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STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI (V)

Posted by on Ago 31, 2024

STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI (V)

L’UNITà D’ITALIA E IA DIVISIONE DI ROMA

(Pubblicato il 13 marzo 1861).

Tra le molte idee bislacche messe innanzi a’ giorni nostri per paliare tristi disegni,Panerai Replica singolarissima è quella del principe Napoleone, che nel Senato francese, il 4 di marzo, dopo di aver perorato tre buone ore per Vunità d’Italia, con logica ammirabile proponeva di dividere Roma, e applicare alla Penisola il giudizio di Salomone.

Un cenno di questa famosa divisione già si trovava nel libello Le Pape et le Congrès, e l’illustre senatore Brignole rispondeva così in sul cominciare del 1860: ?Uomini ciechi, insensati politici! Voi vorreste adunque applicare ai dominii temporali della Chiesa il giudizio di Salomone, e pronunziare il famoso Dividatur! A Pio IX il Patrimonio di S. Pietro, cioè la parte minore: il resto alla rivoluzione! Ah! riflettete che la rivoluzione, questa matrigna dei popoli, applaudirà con entusiasmo alla vostra deplorabile sentenza, ma la Chiesa, che ne è la vera Madre, non potrà, e non vorrà giammai consentirvi (1)?.

Ma dal 1860 al 1861 abbiam fatto dei grandi progressi. Allora trattavasi di dividere in due parti gli Stati Pontificii, ora trattasi di dividere la stessa Roma. E perché il Papa non vuole acconsentire, uscirà a giorni La Gueronière, funzionario dell’Impero, e dimostrerà che Pio IX è ostinatole primaria cagione dei danni che patisce la Chiesa!

Il 7 di marzo il ministro degli affari esteri di Spagna in seno del Congresso dichiarava indegno di seria discussione il disegno di dividere in due la città di Roma. Noi vorremmo sapere che cosa risponderebbe Napoleone III e il suo cugino a chi proponesse di dividere in due la città di Parigi?

(1) Considérations sur la question romaine par le M. is. A. Brignole Sale. Gènes, 1860, pag. 19.

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Anche questa ha la Senna che ne fa due parti, come il Tevere di Roma. Il Bonaparte accetterebbe di restarsene alle Tuilerie, e dare al conte di Chambord il resto di Parigi al di là del fiume?

Noi conosciamo una sola divisione possibile di Roma, divisione che ha già esistito per quattro secoli, e che potrebbe esistere ancora per un po’ di tempo. . E sapete qual è? è Roma esterna, e Roma sotterranea, Roma delle catacombe. Durante la persecuzione della Chiesa, Roma era proprio divisa in due: gl’Imperatori stavano nella città, i Papi sotterra.

Ma appena la persecuzione cessò, ceco Roma restare in potere de’ Romani Pontefici. Sebbene il formale dominio temporale dei Papi non dati che dalla così detta donazione di Pipino, tuttavia a datare dall’impero di Costantino, ossia dalla pace della Chiesa, i Romani Pontefici incominciarono ad esercitare una civile giurisdizione e un’influenza nel governo temporale, come venne dimostrato da Alfonso Muzzarelli (1). Imperocchè lo stato normale del Cattolicismo è che il Papa sia Re, e tutte le volte che il Papa cessò d’essere Re per brevissimo tempo, corsero per la Chiesa giorni di sanguinosa e crudele persecuzione.

Sicché quando vogliasi proprio dividere Roma in due parti, conviene risolversi di ricacciare il Papa e tutti i Cardinali, tutti i Vescovi, tutti i preti, tutti i cattolici nelle catacombe. Il conte di Cavour si va illudendo, o cerca d’illudere gli altri, e ci dicono che la lavorare presentemente in Torino una gran bandiera, dove da una parte sarà scritto evviva al suo Governo trionfante in Roma, e dall’altra evviva a Pio IX Pontefice in Vaticano. In pari tempo il conte di Cavour ba avuto la baldanza di supplicare qualche Cardinale ad indurre il Pontefice a contentarsi della piazza di San Pietro, e cedere il resto al Piemonte.

Castelli in aria, signor Conte! Se volete andare a Roma v’è mestieri gittar la maschera, e imprigionare il Vicario di Gesù Cristo. Voi dovete fare col Vescovo romano ciò che già eroicamente faceste coi Vescovi di Pisa, di Fermo, di Piacenza e d’Avellino. O il Papa è Re, solo Re, Re assoluto, o il Papa è prigioniero. O regna al di qua e al di là del Tevere, o geme nelle catacombe aspettando che Iddio onnipotente giudichi la sua causa. Cercate e ricercate quanto volete, studiate voi, fate studiare il principe Napoleone, vostro amico, e non troverete che Roma possa dividersi altrimenti: o tutto al Papa, o tutto a voi, e il Papa nelle catacombe!

E a questi estremi verrà la rivoluzione. Il signor Zanolini, che tenne la presidenza provvisoria della Camera come decano d’età, l’11 di marzo, nel cederla ad Urbano Rattazzi disse un discorso che è appunto un’intimazione al Papa di prepararsi la stanza nelle catacombe. Ecco alcune parole del Zanolini:

?Roma è essenziale all’Italia; Roma debb’essere la capitale di un gran regno, non di un piccolo dominio. La missione del Pontefice è nobilissima, suprema

(1) Della civile giurisdizione ed influenza nel governo temporale esercitata dai Romani Pontefici, incominciando dall’impero di Costantino fino alla donazione di Pipino re dei Franchi. Roma, 1816.

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la dignità, ma la sua sovranità temporale è una delle più meschine grandezze di questa terra (bene!) che lo rende soggetto a questo o a quel monarca più potente di lui, e gli fa disconoscere l’altezza della sua missione. Senza la sovranità temporale il Capo supremo dei cattolici sarà superiore a tutti, venerato da tutti, soggetto a nessuno? (Vivi segni di approvazione).

Il lettore ammirerà la logica del povero Zanolini. Perché il Papa non sia soggetto, vuole che cessi di essere Re e divenga suddito! Perché il Papa gode un piccolo dominio e la sua sovranità è piccola, il Zanolini la vuole distruggere interamente!

Ma in quale momento osò dire il Zanolini che il Papa-Re è soggetto a questo o a quel Monarca più potente di lui? In un momento, in cui Pio IX resiste solo a Napoleone III! In un momento, in cui gli italianissimi gli cedono una parte d’Italia, e Pio IX non gli vuoi cedere nulla! In un momento, in cui tutto il mondo è pieno della nobile ostinazione e della sublime resistenza del Papa!

Il Zanolini vuole che ?la nazione italiana si consolidi, si fortifichi, si compia, si glorifichi, riponendo in Roma la capitale del Regno?. Noi crediamo invece, che quando la rivoluzione sarà entrata in Roma, finirà per destare la collera di Dio e perdersi da sé. Racconteremo al signor Zanolini una storia, un po’ antica, ma molto istruttiva.

Una volta gli uomini dissero fra loro: ?Venite, facciamoci una città e una torre, di cui la cima arrivi fino al ciclo, e illustriamo il nostro nome prima di andar divisi per tutta quanta la terra. Ma il Signore discese a vedere la città e la torre che fabbricavano i figliuoli d’Adamo. E disse: ecco questo è un sol popolo, ed hanno tutti la stessa lingua: ed han principiato a fare tal cosa, e non desisteranno da’ lor disegni fino che gli abbian di fatto condotti a termine. Venite adunque, scendiamo e confondiamo il loro linguaggio, sicchè l’uno non capisca il parlare dell’altro. E per tal modo li disperse il Signore da quel luogo per tutti i paesi, e lasciarono da parte la fabbrica della città. E quindi a questa fu dato il nome di Babel, perché ivi fu confuso il linguaggio di tutta la terra, e di là il Signore li disperse per tutte quante le nazioni? (Genesi, cap. si).

Coloro, che vogliono dividere Roma, badino che il Signore può dividere loro stessi e disperderli. Il principe Napoleone troverà nelle memorie della propria famiglia esempi eloquentissimi di questa divisione. Napoleone I, dopo di avere diviso Roma dal Papa, e i Cardinali dai Cardinali, finì poi per essere disperso in Russia, diviso dalla Francia e relegato a Sant’Elena, e i Napoleonidi restarono divisi per moltissimo tempo. E il Dio di Pio IX è il Dio di Pio VII, è il Dio che confondeva e disperdeva gli orgogliosi figli d’Adamo nella terra di Sennaar.

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LE FINANZE E LE IMPOSTE

DEL NUOVO REGNO D’ITALIA

(Pubblicato il 9 aprile 1860).

In questi giorni vediamo un eloquente contrasto, n Governo clericale del Papa, spogliato di quasi tutte le sue rendite, avverte i proprii creditori che si presentino a riscuotere gli interessi delle loro cedole, giacché è pronto a pagarli. E in pari tempo in Torino, in questa capitale del regno d’Italia, alcuni nostri amici si presentano per riscuotere il trimestre delle loro pensioni maturato col primo di aprite, e sentonsi rispondere dal Governo italianissimo: Passate un’altra volta, non vi sono danArt. E questa risposta si da pure in Lombardia ai pubblici uffiziali, come ci annunzio il giornate intitolato: II Regno d’Italia e che ben conosce le finanze italianissime.

Il signor Bastogi, già antico cassiere delle finanze di Mazzini e della Giovine Italia, ora è venuto a pigliare il governo delle finanze del nuovo regno d’Italia. Ha dalla rivoluzione egli ha potuto imparare bensì come disperdere le pubbliche entrate, non come riordinarle. Egli però chiamerà in aiuto l’economia politica del conte di Cavour, quell’economia che ha governato il Piemonte dal 4848 in poi, e si riduce a mettere imposte e contrarre imprestiti.

Gli imprestiti già contratti sono tali e tanti che nel 1860 si pagarono di soli interessi più di novantaquattro milioni (L. 94,045,000). E tuttavia bisogna pensare ad un nuovo imprestito. Le finanze sono una Babilonia, e nessun ne capisce nulla. Tuttavia se volete un saggio del nostro bilancio, lo ricaveremo dai calcoli dell’Opinione (N° 97,8 aprile), calcoli fatti a servizio del ministero, epperò molto al disotto del vero. Leggete adunque attentamente.

Nel 1860 noi abbiamo speso 563 milioni (lire 563,302,905). In quest’anno 1861 le spese non saranno inferiori a OTTOCENTO MILIONI, e si può dire che saranno novecento milioni, e forse un bilione. E intanto quali saranno le rendite? Risponda l’Opinione medesima:

?I proventi di tutto il regno, compreso Napoli e Sicilia, pel 1861 non possono oltrepassare 510 a 520 milioni. V’ha anzi più ragione di temere che non si raggiungerà la somma, che da sperare possa essere oltrepassata. Si avrà dunque un disavanzo di 300 milioni. Se mai scoppiasse la guerra, il disavanzo non potrebbe che aumentare così per l’accrescimento delle spese, come per la diminuzione delle entrate?.

Capite? L’ex-cassiere della Giovine Italia ci darà questo italianissimo bilancio.

Primo bilancio del nuovo regno d’Italia.

Entrate

 500 milioni!

 Viva Cavour!

Spese

 800 milioni! !

 Viva Garibaldi!

Deficit

 300 milioni!!!

 Viva l’Italia!

Ma quanto si hanno cinquecento milioni d’entrata e se se spendono ottocento, come si fa ad andare innanzi? Queste domanda e la risposta troviamo nell’Opinione stessa dell’8 aprite. Leggete:

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?Come provvedere a questa situazione, la quale desta fondate apprensioni intorno all’avvenire del nostre credito? Per quest’anno si negozierà un imprestito, ma gl’imprestiti accrescono i pesi degli anni successivi e sono sputanti che, abusali, finiscono per esaurirsi. La rendila nostra è ora a 75. Un imprestito, questo corso aggrava le finanze enormemente, e dimostri come la fiducia sia scossa. Pure sarà giocoforza di sottoporsi ai sagrifizi che la situazione del regna i lo condizioni del mercato pecuniario impongono. Ma se si vuole chiuderò la serie degli imprestiti, se si vuole dare solidità al nostro credito, conviene pensare a far concorrere i popoli secondo i bisogni, ed a ridurre le spese ne’ limiti più ristretti?. .

Bisogna pensare a far concorrere i popoli secondo i bisogni! Ecco la conclusione dell’Opinione e significa bisogna pensare a mettere imposte e sovraimposte’ a squattrinare di qua, a mungere di là, a tosare i Toscani, a premere i romagnuoli, a vuotare le tasche de’ Modenesi, de’ Parmigiani, de’ Napoletani, de’ Siculi. Ecco a che cosa bisogna pensare! E i popoli dovrebbero panare essi la bella sorte che li attende e i frutti che producono le rivoluzioni!

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa/vol_01_01_margotti_memorie_per_la_storia_dei_nostri_tempi_1865.html

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