibilmente viscido e cedevole e, talvolta, anche coperto da una fragile crosta essiccata.

Fino a oggi, nel mondo, non è noto un altro sito con le stesse caratteristiche geologiche che conservi impronte di uomini preistorici, quindi solo nel contesto ambientale delle “Ciampate del diavolo” è stato possibile e sarà possibile compiere studi particolari sulla biomeccanica, sul comportamento e sulla struttura corporea di esemplari così antichi del genere “Homo”.

Inoltre, tutte le piste di impronte umane si staccano da una cengia che domina il pendio, che è stato provato essere un sentiero preistorico frequentato ininterrottamente per circa 350.000 anni, essendo ancora segnato sulle mappe topografiche attuali. Esso rappresenta, al momento, il più antico sentiero umano del mondo e l’unica testimonianza di una sostanziale omogeneità nelle scelte e nelle dinamiche insediative umane condizionate dalle geomorfologie dalla preistoria ai nostri giorni.

Si è notato, inoltre, che le direzioni percorse dagli hominini della preistoria non avevano un unico orientamento generale ma erano bi-direzionali. Questa evidenza ha reso meno forte l’ipotesi di un passaggio occasionale e reso più probabile quella di una frequentazione più prolungata della zona – forse per la presenza di qualche condizione ambientale più favorevole (ad esempio, un microclima migliore, abbondanza d’acqua e di risorse alimentari, etc.) – da parte di un gruppo di esemplari del genere “Homo” vissuti intorno a 350.000 anni fa. Tale frequentazione potrebbe anche aver interessato un territorio più ampio, come sembrano suggerire i rinvenimenti di alcuni manufatti litici (tutt’ora oggetto di studi) rinvenuti non solo “in situ” ma anche in alcune zone adiacenti il pendio impresso. Va comunque messo in evidenza, per doverosa chiarezza, che questi gruppi umani erano nomadi e vivevano di caccia e raccolta e, quindi, non sembra corretto pensare che essi vivessero costantemente nel territorio come comunità stabili.

In merito all’attribuzione a una specifica specie umana (“Homo heidelbergensis” o “Homo neandertalensis” arcaico) la questione, invece, è ancora aperta, in quanto gli studi paleoantropologici più recenti hanno rimesso in discussione la stessa esistenza e/o la filogenesi delle due specie. Nel caso delle “Ciampate del diavolo”, infatti, non possono essere decisive – da sole – né la datazione, né il contesto culturale, né la tipologia dell’industria litica a esse associabile. Un aiuto più significativo, per un’attribuzione più obiettiva, si può ottenere solo se si considerano, insieme alle evidenze appena elencate, i fossili osteologici della medesima epoca noti nelle regioni territoriali più prossime all’icnosito e, nel nostro caso, il solo fossile di riferimento, può essere il calvario di Ceprano (noto come “Argil” e datato fra 430-385 ka B.P.), il quale è stato attribuito a “Homo heidelbergensis”;

Il primo riferimento bibliografico lo trovate nei commenti, sennò Facebook si arrabbia;

“La questione rimane comunque aperta e anche la somiglianza strutturale con i resti fossili dei piedi degli hominini della Sima de los Huesos (datati a circa 430 ka), non basta, da sola, a sciogliere i dubbi.

Sulla base di quanto predetto, dunque, e sulla base dei dati icnologici disponibili sembrerebbe più logico attribuire le “Ciampate del diavolo” a esemplari di “Homo heidelbergensis” che non a esemplari di “Homo neanderthalensis”, ma questa ipotesi potrà essere confermata o smentita solo dalle ricerche future.

Tutti i dettagli finora noti sulle “Ciampate del diavolo” sono stati pubblicati su una monumentale monografia curata da Paolo Mietto, Adolfo Panarello e Mauro Di Vito nel n. 64 (più 4 supplementi) della Miscellanea INGV, che è accessibile gratis dal portale WEB dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia”

fonte

Appesi a un Phylum

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.