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Lega Italica e Lega Balcanica: due esempi di federalismo integrale

Posted by on Ago 6, 2024

Lega Italica e Lega Balcanica: due esempi di federalismo integrale

Parlare di convivenza di tutti i popoli all’interno di una determinata area geografia non è talmente facile anche di fronte all’ignoranza dei governi europei e filo-occidentali, dove al loro interno regna impunemente la tirannia d’élite che esercita una politica basata sul solo soddisfacimento degli interessi personali, ideologici e stranieri, senza badare alle condizioni del suo popolo fino a quando saranno costretti ad affrontare una serie di conseguenze negative.

Purtroppo l’Occidente ha permesso e, senza alcun dubbio, imposto ai governi europei e di alcuni continenti di seguire il modello della “modernità” che, guarda caso, si fonda sul centralismo neocoloniale, sull’oligarchia, sulla partitocrazia e sulla libera ingerenza degli stranieri di diversa professione (diplomazia e imprese multinazionali) ai danni delle civiltà di quei popoli purtroppo vittime dei propri governi complici e collusi con l’Occidente e con la propria tirannia d’élite. È normale che un popolo si arrabbia quando si sente interamente privato dei suoi diritti e delle sue libertà, causando però conflitti civili ed etnici. Quindi il federalismo può e deve rappresentare una soluzione fondamentale per porre fine a quei conflitti di uno o più popoli per rendere la loro area geografica un luogo di pura convivenza multietnica. Se di fatto vogliamo parlare di un possibile multiculturalismo, allora possiamo procedere a prendere due esempi fondamentali e necessari di un federalismo integrale e non illusorio: la Lega Italica e la Lega Balcanica. Queste due forme di federalismo hanno avuto origini storiche diverse, sebbene avvenute nel Continente europeo, ma in seguito hanno avuto una particolare evoluzione storica arrivando a influenzare positivamente i popoli e i loro legittimi governi. La Lega Italica nacque nel 1454 dopo la stipula della Pace di Lodi da parte dei cinque Stati italiani (Ducato di Milano, Repubblica di Venezia, Regno di Napoli, Stato Pontifico e Repubblica di Firenze) che pose fine la guerra di acquisizione territoriale tra Milano e Venezia. Attraverso quella Pace instaurata si verificò nella penisola italica non solo un periodo di pace ma, soprattutto, la realizzazione della prima e vera unità d’Italia, ossia l’istituzione della famosa “Lega Italica” che si fondò sulla politica dell’equilibrio e sulla lotta alle ingerenze straniere che in Europa, nel Quattrocento, furono condotte da alcuni Stati potenti, in particolare dal Regno di Francia. Ad essere i promotori e difensori di questa importante Lega non ci furono solamente i sovrani Lorenzo de’ Medici e Francesco Sforza, come la storiografia coloniale vorrebbe farci credere, benché ne presero parte anche Alfonso V d’Aragona, un sovrano di Napoli di fatto illuminato con l’impegno di difendere lo Stato napolitano e i suoi sudditi (soprattutto con la diminuzione della pressione fiscale), e il pontefice Niccolò V. Questa volta non è altrettanto vero che gli Stati italiani continuarono a farsi influenzare dalle potenze europee ma avevano assunto un impegno molto fondamentale che rimarrà nella storia della penisola italica, un notevole esempio di rispetto della diversità dei popoli e del loro dovere di salvaguardare la propria penisola dai pericoli dalle mire espansionistiche straniere. Purtroppo la Lega Italica durò per 40 anni, a causa della morte di alcuni sovrani illuminati, in particolare Alfonso V d’Aragona nel 1455 e Lorenzo de’ Medici nel 1494, lasciando che la penisola italica divenisse la terra di conquista, anche se lo Stato della Chiesa si impegnò ad essere mediatrice delle guerre di acquisizioni territoriali da parte delle potenze europee ma rimanendo come figura di unità territoriale-spirituale della penisola italica. Infatti è proprio così perché la Chiesa cattolica-romana, oltre nell’aver contribuito a dar origine in Europa le prime radici cristiane, si assunse il ruolo di difendere e di mantenere integrata l’intera penisola italica dalle minacce esterne ed interne, per cui va considerato positivamente un privilegio che l’Italia abbia mai ottenuto nel corso della sua storia. Il dovere di integrare e rispettare i popoli all’interno di un’area geografica non dipende solamente dalla religione ma anche dalle tradizioni civili popolari che, attraverso la condivisione dei suoi principi etico-morali, che dettero origine varie ideologie di unificazione dei popoli. Se nella penisola italica nacque il neo-guelfismo, la corrente federalista-cattolica promossa dal padano-sabaudo Vincenzo Gioberti ma condiviso anche dai repubblicani e liberali, in particolare dal padano Carlo Cattaneo e dal napolitano Pietro Calà-Ulloa, con lo scopo di rendere l’Italia in una confederazione di Stati italiani sotto la presidenza del papa, ma ovviamente gli intellettuali non furono gli unici sostenitori di tale ideale perché lo supportarono sia i principi italiani (Ferdinando II di Borbone, Papa Pio IX, Leopoldo II di Toscana, Ferdinando IV di Toscana, Francesco V d’Austria-Este e gli Asburgo austriaci) sia i popoli preunitari, anche se il pericolo dell’espansionismo politico e militare non proviene solamente dalle potenze europee, tra cui la Gran Bretagna, ma anche da un altro Stato preunitario italiano, ossia il Regno di Sardegna in cui i Savoia, responsabili di aver causato miseria e pesante tassazione ai padani-sabaudi e ai sardi, inaugurarono la loro impresa di conquista tentata nel 1848 ma fallita per colpa dell’inaffidabilità della stessa dinastia francofona in quanto tradì il sacro ideale di federalismo italiano auspicato dagli altri principi italiani e continuava a tradirla riuscendo a raggiungere il suo ceco obiettivo di occupare i popoli italiani tra il 1859 e il 1870 dietro l’aiuto e la protezione della Gran Bretagna e della Massoneria internazionale, dando origine il cosiddetto “Regno d’Italia” che nei fatti fu uno Stato coloniale a tutti gli effetti vista la forzata prevalenza della legislazione piemontese-sabauda che era arretrata e poco civile, allora in quegli anni il destino dei popoli balcanici sarà storicamente diverso da quello vissuto dai popoli d’Italia durante gli anni del colonialismo sabaudo. Però c’è da dire che anche i Balcani hanno avuto un proprio federalismo identico a quello italico del 1454, ovvero basato sulla salvaguardia dei popoli e della stessa area geografica dalle minacce esterne con mezzi pacifici o con l’uso della forza militare. La Lega Balcanica, nata nel 1912 in quella penisola fortemente scossa dai risvegli dei nazionalismi dei quattro popoli slavi (Regno di Serbia, Regno di Bulgaria, Regno del Montenegro e Regno di Grecia) contro il dominio turco-ottomano nei territori di Macedonia e Tracia, per non parlare anche dello scontro diplomatico tra la Serbia e l’Impero Austro-ungarico per la questione bosniaca che avrebbe portato, infine, allo scoppio della prima guerra mondiale. Di fatto l’origine di tale e citato conflitto mondiale deriva propriamente dalle guerre balcaniche quando le truppe degli Stati membri della Lega Balcanica respinsero le truppe ottomane dai territori ben pretesi dalle monarchie balcaniche, tra cui la Bulgaria che, con la sua pretesa di voler ottenere la Macedonia, dovette pagare il prezzo con la seconda guerra balcanica, dovendo poi cederla alla Serbia monarchica. Quindi la Lega Balcanica ha avuto un inizio caratterizzato dalla collaborazione dei quattro Stati balcanici desiderosi di liberarsi dall’Impero ottomano ma non ha avuto una fine gloriosa per via dell’affermarsi dello sciovinismo manifestato dai nazionalisti serbi per la Bosnia e da quelli bulgari per la Macedonia. Da qui si può pienamente comprendere che la Lega Italica e la Lega Balcanica hanno avuto gli stessi obiettivi ma l’unica differenza esistente tra le due forme di federalismo furono le loro evoluzioni storiche e le conseguenze: l’Italia, a causa del tradimento dei Savoia per l’ideale del federalismo cattolico che rappresentava l’unica e condivisa soluzione per salvarla dalle ingerenze straniere, dovette subire il giogo di un ingiustificato e illegittimo colonialismo padano riconosciuto e legalizzato dalla monarchia sabauda prima e dalla repubblica dopo, con una serie di leggi spacciate dal razzismo unitario come “moderne” ma in verità attinenti alla arretrata legislazione piemontese che distrussero vilmente le civiltà dei popoli della Napolitania, della Sicilia e della Sardegna; invece i Balcani conservarono l’eredità dello slavismo, principio ispiratore della Lega Balcanica, che successivamente si mutò in jugoslavismo, il quale, dopo anni di colonialismo centralista e autoritario filo-serbo dei Karađorđević e di terrore nazionalista dei regimi filo-nazisti (Ustascia croati di Ante Pavelić e cetnici serbi del generale Draža Mihailović), divenne federalista per iniziativa del Maresciallo Tito che, nonostante fosse coinvolto per i fatti delle Foibe, guidò il risorto paese balcanico dal 1945 al 1980 attuando una sorta di “via jugoslava al socialismo” o un comunismo nazionale jugoslavo, cioè la conciliazione tra l’ideologia marxista-leninista e le tradizioni civili-religiosi dei popoli sotto la guida di un leader che li potesse unirli in nome della Fratellanza e Unità. Attraverso tale condotta politica che rese la Jugoslavia di Tito un Paese neutrale e rendendo efficace la dottrina federalista tant’è che la società civile jugoslava divenne multietnica, più convivente e meno lotte fratricide, nei cui confronti Tito impedì lo sviluppo di un determinato nazionalismo estremista slavo. Purtroppo con la sua morte i nazionalismi estremisti sorsero maggiormente attraverso la propaganda revisionista e la presa di potere nei propri Stati federali jugoslavi durante le elezioni politiche del 1990 dopo lo scioglimento della Lega dei Comunisti di Jugoslavia, con la conseguenza dello scoppio del violento conflitto etnico durato per 13 anni, mettendo fine alla secolare esistenza della Federazione jugoslava che garantiva ai popoli costitutivi pace e tolleranza vera, a differenza dell’Italia padana che, attualmente, continua a rendere impunito, soprattutto in modo costituzionale, il razzismo unitario dopo aver approvato la porcheria dell’Autonomia Differenziata, legalizzandolo ancor di più. Però c’è un detto proveniente dall’ideale del federalismo cattolico di voler rendere l’Italia “un luogo civile e concorde”, cosa che non avvenne nei primi anni del colonialismo sabaudo. Quindi se vogliamo porre fine al maledetto razzismo unitario allora il federalismo ben voluto, condiviso e auspicato, soprattutto dai nostri antenati napolitani, va attuato per il bene e per l’amore di tutti i popoli d’Italia, anche con la volontà di riunificarla in maniera fraterna e pacifica, ma non solo. Potrebbe essere utile anche per i Paesi ex-jugoslavi nonostante che le sue élite sono complici e usano il nazionalismo per poter conservare il loro potere in modo illecito e al dispetto dei loro popoli. Per concludere lo storico Giacinto de’ Sivo diceva: “l’Italia sarebbe fortissima per le sue naturali ricchezze, per lo stare in mezzo al mare fra Asia, Africa ed Europa e per la coscienza dell’antica e moderna grandezza”.

Antonino Russo

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