Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

STORIA DI FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE DAL 1830 AL 1850 LIBRO TERZO (IV)

Posted by on Lug 24, 2024

STORIA DI FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE DAL 1830 AL 1850 LIBRO TERZO (IV)

CAPITOLO IV.

IL PARLAMENTO NAPOLITANO.

Sommario

Il Governo, posata la ribellione, intende l’animo all’apertura del Parlamento. Procedere vario intorno alla elezione dei Deputati. Per le mene degli anarchisti il di della inaugurazione delle Camere si appressa fosco e minaccioso. Un regio Delegato apre il Parlamento con apposito discorso in nome del Re. I Pari e i Deputati incominciano a riunirsi. Interpellazione di un Deputato sai conto del Generale Nunziante. Risposta che gli fa il Ministro dell’Interno. Lagnanze che no mena il Generale in un suo rapporto. Cattivi umori che ne sorgono. Indrizzo alla Corona non accettato, e perché. Il Sovrano proroga la sessione delle Camere. Inutili tentativi di concitamenti.

Il Real Governo, domata nel surriferito modo la ribellione armata, affisate le arti subdole, e invigorito le sue forze, consentaneo alle date promesse, ritornava nelle costituzionali vie, mandando ad effetto l’apertura del Parlamento, dal quale sperava, che ammaestrati gli uomini dai lamentevoli risultamenti delle discordie civili, oggimai si potesse applicar l’animo alla pace ed alla tranquillità, onde far godere ai popoli i frutti di quella onesta e temperata libertà, la quale, inimica degli strepiti lusinghevoli ma velenosi dello incomposto libertinaggio, consente il placido e progrediente sviluppo delle sociali migliorie. Vane speranze! perché se la ribellione era stata prostrata fra i campi, i fiumi, e le valli di Calabria, e del Cilento, non era però divelta dagli animi di coloro che in lei ogni speme avean riposta, e a lei eransi perdutamente dicati!

Il Re avea ordinato, che si convocassero i Collegi Elettorali nella metà di Giugno, affine di scegliere i Deputati al Parlamento, che si sarebbe aperto

– 64 –

nel primo giorno di Luglio. A questo invito in parecchie Provincie si

Fra i popoli costituzionali l’apertura del Parlamento è giorno di letizia, di brio, e di contento; ma fra i napolitani, per le impetuose passioni, si appresentava come giorno di orrore e di tutto, perché freschissime erano il sangue e le lacrime onde la città fu spietatamente addolorata e trista. Né mancavano le probabilità, o i pericoli di un’altra catastrofe; perché dubbi accidenti nel cuore della stessa metropoli erano intervenuti. Infatti non vi era stato giorno, e dirò pure momento, in cui una sinistra voce non corresse di bocca in bocca, nunzia di minacce, di «sterminio, di sovvertimenti, la quale, come faville scoccate fra infiammabili materie, accendeva le fantasie, e ben volentieri dal timore si passava al sospetto, e da questo alla probabilità, o alla certezza; sì che tutti il fantasma della ribellione temevano, e una generale agitazione regnava.

Né solo con parole, ma con la stampa ai rei propositi s’intendeva; poiché nel torno di quel tempo fu divulgata, oltre alle tante altre carte, il seguente.» Avvisa al popolo del Regno di Napoli. Il maggior bene che la Costituzione fa al popolo, è che il Governo non può mettere nessun dazio senza l’approvazione della Camera, la quale ogni anno deve esaminare la nota di quello che si spende, e questa nota chiamasi stato discusso.

– 65 –

I Deputati

» Popolo aprì gli occhi! Non si possono pagare dazi senza la legge fatta dalla Camera. E chi paga per paura, corre rischio di pagare due volte, perché i pagamenti non saranno riconosciuti dalla Camera. Nessuno paghi fondiaria, e resista forte alle minacce, e dica: quando vi sarà la legge allora pagherò. Le popolazioni che hanno le saline si piglino il sale senza paura. 11 grano, il vino, il cacio, l’olio, tutto si deve portare senza dazio, perché non ci è legge. Ma facciamo una cosa senza pericolo, facciamo una gran cosa, leviamo le armi dalle mani di chi ci opprime in un modo semplicissimo. Non fumiamo più, non prendiamo tabacco, e non giuochiamo al lotto. Chi ama la patria deve far questo, e così staremo alla Costituzione. Nessuno ci potrà dire niente. Il Governo senza denari cadrà. Facciamo questo, e vedremo che i cannoni scompariranno, riavremo quella costituzione che ora è rimasta solamente in faccia a quel pettolone sporco, che si chiama bandiera. Chiunque ama la patria, chiunque è vero Italiano, è costituzionale, non deve fumare, non devo prendere tabacco, non deve giuocare al lotto. Fermezza, coraggio, unione, e non dubitate, che Dio e la ragione sono con noi».

Per tal modo la liberale Consorteria invitava le genti a propugnare l’azione governativa, cominciando dalla diffidi pruova di fare contrasto alle abitudini, le quali sendo altrettante nature, torna impossibile o difficile svellere. E qui non sia soverchio notare in quali gravi errori i liberali s’impigliassero allorché pretendeano far fondamento al novello edificio con la distruzione delle idee religiose, e realistiche, delle abitudini, degli usi,

– 66 –

e di ogni altra cosa inviscerata negli animi, e nutritavi per lungo spazio di tempo; imperciocché l’uomo, che è animale di usi, non così facilmente rinnega a quelle idee con le quali, dirò così, si è amicato ed immedesimato. Ma l’eia fu balorda; perché non era la ragione, ma l’allucinata e riottosa fantasia, che dirigeva il filo di tutte le operazioni innovatrici.

Impertanto il Governo, sempre intento alla pace, ordinava che ventiquattro centinaja di armati, fossero scelti dall’antica guardia di Pubblica Interna sicurezza, e addetti al servigio dei Collegi Elettorali, e delle Camere Legislative. Ad ogni modo le voci che correvano, tenevano in trepidazione, la piupparte della Città; sì che molti, come se un’ alta sciagura si appressasse, si ritraevan fuori nella campagna.

In mezzo a tali auspici, e a tanti timori apparve la luce dal 1.° Luglio. Già si era tutto apparecchiato perla solenni là di quel giorno. La maestosa e vasta sala della Biblioteca del Borbonico Museo, era stata vagamente addobbata; e contenea varie e moltiplici Tribune, decentemente ornate, le quali servir dovevano per tutti i personaggi di grado nostri e forastieri, pel corpo diplomatico, per la Real Camera, i Ministri, i Generali di terra e di mare, i Direttori, il Consiglio di Stato, l’Ordine Giudiziario, i Pari, i Deputati, ed altre Corporazioni. In fine sorgevavi il Real Trono; e poco discosto il luogo del Delegato. Un nervo di Guardie Nazionali crasi affilato dinanzi a quel celebratissimo edilìzio.

Il Re sceglieva il Duca di Serracapriola, Vice-Presidente del Consiglio di Stato, e Pari del Regno, acciocché nel suo Real Nome dischiudesse il Parlamento. Un’ora prima di mezzodì muoveva il Regio Delegato dal luogo della stia dimora con carrozze di Corte, convocato da un conveniente seguito, e traversato a passo di cerimonia le strade di Chiaja e di Toledo, contro l’usato vuote di gente,

– 66 –

arrivava al Real Museo, dove dieci Pari, ed altrettanti Deputati lo riceverono appiè della scala, e lo accompagnarono al posto destinato, e quivi in piena udienza, a nome del Sovrano, il discorso che siegue pronunziava.

» Signori – Mentre nel mio animo io vagheggiava il sospirato giorno, in cui sarei stato circondato dalle camere legislative del regno, un fatale disastro, del quale non lascerò mai di contristarmi,sopraggiunsc sventuratamente a protrante la solenne riunione. Al dolor profondo di un sì malaugurato ritardo, mi è oggi di conforto di vedervi qui ragunati; poiché a far prestamente rifiorire in questa comune patria dilettissima la prosperità vera, cui ogni popolo incivilito à ragion di pretendere, è bisogno del vostro leale, illuminato e provvido concorso».

» Le libere istituzioni, da me irrevocabilmente sanzionate e giurate, rimarrebbero infeconde se apposite leggi dettate sopra basi analoghe non venissero ad affiancarle coi loro vari sistemi di applicazione. Invoco dunque la vostra particolare sollecitudine su questo prominente obbietto».

» Su i diversi progetti, che vi saran presentati, voi fermerete sopratutto le utili norme a stabilirsi per la speciale amministrazione delle comuni e delle provincie, che dan primo stato ad ogni società politica; quelle che debbono ordinare definitivamente la guardia nazionale, a cui si appartiene di vegliare al sostegno della tranquillità interna dello stato; quelle finalmente che son dirette a diffondere con più sicuri metodi la pubblica istruzione in tutte le classi, affin di promuovere la ognor crescente civiltà, e serbare nell’avvenire intatta quella gloria che tanti egregi ingegni ci procacciarono per lo passato».

» Le finanze pubbliche meritano di occupare innanzi tutto la vostra particolare attenzione. Al dissesto inevitabile, cui esse istantaneamente soggiacquero per tante po

– 68 –

si richiedono pronti e generosi provvedimenti, né io diffido che in questa ubertosa terra l’equilibrio, fra gl’indispensabili bisogni ed i mezzi più acconci a provvedervi, possa ritardar molto a ristabilirsi».

» Dello sì funeste perturbazioni, che agitando pertinacemente il reame, paralizzarono da una parte ogni specie di industria e di commercio, e strariparono dall’altra sino ad attentare alla proprietà ed all’onore dei privati, voi cercherete di smascherare coraggiosamente le cagioni e i pretesti, e con provvedimenti energici darete opera che un sì rincrescevole stato di cose cessi per sempre, né più si riproduca; essendo questo un bisogno universale di cui tutti sentono l’urgenza e l’importanza. l’ordine, senza del quale non è possibile alcuna prosperità civile, non può derivare che da savie leggi, e la libertà sta esclusivamente nell’ordine».

» In generale, io non è ragion di credere che Io nostre pacifiche relazioni con le altre potenze di Europa sieno in nulla cangiate. Posti così nella felice attitudine di rivolgere tutte le nostre cure all’amministrazione interna dello stato, noi potremo contribuire d’accordo a farla prosperare tranquillamente nelle sue vie. Inflessibile nel mio proponimento di assicurare il benessere a tutti e il godimento di una ben’ intesa libertà, farò di questo nobile obbietto la costante preoccupazione della mia vita; ed il vostro autorevole concorso me ne garantirà pienamente il successo. Avendo chiamato a giudice Iddio della purità delle mie intenzioni, non altro mi rimane oggi che chiamare a testimoni voi e la storia».

Finito il discorso, il Regio Delegato faceasi a dichiarare nel nome del Re L’ apertura dello Camere Legislative, che il tuonare dei castelli annunziava al pubblico, e poscia con gli stessi onori facea ritorno alle sue stanze.

Il riportato discorso fu ben presto oggetto delle critiche di moltissimi, ai quali, seguendo nel reo proposito

– 69 –

di tutto

Gli atti preparatori tennero occupate ambo le Camere pei primi giorni; perché non per anco legale il numero dei Deputati e dei Pari; ma dopo non guari si pervenne al numero competente, e si potè vacare alle diverso discussioni, ed elucubrazioni; fra cui monta qui riferiro soltanto le principali, e segnatamente quelle che con lo antecedenti cose si rattaccano.

Il General Nunziante, il quale avea una coi suoi Colleghi, ritornato l’ordine nelle disordinato Calabrie, e che tuttafiata ne tutelava il corso, fu il soggetto di una discussione. Un deputato così dicea.

» Domando di fare una interpolazione al ministero sulla autorità discrezionale che à esercitato ed esercita nelle Calabrie il generale Nunziante. Dicesi investito dei grandi poteri che son contenuti nella formola dell’alter-ego, ma io non è veduto alcuna ordinanza segnata da un ministro responsabile che gli abbia conferito un sì ampio potere politico-amministrativo, qual si è quello che egli esercita in quelle provincie. Dal foglio ufficiale rileviamo, che egli à in diversi comuni usato la sovrana prerogativa di sciogliere la guardia nazionale, e l’altra di ricomporne una nuova, e con norme differenti da quelle della legge provvisoria del 13 marzo, che è la sola vigente in questo regno, dapoiché dalla convocazione delle camere dal 15 maggio in poi, il potere esecutivo non avea più dritto di far leggi da se solo, segnatamente in rispetto alla guardia nazionale, essendo stato espressamente prescritto dallo stat

– 70 –

Nel giorno appresso il Ministro dell’Interno Bozzelli sì facea a rispondere in questa guisa.

» Signori, pria di ogn’altro domando all’onorevole deputato da cui mi parte l’interpellazione, d’onde mai egli abbia tratto la notizia che il generale Nunziante nel1′ ultima increscevole congiuntura sia stato rivestito dellWterego? Quella frase mi è nuova, e se il ministero ne à veramente fatto uso, bisogna dire che il ministero sia il solo che nonne sappia nulla. Quando in quell’infelice provincia scoppiò la conflagrazione che pose in tanta ansietà tutto il reame, e di cui fra non molto io confido di presentare alla camera i particolarizzati ragguagli da me altra volta promessi; il governo stimò suo positivo dovere di accorrere immediatamente per apporvi un argine, ed al generale Nunziante, cui venne affidato il comando di una parte della truppa colà spedita all’uopo, furono date in iscritto delle apposite istruzioni, le quali discusse e consentite dall’intero consiglio dei ministri, furono pagina per pagina da tutt’i ministri contrasegnate. Nel quadro storico di quelle deplorabili vicende, di cui sto raccogliendo a tutto potere gli svariati elementi, per darne comunicazione alla camera, era mio preordinato disegno di comprendere tra i promessi documenti una copia legalo di queste istruzioni; ma poiché si à tanta impazienza di saperne il contenuto, eccomi a darvene lettura».

– 71 –

E poscia renduti a conoscenza della Camera i documenti e le istruzioni dato dal Governo al Generale Nunziante a questo modo proseguiva.

» Ora il generale à seguito con esattezza ed onoro le tracce che queste istruzioni gl’imponevano di calcare».

» Se voi siete compiacenti di attendere i ragguagli promessi, ne sarete appieno convinti. Si è detto inoltre che il generale sciogliesse varie parti della guardia nazionale delle Calabrie, e ne ricomponesse delle nuove a sua posta. Qui signori vi è un doppio equivoco a chiarire. Le varie parti della guardia nazionale che furono ivi disciolte non per fatto del generale, ma per ordine preciso o posteriore del real governo, avevano preso parte diretta nella conflagrazione che incendiò quelle provincie. Sciogliendole il governo, non fece che seguire le facoltà che la legge gli accordava, e voi consentirete, spero, che non si possa comprimere una rivoluzione lasciando armi e poteri nelle mani di coloro che erano concorsi a suscitarla. Correa obbligo al real governo di riorganizzarla tra lo spazio improrogabile di un anno, ciò non offre addentellato a’ reclami; poiché se il calendario non m’illude, il periodo dell’anno non è al certo decorso. In quanto alle guardie nazionali che si dicono ricomposte a capriccio, l’equivoco è ancor più flagrante. Le Calabrie o signori sono state iniquamente calunniate. Si è preteso che quelle popolazioni volessero da capo a fondo rovesciare la costituzione del 10 febbraio per istabilirne non so qual altra immaginata nella beatitudine de’ monti platonici, e favolosi. È falso: quella fu opera di pochi deliranti ivi rifuggiti alla ventura, e forti soli di pochissimi proseliti stranieri, e da un’orda di condannati di ogni specie, che a dispregio di ogni conosciuto principio di dritto delle genti l’Etna ne vomitava dal fondo delle sue ciclopiche viscere. Quindi avvenne che le popolazioni delle Calabrie, dispersi al solo apparir della forza i sovvertitori dell’ordine,

– 72 –

stanche dalla divorante anarchia che le agitava, fedeli alla costituzione giurata, e non altro volendo che la costituzione giurata, offersero spontanee il concorso del loro aiuto. Perché? Non per altro che per Io stabilimento dell’ordine. Il Generale Nunziante non poteva certo dispensarsi d’accogliere una sì cittadina offerta; ecco a che si riduce la guardia nazionale ricomposta a capriccio, io credo che in ciò non vi sia nulla né di straordinario, né di abusivo. In quanto alla guardia nazionale di Napoli, di cui parlava l ‘ onorevole preopinante, io osservo ch’ essa fu disciolta per gravissime ragioni. Era dritto, o per dir meglio dovere del governo di riorganizzarla, ma tra lo spazio improrogabile di un anno, e siccome si avvicinavano i collegi elettorali e le susseguenti camere legislative, il governo credè spedìente di riprendere l’antica guardia civica che vi era in Napoli per attendere a’ servizi delle camere e de’ collegi, ed in ciò anche mi sembra che non vi sia nulla né di straordinario, né di abusivo; l’anno non è ancora decorso, e fra breve voi dovete votare una legge difinitiva sulla guardia nazionale. Nell’ultima discussione mi sembra di aver letto P avviso di un’ altro onorevole deputato il quale, allegando gli usi de’ governi rappresentativi, dichiarava esser dovere de’ ministri rimanersi inchiodati su’ banchi della camera se per avventura l’estro venisse a qualcuno di far loro delle straordinarie interpellazioni. Ma anche noi, peregrinando in Europa per lo spazio di diciotto malagevolissimi anni, abbiamo studiati gli usi de’ più celebri governi rappresentativi, ed il vero liso è quello di annunziare le interpellazioni in una tornata, e di attenderne la risposta in un’altra; del resto io mi restringo qui ad osservare solamente che dopo i nuovi ordini civili tra noi stabiliti P attuai ministero si trova in uno stato eccezionale di straordinarie cure e fatiche, dalle quali non può esser troppo distratto senza paralizzare in danno di tutti la intera macchina governativa

– 73 –

il ministero da’ tanti progetti di legge che si stanno da per tutto elaborando per sodisfare a’ medesimi desideri della camera, e poiché si parla della dottrina e degli usi, io credo uso costante ne’ governi rappresentativi di Don passarsi a discutere progetti di legge senza ebo sia prima pubblicato l’indirizzo in risposta al discorso della corona, come quello il qualo dovendo manifestare la fisonomia politica dell’assemblea, dee servire di stella polare al ministero per illuminarla Della sua via, e a quanto io sappia, l’egregio deputato a cui accenno, non à mai alzato la sua voce per far cessare un ritardo che tiene il paese in una prolungata e desolante agonia».

» Signori, in ciò che si esige dal governo in questa difficilissime circostanze, vi à qualche cosa che passa l’umana intelligenza, passa tutte le forze umane; poiché nel reame vi è calma bastante sì, ma di quella calma, che succeduta di fresco alla tempesta, è ancor più spavento volo della tempesta. né poi vediamo sparito da per tutto quello spirito di effervescenza, di novità, di anarchia, di disordine, onde il paese è stato tanto agitato e sconvolto. Vogliate, o signori, vogliate per poco gittar lo sguardo su questo miserando spettacolo che ci sovrasta son già due mesi, da per ogni dove suscitata la cieca plebe ad impadronirsi della proprietà de’ privati, l’industria paralizzata, il commercio distrutto, le casse pubbliche depredate, lo città in convulsione, le campagne deserte, la miseria entrata in tutte le famiglie, il terrore a tratti scolpito e dipinto in tutte le fisonomie.

» Da per ogni dove la guardia nazionale prender parte ai più gravi disordini, spesso suscitarli e difenderli; da per ogni dove la sfrenata stampa inventar menzogne, spander l’allarme, insultar tutti, calunniar tutti, non rispettar né l’umano, né il divino; e coprir financo di calunnie, d’ingiurie, e far bersaglio d’immoderate minac

– 74 –

i collegi elettorali farsi giudici delle operazioni del governo, e non dubitate il carro è sul suo bel pendio; andranno un giorno fino a destituire voi stessi dalle vostre alte funzioni».

Queste ultime parole esagitarono l’uditorio grandemente, si che l’Oratore non poté continuare il suo dire; ma tornato poco poscia la calma, mise termino con questi detti.

» Signori, io non so come poter rannodare le fila del mio discorso; il mio spirito non è turbato, ma bastantemente commosso; fino ad oggi, avvezzo ad essere bersaglio d’ingiuste contumelie, io so pur troppo, che non ci è vita intemerata, la quale possa resistere alla ferocia ed al furore de’ partiti, se non che pubblicate, or sono già ventisei anni, le mie politiche opinioni al cospetto di Europa, sfido chiunque ad imputarmi, che io mai abbia deviato da queste tracce; volli sempre la libertà dell’uomo onesto, e per questo solo ed innocente desiderio, le mie guance sono ancora solcate di lacrime, le mie mani portano ancora l’impronta delle catene; il non aver parteggiato con tutti, à rivolto tutti contro me, io non curo le ire, bastando aver meco la testimonianza della mia coscienza; oggi specialmente in cui fermo è in me il proponimento di non trascinar più oltre queste pesanti catene, e rientrare nella solitudine della mia condizione privata. Provvederete voi, o signori, a’ mezzi di ritirare questo infelice paese dalla voragine de’ mali, in cui più volte fu sommerso e risommerso; e di me, di voi, di tutti saranno giudici severi l’Italia, l’Europa, il mondo, la posterità».

Finito il discorso del Ministro, due Deputati con eloquenza e calore vario si cacciavano a propugnarlo, nò la discussione si sarebbe posata, ove il Ministro delle Finanze non fosse sorto a dimostrarne la inopportunità,

– 75 –

Pertanto siffatta quistione non si rimase nella camera, perché il Generale Nunziante, offeso dalle parole dei Deputati, lagnavesene in un ufficio diretto al Ministro della Guerra, nel quale fra le altre cose andava dicendo. Non essere straordinario, che i ribelli si fossero avventati contro di lui per la commissione compiuta nelle Calabrie, esserlo si bene, che taluni Deputati non avesser saputo reprimere il loro dispetto: sotto qualunque governo in circostanze simili alle calabresi si sarebbero affermatamente sospese tutte franchigie, ed eseguito rigoroso disarmo; maravigliarsi perciò, come fra noi si menasse tanto rumore per avere ristretto il numero delle guardie nazionali, e provvisoriamente tolti dal ruolo quelli che avean variamente parteggiato per la sedizione; essere unico esempio nella storia la mitezza e la benignità con cui si procedeva in una regione in cui l’anarchia e la rivolta aveano largamente scorrazzato: sorprendersi della temeraria e ingiusta denominazione di corpi franchi data nella camera ai contingenti delle guardie nazionali sceverate di sediziosi: non recargli meraviglia, che vari Deputati sotto la sicura veste che li protegge si menino a lanciar calunnie contro colui che ha prostrato la rivoluzione; non soffrirgli l’animo però che la sua riputazione ed il suo onore fossero bistrattati e manomessi: ce io debbo reclamare i miei dritti (egli diceva) di cittadino, e di generale, quando veggo che mascherandosi fatti, ed abusandosi della ragione, io son calunniato da quegli medesimi che avrebbero a sostenere le leggi, delle quali si dicon custodi, intanto che io non per altro apparisco colpevole agli occhi loro, se non per averle osservate con troppa religiosità»: male a proposito addebitargli i fatti di Filadel

– 76 –

i pacifici cittadini essere stati sempre amati e rispettati, i perversi perseguiti: perché amore con amore, ferite e morti contro morti e ferite i suoi soldati rendevano; per ultimo duolergli l’animo immensamente, nel vedere «che persone le quali seggono al posto di deputati invece di gridare contro di chi si ribella alla costituzione, gridano invece contro i soldati provocati».

A cosiffatti risentimenti del Generale si reagiva da taluni Deputati, affermandosi costituire essi una formale offesa alla Camera, chepperciò Poerio, consenzienti 56 Deputati, repugnanti gli altri, si recava a proporre, che in un ordine del giorno si dicesse, che la dignità della Camera non le consentiva di discendere alla discussione di quel documento indiritto al ministero, e passava all’ordine del giorno. Le quali cose fatte ad onta di un Generale, portavano un cattivo riverbero nella intiera milizia; sì che guari non andò, e ingrossati gli umori per altre cagioni, veniva fuori una protesta nella quale l’esercito formalmente dichiara vasi offeso da taluni Deputati, e si ponea termine dicendo, e perché i più di loro appartengono alla ribellione del 43 Maggio, e a quella delle Calabrie, e del Vallo, si dimanda che siano esclusi dalla Camera tutti i rappresentanti imputati, illegali, imputabili. Questa dimanda debbe essere soddisfatta, e quando non foste, l’esercito si appiglierà a quei mezzi che la necessità saprà imporre.

Ai quali detti forte s’inacerbivano i liberali, variamente tassandoli cosicché da queste percosse e ripercosse, in cambio di fecondarsi la concordia, maggiormente gli animi si dislegavano, i partiti via più si chiarivano, si guardavan biechi, forbivano le armi, e non altro aspettavano cho la occasione di soppozzarsi, e distruggersi a vicenda.

– 77 –

Tali frutti preparavano allo sgomentato popolo quei novatori che afforestierati essendo, o viziosi in altro modo, duravano a spigliarsi dalla pania crudele delle intemperanze!

Posate le discussioni intorno al Generale Nunziante, molte altre per altri obbietti ne sorgevano. Una Commissione di Deputati distendeva, plaudente la maggior parte della Camera, un progetto d’indrizzo al Sovrano, il quale contenea la risposta al discorso già profferito dal Regio Delegato. Fu esso l’obbietto di lunghe e vibrate questioni; ma poiché fra l’altro, comprendeva una manifesta censura alle operazioni governative già fatte, un ritorno a varie cose che il Governo avendo schivato pel passato, non potea più vagheggiare senza involgersi in nuovi e rinascenti perigli; non era possibile che fosse accettato. Però ad evitare gli attriti, il Re prudentemente comportandosi, incaricava un Personaggio distinto affinché si fosse adoperato appo i Deputati per fargli temperare l’indrizzo in modo che Egli potesse accettarlo. Ma sebbene il Presidente e parecchi Membri della Camera si fossero calati alle reali ragioni, nondimeno la piupparte furono renitenti; sì che la concordia sempreppiù si dilungava dagli animi; e i Deputati contrastando al Principe, al Ministero, ed all’Armata si scavavano colle proprie mani il precipizio in cui sarebbero traboccati. La immoderatezza perdè l’ordine sino dal principio, e la immoderatezza continuava nello affoltamento di perderlo!..

Per la qual cosa guari non andò, e il Re decretava che» La sessione delle Camere Legislative aperta nel primo dello scorso mese di Luglio è prorogata per la discussione dei corrispondenti lavori al dì 30 Novembre di questo corrente anno». Il qual decreto partecipato alla Camera dei Deputati per mezzo del Ministro delle Finanze, ed a quel

– 78 –

tolse il campo agli agitatori di sconvolgero in momenti trepidi la tribuna e il pubblico.

Frattanto i liberali procurarono di soffiare nel popolo, spargendo odi contro al Governo; sì che Napoli fa per brevi rumori conturbata. Ché di S. Lucia mossero delle torme di popolani con bandiera bianca. e manifestazioni ostili alla Costituzione; dall’altro lato altre plebee torme, alle luciane inimiche, si scontrarono nel quartiere Montecalvario, e stormendo, appiccarono una zuffa accanita, la quale per altro fu di tratto repressa dalla pubblica forza.

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa2s/03_Storia_di_Ferdinando_II_Regno_due_Sicilie_1830_1850_libro_I_II_II_Giovanni_Pagano_2011.html#INSURREZIONE

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.