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STORIA DI FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE DAL 1830 AL 1850 LIBRO TERZO (XIII)

Posted by on Ago 5, 2024

STORIA DI FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE DAL 1830 AL 1850 LIBRO TERZO (XIII)

PIO IX A PORTICI.

Sommario

Universali ruine della ribellione. Pio IX si tramuta da Gaeta a Portici. Particolari del viaggio. Sua prima venata in Napoli, e ricordevoli parole dette al napolitano clero. Il Corpo Diplomatico si reca a Portici da Sua Santità, e poscia a Napoli dal Re. Benedizioni del Pontefice date dalla Reggia al popolo, ed all’armata. Inutili tentativi di socquadro.

Pio IX visita molte Chiese, Stabilimenti, Monasteri, e lascia dovunque memorie indelebili della sua bontà. Sua gita a Nocera di Pagani, a Salerno, a Caserta, a Pompei, a Castellammare, a Sorrento, ad Ercolano, a Benevento, a Mugnano del Cardinale, a Nola, ai Ponti della Valle. Pio IX passa le natalizie feste in Caserta; continua la visita delle napolitane Chiese, e Monasteri, Il Cardinale Antonelli annuzia al Corpo Diplomatico con una nota il vicino rimpatrio del Sommo Pontefice. Medaglia ed ordini cavallereschi pontificii donati all’armata. Divulgata la partenza del Santo Padre accorrono in Portici i più notevoli personaggi, e corpi morali. Benigna parole dette al clero di Resina. Viaggio di Pio IX. Solenni parole profferite nello accomiatarsi dal Re, che avealo accompagnato sino al napolitano confine. Esultanza e feste nello Stato Pontificio.

Ormai l’edilìzio della rivoluzione andava in ruine da per tutto, e il politico cielo riprendeva il suo sereno. La romana repubblica era stata dalla sua sorella sdrucita e spenta, e le pontificie regioni al legittimo governo restituite. Parma e Modena all’antico piede ritornate. Lombardia e Venezia riconquistate dalle armi tedesche. Piemonte negl’impeli suoi sgagliardato. Ungheria fatta doma. Snidati da Losanna e da Ginevra i fomentatori delle ribellioni. La Francia istessa, ormai con le armi avea palesato dove pendesse.

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L’Inghilterra oggimai satolla. Il braccio delle Potenze conservatrici via maggiormente invigorito. Da per tutto al primiero stato si era fatto ritorno. né nel napolitano rea

Nel giorno 3 di Settembre la ospitale Gaeta esternava in vario modo al Santo Ospite il dolore di vederlo partire, rattemprato per altro dal pensiero, che ormai dileguate le tempeste, potea Egli far ritorno nel suo Seggio.

Nel mattino del 4 Settembre, dopo nove mesi e qualche giorni, il Santo Pontefice, accompagnato dal Re,

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e dal seguito pontificio, e regio, s’imbarcava sulla frega

Come il Tancredi addentrò la sua prora nel canale di Procida ambo i liti che lo rinserrano furon pieni di grida e segni festivi, ed il mare gremito di barche stivato di genti dalle quali altri segni ed altre grida uscivano; sì ebe bellissimo accordo facea la mobile moltitudine del mare con la immota delle opposte sponde. Sboccava dal procidano canale la pontificia nave, e nel golfo di Napoli s’internava, e qui intorpidiva il suo corso, e il buon Pontefice saliva col Re sul ponte più alto di quella, affine di raccoglier con maggiore posatezza ed agio la diletta vista di quell’incantevole e svariato panorama che si apre dinanzi allo sguardo di coloro che per mare traggono alla città delle Sirene, il quale non pure di naturali meraviviglie, ma di venerande memorie in ogni suo canto si adorna.

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Primo si spinge nelle onde il capo di Miseno, nel cui pie s’incava il porto dello stesso nome, stanza della romana flotta, e quivi presso eran le ville di Mario, di Cornelia madre dei Gracchi, di Lucùllo; la città di Miseno rivale di Baja, entrambe dallo sdegno saraceno distrutte; la tomba ove il Mantovano Vate posò il frale di Miseno, scudiere di Ettore e compagno di Enea; segue Baja, soggiorno gradito delle blandizie e dei rotti piaceri, intino a che non giacque con l’imperio; la quale ai tempi di Carlo II, Giovanna, Ladislao, e Ferdinando 1.° d’Aragona quasi rinacque a nuova vita, che fu spenta nella invasione del secondodecimo Luigi di Francia. In quei dintorni eran le ville di Ortenzio, l’emulo di Cicerone, di Antonia madre di Druso, di Giulio Cesare, di Augusto, ove Ottavia pianse lungamente il suo Marcello; le rinomatissime terme, e la villa di Pisone, stanza prediletta dell’infame Nerone; le acque ove si salvò a nuoto la sventurata Agrippina, per morire poco stante di ferro: il sepolcreto di Bacoli, che rinchiudea le ceneri dei soldati della flotta misenate; le ville e le peschiere di L. Crasso, di Catone d’Utica, di Pompeo il Grande, dell’Imperatore Domiziano.

Non molto lungi sorgeva Cuma la più antica città d’Italia, e cuna di nostra civiltà; per essa furono fondate Miseno, Linterno, Baja, Napoli, Nola, Zancle, ed altre città; ed in essa si trapiantarono pei Pelasgi ed i Tirrenofenici la religione, il sapere, e le arti dell’oriente. Nei cumani antri ebbe tempio, soglio, lavacri, e tomba la Sibilla: e quivi presso furon le ville di Varrone, di Seneca, e di Petronio.

Segue l’antica città di Pozzuoli, la quale decadde col romano impero dal suo lustro, saccheggiata e combusta in varie volte da Alarico re dei Goti, da Genserico, da Totila, da Grimoaldo II Duca di Benevento, dai Saraceni, dai Turchi; e più che dagli uomini distrutta dai tremuoti, e dalle elevazioni del mare; sì che ora a se

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non rimangono che incomposti avanci dispersi nella campagna o nel lido, o seppelliti nelle morte acque. In quei dintorni sono i campi dell’Odissea e dell’Eneide, i sette laghi che circondavano il Tartaro, e gli Elisi; i vulcani nel cui grembo giaccionsi ancor frementi i Titani; le selve dei Cerberi, il regno dei Lestrigoni, la terra dei Cimmeri.

In mezzo a tanti luoghi memorabili, il promontorio di Posilipo, albergo di soave letizia, scende dolcemente nello acque solcate per la prima volta dai Pelasgi, e ricinte dai lidi ove approdarono il pietoso Enea, il prudente Ulisse, e gli arditi Argonauti. Siegue Mergellina, stanza dolcissima delle napolitano muse nella seconda metà del secolo decorso, che inspirò forti e laudevoli pensieri a quanti fecer dotta e conta la passata età. Quivi vicino è la villa di Virgilio, che prospettava le poetiche e pittoresche coste del Vesuvio, e di Sorrento, le quali inspirarono a lui quei solenni poemi, che rendon si caro e venerato il nome suo e la sua tomba, la quale non molto lungi sorge come tempio d’inspirazioni, in cui trassero fra gli altri Dante, Boccaccio, e Petrarca.

Il papale naviglio percorreva da vicino i luoghi dì tante maravigliose ricordanze pieni, i quali erano magnificati dalla vista del Vesuvio, dalla deliziosa costa di Sorrento, e dalle isole, che quasi sono le antemurali dei napolitano golfo; nel cui fondo l’antica Partenone siede regina, spettatrice e spettacolo di tanta scena.

Varcato di due ore il mezzodì, attrovossi il Tancredi rimpelto alla napolitana regia, ed in un’ istante l’aere fu ripieno di segni e rumori festivi; poiché si alberarono le regie bandiere, suonavano consuonavano a festa i campanili, rintuonavano le castella, moltiplicati e fragrosi evviva emetteva il popolo affollato su innumerevoli barchette, e sul lito, o sui vani, e sui terrazzi dei più alti edilìzi; così man mano il pontificio naviglio arrivava nel porto del Granatello, dove in mezzo a svariata,

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e festiva esultanza delle innumerevoli persone accorse sbarcava il buon Pio IX,. ricevuto dalle LL. AA. RR. il Principe di Salerno, il Conte di Aquila, e l’Infante di Spagna D. Sebastiano, con conveniente seguito, e poscia toglieva stanza nel real palazzo di Portici, che siede fra le incantevoli delizie di quella regione, le quali invitano gli uomini nella benigna stagione a svagarsi dal pesante e noioso fardello delle cure; e quivi il Santo Padre si riposava dalle sofferte amaritudini; ora peragrando fra quelle liete delizie, ora portandosi nella capitale, ed ora in altri luoghi.

Nel sesto giorno di Settembre vedea Napoli l’aspettato Pontefice, il quale mosso da Portici intorno alle 7. a. m. con conveniente seguito, arrivava poco stante nel napolitano Duomo, il quale dopo avere accolto nelle passate età i Pontefici Innocenzo IV (1), Alessandro IV (2), Celestino V (3), Bonifazio VIII (4),

(1) Innocenzio IV, Sioibaldo del Fiesco, tenne il papato dal 1243 al 1234, tempi nei quali arsero gagliarde contese fra l’Imperio e il Sacerdozio. Egli insidiato nella vita, riparò a Lione, dove nel 1245, congregato on Concilio, scomunicò, dichiarò decadato, e bandi la crociata a Federico II, e morto costui non ritrasse i snoi fulmini contro il Aglio Corrado. Innocenzio portatosi in Napoli, raunava nel Duomo i Cardinali, e per la prima volta dava loro il cappello rosso in segno del sangue che dovrebbero versare in difesa della Chiesa, e dopo non molto usciva di questa vita.

(2) Alessandro IV, dei Conti di Anagni, fa eletto dopo la morte d’Innocenzio IV nel 1234 nella napolitana cattedrale. Nell’anno appresso ad istanza di S. Luigi, Re. stabili gl’inquisitori in Francia, e mori in Viterbo nel 1261.

(3) Celestino V, pugliese, dell’ordine dei Benedettini, e fondatore di un nuovo ordine che porta il suo nome, ebbe la tiara nel 1234 in quella istessa cella ove macerava sua vita fra le più aspre austerità. Dopo il lasso di 5 mesi abdicava al papato; e due anni dipoi moriva in un castello della Campania. Fu canonizzato da Clemente V.

(4) Bonifacio VIII, napoletano, successe a Celestino nel 1294.

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Era il 26 di novembre dell’anno scorto ed lo, in compagnia del più pio tra i Sovrani e dell’augusta Sua Consorte, m inoltravo in uno scoglio, il quale conserva la pia tradizione de’ miracoli avvenuti nel momento, in cui Gesù Cristo spirava sul Golgota, cancellando col suo preziosissimo sangue il chirografo della nostra eterna condanna. In quel giorno, prostrato avanti ad un’ immagine del Crocifisso, anzi più, avanti all’augustissimo Sagramento, pregavo la pace pel Sovrano,

Contese con l’imperatore Federico, e Filippo il Bello. Fulminò le celebri bolle Clericis laicot e Ausculta fili, delle quali l’ultima fa condannata alle fiamme da Filippo il Bello. Cedé al fato comune nel 1303 più pei forti dispiaceri, che per gli anni.

(1) Urbano VI, Bottillo di Napoli, Arcivescovo di Bari, assumo al pontificato alla morte di Gregorio XI nel 1378, principio del te. legatissimo scisma, che tenne in parli la Cristianità infino al 1389, epoca della sua morte. Decise il Re di Ungheria a spinger Carlo di Durazzo contro Giovanna di Napoli. Bandita scomunica e la crociata contro Luigi, Duca d’Aogiò. Poscia si ruppe con Carlo, lo assediò invano in Nocera, quindi esulò in Salerno, in Sicilia, in Genova, e lilialmente, morto Carlo, ritornò a Roma, donde sarebbesi insignorito di Napoli, ove il falò non lo avesse spento.

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che mi accompagnava, ed imploravo anche su voi, figli dilettissimi di qualunque ordine e grado siate, la benedizione. Ignoravo allora i decreti della Provvidenza, che doveano compirsi sopra di me, ignoravo che potessi recarmi Io stesso fra voi, e darvi nuovamente questa benedizione. Questa benedizione, adunque, Io la imploro sopra di voi, e specialmente sul giovine Clero, perché possiate, figli dilettissimi, conoscere doveri del proprio stato; ed il popolo, il quale ora più che mai, avvolto in tenebre che semprepiù si addensano, ha bisogno di una Iute, che lo guidiche lo illumini a conoscere le insidie che ad ogni istante gli vengon preparate, vegga in voi la sua guida: siatelo coll’esempio, colla parola, colla carità. Studiate figli dilettissimi, i pericoli annessi al vostro stato per evitarli; ed imparerete a studiarli ed evitarli, se porrete attenzione a tutto quello che in questi giorni tanto spesso vi si ripete nel luogo della vostra ecclesiastica educazione. Siate adunque benedetti nell’anima, e questa creata ad immagine di Dio, sia come lo deve la copia del divino originale, che è Gesù Cristo; siate benedetti nei vostri studi, nelle vostre preghiere, in tutto. Con questa intenzione adunque vi dò la Pontificia benedizione, e voi prostrati, ricevetela (1).

Bipartiva in seguito per Portici il S. Padre, lasciando in dono alla chiesa cattedrale il calice d’oro col quale avea Egli celebrato la messa.

Nel giorno appresso il Corpo Diplomatico presso Sua Beatitudine, si portava nella Reggia di Portici per attestargli i più sentiti sensi di ossequio, e di ammirazione, che l’Ambasciadore di Spagna D. Francesco Martinez de la Rosa esprimeva a nome dei suoi Colleghi. Rispondeva benignamente il Santo Pontefice, rendendo grazie della premura mostrata per Lui;

(1) D’aloe. Diario della venata e soggiorno in Napoli di Sua Beatitudine Pio IX P. M. pag. 8.

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toccando delle passate vicende politiche, e segnatamente della necessità dell’ordine e della pace in Roma, donde si diffondono le pacifiche aure per ludo il resto della Cristianità; e per ultimo non trasandato di ripetere sensi di gratitudine verso Re Ferdinando, il quale tanta provvida od amorosa cura prendeva di Lui.

Lo stesso Corpo diplomatico poco stante recavasi nella Reggia di Napoli, ed al Sovrano così si esprimeva per mezzo dello stesso Ambasciadore Spagnuolo. «Sire. Il Corpo diplomatico accreditato appo la Santa Sede, crede compiere un dovere affrettandosi di offrire a Vostra Maestà i suoi rispettosi omaggi. Avendo seguito il Sovrano Pontefice nella contrada che gli è servita di asilo, noi siamo stati testimoni della sollecitudine tutta filiale di Vostra Maestà per fare obbliare al suo ospite venerando di trovarsi Egli sopra una terra straniera. E Vostra Maestà vi sarebbe riuscita se il cuore di Pio IX potesse dimenticare le sventure e le sofferenze dei suoi popoli. La causa della giustizia, grazie a Dio, è trionfata; e quando nell’avvenire si farà menzione di quest’epoca sempre mai memorabile, dopo aver renduto omaggio alle virtù veramente evangeliche che il Santo Padre ha manifestate in questi giorni di pruova, vi si associerà il nome del Sovrano, che gli ha dato nei suoi Stati un’ospitalità sì degna di un Monarca».

Re Ferdinando rispondeva, che era troppo sensibile alle esternazioni fatte; che riguardo alla ospitalità del Pontefice avea fornito il dovere di cristiano cattolico; che era grato a Lui e a tutti il considerare il prossimo termine delle amaritudini del Santo Padre, con tanta rassegnazione portate; e che avea con piacere ammirato in tali emergenze le qualità dell’intiero Corpo Diplomatico, e la divozione verso del Pontefice.

Medesimamente il Nunzio Apostolico, Monsignor Garibaldi, presentava al nono Pio,

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il Corpo Diplomatico

Nel giorno 9 Settembre il Santo Padre tornava in Napoli, e benediceva dal maggior verone della Reggia che mette al largo di palazzo, le milizie, che per la devota ed antica funzione di Piedigrotta eran venute in Napoli. Molto solenne fu quel momento. Le indrappellate schiere ricinte da immensa calca di popolo, prostrate reverenti; il Supremo Sacerdote da mezzo la reale loggia che impartiva la benedizione; un altissimo silenzio interrotto soltanto da ripetuti evviva al S. Padre, ed al Re, dal suono delle militare bande, e dal rintuonare delle castella. Per tal modo l’armata andava lieta di esser benedetta da Colui pel quale avea versato sudore e sangue.

Sette giorni di poi, dallo stesso luogo spandeva la pontificale benedizione sul popolo, il quale si era affollato grandemente nel largo della Reggia fin dalle prime ore del giorno, conosciuto appena, che il Supremo Sacerdote veniva a quel fine. Intanto nell’atto istesso di sì soavi e magnifiche funzioni, nelle quali si pregava pace al Sommo Datore è” ogni bene, non mancarono i turbolenti e infami tentativi. Nel giorno della festa di Piedigrotta mulinavasi il disegno di produrre un socquadro, traendo partito dal molto popolo che in quella circostanza affluisce in Napoli; e si faceva invito alla rivolta con sedizioso proclama; ma nulla si concluse; poiché i Napolitani a tutt’altro pensano, e molto meno a rivoluzioni, nella ricorrenza di quella festa in cui si abbandonano ad ogni maniera di letizia. Frustrati rimaneano, ma non disconfortati i sediziosi; di maniera che vennero nel pensiero di fare il colpo nell’altro giorno in cui la solenne benedizione del Pontefice dotta effeltuirsi. Apparecchi e proclami seguirono alla congiura, ma nessuno effetto ai disegni; poiché avanti la prefissa ora udissi uno scoppio, la gran folla trepidò,

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e poscia tutto si rimise in calma. l’autore dello strepito fu imprigionato, ed alle autorità rivelava, che egli era mandatario della setta dell’unità italiana, e clic in quella occasione con quel mezzo dovea cagionare tumulto, durante il quale sarebbe susseguito il massacro di determinate persone. Volle però il benigno Iddio, che lo scelerato proposito non sortisse il suo. effetto; poiché io contrario sarebbe susseguita una orrenda strage, segnatamente perché molti innocenti e teneri bambini, e caste giovanetto eran raccolte in quello spianato.

Tramutavasi sovente il buon Pontefice da Portici a Napoli, e ai conterminali paesi e città per far pago il desìo di varie congreghe, stabilimenti monastiche famiglio e di altri, e tutti ammetteva al bacio del sacro piede, e sopra tutti invocava celestiali benedizioni, né si rimanca dall’andare osservando con diligenza le migliori e più meritevoli cose, e lasciava dappertutto grata e non peritura memoria di sua visita. Ebbero pertanto la sorte di vederlo in diversi tempi il Reale Albergo dei Poveri, Piedigrotta e i vicini conventi delle Suore Francescane,. o delle Fiorentine, delle Carmelitane dei SS. Giuseppe e Teresa; i monasteri di S. Chiara, di S. Patrizia, di S. Maria di Gerusalemme, di Regina Coeli, di S. Gregorio Armeno, di S. Giuseppe dei Rulli, di Donnaregina, del Gesù delle Monache; il 1.° e 2.° Educandato Regina Isabella Borbone; il Museo Reale Borbonico; l’Ospedale degl’Incurabili, quello dei Pellegrini, che 35 anni avanti aveva visitato da viaggiatore! i monasteri di S. Maria della Sapienza, di S. Andrea Apostolo, di S. Giovanni Battista, della Croce di Lucca, dei benedettini de’ SS. Severino e Sossio; la Congrega di S. Ferdinando, della Madonna delle Grazie; la casa di Suor Orsola; il romitaggio della SS. Concezione; il monastero delle Salesiane; le reali Arciconfraternite di S. Giacomo degli Spagnuoli; dei Bianchi; la Chiesa e la Casa della Compagnia di Gesù;

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il monastero del Divino Amore; la Chiesa di S. Paolo, di S. Maria Egiziaca al Lavinajo, della Sanità, di S. Maria della Misericordia, di S Giuseppe dei nudi; il monastero delle Cappuccinelle a Pontecorvo; la regia basilica di S. Francesco di Paola, innanzi al cui largo, ricorrendo il dì 8 Dicembre la festa nella quale l’armata dà solenne culto alla sua divina Proteggitrice, erano intrappoliate le milizie terrestri, e navali, le quali furon benedette dal Sovrano Pontefice in quella, che i castelli tuonavano. Visitava in altri giorni l’Ospizio di S. Gennaro dei Poveri, e le celebratissime catacombe, culla della napolitana religione; il palagio di Capodimonte; il nuovo camposanto sebezio, dove pregò pace sempiterna per gli estinti. Si portava benanche nelle città e nei paesi conterminali. Nel giorno 8 di Ottobre per la strada di ferro si condusse a Pagani; fu nella chiesa dei Liguorini, dove, dopo celebrata la messa, si accostò all’urna che rinserra il corpo di S. Alfonso de’ Liguori, e presane devotamente la destra baciolla, e misela in contatto della sua fronte, e poscia toltosi il prezioso anello dei suo dito, lo pose rispettosamente a quello del Santo. Poco poscia portavasi a Salerno con S. M. il Re, e S. A. il Conte di Trapani, i quali si eran condotti all’insaputa io Nocera per onorare e accompagnare il Padre Santo. Un gran brulicame di gente dei circostanti paesi, e di Salerno istessa ingombrava le strade, e devotamente manifestava il suo giubilo per la visita del Pontefice, il quale, ricevuto già da tutte le salernitane Autorità, si portò nella Cattedrale di S. Matteo, e vi osservò tutte le mirabili cose di che va conta. S’ inchinò innanzi alla tomba del rinomatissimo Ildebrando, Papa Gregorio VII, ed orò avanti a quella dell’Apostolo S. Matteo. Poi benediceva

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Correndo nel 15 Ottobre il giorno onomastico di S. M. la Regina, si portava il buon Pontefice a Caserta, ove la Real Famiglia stanziava, e ricevutovi con le solite manifestazioni di rispetto, attese fra le altre cose, a beare

10 sguardo sulle magnifiche e stupende delizie di Caserta e di S. Leucio, e benedisse dalla gran loggia del palazzo una immensa calca di popolo, che fin dalla prima luce gremiva quell’amplissimo spianato; e in sull’annottare si restituiva per la ferrea via nella sua residenza di Portici.

Nel 22 di Ottobre recavasi a pascer la Sua dotta curiosità a Pompei, la quale in quel di, smesso il silenzio di morte che vi regna da 18 secoli circa, fu popolata all’intorno di molta gente accorsavi a venerare il S. Pontefice, e qui e colà verdeggiante per verdi rami variamente intrecciati, e vivificata per molti fiori. Le magnificenze, e la sventura suprema della rediviva città formarono l obbietto di molte ore di permanenza, durante la quale non si trasandò di fare eziandio un saggio di scavamento, cui assistè il Pontefice con molta soddisfazione. Terminata la visita a Pompei, Pio IX si portava a Castellamare, a Vico-Equense, a Sorrento, a Meta, e rientrava nella Sua residenza di Portici a notte innoltrata, in mezzo alle festive manifestazioni di rispetto, accresciute immensamente da larga illuminazione che lunghesso le vie dileguava la notturna oscurità. Ai 25 Ottobre si portò a visitare

Il teatro e gli scavi dell’antichissima città di Ercolano, la quale fu pari a Pompei, dall’ira del Vesuvio oppressa.

Ai 30 di Ottobre volgeva i passi pei Suoi Stati a Benevento, e per tutte le strade e i paesi del nostro rea,

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Non è immaginabile con quali modi fosse ricevuto nel beneventano il S. Padre; i quali in verità erano un argomento di quella salda devozione, da cui non si erano giammai alienati i sudditi pontificii durante la ribellione dello Stato Romano, che fu opera di una casta risultante per lo più da forastieri. Nel secondo giorno di Novembre ritornava nel napoletano regno, e nella sua residenza di Portici.

Nel mattino del 7 Novembre si condusse nel Santuario di S. Filumena in Mugnano del Cardinale, dove già eran convenuti il Re e la Regina, e gli augusti Principi. Visitò la casa delle Suore della Carità, donde benedisse il popolo affollato nella sottoposta piazza. Indi in compagnia di S. M. il Re e del Conte di Trapani, portossi a Nola, dove visitò l’episcopio, i monasteri di S. Chiara, del Collegio di Canonichesse lateranensi, e di S. Maria la Nuova. Poscia andò ad osservare i celebratissimi ponti della Valle, dai quali si passò a Caserta, e finalmente a Portici.

Ritornava a Caserta per celebrare in quella Regia la festività del S. Natale, nel far della sera dei 24 Dicembre, aspettato e ricevuto coi soliti segni di venerazione e di amore dalla Real Famiglia; vi dimorava il vegnente e l’altro dì fra religiose funzioni, in cui rifulse la pietà, è la divozione della Real Famiglia. Ai 27 del cennato mese, essendo il giorno onomastico del Sommo Pio, vi fu in Portici convenio d’illustri personaggi per umiliare sentiti auguri per la sua preziosa vita; né tardarono ad accorrervi per lo stesso scopo il Re, la Regina e tutti i Principi e Principesse Reali.

Entrava il novello anno 1850 e si appressava al suo termine la pontificia dimora io Portici, e il buon Pio ment

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Neil’undecimo dì di Marzo il Cardinale Antonelli Pro-Segretario di Stato, convocati i Ministri delle quattro Potenze Cattoliche, che aveano ristaurata con le armi la legittima autorità nello Stato Pontificio, tenne conferenza diplomatica pel ritorno di Sua Santità nel suo Seggio; che nel seguente giorno annunziava al Corpo Diplomatico presso il romano governo con la seguente nota.,,

Fatta doma dalle armi cattoliche la ribellione, che tanto travagliò i sudditi pontificii nelle trascorse vicende, videsi con plauso universale dei buoni, ripristinarsi a poco a poco negli stati della Chiesa il legitimo governo. Rimaneva solo a compimento dei voti del cattolicismo e dei sudditi devoti al proprio Sovranoil ritorno del Sommo Pontefice alla Sua Sede.

Varie difficoltà si frapposero fin qui a ritardarlo, e specialmente il desiderio vivissimo, che il Santo Padre nudriva di poter soccorrere ai bisogni dello Stato.

Conseguitosi ora questo scopo, ha Egli risoluto di restituirsi nei suoi temporali dominii nei primi dì del prossimo mese di Aprile.

Si confida il Santo Padre, che la mano del Signore, da cui furono guidate le Potenze accorse con le loro armi alla santa impresa, si degnerà benedire quei provvedimenti, in che non lascia di occuparsi pel migliore benessere dei suoi sudditi. Né dubito punto che le Potente tutte, con le quali la Santa Sede è in amichevoli relazioni,

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siccome concorsero con la loro influenza morale e materiale, ciascuna per la tua parte, a ristabilire il Sommo Pontefice nel pieno e libero esercizio della sua autorità, cosi animate da eguale e costante interessamento saranno per garentirlo nella sua libertà, ed indipendenza indispensabile al governo universale, della Chiesa, ed alla pace di essa, che i pur quella d’Europa.

Dal real Palazzo di Portici 12 Marzo 1850 – Firmato ANTONELLI.

Ai 14 Marzo il Sommo Pontefice mandava a S. M. il Re, ai Reali Principi e a tutti coloro che avean fatto parte della spedizione di Roma una medaglia di bronzo, fatta coniare in memoria dello intervento delle armi cattoliche per fugare la ribellione romana, la quale di forma rotonda ha in una delle sue facce il triregno con le chiavi, ricinto da queste parole sedes apostolica romana, e Dell’altra queste altre Pius IX Pont. Max. Romat restitutut catholicis armìs coUatis MDECCXLIX. Oltre a questa medaglia venivano distribuiti vari ordini cavallereschi per lo stesso scopo. ‘

Sua Beatitudine nel giovedì santo recavasi a Caserta, dove ricevuto con la solita devozione dagli augusti Componenti della Real Famiglia, vacava alle altissime funzioni che la Chiesa celebra in quel giorno, tra quali la lavanda dei piedi di 13 sacerdoti da Lui fatta, e la cena degli apostoli. Passava la pasqua in Portici in unione della Real Famiglia, che Egli invitò alla mensa pasquale.

Divulgatosi intanto il prossimo ripatrio del Vicario di Cristo, accorrevano in Portici gran numero di distinti personaggi per baciargli il sacro piede, ed umiliargli tutti i possibili auguri. I Corpi Diplomatici residenti presso la S. Sede ed il napolitano governo, nel 1.° Aprile a tal debito adempierono, e poco poscia l’Intendente della provincia di Napoli, il Sindaco e il Corpo della Città di Napoli

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Tutti con lieto viso riceveva il S. Padre, a tutti memorande e benigne parole diceva. Al Clero secolare di Resina cosi parlò.

Giacché la divina Provvidenza «i è degnata farmi tornare alla Sede apostolica romana, tappiate, figli dilettissimi, che se il Mio corpo i lontano da voi, il Mio spirito però sarà sempre a voi rivoltonon potendo giammai obliare la filial divozione, che tante occasioni mi avete dimostrato. E per darvi un segno di quanto io sia penetrato di ciò, vi lascio la bianca pianetadi cui io stesso ho fatto uso nel santo sacrificio della Messa in tempo della mia dimora tra voi; acciocché in mirandola vi ricordiate di Me, e mi raccomandiate alla SS. Vergine di Pagliano.

Consimili parole tenne al Clero di Portici, a coi donò la pianeta rossa da Lai usata in Portici, dicendo che lo avessero raccomandato a S. Ciro.

Nel giorno 2 Aprile si portavano nella pontificia stanza molti altri personaggi regnicoli, e stranieri per altri augurii; fra quali l’Arcivescovo di Napoli col Capitolo metropolitano, il Cardinale Dupont con parecchi affiliali della squadra francese ancorata nella napolitana rada; una deputazione delle magistrature e della nobiltà di Benevento; i Capi della real Corte; i Componenti del Consiglio di Stato; i Gentiluomini e le Dame di Corte; la Beai Principessa di Sassonia.

Passato di un’ora il mezzodì del 4 Aprile, osciva dalla porticese Reggia il Sommo Pio IX, e per la ferrea via alla sua Roma si avviava. Si fermò a Caserta fra i segni più vivi di affettuoso rispetto della Real Famiglia; nella dimane dopo benedetti la religiosissima Maria Teresa e i suoi Figliuoli, continuava il viaggio accompagnato dal Be e dal Principe Ereditario. Discendeva in Capua, e dopo desinato nell’episcopio accennava a Sessa, nel cui palazzo vescovile passò la notte; e nella dimane, 6 Aprile,

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Vicario di Cristo discese di carrozza, e porgendo l’addio al religiosissimo Ferdinando II, ed al suo diletto figlio Duca di Calabria, che inginocchioni e riverenti gli stavano dinanzi, così con maestosa affabilità disse. Vi benedico, o piissimo Re Ferdinando di Borbone; benedico la Vostra augusta Casa; benedico il Vostro regno, benedico il Vostro divoto popolo. Non saprei come meglio esprimervi la mia riconoscenza per l’ospitalità, che Mi avete dato. Il Re tutto commosso rispose. Non ho fatto niente…. non ho che adempito al dovere di cristiano.. Ed il Santo Pontefice ripigliò La vostra filiale affezione fu grande e sincera, e cosi parlando alzò di terra il Be, lo strinse al cuore, gl’impresse due affettuosi baci nelle guance, e senz’altro risalì in carrozza, e continuò il viaggio (1).

(1) Il buon Pontefice serbò sempre grata memoria dell’affettuosa ospitalità che si ebbe dal nostro Re. In un solenne concistoro tenuto poco dopo il suo arrivo a Roma per protestare contro le cose avvenute in Piemonte in danno della Santa Sede, così parlava.

» Pertanto dopo il nostro ritorno dovendo parlarvi per la prima volta, ci è d’uopo principalmente rendere grazie infinite all’Onnipotente per tanti benefìcii compartitici, e lodare meritamente quelle illustri nazioni e principi, che mossi da Dio medesimo furono ben lieti nel rendersi benemeriti di Noi, e di questa sede apostolica, e nel tutelare e difendere con le loro forze, col loro senno e con le loro armi i dominii temporali di santa Chiesa, e ridonare la quiete e l’ordine a Roma, ed allo stato pontificio».

» Giustamente esige la nostra gratitudine e il nostro encomio il carissimo figlio nostro in Gesù Cristo Ferdinando II Re del regno delle Due Sicilie. Imperocché per l’esimia sua religione, fatto appena consapevole dal nostro arrivo in Gaeta,

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Seguì con l’occhio il piissimo Re il pontificio convoglio infin che non disparve.

Non è possibile ritrarre la esultanza, e la gioia dei sudditi nel rivedere dopo 16 mesi il loro amato Sovrano, Pio IX. Accorrevano da ogni banda, anche lontana, e intorno alle vie per le quali transitava, in festevole ossequio si muovevano. Una immensa folla agitando rami di ulivo ricuopriva i campi di Velletri, già dalle repubblicane turbe contaminati. Trionfante entrava il Pontefice nella sua Roma. La basilica di S. Giovanni riccamente addobbata; i campanili squillavano a festa; i marziali bronzi tuonavano; tutti gli edilìzi ricoperti di drappi; le vie gremite di fiori e di foglie; l’armata francese attelata lunghesso il passaggio; l’acre assordato da infiniti evviva al mansueto Pio IX, e da soavi melodie delle militari bande, archi bellissimi qui e colà innalzati. Da S. Giovanni Luterano il Sommo Sacerdote si portò a S. Pietro; accompagnato dai Cardinali, dal Corpo Diplomatico. né col sopravvenire della notte posò la romana esultanza; ma altre forme assunse, ed in altri modi si accrebbe: un oceano di luce si spandeva dagli edilìzi pubblici e privati, e le tenebre notturne dileguava, la cupola più che altri come sole splendeva. Il popolo a gran calca si aggirava in tranquilla festa per l’appagata città.

senza frapporre indugio, insieme all’augusta sua sposa Maria Teresa corse a noi, e pieno di gioia per l’occasione offertasi di dare al Vicario di Cristo in terra argomenti di sua singolare pietà, e di filial devozione ed ossequio, ci albergò generosamente, né mai si restò, durante il tempo della nostra dimora nel suo regno, di ricolmarci con ogni maniera di officiosità, siccome foste voi stessi testimoni di vista, venerabili fratelli. E poiché altre nazioni ancora concorsero a difendere il civile principato di santa sede, la Maestà di quel Re volle eziandio capitanare le sue truppe. I quali singolari meriti verso Noi e la sede apostolica di si religioso Principe sono talmente impressi nel nostro cuore, che la loro memoria non ti cancellerà giammai per volgere di tempo».

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Per tal modo il Vicario di Cristo ti posava «al seggio dal quale una infame e balda consorteria avea cura» lo di sbalzarlo, dimenticando nel miglior punto le forti e solenni parole uscite già dalla stessa bocca del Figlio di Dio. Tu sei Pietro, e su questa Pietra fonderò la mia Chiesa, e le porte dell’Inferno si adopreranno invano contro di lei.

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa2s/03_Storia_di_Ferdinando_II_Regno_due_Sicilie_1830_1850_libro_I_II_II_Giovanni_Pagano_2011.html#PIO

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