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STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI (VOL. II)

Posted by on Set 23, 2024

STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI (VOL. II)

STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI

LA STRENNA DEGLI ITALIANISSIMI AL BIMBO REGNO D’ITALIA (Pubblicato il 20 e 21 dicembre 1861 )

Si avvicinano i giorni, in cui soglionsi regalare le strenne ai bimbi, e i nostri Ministri e i nostri onorevoli Deputati ne preparano per le feste natalizie e pel capo d’anno una ricca e solenne ai neonato regno d’Italia. Ohi gli italianissimi non seno come quell’avaro di Rennes,

Qui trépassa le dernier jour de l’an De peur de donner les étrennes.

Essi amano il bimbo regnetto, la pupilla dei loro occhi, l’opera delle loro nani, e vogliono che incominci bene il 1862, e per gennaio gli avranno regalai certa imposte, delle quali si può dire col padre Dante: e mai non furo sirenne o che fosser di piacere a queste eguali! »

Cinque disegni di nuove tasse vennero già presentili alla Camera elettiva dai ministro sopra le finanze, il conte Bastogi, e fin dal 17 dicembre s’incominciava la discussione del progetto di legge sulle tasse di registro. In quest’articolo noi diremo agli Italiani in che cosa consiste la strenna che loro preparano gli italianissimi. Saremo obbligati a scrivere qualche cifra, ma abbiano pazienza i lettori, e badino che oggidì i numeri sono più eloquenti delle parole.

Le cinque tasse che formano la strenna delli signori Bastogi e compagnia da darsi, fra giorni, al bambino regno d’Italia, si chiamano così:

1° Tasse di registro, che comprendono le tasse sugli atti civili e sui contratti, le tasse sugli atti e sulle decisioni giudiziarie, le tasse sulle successioni;

2° Tasse di bollo;

3° Tasse sui beai dei corpi morali di mano-morta;

4° Tasse sulle società commerciali;

5° Tasse sugli atti amministrativi.

II Piemonte, che da tanto tempo gode la libertà, per le cosi dette tasse di registro pagava ogni anno la bagattella di quattordici milioni e ottocento venticinque mila lire. Bastogi trovò che il basto di Gianduia era insopportabile, e colla sua nuova legge lo alleggerisce di un milione e 92$ mila lire. E noi,- Piemontesi, gridiamo: viva Bastogi! Ora veggano gli altri Italiani, se possano ripetere l’evviva.

E prima i Lombardi tiranneggiati dall’Austria. Per le così dette tasse di registro essi già pagavano cinque milioni e 338m. lire. Dopo la legge pagheranno otto milioni e 27m. lire. Piacciono loro questa ciambelle, questi mostazzini alla lombarda, per le feste di Natale?

I Toscani setto il despotismo del Granduca pagavano per le tasse di registro due milioni. Il grande, generoso e liberale Bastogi farà loro pagare iinvece cinque Milioni e 460m. lire. Saranno contenti i Toscani di questo prime pizzico di confetti, di queste paste amatè alla pratese?

― 111 ―

E i Parmensi? Ah! i Parmensi sotto quella ferocissima tiranna, ch’era la Duchessa reggente, pagavano per le tasse di registra L. 756,000. Ma il conte Bastogi fa sedere i cittadini di quel Ducato al banchetto delle nazioni, e aumenta l’imposta ad un milione e 433m. lire. Non sono cari questi diavolini e queste morlacche?

E le Romagne? E le Marche? E l’Umbria? Le Romagne dissanguate da preti non pagavano per le tasse di registro che un milione e 428,981 lire; e fra breve, per bontà del signor Bastogi, pagheranno tre milioni e 10m. lire. E le Marche e l’Umbria che, smunte come sopra, pagavano un milione e 345,700 lire, rigenerate dal signor Bastogi pagheranno invece quattro milioni e 43m. lire. Non sono soavi questi zuccherini, questi confortelli alla borgognona?

Finalmente Napoli e Sicilia sotto il bastone dei Borboni pagavano per le tasse di registro tre milioni e 412,750 lire; fra pochi giorni, benedette dal signor Bastogi e dalla sua maggioranza, pagheranno invece venticinque milioni e 800 mila lire. Non è generoso il sig. Conte? Non è abbondante la sua strenna? Non sono squisite queste boracciate e zeppoloni alla napoletana, e queste castagnolette alla maltese?

Insomma per questa sola imposta intitolata tassa di registro, l’Italia barbara, insieme col Piemonte libero, pagavano ventinove milioni; e l’Italia rigenerata pagherà sessantadue milioni, coll’aumento di trentadue milioni su di una sola imposta! Vivano i torroncini all’indiana, i pan turchi e i biscottini all’anacleta!

Passiamo, se vi piace, ad un’altra tassa, a quella che vien dopo, ed è intitolata tassa sul bollo, e ripetiamo l’analisi, valendoci delle cifre officiali somministrateci dallo stesso sig. Bastogi, che ha preparato la strenna agl’Italiani.

Le tasse, sul bollo aggravavano, il Piemonte rigenerato di cinque milioni 175,800 lire. Il conte Bastogi trovò che il povero Piemonte non era ancora bollato abbastanza, e nella sua immense bontà gli pose sul gallone ancora 234,200 lire, sicché noi Piemontesi pagheremo all’anno pel bollo L. 5,400,000. Mille grazie, signor Conte, militi grazie delle vostre crochignolette!

La Lombardia così infelice ed impoverita dall’aquila grifagna ohe “per meglio divorar due becchi porta”, non pagava pel bollo che due milioni e 740,000 lire. Ma ora bollata italianamente coll’impronta della libertà, pagherà tre milioni e 860,000 lire, e sentirà fluirà con un aumento di L. 636,600. Evviva i coriandoli della libertà e i croatini alla mamalucca!

II Granduca non avea bollato i Toscani che per 800,000 Uro, e l’eroico Bastogi sarà più largo verso i suoi compatrioti, bollandoli invece per due milioni e 160,000 lire coll’aumento di un milione e 860,000 lire. E questi sono i marzapani di Siena e i biscotti alla faentina!

Il ducato di Parma vedrà raddoppiarsi la sua tassa sul bollo, perché mentre non pesava sui suoi cittadini che per L. 300,000, ora il signor Baslogi ne vuole estrarne invece in cifra rotonda 600,000 lire. Godetevi, o Parmigiani, questi bericoccoli, questi baffi mandorlati e questi cornetti!

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E qualche cosa di più pretende il Bastogi da quelle che egli chiama provincie modenesi giacchè prima non pagavano per tassa di bello che lire 300,000, e i sig. Bastogi ne vuoi cavare inveoe L. 720,000, e così un aumento di L. 420,000.

Deliziosa questa stiacciata, non è vero? Care queste sbragatine!

E di più ancora vuole il Bastogi dalle Romagne: sotto il governo del Papa pagavano per tasse di bollo L. 500,000, laddove oggidì le aggrava di un milione e 260 mila lire, aumentando l’antica imposta di L. 760,000. Cotesti sì che sano veri confetti di Tivoli e torroni di Benevento!

E di più ancora dalle Marche e dall’Umbria esige il Bastogi, che prima della libertà pagavano per tasse di bollo appena L. 586,000, e fra breve pagheranno un milione e 680 mila lire col piccolo aumento di un milione e 94 mila lire. Buon prò vi facciano, o Umbri e Marchigiani, cotesti coriandoli del progresso, coteste bracciatelle alla ferrarese!

Finalmente anche gli abitanti del regno delle Due Sicilie avranno dai conte Bastogi il pan pepato. Imperocché essi nelle tenebre dell’ignoranza e negli orrori del dispotismo pagavano per tasse sul bollo due milioni e 863 mila lire, mentre a giorni pagheranno dieci milioni e 800 mila lire, coll’aumento di quasi otto milioni. Superbe queste cocuzze di Messina, queste nocchiate di Salerno, questi cannelloni di Siracusa!

Noi potremmo proseguire ad esaminare le altre tre imposte enumerando i berlingozzi e i pan di Pavia che il Bastogi regala all’Italia, ma per non riuscire soverchiamente lunghi, piglieremo insieme tutte cinque le imposte, Registro, Bollo, Manimorte, Società e Tasse amministrative.

Per tutte queste imposte il Piemonte pagava L. 21,277,800, e dopo i progetti Bastogi non pagherà che L. 20,040,700. Dunque Gianduia avrà un po’ di sollievo, ed era tempo! Ma ciò che non paga Gianduia pagheranno i suoi compagni. Procuriamo di compitare uno specchietto di queste strenne, affinché gli Italiani possano metterselo sotto gli occhi, e farci sopra un po’ di meditazione.

ProvinciePagavanoPagheranno
LombardiaL. 9,116,000L. 12,517,050
Toscana» 2,800,000» 7,946,000
Parma» 1,176,000» 2,248,650
Modena» 945,000» 2,676,600
Ramagne» 1,828,961» 4,655,850
Marche ed Umbria» 2,320,700» 6,358,100
Due Sicilie» 6,335,750» 39,721,600

Per sole cinque imposte, che sono nulla in proporzione di quelle che hanno da venire, gli Italiani, sotto i loro rispettivi governi, pagavano quarantacinque milioni e 800,211 lire, e sotto le ali dell’intrepido signor Bastogi pagheranno invece novantasei milioni e 164,550 lire.

Di guisa chela strenna pel 1862 preparata dal signor Bastogi al bimbo regno d’Italia è una prima imposta di CINQUANTA MILIONI e 364,339 lire. Ah godi, o bimbo, godi di questo primo saggio! I banchieri non vogliono più imprestarci danaro, epperò è mestieri ricorrere alle strenne della libertà.

― 113 ―

Questa non ha mai dato ai popoli che imposte, e tu, o marmocchio regno d’Italia, tu vorresti altra cosa? Goditi questa strenna e preparati a goderne delle altre dello stesso genere. Bastogi te l’ha detto parlando alla Camera il 17 dicembre: «Chi vuole grandi imprese deve cominciare a raccogliere grandi mezzi, cioè sopportare grandi imposte» (Atti Uff. N°370, pagina 1432).

Capisci, o bimbo regno d’Italia? Capisci? GRANDI IMPOSTE. La Francia ha avuto Carte Magno, la Prussia Federico il Grande, la Chiesa il Magno Gregorio, è tu, o regno d’Italia, tu, povero bimbo, avrai grandi imposte. I tuoi uomini sono piccoli, le tue imprese meschine, il tuo sapere assai al disotto del necessario, microscopica la tua libertà, omeopatico il tuo progresso, nulla la tua indipendenza: una cosa sola sarà grande in te, o bambino regno d’Italia: Tu avrai grandi imposte. È questo il tu Marcellus eris, che ti dice il conte Bastogi.

Anzi questo caro conte ha annunciato alla Camera che bisogna dichiarare all’Europa che noi siamo concordi in tutto, e principalmente nell’addossarci grandi imposte. E sta sicuro, o bimbo regno d’Italia, sta sicuro che i ministri questa volta terranno la parola, e ti daranno le grandi imposte che ti promettono. Non ti daranno Rema, no, perché Dio la guarda; non ti daranno la Venezia no, perché l’Austria la custodisce; non ti renderanno Nizza, perché la Francia se la gode; non pacificheranno Napoli, non libereranno Bologna dai ladri, una cosa sola li daranno, o neonato regno d’Italia, ti daranno grandi imposte.

Ma che cosa dicono i Deputati? Che cosa fanno? Approvano ciò che Bastogi domanda? Conoscono lo stato delle nostre finanze, o votano alla cieca? Risponderemo domani a queste interrogazioni.

II.

Che cosa dicono i Deputati di cotesti disegni del ministro Bastogi, che vuoi regalare la strenna al neonato regno d’Italia, facendogli pagare in una volta sessanta milioni d’imposte? Con questa domanda noi chiudevamo l’articolo precedente. Ed eccoci ora a rispondere, citando alcune confessioni di Deputati, che leveremo dalla relazione ufficiale della tornata del 17 dicembre, in cui s’intavolò la discussione sulla tassa di registro.

II deputato Romano Giuseppe disse sottosopra che l’Italia era divorata dagl’italianissimi. Egli notò il prodigioso numero d’impiegati che abbiamo «numero che invece di diminuire aumenta tuttodì»; notò l’immenso stuolo d’impiegati messi in disponibilità, in aspettativa, in riposo, ecc., e governati da quelle mille foratole inventate della metafisica ministeriale, e che potrebbero ridursi ad una sola categoria, quella cioè d’innumerevole gente che depaupera le finanze dello Stato, e non presta ad esso alcun servizio(1)». E l’oratore soggiungeva:

«E vuoisi altresì por mente alle tante pensioni ai borbonici, ai martiri veri, ai martiri pretesi, al merito, al demerito. Fino a che tutte queste pensioni non iscompariscano, non saremo giammai al caso d’avere un bilancio,

Atti uff. 18 dicembre, N° 370, pag. 1431.

– 114 –

il quale presenti ai nostri contribuenti ed all’Europa l’idea d’una buona amministrazione finanziera.

Né va infine taciuto, che nei nuovi bilanci si è introdotto l’abuso di certe spese di rappresentanza non mai conosciute per lo innanzi. Altre volte erano soltanto gli Ambasciatori ed i ministri quelli che avevano le spese di rappresentanza. Ora si danno spese di rappresentanza e di traslocamene agli officiali superiori ed anche agli ufficiali di secondo ordine; si danno spese di rappresentanza ad altri impiegati, il che sicuramente non conduce a stato florido le nostre finanze».

Vedete perché ci vogliono tanti danari? Perché tutti mangiano. E l’uno grida:

Viva l’Italia, e se ne ingoia un pezzo; e l’altro esclama: Fuori il barbaro! e da del dente nel bilancio; e questi predica: Vogliamo Roma, e s’insacca parecchie migliaia di lire, e quegli inneggia a Ricasoli e a Garibaldi, e si pappa un grasso stipendio, E poi allo stringere dei conti, sui bambina regno d’Italia piombano le strenne del ministro delle finanze che sono le imposte!

Il deputalo Romano Giuseppe piangeva sul nostro credito pubblico di molto degradato e scaduto: «Ed in vero, diceva egli, io non posso senza dolore osservare che laddove ai tempi della dittatura, tempi di un governo eccezionale, la rendita pubblica delle provincia meridionale valeva 90, adesso è ridotta miseramente a 70. Io non posso vedere senza dolore che, laddove il 3 per 0|0 dei consolidati inglesi corre al 90, laddove il 3 per 0|0 francese corre al 67, il nostro 5 per 0|0 è al disotto di quest’ultimo livello. Sappiano i banchieri d’Europa, che naturalmente sono diffidenti, la vera nostra posizione finanziaria, e la nettezza e la certezza della posizione ci concilieranno quella fiducia, la quale, è vano il dissimularcelo, nel momento attuale noi non godiamo, perché non abbiamo saputo inspirarla!».

Benissimo detto! Gli italianissimi non godono fiducia perché non hanno saputo inspirarla. Ed ora vorrebbero acquistar credito coll’accrescere straordinariamente le imposte? Oh tengono mala via! Essi non faranno che imbrogliare sempre più la matassa. Il deputato Romano Giuseppe, che citeremo questa volta ancora, ha giustamente avvertito, parlando di Napoli; «Vorremo noi, 0 signori, nello Stato di confusione e di rovina, in cui la rivoluzione e la successiva condizione delle cose hanno ridotto quelle provincia, nel momento in cui hanno ancora potuto fruire di alcuno dei benefizi della libertà, aggravarle ancora di nuove tasse, ed accrescere in esse il malcontento che sventuratamente vi regna? lo spero che no».

Il deputato De Blasiis invece la pensa tutto all’opposto. Egli dice: ― Fate pagare gli Italiani, e il più presto possibile. ― E! calcola quanto si perde se più si tarda ad applicare la strenna bastogiana! Questo discorso del De Blasiis è curiosissimo. Uditelo:

Il provento che, secondo le previsioni del signor Ministro di finanze avrà Io Stato dalle tasse contenute nella presente legge sul registro, sarà ai di là dei sessanta milioni, lo credo anzi che l’onorevole Ministro si sia prudentemente tenuto piuttosto al disotto che al disopra di ciò che veramente potrà produrre una simile imposta.

– 115 –

Si badi adunque che si tratta di un’entrata di circa 20,000 lire al giorno, che entrerebbero nelle casse dello Stato con l’attuazione della presente legge.

«Ora, io spero che questa semplice osservazione varrà non solamente a farci respingere qualunque proposta di rigetto verso una legge di tanta importanza, non polo a farci rifiutare sospensione qualunque della medesima, ma varrà inoltre a rendere la nostra discussione tanto seria, tanto sobria, quanto si richiede per ritardare il meno possibile l’epoca, in cui una tale legge potrà essere in esecuzione; dappoiché ogni giorno che fosse inutilmente perduto in una discussione meno che sobria, meno che seria, porterebbe la perdita di 20, 000 franchi (1)».

Dopo il De Blasiis parto il deputato Ricciardi, il quale ricordò come già si fosse regalata ai Napoletani una nuova imposta sotto il titolo di di decimo di guerra, il cui effetto è stato pessimo. Inoltre aggiunse che cotesta tassa di registro fu già introdotta nel regno di Napoli da Gioacchino Murat, ma poi abolita nel 1815 «quando ebbe luogo la ristaurazione di Casa Borbonica. E da ultimo conchiuse che il ministero, prima di aggravare le imposte, dovrebbe pensare alle economie, e non venirci fuori ad ogni momento con ispese nuove e spese maggiori ».

«Durante le interpellanze, osservava il signor Ricciardi, si è parlato di queste spese maggiori, e l’onorevole signor Ministro non ha punto risposto; ed è questo un importantissimo capo, poiché, ripeto quello che ebbi l’onore di dire altra volta, noi camminiamo difilato alla bancarotta (Mormorio); e voler libera l’Italia mercé 300 o 400 mila soldati, ed aver le casse vuote, è certamente la massima delle assurdità (1) ».

E finalmente parlava il deputato Minervini, e pigliava le mosse dal lamentarsi che dopo l’imposta del decimo di guerra, votata quasi senza esame (notate bene queste parole!), si pensasse a regalare agl’Italiani nuove e gravissime tasse. «II dire: pagate (esclamava il sig. Minervini) è una cosa molto agevole, ma bisogna saperlo dire, sapere scegliere il momento ed i modi ». E l’oratore provava che questo non era il momento da mandare principalmente a Napoli le strenne del Bastogi. «Signori, questa tassa che voi andate a mettere è inopportuna fra un popolo contristato-dalla guerra civile». E più innanzi:

«Volere che un popolo perda la sua autonomia, che abbia il brigantaggio, che, dopo una prima tassa dovesse ancora in questo momento pagare la tassa che si propone, è tale inopportuna ed impolitica misura, da non parer vera, se non fosse oggetto dell’attuale discussione.

«Signori, la logica dei fatti, che tanto può sulle masse, è cosa più grave delle utopie dei filosofi. Per imporre nuove tasse, e tutte ad una volta, e senza consultare e senza sapere le condizioni dei luoghi e delle persone, è, a parer mio, opera vuota; che il sopperire alla finanza con mezzi né utili, né opportuni, né politici, sia grave e pericoloso ed assurdo esperimento (2)».

Tutte queste erano belle e buone ragioni non è vero?

(1) Atti uff. N° 370, pag 1432

(1) Atti uff. N. 371, pag. U33.

(2) Id. N. 371, pag. 1436.

– 116 –

Belle e buone per gl’Italiani, ed anche pei rivoluzionari che non dovrebbero in questi momenti accrescere il malcontento.

Ma la maggioranza della Camera è bastogiana, e vota col ministro delle finanze. Laonde checché dicessero alcuni Deputali in contrario, si decise di votare la tassa sul registro, e si prese il galoppo, egli onorevoli sono già all’art. 48. È vero che il disegno di legge consta di ben 110 articoli, ma ai voteranno a vapore, come già si è votata l’imposta del decimo di guerra, e pel 1° bell’anno il bimbo regno d’Italia avrà certamente la strenna.

LA MASSONERIA ITALIANA

OVVERO

LA CHIAVE DELLA STORIA

Per comprendere molti fatti raccolti in queste Memorie conviene pensare alla Massoneria che agita, combina, impone, minaccia, regna e governa. A tal fine noi ristampiamo gli Statuti della Massoneria italiana, quali vennero stampati a Milano nel luglio del 1864 (Stab. tip. già Boniotti, dir. da F. Gareni, Corso di P. Ticinese, N. 15). Una parte di questi Statuti comparvero già nell’f/m’ià Cattolica. Qui si pubblicano nella loro integrità. Daremo in seguito altri documenti sui Massoni e sulla Massoneria in Italia.

STATUTI DELLA MASSONERIA ITALIANA

AL RITO SIMB.

discussi ed approvati dall’Assemblea di Milano

nelle sedute dal 2 al 5 del 5° mese, anno 5864 V. – L.

Capo I.

Natura, Fine e Mezzi.

Art. 1. La Mass. Italiana è una società di persone riunite insieme da un patto di fede comune nei principii universali della Mass. e di mutuo impegno a cooperare in comune al loro trionfo.

Art. 2. Questi principii, che formano la sua divisa, sono la Libertà, l’Eguaglianza, la Fratellanza; e praticamente si risolvono per essa nel rispetto alla dignità personale, nell’osservanza della giustizia, e nel riconoscimento della solidarietà fra tutti gli uomini.

Art. 3. Suo fine diretto e immediato si è di concorrere efficacemente all’attuazione progressiva di questi principii nell’Umanità, sì che divengano gradualmente legge effettiva e suprema di tutti gli atti della vita individuale, domestica e civile.

Art. 4. Riconosce il principio dell’ordine naturale e morale, sotto il simbolo di Grande Architetto dell’Universo.

Art. 5. Non prescrive alcuna professione particolare di fede religiosa, ma professa la massima tolleranza per tutto le credenze.

— 117 —

Art. 6. Il campo della sua azione abbraccia il progresso del bene sociale sotto tutte le condizioni e le forme, che possono convenire al suo fine; e quindi ogni progresso del bene economico, intellettuale, morale e politico, astenendosi però sempre da tutte le questioni e da tutti quei mezzi che verrebbero a darle il carattere di società politica propriamente detta.

Art. 7. A meta ultima de’ suoi lavori si prefigge di raccogliere tutti gli uomini liberi in una gran famiglia, la quale possa e debba a poco a poco succedere a tutte le sette, fondate su la fede cieca e l’autorità teocratica, a tutti i culti superstiziosi, intolleranti e nemici fra loro, per costituire la vera e sola chiesa dell’Umanità.

Art. 8. La Mass. Italiana consta di tre soli gradi, distinti col nome di Apprendista, Lavorante e Maestro; né riconosce per suoi membri se non coloro che accettano il presente Statuto e professano esclusivamente il Rito sim. Con gli altri Ordini mass. di qualsiasi rito essa cercherà di stringere amichevoli relazioni per il bene comune.

Capo II.

Ordinamento e Amministrazione.

Art. 9. L’ordinamento della Mass. Italiana risulta:

a) Da società locali, denominate Loggie;

b) Da un potere centrale, sotto il titolo di Grande Oriente d’Italia;

e) da Assemblee periodiche e straordinarie.

Art. 10. Il numero delle LL. è illimitato; quello dei loro membri potrà limitarsi dal Gr. O. per motivi d’ordine, o d’opportunità.

Possono farne parte persone d’ogni paese, d’ogni stirpe, e d’ogni credenza.

Il Grande Oriente d’Italia ha la sua sede nella Capitale del Regno; e può avere LL. in ogni parte del mondo.

1.

Delle Loggie

Art. 11. Ogni L. avrà:

Un presidente, detto il Venerabile;

Due vice-presidenti, denominati 1° e 2° Sorvegliante;

Un segretario;

Un oratore;

Un tesoriere;

Un ospitaliere;

Un architetto;

Un esperto;

Un bibliotecario archivista.

I primi cinque ufficiali della L. costituiscono il Consiglio delle Luci.

Art. 12. È obbligatoria almeno una tenuta al mese per ogni L. né potranno tenersi adunanze mass. fuori di L. eccetto il caso di banchetti o di funerali,

Art. 13. Le tenute sono di tre gradi:

Alla tenuta di 1° grado convengono tutti i FF. della L.

Alla tenuta di 2° grado, i soli Lavoranti e Maestri;

Alla tenuta di 3° grado, i soli Maestri.

Non verrà mai ammesso in L. nessun profano.

— 118 —

Art. 14. 1 lavori delle tenute di 1° grado sono:

a) L’accettazione e l’iniziazione di profani;

b) L’elezione degli ufficiali della L. ;

e) L’elezione del deputato alle Assemblee;

d) E tutte le pratiche e deliberazioni non riserbate alle tornile di grado superiore.

Art. 15. Le tenute di 2° grado sono dedicate all’iniziazione degli Apprendisti al grado di Lavoranti.

Art. 16. 1 lavori speciali per le tenute di 3° grado sono:

a) L’iniziazione dei Lavoranti al grado di Maestri;

b) Le relazioni col Grande Oriente;

c) 1 regolamenti interni delle LL.

d) E quei provvedimenti che il Consiglio delle Luci riserberà alla deliberazione dei Maestri.

Art. 17. Il suffragio non può essere segreto se non quando si riferisca A cose personali o venga domandato da cinque FF. v

Art. 18. In ogni tenuta di qualunque grado si farà sempre girare il sacco delle proposte e il tronco di beneficenza.

Art. 19. Tutte le LL. appartenenti ài Grande Oriente d’Italia sono eguali fra loro.

Art. 20. Le condizioni per esser membro della Mas. Italiana sono:

a) Età di 21 anni;

b) Costumi e riputazione allatto irreprensibili;

e) Istruzione sufficiente ad intendere i principii e riconoscere i doveri mass.

d) Dimora da un anno nella provincia, o altrimenti malleveria di selle FF.

Art. 21. Là proposta dì ogni candidato dev’esser fatta da un Fr. con una tavola da lui sottoscritta, contenente il nome, cognome, età, patria, stato, domicilio del candidato stesso, e deposta nel sacco delle proposte.

Art. 22. Il Venerabile dà lettura della tavola, tacendo il nome del Fr. proponente; e nomina in segreto, preferibilmente fra i Lavoranti, tre commissari, senza che l’uno sappia degli aliri, per prendere informazioni sul merito del candidato.

Art. 23. Ciascun commissario ne ragguaglia la L. con tav. deposta nel sacco delle proposte, che sarà comunicata dal Ven. tacendo il nome del riferente; ed inseguito la I. delibera a suffragio segreto dell’accettazione del candidato.

Se vi sono tre palle nere, la proposta è senz’altro rigettata.

Se ve n’ha solo una o due, si ripeterà nella tenuta seguente la votazione.

Ed ove si abbia ancora una o due palle nere, il Venerabile inviterà chi diede il suffragio contrario a comunicargli privatamente i motivi della sua opposizione; li esaminerà insieme con due Maestri di sua scelta, sempre io privato, e taciuto il nome del Fr. oppositore; ed annunzierà poi la loro decisione alla L. in questi termini:

«Tre maestri hanno giudicato sufficienti (od insufficienti) i motivi della «palla nera data al candidato e quindi dev’essere respinto (od accettato)».

— 118 —

Se i FF. oppositori non risponderanno all’invito del Ven. si terrà il loro voto per annullato.

Art. 24. Avanti che il profano sia ammesso all’iniziazione, il Fr. proponente dovrà aver depositata all’Oriente una modula a stampa, contenente:

a) Gli articoli dello Statuto che determinano i principii ed i doveri m’ass.

6) Un formulario, in cui il candidato dichiara il suo libero e pieno consentimento ai principii ed ai doveri della Mass. chiede di essere ammesso a farne parte, e scrive di propria mano il suo nome, cognome, età, patria, stato e domicilio.

La tav. sarà firmata anche dal Fr. proponente.

Art. 25. Si procederà allo stesso modo per le aggregazioni ed affigliazioni, con l’obbligo espresso ai commissari di chiedere informazioni del candidato alla L. di cui era membro.

Art. 26. Terminate le operazioni concernenti un candidato che siasi respinto, si brucerà tutto quanto si è scritto a suo proposito.

Art. 27. Non si può essere Maestro prima di avere 25 anni.

Nel grado di Apprendista si dee rimanere almeno un anno, e nel grado dì Lavorante non meno di due.

Art. 28. Ciascuna L. manderà al Grande Oriento ogni anno, nel mese di marzo, uno stato di tutti i suoi membri, ed ogni tre mesi una relazione de’ suoi lavori. Lo stato verrà compilato dal Segretario, eia relazione dall’Oratore, che sarà approvata dal Ven. dopo che ne sia stata data lettura alla L. in tenuta di terzo grado.

Art. 29. È in facoltà delle LL. . di farsi un Regolamento particolare di disciplina interna, a condizione che s’accordi con lo Statuto della Mass. Italiana, e riceva l’approvazione del Grande Oriente.

Art. 30. Per sopperire alle proprie spese le LL. faran pagare ad ogni Fr. una tassa mensile, non maggiore di lire 3.

Ciascun Fr. all’atto della sua iniziazione farà inoltre un’offerta alla cassa della L. e quegli che volesse il diploma pagherà L. 10 per ciascun grado.

Per le spese di fondazione ogni L. provvederà al modo di raccogliere il capitale necessario e di rimborsarlo a chi lo avrà fornito; e quanto ad ogni altra tassa che fosse intenzione della L. d’imporsi, dovrà questa essere stabilita per modo di Regolamento interno coll’approvazione del G. O.

Art. 31. Un Fr. che voglia cessare di far parte della Mass. annunzierà la sua rinuncia al Ven. con una tavola da lui sottoscritta.

Se la L. lo crede opportuno, elegge una Commissione di tre membri, incaricata di recarsi presso il Fr. dimissionario per dissuaderlo dal suo proposito.

Se egli persiste, la rinunci verrà accettata.

Egli però non andrà mai sciolto dall’obbligazione del suo giuramento al segreto, e dovrà pagaie la tassa dell’intero anno corrente.

2.

Del Grande Oriente.

Art. 32 Il Grande Oriente d’Italia si compone:

Di un Gran Maestro dell’Ordine.

— 119 —

E di un Gran Consiglio, che comprende due Gran Maestri aggiunti, 1° e 2°; due sorveglianti, 1° e 2°; egli altri ufficiali delle LL. segretario, oratore, tesoriere, ospitaliere, architetto, esperto, e bibliotecario archivista.

Art. 33. Il Gran Maestro è nominato dall’Assemblea Mass. per tre anni.

L’Assemblea elegge pure i FF. che devono comporre il Gran Consiglio; ma la distribuzione degli ufficii vien fatta da loro stessi a maggioranza di voti. Il Gran Consigliò si rinnova ogni anno per un terzo: le prime duo volte per estrazione a sorte, e poscia per anzianità.

Il Gran Maestro e i membri del Gran Consiglio sono sempre rieleggibili. Art. 34. Il Gran Maestro e il capo Supremo dell’Ordine, il suo rappresentante presso gli Ordini mass. stranieri, il suo organo ufficiale nelle sue relazioni politiche e civili; presiede tutte le adunanze mass. ; promulga i decreti e le decisioni dal Grande Oriente, e convoca le Assemblee ordinarie e straordinarie.

Art. 35. Il Gran Consiglio terrà una seduta ordinaria per settimana, e si radunerà anche straordinariamente ogni volta che lo convochi il Gran Maestro.

Art. 36. Il Grande Oriente, nei limiti dello Statuto e delle deliberazioni dell’Assemblea, a maggioranza di voti dei membri presenti alla tenuta, che per la validità degli atti dovranno essere almeno cinque:

a) Instituisce le LL. nuove;

b) Sospende o cancella dai ruoli della Mass. Italiana le LL. o i FF. che avessero violato lo Statuto dell’Ordine;

e) Decide le questioni che sorgessero tra L. e L. o tra L. e Venerabile.

d) Pronuncia in appello dalle decisioni delle I. I. su qualunque affare contenzioso dell’Ordine;

e) Risolve i dubbii e le questioni, su cui venisse consultato dalle LL. o dai FF.

f) Provvede a tutto quanto possa contribuire al bene generale e all’incremento regolare della Mass. -, Italiana.

Art. 37. Per la fondazione d’una Loggia, dove il numero dei FF. . fosse scarso, può il G. O. derogare dall’Art. 27, iniziando ai tre gradi in più breve intervallo i FF. fondatori.

Art. 38. È pure ufficio del G. O.

a) di pubblicare un Bollettino ufficiale della Mass. Ital. per notificare a tutte le LI. i documenti, gli atti, gli avvisi, i pezzi d’architettura ecc. di cui stimasse conveniente che i FF. abbiano cognizione.

b) Di tenere un Registro, dove sieno inscritti i nomi di tutti i FF. ed un altro detto il Libro d’Oro in cui si notino i nomi dei Gran Maestri, dei Membri del Gr. Cons. e dei Venerabili di tutte le LL.

Art. 39. Il Grande Oriente può ammettere nel suo seno quegli altri Maestri, della cui opera crederà potersi giovare.

Ogni Venerabile, segretario ed oratore, di L. vi sarà ammesso di pien diritto nelle tenute ordinarie.

Non avranno però voto deliberativo.

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Art. 40. Ciascuna L. dee pagare al Grande Oriente la tassa fissa annua di lire 1 per ogni membro della I. stessa; e inoltre rimborsargli il costo dei libri, elenchi, diplomi, insegne, ecc. che avrà da esso ricevuto.

Art. 41. Il Grande Oriente d’Italia non riconoscerà nessun Ordine Mass. che faccia esclusioni di culto o di razza.

3.

Delle Assemblee.

Art. 42. L’Assemblea generale della Mass. Italiana è costituita dai deputati di tutte le LL. e dai membri effettivi del Grande Oriente. Questi però nelle qucstioni concernenti la loro amministrazione non han voto.

Art. 43. Ciascuna L. dee mandare un solo deputato all’Assemblea, scelto a maggioranza assoluta di voti fra i Maestri della L. stessa, o d’altre LL. appartenenti al Grande Oriente d’Italia.

La L. che non si facesse rappresentare all’Assemblea, sarà pur tenuta ad

osservarne i decreti; altrimenti potrà essere sospesa o cancellata dall’Ordine.

Art. 44. Ciascun deputato rappresenta la Mass. . Italiana, e non la propria L.

Art. 45. L’Assemblea è convocata di pien diritto una volta all’anno, il 24 giugno.

E sarà convocata straordinariamente sempre che il Grande Oriente lo stimi necessario, o gliene venga fatta instanza dalla pluralità delle 1. 1. a lui riunite.

Art. 46. In ogni tornata ordinaria l’Assemblea determina in quale città d’Italia si radunerà l’anno seguente.

Le Assemblee straordinarie si terranno nel luogo, dove le convocherà il Grande Oriente.

Art. 47. L’Assemblea ordinaria, a maggioranza assoluta di suffragii.

a) Rivede lo Statuto e il Rituale dell’Ordine;

b) Esamina i conti annuali del G. . Oriente;

e) Elegge il Gran Maestro o i membri del Gran Consiglio, a tenore dell’articolo 33;

d) E piglia tutte le deliberazioni che stimerà convenienti all’interesse comune della Mass. Italiana.

IV

Istituzione, Disciplina e Demolizione delle L. L.

Art. 48. Per fondare una L. devono riunirsi almeno 7 Maestri in uno stesso O. con una denominazione particolare, e costituirsi in L. provvisoria, sotto la presidenza di uno tra loro eletto a Venerabile, ed autorizzato ad assegnare agli altri l’ufficio di 1° e 2° sorvegliante, segretario, oratore, tesoriere e ospitaliere.

Art. 49. La L. provvisoria rivolge al Grande Oriente una domanda di costituzione, con l’elenco di tutti i suoi membri, indicante il nome, cognome, età, patria, domicilio, qualità mass. e civili, e sottoscritto da tutti i FF.

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Art. 50. Il Grande Oriente, accolta che abbia la domanda, nomina un Commissario, il quale in una tenuta speciale consegnerà alla L. provvisoria la pergamena patente, lo Statuto, il Rituale e le insegne; riceverà il giuramento di tutti i FF. e dichiarerà instituita la L. e validi i suoi lavori.

Art. 51. Ogni L. così costituita ha il diritto di iniziare successivamente ai tre gradi mass.

Art. 52. Il numero dei FF. presenti alla tenuta di una L. dee constare da un registro speciale, dove ciascuno segnerà il proprio nome.

I lavori non possono aprirsi senza la presenza di almeno 7 membri effettivi della L.

Art. 53. L’ordine dei lavori per ogni tenuta si è:

a) Apertura della L.

b) Lettura e approvazione del processo verbale della tenuta precedente;

c) Lavori all’ordine del giorno;

d) Iniziazioni;

e) Invito del Venerabile ai FF. di leggere i loro pezzi d’architettura;

f) Circolazione del sacco delle proposte, e loro comunicazione;

g) Circolazione del tronco di beneficenza, ed annunzio del suo prodotto;

h) Clausura della L.

Arti 54. Non si potrà decidere sopra una proposti d’interesse generale nella tenuta stessa, in cui o fatta. Dovrà porsi all’ordine del giorno per la tenuta seguente.

Art. 55. Gli ufficiali della L. chiedono direttamente la parola al Venerabile, gli altri FF. devono chiederla al sorvegliante della rispettiva colonna, e questi per loro al Venerabile.

Art. 56. Il processo verbale di ogni tenuta, letto ed approvato che sia, deve essere sottoscritto dal Venerabile, dal segretario e dall’oratore.

Art. 57. Nessun F. può coprire il tempio senza la permissione del Venerabile o del sorvegliante della propria colonna, e senza aver deposto il ‘suo obolo nel tronco di beneficenza.

Art. 58. Durante la tenuta, ogni F. deve osservare puntualmente l’ordine e la decenza, sotto pena di ammonizione o di ammenda, in caso di recidiva.

Art. 59. Ogni Mass. regolare, purchè faccia riconoscere i proprii titoli dall’Esperto, può venir ammesso come visitatore ad una tenuta del suo grado. Non avrà però voto deliberativo.

Art. 60; La demolizione d’una L. ha luogo o per deliberazione della L. stessa, o per il fatto della sua riduzione a meno di 7 membri, o per decreto del Grande Oriente, conforme all’art. 36.

Ne’ primi due casi, la L. darà immediatamente avviso della sua dissoluzione al Grande Oriente.

Ogni L. demolita rimetterà al Grande Oriente la sua pergamena patente, Statuto, Rituale, insegne, suggello, e li atti tutti.

Art. 61. I membri della L. demolita, che ritenessero presso di sé alcuno degli oggetti mass. commetterebbero un reato di slealtà; e verrebbero tome infedeli cancellati fon nota di vitupero dal grande elenco dei Blass. Italiani.

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Art. 62. Una L. demolita da per sé non può ricostituirsi se non in Seguito alla domanda di 7 Maestri, e all’approvazione del Grande Oriente.

La L. invece sospesa o demolita per decreto superiore, potrà essere ricostituita in forza di altro decreto del Grande Oriente.

5.

Uffici speciali.

Art. 63. Il Venerabile convoca la L. e presiede a tutte le tenùte, commissioni o deputazioni’, apre, dirige e chiude i lavori, conferisce i tre gradi, sottoscrive le tavole e regola la corrispondenza, verifica i conti e ordina fe spese deliberate dalla L. e rappresenta la L. in tutte le cerimonie interne ed esterne.

Art. 64. I Sorveglianti hanno la direzione della loro colonna, le trasmettono gli annunzii del Venerabile, vi mantengono l’ordine e il silenzio, chiedono la parola per i FF. della propria colonna e sottoscrivono tutte le tavole officiali.

Art. 65. Al Segretario spelta di compilare il processo verbale delle tenute; di far la corrispondenza, sotto la direzione del Venerabile e di mandare gli avvisi di convocazione di FF. g.

Art. 66. L’Oratore veglia all’esecuzione dello Statuto e del Rituale, si oppone ad ogni deliberazione illegale, propone le Sue conclusioni in fine di ogni discussione, e dà un ragguaglio dei lavori della L. in ogni festa dell’Ordine.

Art. 67. Il Tesoriere tiene i conti della L. è responsabile della cassa comune, riscuote le tasse, fa i pagamenti ordinati dalla L. e ogni trimestre presenta un ragguaglio del suo stato finanziario.

Art. 68. L’Ospitaliere visita i FF. ammalati, procura loro lutti i conforti che può, rende conto del loro stato alla L. e raccoglie ed amministra le offerte del tronco di beneficenza.

Art. 69. L’Architetto ha in custodia tutti i mobili ed arredi della L. ed è responsabile della loro conservazione.

Art. 70. L’Esperto verifica i titoli mass. dei visitatori, introduce gli iniziandi, raccoglie i suffragii e fa girare il sacco delle proposte.

Art. 71. Il Bibliotecario ha in cura l’Archivio della L. tiene un catalogo dei giornali e dei libri ch’essa possiede, e propone di acquistare a mano a mano quegli altri che possono meglio giovare all’instruzione mass. dei FF.

Art. 72. Ogni L. può, ove creda espediente, nominare un aggiuntò al titolare di ogni ufficiò, tranne quello del Venerabile. L’aggiunto surroga il titolare in caso d’assenza.

Art. 73. Il Fr. servente, nominato e pagato dalla L. per eseguire gli ordini del Venerabile e degli ufficiali in quanto richiede il servizio della L. dovrà sempre esser trattato con urbanità e cortesia.

6.

Delle elezioni.

Art. 74. Tutti e soli i Maestri sono eleggibili ad ogni ufficio.

Non sono però eleggibili quelli che fossero debitori verso la cassa della L.

Art. 75. Le LL. eleggono tutti i loro ufficiali ogni anno nel mese di marzo, a maggioranza di voti.

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Art. 76. Il nuovo Venerabile è proclamato ed insediato dal suo predecessore o da chi ne fa le veci; e questi riceve il suo giuramento.

Tutti gli altri nuovi ufficiali prestano giuramento nelle inani del Venerabile, e vengono da lui insediati con le batterie d’uso.

Art. 77. Le L. spediscono subito una copia del processo verbale dell’elezione e installazione de’ nuovi ufficiali al Grande Oriente, il quale, riconosciuta la regolarità degli atti, farà inscrivere il nome del Venerabile al libro d’oro.

7.

Doveri, colpe e pene.

Art. 78. Tutte le LL. e tutti i FF. hanno il dovere:

a) Di osservare lo Statuto e il Rituale dell’Ordine, eseguire le deliberazioni dell’Assemblea e i decreti del Grande Oriente;

b) Di serbare inviolabilmente il segreto su tutto quanto siasi fatto e trattato nel Grande Oriente e nelle LL. e su i nomi dei FF.

e) Di soccorrersi tra loro in tutte le Decorrenze anche con pericolo della vita, e trattarsi con benevolenza fraterna così in L come fuori di L.

Art. 79. Le colpe dei Liberi Muratori si distinguono in semplici mancanze ed in delitti; e questi o sono delitti contro i costumi, o delitti contro l’onore.

Art. 80. Per le semplici mancanze il Venerabile potrà punire il colpevole con un’ammonizione, da notarsi o no nel processo verbale secondo i casi, ed anche con leggiera ammenda a pro del tronco di beneficenza.

Art. 81. I delitti contro i costumi saran puniti con la sospensione; e quelli contro l’onore con l’espulsione dall’Ordine.

Art. 82. La denuncia di un delitto mass. dee farsi con tavola sottoscritta, suggellata, indirizzata all’Oratore, e deposta nel sacco delle proposte.

Art. 83. L’Oratore informerà tosto della denuncia il Venerabile. Se tra loro vi sia dissenso intorno al partito da prendere, il Venerabile consulterà due altre Luci, per decidere a pluralità di voti, se vi sia luogo a procedimento.

Art. 84. Nel caso che debba procedersi contro il denunciato, l’Oratore compilerà l’atto d’accusa, e il Venerabile lo notificherà all’accusato, invitandolo a scegliersi un difensore fra i M. della L.

Art. 85. Il tribunale mass. sarà composto delle tre prime Luci, con un giurì di cinque giudici scelti fra i Maestri, in tenuta di terzo grado, a suffragio segreto.

L’Oratore è incaricato di sostenere l’accusa, e di proporre le conclusioni, Il difensore e l’accusato avranno ultimi la parola.

Art. 86. Il giurì pronuncia se l’accusato sia colpevole o non colpevole.

La dichiarazione d’innocenza pronunciata dal giurì varrà come assolutoria definitiva.

Pronunciata invece la dichiarazione di colpa, il Venerabile e le altre due Luci determineranno la pena da applicarsi, e daranno lettura della sentenza all’imputato.

Art. 87. L’accusato che non si presenta, e non giustifica la sua assenza verrà considerato e giudicato in contumacia.

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Art. 88. Il condannato ha diritto di opposizione alla sentenza contumaciale e di appello al Grande Oriente dalla sentenza del tribunale di L. entro un mese dalla notificazione della sentenza medesima.

Art. 89. La stessa procedura sarà praticata dal Gr. 0. verso le LL. senza pregiudizio anche per queste al diritto di opposizione al Gr. O. e di appello alla più prossima Assemblea, con facoltà al Gr. O. stesso di sospendere i lavori in caso d’urgenza.

Art. 90. Le prime cinque Luci di una L. non possono essere poste in istato d’accusa, se non per ordine del Grande Oriente.

1 membri del Gr. O. non possono essere processati fuorché dal Gr. O. stesso. Essi potranno appellarsi all’Assemblea.

Art. 91. La sentenza definitiva, che condanna un Libero Muratore all’espulsione dall’Ordine, dovrà essere motivata e notificata dal Gr. O. a tutti gli altri Gr. O. ed a tutte le LL. verrà letta dal Ven. in tenuta di 1° grado. Le sentenze definitive, che portano pene minori dell’espulsione, Terranno pubblicate dal Venerabile nella L. a cui appartiene il condannato, in tenuta di 1° grado, escluso ogni visitatore.
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fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa/vol_01_02_margotti_memorie_per_la_storia_dei_nostri_tempi_1865.html

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