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STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI V (VOL. II)

Posted by on Ott 5, 2024

STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI V (VOL. II)

PROGETTO DI LEGGE DEL MINISTRO GUARDASIGILLI RAFFAELE CONFORTI CONTRO IL CLERO
(Presentato alla Camera dei deputati nella tornata del 24 di luglio 1862)

Pubblichiamo i sei articoli del disegno di legge, che il guardasigilli Raffaele Conforti ha presentalo alla Camera dei Deputati e commenta bellamente la formola libera Chiesa in libero Stato!

Articolo primo. Non saranno ammessi e riconosciuti nel regno, né potranno produrre effetto civile e nemmanco avere esterna esecuzione i decreti degli Ordinarii e delle loro Curie portanti sospensioni o destituzioni da uffici o da funzioni ecclesiastiche, se non sieno slati emessi in iscritto e non contengano la esposizione delle ragioni e dei l’alti che vi diedero argomento. Il modo di procedere detto: ex informata conscientia, od altro di simil natura, non è ammesso nel regno.

Articolo secondo. Dovendo i decreti, di cui sopra è parola, essere motivali da fatti deducibili innanzi ai tribunali, gli Ordinarii comunicheranno in iscritto al tribunale competente i falli, che han dato motivo al loro decreto, affinché il Magistrato secolare pronunci sui medesimi; dopo di che l’Ordinario potrà procedere all’applicazione della pena ecclesiastica, che dalle leggi del regno è riconosciuta di sua competenza.

Se il fatto sarà così grave da richiedere l’immediata applicazione della pena ecclesiastica, gli Ordinarii potranno ciò fare, col voto del Capitolo della cattedrale, in seguilo di che comunicheranno al tribunale competente i motivi del decreto col voto del capitolo in iscritto.

Articolo terzo. La pena pronunciata dall’Ordinario contro un beneficiato porterà la sola privazione dell’ufficio.

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Per produrre le privazione o sospensione del godimento delle temperatità del beneficio, sarà mestieri d’un provvedimento governativo, che l’Ordinario dovrà provocare per mezzo del ministero di grazia e giustizia e dei culti.

Articolo quarto. L’inosservanza dei precedenti articoli, costituendo un conflitto fra l’autorità civile e l’ecclesiastica, sarà deferita al Consiglio di Stato a sensi dell’Art. 19 della legge 30 ottobre 1859.

Articolo quinto. Tutti gli Ordinarii del regno dovranno presentare al ministero di grazia e giustizia e dei culti le pastorali, istruzioni, circolari e in genere tutte le loro scritture destinate ad essere pubblicate nelle loro diocesi o in parte delle medesime. Essi non potranno pubblicarle colla stampa o in qualsivoglia altro modo, se prima non sieno state approvate dal ministro guardasigilli.

Articolo sesto. Qualunque contravvenzione alla disposizione precedente sarà deferita al tribunale del circondario e punita, secondo i casi, col carcere estensibile a sci mesi o con multa estensibile a lire cinquecento.

LA LIBERTÀ DELLA CHIESA

E LA CONDANNA DEL VESCOVO DI ALMIRA

MONSIGNOR CARLI

(Pubblicato il 18 dicembre 1861).

(Corrispondenza particolare de l’Armonia). Lessi non ha guari nell’armonia del 28 testé scaduto novembre la sentenza pronunciata contro Monsignor Gaetano Carli, per cui questo Prelato viene condannato a 50 giorni di carcere e 27 lire per le spese del processo, essendo tenuto colpevole di avere «diffusi scritti a stampa contro il governo del Re, tendenti, dice la Nazione, ad inspirare sentimenti reazionari nelle popolazioni».

Lo stesso egregio foglio del 15 ottobre prossimo passato ci aveva informati, essere Monsignor Carli stato citato a quel tribunale, per aver amministrato i’ Sacramento della Conformazione senza il Placet regio, ed anteriormente la gentil Nazione fregiò il prelodato Vescovo del titolo niente meno che di Missionario di reazione, con quel più di denigranti epiteti, che l’odio poté suggerire a quei collarini pistoiesi, collaboratori assidui e zelanti della giudaica Nazione.

Sicchè a Monsignor Carli, non un solo delitto venne imputato: ma accusa verunt eum in nullis, per avvilirlo innanzi al pubblico, incutergli timore e farlo emigrare dalla diocesi pistoiese, ove gli zelatori delle acattoliche novità lo vedevano di mal occhio.

La diffusione perciò dei Dommi e verità cattoliche contenute negli scritti, appellati sediziosi, fu un mero pretesto che offriva a quei liberali di nuovo conio un’ombra di legalità, a cui per dare ogni possibile solennità svolsero tarlati Codici penali, e chiamarono a nuova vita odiose leggi che insultano a quella libertà, dalla quale tanti benefizi si attendono!

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Sono però assicurato che Monsignor Carli, non mai si dette per inteso del processo intentato contro di lui, e che ora tranquillo aspetta l’esecuzione della sentenza, quale ho l’onore di trasmettere a V. S. unita a questo mio foglio per informazione sua propria, e de’ suoi numerosi abbonati, onde questi con più di evidenza arguiscano, quale sarebbe la libertà che aspettarsi potrebbe «la Chiesa libera in libero Stato».

Non le sarà forse discaro di sapere, che anche il Pievano don Raffaello Damerini, nominato nella qui annessa sentenza, era stato condannato dallo stesso tribunale a 40 giorni di prigione; ma quella sentenza venne annullata dalla Corte di Cassazione di Firenze, a cui il dotto Pievano aveva appellato.

I due casi sono identici; ora vedremo come vorranno trattare il Vescovo Carli.

Ho l’onore di protestarmi dì V. S.

Livorno, 12 dicembre 1861.

Devotissimo Servitore

Indifferente.

VITTORIO EMANUELE II

per la grazia di Dio e per volontà della Nazione Re d’Italia, l’anno mille ottocento sessantuno, e questo di venticinque del mese di novembre.

II Tribunale di Prima Istanza di Pistola, turno criminale decidente, nella causa contro Monsignor Gaetano Carli, Vescovo in partibus, ultimamente dimorante a Casale, contumace al giudizio per manifestazioni sediziose a forma dell’Art. 128, lettera B del Codice Penale.

Udita la lettura dell’ordinanza d’aggiornamento del 28 ottobre 1861; uditi i testimoni ed il Pubblico Ministero nelle sue conclusioni; ritiene in fatto pei risultati dell’orale giudizio che l’imputato Monsignor Gaetano Carli, che nel 25 agosto ultimo perduto ministrò il sacramento della Cresima nella Chiesa di Tizzana, e dopo d’aver compiuta quella sacra funzione consegnò al pievano della Chiesa stessa, don Raffaello Damerini, un pacco di foglietti a stampa del numero di 50 in 60 circa, incaricandolo di distribuirli ai cresimati; i quali foglietti portavano per titolo — Avvertimenti ai cattolici. —

Che il medesimo Monsignor Gaetano Carli fece consegna degl’istessi identici toglietti e sotto la stessa ingiunzione al titolare della parrocchia di Colonica ed ài titolare della parrocchia are. G. Borghini di S. Biagio a Vignole nell’occasione in cui trovavasi in quella località nell’estate passata.

Che il contenuto di detti foglietti a stampa è del seguente tenore:

«1° La Chiesa insegnante, alla quale per divina instituzione appartengono il Sommo Pontefice come Capo, Maestro e Pastore, ed i Vescovi secoliti uniti in comunione, è infallibile nel definire ciò che spetta alla fede ed ai costami) e questo o domimi,

«2° La Chiesa adunque è infallibile nel definire se un’azione sia giusta o in giusta, turpe od onesta, giacchè questo concerne i costumi; e questo è domma.

«3° La Chiesa ba definito essere ingiusta, inonesta e sacrilega l’usurpazione dei beni e territorii a sé spettanti; ed in questo la Chiesa è infallibile.

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«4° La Chiesa ha ricevuto da Gesù Cristo la piena potestà di giudicare e punire le azioni criminose de’ suoi figli; e sarebbe eretico chi dicesse il contrario.

«5° La Chiesa, valendosi dell’autorità ricevuta da Gesù Cristo, ha fulminato la pena di scomunica contro gli usurpatori dei beni ecclesiastici (Concilio Indentino, sessione 22, De Riform, cap. XI); e sarebbe da reputarsi eretico chi dicesse che la Chiesa in ciò ha errato ed ha sorpassati i limiti dei propri poteri.

«6° Anche secondo i più severi Gallicani il giudizio del Romano Pontefice è irreformabile, cioè infallibile, quando vi si unisce il consenso della Chiesa insegnante; e nel caso nostro, cioè nel condannare l’usurpazione dei dominii temporali della Santa Sede, tutti i Vescovi dell’orbe cattolico fecero eco al giudizio ed alla sentenza del Supremo Gerarca.

«In ciò avete, o cattolici, con che regolarvi nelle presenti circostanze. Non vi seduca il numero e l’autorità di chi pensa o parla altrimenti. Non vi seduca il numero. Il numero non salvò i delinquenti al tempo di Noè e di Lot. Non vi seduca l’autorità. All’inferno v’è anche Giuda che pure era uno dei 12. Ascoltate la voce di coloro cui Dio pose a maestri e pastori della sua Chiesa (ad Api. ir, li), e dei quali ha detto: Chi ascolta voi, ascolta me, e chi voi disprezza, disprezza me (Luca. X, 16). Questi sono i precetti di Gesù Cristo, e se alcuno non si acquieta alle sane parole di nostro Signore Gesti Cristo, egli è un superbo che nulla sa (1^ ad Tim. , VI, 4)».

Che il detto D. Raffaello Damerini nel 27 e 28 di agosto ultimo perduto diffuse i detti foglietti consegnandoti a diversi giovanetti che avevano conseguito il Sacramento della Cresima con preghiera di comunicarne la lettura anche ad altri.

Che non è risultato che lo stesso Monsignor Carli facesse al detto Damerini o ad altre persone consegna dell’opuscolo, che porta per titolo: «La Potestà temporale del Papa difesa con ragioni naturali».

Dichiara pertanto constare del delitto di manifestazioni operato per via di diffusione di scrittura a stampa di facile e spedita circolazione, diretto a screditare il governo, e ad eccitare odio e disprezzo contro il medesimo e contro le leggi dello Stato, imputando ad usurpazione la spontanea dedizione della massima parte degli Stati Pontificii, avvenuta per suffragio universale sanzionato dal Parlamento italiano, e qualificando come eretici e scomunicati tutti coloro che pensano diversamente, qualunque sia il loro numero e la loro autorità con le circostanze di tempo, di modo e di luogo surriferite.

Constare che l’imputato Monsignor Gaetano Carli ha scientemente servito di semplice istrumento a diffondere, propalare, e portare a notizia comune detta scrittura a stampa, senza aver partecipato alla formazione della medesima con le circostanze di tempo, di modo e di luogo surriferite.

Constare consegueùtemente che esso, Monsignor Gaetano Carli si rese colpevole del delitto di manifestazioni contro il governo previsto dall’Art. 128, Leti. B. del Codice penale. Non constare che Monsignore Carli diffondesse e propalasse l’opuscolo incriminato avente per titolo: «La Potestà temporale del Papa».

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Atteso che il delitto, come sopra dichiarato costante, si punisce pel combinato disposto degli articoli 126, 127 e 128, Lett. B. del Codice penalo.

«Art. 126. Chiunque per mezzo… di scritture a mano o stampate»… diffuse… o in altro modo portate a notizia comune;

«Art. 127. Chiunque con uno dei modi indicati nell’articolo precedente ba cercato di screditare il governo e di eccitare odio e disprezzo contro il medesimo o contro le leggi dello Stato, è punito col carcere;

«Art. 128. Coloro per altro che senza avere partecipato alla formazione delle scritture… contemplate nei due precedenti articoli hanno scientemente servito di semplici strumenti a diffonderle… o altrimenti propalate, soggiacciono:

A) Nei casi dell’Art. 126 al carcere da uno a cinque anni.

B) Nei casi dell’Art. 127 alla medesima pena da uno a sei mesi.

P. Q. M.

Visto l’art. 33 del Codice penale;

Condanna l’imputato, Monsignor Gadano Carli, contumace al giudizio, come colpevole dell’obbiettatogli delitto di manifestazioni per mezzo di diffusione di scritture stampate, intese a screditare il governo, nella pena di cinquanta giorni di carcere. Lo condanna inoltre nelle indennità dovute a chi di ragione, e nelle spese degli atti e del giudizio, che compresa copia della presente sentenza e atti relativi, tassa in ital. lire 27.

Addì 27 novembre 1861.

C. G. Agnelli— C. A. Baldini —C. D. Gaer.

Camici, supplente — C. Giuli Borghim, coad.

Per copia conforme sab.

G. BORGHINI

Affissa alla porta del convento esterna dei Padri Cappuccini per non essere Monsignor Carli esso reperibile.

GERENTI

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CINQUE DISEGNI DI LEGGE

CHE SERVONO A COMMENTARE LA FORMOLA

LIBERA CHIESA IN LIBEBO STATO

Ci sembra opportuno riunire insieme cinque disegni di legge presentati alla Camera da due ministri, da due deputati, e da una Giunta Parlamentare. Sono la miglior prova della sincerità della formola libera Chiesa in libero Stato, e la più bella dimostrazione della sapienza legislativa dei membri che compongono il primo Parlamento italiano. Lo storico che avrà la pazienza di esaminare un po’ tritamente queste cinque proposte, potrà dimostrare come si confutino a vicenda, e Pisanelli combatta Vacca, e Vacca combatta Catucci, e Ricasoli combatta Passaglia, Vacca e Pisanelli. Povera Italia, se simili proposte si potessero fare in Campidoglio! Ma grazie a Dio passò il tempo in cui ci stavano le oche.

DISEGNO DI LEGGE

PROPOSTO DA DON PASSAGLIA

SUL GIURAMENTO DEL CLERO

Pubblichiamo il seguente documento, da cui apparisce in quale abisso sia caduto lo sciagurato Passaglia! Questo disegno di legge fu letto nella Camera dei Deputati sabato, 25 aprile dell’anno 1863.

Art 1. Non verrà riconosciuta dalla legge la qualità di ecclesiastico, né consentita virtù civile agli atti in tale qualità esercitati:

1° Da persone ecclesiastiche, le quali non abbiano prestato giuramento di essere fedeli al Re ed allo Statuto, e di non osteggiare né direttamente, né indirettamente l’unità indipendente d’Italia;

2° Ha persone che, dopo la promulgazione di questa legge, ricevendo gli ordini sacri non possano con autentici documenti provare di avere compiuto un corso universitario od almeno di avere con approvazione sostenuti conforme alle leggi vigenti gli esami ginnasiali e liceali.

Art. 2. Il giuramento, di cui si è detto nell’articolo precedente, dovrà essere tema distinzione prestato da tutti gli ecclesiastici, i quali vorranno, non meno a proprio vantaggio, riconosciuta dalla legge la sacra loro qualità, che attribuito valore civile agli atti in tale qualità esercitati.

Il giuramento dovrà prestarsi in mano del prefetto o del sotto-prefetto delle rispettive provincia o circondarii, o alla presenza almeno di persone a tal uopo dai medesimi delegate.

Del giuramento dai singoli ecclesiastici prestato dovrà stendersi atto pubblico, il quale si conserverà negli archivii della provincia o del circondario.

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Art. 3. Tutte le persone ecclesiastiche mancanti delle sovra esposte condizioni, saranno nella guisa stessa che gli altri cittadini soggetti al servizio militare ed ai pesi comuni, non potranno intentare presso i tribunali azione nessuna per diritti inerenti alla propria qualità di ecclesiastici, né potranno dai tribunali essere uditi in codesta loro qualità, se non previa la presentazione dei documenti, i quali provino essersi dal comparente satisfatto alle due prestabilite condizioni.

Art. 4. Tutti i benefizi di regio patronato e tutte le cariche ecclesiastiche dipendenti dal governo o da corpi morali governativi verranno conferite per pubblico concorso.

Quelli che nei singoli concorsi saranno dichiarati più idonei, conseguiranno senza ulteriore formalità governativa il possesso del benefizio o della carica ed il diritto alla percezione dei frutti. Sono eccettuati dalle disposizioni del presente articolo gli arcivescovati e vescovati, pel conferimento dei quali non s’intende innovata cosa alcuna.

Art. 5. Si negherà il possesso delle temporalità per qualsiaai beneficio ecclesiastico che in forza dei canoni debba conferirsi per concorso, se questo non sia pubblico o dato coll’assistenza di un regio commissario, il quale accerti il governo che tutto si è compiuto regolarmente, e che il prescelto, essendo il più degno, ed in sé riunendo le due condizioni stanziate nell’Art. 1, merita il regio exequatur.

Art. 6. l. e collazioni delle cappellanie ecclesiastiche o laicali delle pensioni e dei benefizi di libera collazione ecclesiastica o privata, saranno nulle dinanzi la legge, né produrranno alcun effetto civile prima che siasi ottenuto l’exequatur governativo.

Il governo non concederà l’exequatur se non verificati ed approvatii titoli, che presentati dalle parti interessate, provino concorrere nel candidato prescelto le condizioni volute dalla legge presente e lui essere il più degno,

Art. 7. 1 proventi di qualunque benefizio maggiore o minore, semplice o con cura d’anime, le pensioni e gli stipendi adossati all’erario dello Stato o di qualsivoglia corpo morale dipendente nella sua amministrazione dal governo, a favore di qualsiasi ecclesiastico, che dopo un anno dalla promulgazione di questa legge non avrà adempiute le condizioni nella medesima stabilite saranno di pien diritto devoluti alla Cassa ecclesiastica, onde venire adoperati al miglioramento della condizione dei parrochi, e ad. onesto vantaggio degli ecclesiastici che abbiano meglio meritato della Chiesa e della patria.

Ogni ecclesiastico, che, decorso l’anno dalla promulgazione di questa legge, si conformerà alle disposizioni della medesima, ricupererà il diritto alla decorrenza dei proventi del benefizio, dell pensione, dello stipendio, in modo però che tale decorrenza non cominci che sei mesi dopo di avere presentaci al direttorio della Cassa ecclesiastica, ed al ministero dei culti i titoli valevoli a dimostrare l’adempimento delle fissate condizioni.

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Art. 8. Qualunque censura o pena ecclesiastica che venga inflitta, trascurate le disposizioni canoniche e non curata la legittima e regolare procedura, non sortiranno giammai effetto civile, né cagioneranno decadenza dai benefici), dalla percezione dei loro frutti e di qualsiasi altra temporalità.

Se la censura o pena venga in tal modo inflitta contro un semplice sacerdote, avrà egli il diritto ad una pensione annua di lire cinquecento sui beni ecclesiastici e privati del superiore, e ciò fintantoché sia sciolto dalla censura e liberato dalla pena.

S’intende però salvo sempre il diritto contro il superiore al risarcimento di danni maggiori, che dalla censura o dalla pena fossero per avventura al semplice sacerdote o al beneficiario derivati.

Art. 9. Le disposizioni della presente legge spellanti al giuramento, s’intendono eziandio estese ai ministri dei diversi culti tollerati nello Stato, i quali mancando alle medesime, rimarranno perciò privi siccome della personalità politico civile, loro inerente, in quanto ministri di cullo, così di ogni stipendio governativo, o proveniente da corpi morali governativi.

All’originate firmato deputato Passaglia.

PROGETTO DI LEGGE
CONTRO IL DANARO DI S. PIETRO
E L’INFLUENZA CLERICALE

II signor Francesco Catucci, deputato di Àtripalda (Principato Ulteriore), ha presentato alla Camera un disegno di legge, che egli stesso definì «progetto importante ed eminentemente politico», il quale «riguarda il modo come distruggere il così detto Obolo di S. Pietro e l’influenza clericale».Tre uffizi della Camera autorizzarono la lettura di questo progetto, e fu letto nella tornata del 2 di giugno 1864. È un progetto empio e sciocco ad un tempo, eminentemente ridicolo, eminentemente scismatico, eminentemente tirannico. Eccolo come sta scritto negli Atti uff. della Camera, n° 715, pag. 2783, col. 3.

«Art. i. Tutti i Vescovi che hanno abbandonato la propria diocesi senza permesso sovrano, o ne fossero stati amossi per misura di ordine pubblico, non potranno più avere ingerenza alcuna nel governo delle loro diocesi.

«Le rendite di queste mense sono devolute all’Economato generale.

«Art. 2. Una Commissione composta di tre Vescovi nominati con decreto reale è incaricata di destinare un Vicario generale per ogni diocesi vacante, il quale non potrà mettersi nell’esercizio delle sue funzioni senza il regio placito, che sarà dimandato per mezzo del procuratore generale della Corte d’Appello.

«Art. 3. I vicarii generali saranno scelti fra gli ecclesiastici che abbiano un merito distinto tanto del clero secolare, che regolare soppresso.

«Non potranno essere nativi o prebendati della diocesi ove saranno destinati, ed avranno l’obbligo della residenza nel capoluogo di essa.

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«Art. 4. Costoro hanno la missione principale di vigilare sulla disciplina del clero ed impedire tutto ciò che sotto l’apparente aspetto di religione possa servire di ostacolo al consolidamento dell’unità d’Italia e delle sue libere istituzioni.

«Art. 5. Tutti i vicarii attualmente esistenti, e che non saranno confermati, se dopo la pubblicazione della presente legge e nomina dei novelli vicarii, non desistessero dalle loro fonzioni, saranno considerati come colpevoli del reato preveduto dall’Art. 268 del Codice penale.

Art. 6. Le regole della cancelleria apostolica riguardanti le provviste dei benefizi sono abolite.

«Come pure cessano di aver vigore nel regno le decretali ed ogni altra disposizione pontificia riflettente la collazione dei benefizi.

«Nei casi di devoluzione alla Santa Sede, la Commissione suddetta conferirà il benefizio devoluto, e provvederà le dignità, i canonicati, le parrocchie ed i benefizi di ogni grado e nomenclatura vacanti nelle diocesi del regno.

«I procuratori generali d’ora innanzi non daranno il regio Exequatur a bolle pontificie di collazione emesse in virtù di tali regole e decretali.

«Art. 7. La Commissione dei Vescovi conoscerà di tutte le cause che per lo innanzi erano di competenza della Curia romana, salvo il ricorso al Re.

«Art. 8. È vietato aprire od annunciare sottoscrizioni o collette sotto qualunque denominazione aventi uno scopo religioso.

«La trasgressione al prescritto in questo articolo sarà punita col carcere da quattro a dieci mesi e con multa di lire 100 a lire 1000.

«Art. 9. Lo stipendio annuale dovuto ai Vicari generali sarà non minore di lire 2000, né maggiore di lire 3000.

«Un apposito regolamento stabilirà le norme per la pronta e facile esecuzione della presente».

Pres. A tenore dell’Art. 43 del regolatnento invito il deputato Catucci a voìef dichiarare quale sarebbe il giorno nel quale desidererebbe di Sviluppare la Sua proposta.

Il deputato Catucci voleva che il suo progetto si discutesse di giorno e non di notte. La Camera decise che si discuterebbe di notte e non di giorno. Ottima decisione, perché il Catucci 6 un di coloro a cui si fa notte innanzi sera!

https://www.eleaml.org/sud/stampa/vol_01_02_margotti_memorie_per_la_storia_dei_nostri_tempi_1865.html#Dilecte

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