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STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI VII (VOL. II)

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STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI VII (VOL. II)

PROGETTI DEL GUARDASIGILLI GUSEPPE PISANELLI PER LA SOPPRESSIONE DI CORPORAZIONI RELIGIOSE E DISPOSIZIONI SULL’ASSE ECCLESIASTICO (Presentati alla Camera dei deputati il 18 gennaio 1849).

I.

Soppressione delle corporazioni religiose e d’altri enti morati ecclesiastici.

Art. 1. Cessano di esistere nel Regno, quali enti morali riconosciuti dalla legge civile, tutte le case degli ordini religiosi-e tutte le congregazioni regolari e secolari.

Art. 2. I membri delle corporazioni soppresse acquisteranno il pieno esercizio dei diritti civili e politici dall’istante della loro uscita dal chiostro.

Art. 3. Alle monache ed ai membri professi degli ordini mendicanti è fatta facoltà di continuare a vivere nel chiostro. Nondimeno, quando siano ridotti a numero minore di sei, potranno venire concentrati in altra casa dello stesso ordine, posto nel distretto economale.

Potrà ancora il Governo, per motivi di pubblica sicurezza o per esigenze di pubblico servizio, operare in ogni tempo il detto concentramento per decreto reale previo il parere del Consiglio di Stato.

Art. 4. Ai religiosi, i quali avessero fatta regolare professione prima della presentazione di questa legge, è concesso un annuo assegnamento, che sarà ragguagliato al reddito netto della casa a cui appartenevano.

Questo assegnamento non potrà mai eccedere la somma di lire 600 per Ogni religioso, e di lire 300 per ogni laico o conversa; né essere minore di lire 300 per i primi, e di lire 450 per i secondi.

Ai religiosi che avranno pagata una determinata somma per il loro ingresso nell’ordine, è concesso di scegliere tra lo assegnamento di cui sovra ed una pensione vitalizia regolata sul capitale pagato, in ragione della loro età, a norma della tabella A, quando il capitale stesso sia stato incorporato nel patrimonio di alcune delle case colpite da soppressione.

Ai terziarii o serventi dell’uno o dell’altro sesso che, dopo aver compiuto l’età d’anni 40 e servito da 10 anni in un convento, dovessero abbandonarlo per effetto di questa legge, potrà essere concesso annualmente un sussidio non maggiore di lire 150.

Art. 5. Dalla disposizione dell’articolo primo potranno essere eccettuate, con regio decreto da pubblicarsi contemporaneamente alla presente legge, speciali case, per ragioni di pubblica utilità.

Con regio decreto saranno pure determinatela facoltà di ricevere novizi e le altre condizioni per la conservazione delle case eccettuate.

Art. 6. Cessano parimente di esistere come enti morali riconosciuti dalla legge civile;

1. I capitoli delle chieste collegiale, che, per regio decreto da pubblicarsi contemporaneamente alla legge, non siano eccettuali come monumenti e ricordi della storia nazionale;

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2. Le abbazie ed i benefizi, ai quali non sia annessa cura d’anime attuale o l’obbligazione di coadiuvare al parroco nell’esercizio della medesima, ed in generale tutte le fondazioni perpetue, che abbiano carattere ecclesiastico;

3. Le cappellate laicali e tutte le altre Fondazioni di eguale natura, alle quali sia annesso un peso o servizio ecclesiastico.

Art. 7. I canonici delle collegiate e gli odierni investili di abbazie o dei benefizii indicati nei numeri 1 e 2 dell’articolo precedente riceveranno, vita durante e dal dì delta presa di possesso dei beni che costituiscono la dotazione rispettiva, un assegnamento annuo corrispondente al reddito netto della dotazione stessa, purché continuino a sostenere i pesi inerenti all’ente morale soppresso.

L’assegnamento anzidetto non potrà mai essere accresciuto per la mancanza o la morte di alcuno tra i membri della collegiata, e cesserà se l’investito più non possa ritenere il primo beneficio per collazione di un secondo o per altra qualsivoglia ragione.

Art. 8. Però se si tratti di canonicati, di abbazie o d’altri benefizii soggetti a patronato laicale o misto, oppure di cappellate laicali e di altre fondazioni analoghe, sarà in facoltà del patrono laicale di scegliere, entro un anno dalla pubblicazione della legge, tra l’usufrutto a favore dell’investito odierno, Vita durante, ed il pagamento dell’assegnamento annuo anzidetto, per il quale dovrà in tal caso prestare le necessario guarentigie.

II.

Fondo pel culto — Abolizione della Cassa ecclesiastica.

Art. 9. I beni appartenenti agli enti morali, indicati negli articoli 1 e 6, sono destinati a formare un fondo speciale pel culto.

A questo fondo si applicano eziandio i beni già devoluti, in viriti di leggi preesistenti, alla Cassa ecclesiastica, che rimane abolita.

Art. 10. L’amministrazione del fondo anzidetto sarà tenuta sotto la direzione del Ministro dei culti e coll’assistenza di un apposito Consiglio locale, dall’economato generale del distretto dove avevano sede gli enti morali soppressi, in modo distinto e separato dalla gestione dei fondi attribuiti all’economato stesso per effetto del R. decreto 26 settembre 1860 (num. 43H).

Tre membri del Consiglio potranno essere eletti dai parroci, giusta le norme che verranno stabilite nel regolamento.

Art. 11. Il fondo pel cullo, dopo il pagamento delle pensioni ed assegnamenti indicati agli articoli 4 e 7, e dopo l’adempimento dei pesi speciali, sarà erogato:

1. Nella soddisfazione dei carichi che gravano il bilancio dello Stato per spese di culto e per somme già assegnate con legge al clero in surrogazione di decime abolite;

2. Nel miglioramento della condizione dei parroci, che non abbiano una rendita netta di lire 1000;

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3. In sussidii a’ membri del clero più bisognosi e benemeriti della Chiesa e dello Stato; in assegni per esercizio del culto: in ristauri a chiese povere e monumentali: in incoraggiamento di studii ecclesiastici ed in altri analoghi usi di beneficenza, compresa l’istruzione popolare.

Art. 12. Una Commissione di vigilanza composta di tre senatori e di tre de. fiutati, eletti ogni anno dalle rispettive Camere, e di tre membri nominati, sovra proposta del Ministro dei culti, dal Re, che ne designerà pure il Presidente, avrà l’alta ispezione delle operazioni concernenti il fondo pel culto e sulle medesime rassegnerà annualmente al Re una relazione che verrà distribuita al Parlamento e pubblicata nel giornale ufficiale del Regno.

Art. 13. 1 beni mobili appartenenti agli enti morali, indicati agli articoli 1 e6, passano direttamente all’economato generale del distretto dove erano posti gli enti morali anzidetti, salve le eccezioni che fossero convenienti per l’efìettodell’articolo 3 della legge presente.

I beni immobili passano immediatamente, per effetto della pubblicazione della legge stessa, al demanio dello Stato, il quale avrà obbligo di rappresentare, dal di della effettiva presa di possesso dei medesimi, in cartelle iscritte sul Gran Libro del debito pubblico a favore dell’economato generale del distretto cui appartenevano gli enti morali, una rendita 5 per <00 equivalente al reddito netto dei beni stessi, da accertarsi in quel modo che verrà determinato da apposito regolamento.

Art. 14. Sono eccettuati da tali disposizioni:.

1. I fabbricati dei conventi soppressi, i quali, quando rimangano sgombri dai religiosi e non siano altrimenti assegnati a pubblico servizio, saranno concessi ai comuni, che ne facciano domanda, per usi di pubblica utilità, entro il termine di sei mesi dallo avvenuto sgombro, e che godranno della ottenuta concessione finchè duri tale destinazione;

2. 1 beni oggidì posseduti da enti morali soppressi e soggetti, per patto o disposizione qualunque che possa avere effetto a termini di legge, a riversibilità a favore di comuni, stabilimenti o privati, ai quali ne sarà immediatamente devoluta la proprietà, se assumano con opportune guarentie il carico di corrispondere la rendita netta di tali beni fino alla morte dei singoli provvisti od alla estinzione totale dei componenti la casa religiosa o l’ente morale cui appartenessero i beni stessi.

Se però trascorrano sei mesi dalla pubblicazione della legge senza che gli aventi diritto alla devoluzione abbiano prodotto i documenti necessari ad accertare il diritto stesso, od abbiano prestata l’anzidetta guarentia, essi più non potranno conseguire altro che la rendita corrispondente, inscritta sul Gran Libro del debito pubblico a tenore dell’articolo 13, dopo avvenuta la morte od estinzione suaccennata, e purché facciano valere le loro ragioni entro il triennio susseguente tale epoca;

3. I beni costituenti la dotazione di canonicati, abbazie o benefizi di patronato laicale o misto, oppure di cappellani laicali ed altre fondazioni analoghe, i quali, salvo il vincolo dell’usufrutto od il peso dell’assegnamento indicati all’articolo 8, si devolveranno in proprietà a coloro che al momento della pubblicazione della legge avranno il diritto di patronato, dividendosi tra i due patroni, se il patronato attivo si trovi separato dal passivo.

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Art. 15. Cessato l’usufrutto o lo assegnamento annuo a favore degli odierni investiti secondo il disposto dell’articolo 8, i patroni corrisponderanno all’economato generale del distretto una somma eguale al terzo del valore dei beni dei quali andranno al possesso, e questa somma sarà aumentata di un altro terzo corrispondente alla porzione del patrono ecclesiastico, ove si tratti di beneficio di patronato misto.

Questo contributo sarà soltanto di una somma corrispondente al quadruplo delle tasse ed imposte gravanti i detti beni al tempo della devoluzione, se si tratti della dotazione di cappellani laicali e di altre fondazioni analoghe.

Dal valore intiero dei beni sarà però sempre, nei casi previsti dai due capoversi precedenti e dal numero 2 dell’articolo 14, prelevato, per lo adempimento dei pesi religiosi, un capitale, di cui il frutto corrisponda in ragione del 5 per cento al cumulo dei pesi stessi.

III.

Quota di concorso.

Art. i6. A provvedere fin d’ora efficacemente al miglioramento della condizione dei parroci è imposta un’annua quota di concorso, il provento della quale, per cura dell’economato generale, sarà ripartito a favore esclusivamente dei parroci del distretto economale, di guisa che, incominciando dai meno retribuiti, si abbia un aumento progressivo delle congrue rispettive.

Art. 17. Sono soggetti alla quota di concorso, nei modi e nelle proporzioni ivi designate, gli enti morali, indicati nell’articolo 25 della legge 29 maggio 1855 (numero 878), che verrà perciò esteso a tutto il Regno con abrogazione del capoverso del numero 4.

Art. 18. Per la liquidazione, lo stabilimento e la riscossione delle quote di concorso, si seguiranno le basi, i modi e le norme delle leggi e regolamenti relativi alla tassa di manomorta, che vorrà pure essere detratta, senza che si ammetta altra deduzione oltre quelle ivi determinate.

Art. 19. Alla morte di ciascun vescovo o arcivescovo, il Governo, sentito il Consiglio economale di cui è cenno nell’articolo 10, ridurrà di quella parte che sia riconosciuta eccedente la dote del beneficio, addicendola al fondo per il culto.

Art. 20. È sospesa ogni provvista di canonicati, che non abbiano annessa la dignità od officio o non siano soggetti a patronato laicale o misto, non che di beneficiature, mansionariati o cappellanie nei capitoli esenti da soppressione, infino a che i capitoli delle metropolitane non siano ridotti al numero di quindici canonici e di dieci beneficiati o cappellani, ed i capitoli delle cattedrali o collegiate al numero di dodici canonici e sei beneficiati o cappellani, inchiudendo nel numero soprafisso i canonicati di dignità o d’ufficio ed i canonicati soggetti a patronato laicale o misto.

Art. 21. Si terrà conto separato e distinto per ciascun capitolo delle rendite provenienti dai canonicati lasciati in tal guisa vacanti, e sovra esse si corrisponderà in quote eguali ai singoli canonici, conservati nello stesso capitolo

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e non investiti di canonicato di patronato laicale o misto, un supplemento di assegno fino alla misura stabilita dalla tabella B unita alla legge.

Ogni sopravanzo dall’uso anzidetto è devoluto al fondo perij culto e sarà applicato allo scopo voluto dall’articolo 16.

IV.

Conversione dell’asse ecclesiastico

Art. 22. Tutti i beni rurali ed urbani appartenenti agli Arcivescovadi e Vescovadi, ai canonicati ed agli altri beneficii non soppressi dovranno, a misura clic ne cessi il godimento negli odierni investiti, essere convertiti, per cura dell’economato generale del distretto, in rendita sul debito pubblico dello Stato od in rendita fondiaria, oppure, dove le leggi lo consentano, essere concessi ad enfiteusi, la quale però sarà sempre affrancarle.

Sono eccettuati gli edilìzi attigui alle Chiese ed abitati in tutto od in parte dell’investito, coi giardini ed orti annessi, nonché le villeggiature di suo uso.

Art. 23. Eguale conversione dovrà farsi dei beni rurali ed urbani appartenenti ai capitoli, ai seminari, alle fabbricerie, alle case religiose esenti da soppressione ed a qualunque altro stabilimento od ecclesiastico o servente al culto, eccettuate pur sempre le case e le villeggiature cogli orti e giardini annessi.

I beni anzidetti saranno posti a licitazione pubblica a misura che ne sia fatta richiesta da compratori, e trascorrendo un quinquennio dalla pubblicazione della presente legge senza che siasi compiuta la conversione, questa sarà eseguita a cura dell’economato generale.

Art. 24. È vietato quind’innanzi agli enti morali, dei quali è cenno nei due articoli precedenti, lo acquistare beni urbani o rurali se non nei limiti assegnati dalle eccezioni poste negli articoli medesimi.

A quelli tra gli anzidetti enti morali, ai quali fossero devoluti di tali beni per aggiudicazione o per altra ragione di legge, sarà concesso il termine di Ire anni per farne la conversione nei modi sopra indicati.

Nel decreto reale che, a sensi della legge 5 giugno 1850, assenta a Ulano degli enti morali anzidetti l’accettazione di donazioni o di disposizioni testamentarie, verrà assegnato un termine adeguato, che in verun caso non potrà eccedere il triennio, per procedere alla conversione degl’immobili non compresi nelle eccezioni summenzionate.

Art. 25. Quind’innanzi non saranno valide senza l’approvazione governativa le permute, le censuazioni e qualsivoglia alienazione di beni immobili e di rendite di ogni specie appartenenti agli enti morali indicati negli articoli 22 e 23. È delegato agli economi generali l’incarico di concedere siffatta approvazione sopra voto favorevole del Consiglio istituito presso gli economati generali a senso dell’articolo 10 di questa legge.

Art. 26. Nulla è innovato nelle provincie siciliane circa le disposizioni della legge 10 agosto 1862 (numero 743).

Una parte della rendita resultante dai canoni per concessioni enfiteutiche, fatte nelle provincie siciliane in virtù della suddetta legge, potrà essere destinata ad opere di pubblica utilità in vantaggio delle provincie stesse per decreti reali sovra proposta del Consiglio dei ministri e sentito il parere del Consiglio di Stato.

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V

Disposizioni transitorie.

Art. 27. Dal giorno della pubblicazione di questa legge gli economati generali assumeranno le attribuzioni affidate loro dalla medesima.

Un regolamento da pubblicarsi con decreto reale determinerà le norme che gli economati generali dovranno tenere per l’amministrazione del fondo pel culto, la composizione e le attribuzioni del Consiglio locale indicato all’Art. 10, il modo e il termine, ne’ quali debba recarsi ad effetto il passaggio negli economati stessi delle attribuzioni fino ad ora esercitate dalla Cassa ecclesiastica, non che la divisione, in ragione della provenienza, delle rendite spettanti a ciascun distretto economale.

Art. 28. I superiori delle case religiose e delle congregazioni regolari e secolari, e gli investiti od amministratori degli altri enti morali indicati nella legge presente dovranno intervenire agli atti d’inventario, e presentare tutti i documenti, le consegne e gli schiarimenti che saranno richiesti dagli agenti incaricati dell’esecuzione della legge stessa secondo il regolamento anzidetto.

Il rifiuto e la inosservanza di tali obblighi, l’altenamento delle indicazioni richieste, il trafugamento o la sottrazione di documenti od altro oggetto qualunque spettante alle case, congregazioni od enti morali sovraindicati, sarà punito con una multa da lire 100 a 500, e colla perdita dell’assegnamento od usufrutto, ai quali avessero diritto, «tenore degli articoli 4, 7 ed 8 della legge, oltre alle pene stabilite dalle leggi vigenti.

Art. 29. Il calcolo della rendita netta per l’effetto degli articoli 4, 7 e 14. sarà ragguagliato sulla media dell’ultimo decennio, tenuto calcolo d’ogni indicazione che risulti da contratti, da registri regolari, da catasti o dalle consegne fatte in eseguimento della legge 21 aprile 1862, numero 587, e fatta sottrazione delle spese di conservazione e ristauro dei conventi e delle Chiese.

Art. 30. Non si riconosceranno i debiti e le altre passività a carico degli enti morali soppressi, che eccedano il valore dei beni medesimi.

Art. 31. Per il conseguimento di quanto è attribuito al fondo pel culto dall’articolo 15 della legge, l’economato generale avrà un diritto di privilegio sui beni relativi, di cui potrà giovarsi entro il termine di due anni dal dì della cessazione dell’usufrutto o dell’assegnamento a favore dell’odierno investito.

Art. 32. Sovra proposta dell’economato generale, previi gli opportuni accordi col ministero della Pubblica Istruzione, e sentila la Commissione di vigilanza, saranno dati gli opportuni provvedimenti per la devoluzione a pubbliche biblioteche dei libri, manoscritti e documenti scientifici posseduti da case religiose o da altri enti morali e per tutto ciò che riguarda i monumenti, oggetti d’arte, mobili preziosi ed archivi, che si trovino nelle Chiese e negli edifizi delle case religiose e degli altri enti colpiti da questo o dalle precedenti leggi di soppressione.

Art. 33. Quando per morte, concentramento od altra causa, le Chiese annesse ai Conventi, alle Collegiate od ai benefici soppressi non possano pili o sere ufficiate da coloro che oggi vi attendono, sarà provveduto

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all’ufficiatura delle medesime a carico del fondo pel culto nei modi richiesti dalle discipline vigenti ed a seconda delle circostanze e dei bisogni delle popolazioni.

Dove alla casa religiosa od alla collegiata soppressa sia congiunta cura d’anime, sarà provveduto, nelle forme di diritto, allo assegnamento di una congrua e di una decente abitazione a favore del Parroco o dei coadiutori che gli occorrano….

L’adempimento dei pesi religiosi, ai quali per l’avvenuta soppressione più non possano attendere i religiosi, i canonici, ed altri beneficiati, sarà trasferito per cura dell’economato generale nelle amministrazioni delle chiese parrocchiali dei luoghi, ove sono stabilite le pie fondazioni, mercé la rimessione d’una rendita corrispondente ai pesi.

Art. 34. Le possidenze delle corporazioni religiose, oggidì esistenti in Lombardia, alle quali sia applicabile la disposizione dell’articolo 16 del trattato di Zurigo, si devolveranno alle case delle corporazioni stesse che ivi potessero per avventura andare «senti da soppressione a tenore dell’articolo 5 della presente legge.

Art. 35. Restano ferme le pensioni già effettivamente assegnate a religiosi e religiose, in esecuzione delle leggi di soppressione anteriormente emanate in alcune provincie del regno.

Però cessa il diritto al godimento tanto delle pensioni ed assegnamenti anteriori, quanto di quelli determinati dalla legge presente, nonché dello usufrutto indicato all’articolo 8, per coloro che dimorino fuori dello Stato, senza avere ottenuto dal governo speciale facoltà di continuare a goderne.

Art. 36. Finché non sia estinto il debito delle pensioni ed assegnamenti concessi dalla legge presente ai religiosi ed ai provvisti di canonicati, abbazie ed altri benefizi soppressi, le rendite, applicate al fondo per il culto, saranno esonerate dalla tassa imposta in virtù, della legge 21 aprile 1862 (N» 587), egli economati generali andranno esenti da tassa di registro e bollo, come le amministrazioni dello Stato, per gli atti che si compiono nell’interesse del fondo per il culto.

Art. 37. È abrogata ogni disposizione contraria a questa legge.

Tabella A.

(Pensioni vitalizie, articolo 4)

Età sino a 30 anni6 per cento
da 30 a 356
da 35 a 407
da 40 a 457
da 45 a 508
da 50 a 559
da 55 a 6010
da 60 a 6518
da 65 a 7016
da 70 a 7522
da 75 a 80

— 172 —

Tabella B.

(Articolo 21)

Canonicati senza ufficio o dignità.

Nelle metropolitaneL. 2,500
Nelle cattedrali2,200
Nelle collegiate1,800

Canonicati d’ufficio o dignità.

Nelle metropolitaneL. 1,800
Nelle cattedrali1,500
Nelle collegiate1,200

Beneficiati o cappellani.

Nelle metropolitaneL. 1,000
Nelle cattedrali900
Nelle collegiate800
SOPPRESSIONE DELLE DECIME ECCLESIASTICHE

Art. 1. Le decime e primizie che si pagano al clero pei servizi religiosi, sono abolite in tutto il Regno.

Art. 2. I parroci, acuì mancasse la congrua di L. 600, avranno diritto fino a tal somma, ed a carico del rispettivo comune, ad un assegnamento annuo, che però non potrà eccedere la somma delle prestazioni abolite.

Art. 3. L’ammontare dell’assegnamento anzidetto sarà determinato dal Consiglio comunale nei modi e colle norme che verranno stabilite da apposito regolamento.

Contro la deliberazione del Consiglio comunale è ammesso il ricorso alla deputazione provinciale.

Art. 4. In difetto delle rendite ordinarie del Comune per sostenere il carico dell’assegnamento anzidetto, sarà provveduto alla spesa relativa mercè sovrimposta alle contribuzioni dirette.

Art. 5. La metà del fondo, che rimanga in ogni anno disponibile per cessazione di pensioni a favore di membri delle corporazioni religiose soppresse a tenore della legge relativa, verrà gradatamente assegnato, fino a totale discarico dei Comuni, prima ai parroci che godono dell’assegnamento indicato all’articolo 2, poscia a quelli che abbiano diritto ad annualità fisse, surrogate già dai Comuni stessi ad antiche prestazioni decimali ecclesiastiche.

Art. 6. È derogato ai decreti 19 gennaio 1860 e 7 gennaio 1861 del governatore dell’Emilia e del luogotenente di S. M. nelle provincie napolitano, in quanto possano essere contrari alle disposizioni della legge presente.

PROGETTO VACCA CONTRO GLI ORDINI RELIGIOSI ED I BENI ECCLESIASTICI

II 18 gennaio del 1864 il guardasigilli Pisanelli presentava alla Camera tra disegno di legge per la soppressione degli Ordini religiosi, e disposizioni sull’asse ecclesiastico; ma prima che quel disegno potesse venire esaminato dai deputati, il povero Pisanelli precipitava dal Ministero. Giuseppe Vacca raccoglieva il portafoglio del Pisanelli, ritirava il suo progetto di legge, ed iM2 di novembre 1864 ne presentava un nuovo, con conseguenze di maggior portata, com’egli dice nella relazione. La principale differenza tra i due progetti è questa: il progetto Pisanelli considerava i beni ecclesiastici come cose che erano consecrate al culto, e doveano a questo servire esclusivamente; laddove il progetto Vacca «si prefigge di volgere a profitto dello Stato una ragguardevole parte di beni ecclesiastici». In altri termini il progetto Vacca è più ladro del progetto Pisanelli. Eccolo

I.

Soppressione delle corporazioni religiose e di altri enti morali ecclesiastici od inservienti al cullo.

Art. 1. Dal giorno della pubblicazione della presente legge non saranno più riconosciuti nello Stato gli ordini e le congregazioni religiose regolari e secolari, e le congregazioni, comuni e ed associazioni di qualsiasi natura che importino vita comune ed abbiano un carattere ecclesiastico, sebbene siano soggette all’ingerenza o tutela dell’autorità laicale.

Le case e stabilimenti appartenenti agli ordini e alle congregazioni anzidetto sono soppressi, ed i beni ne sono immediatamente devoluti al demanio dello Stato.

Art. 2. I membri delle corporazioni soppresse acquisteranno il pieno esercizio dei diritti civili e politici dal giorno della pubblicazione della presente legge.

Art. 3. Ai religiosi ed allo religiose degli ordini possidenti, i quali avessero fatta regolare professione religiosa prima del 18 gennaio 1864, è concesso un annuo assegnamento di lire 500 per ogni religioso sacerdote o religiosa corista, e di lire 250 per ogni laico o conversa.

Ai terziarii o serventi dell’uno e dell’altro sesso che, dopo di aver compiuto l’età di anni 60 e servito da un decennio in alcuno dei monasteri degli ordini possidenti, dovessero abbandonare il loro posto per effetto della presente legge, potrà essere concesso un sussidio annuale non maggiore di lire 120.

Art. 4. Gli assegnamenti anzidetti verranno ridotti proporzionalmente, quando la rendita netta dei beni delle corporazioni e congregazioni religiose soppresse non presenti un’attività sufficiente a sostenere la spesa degli assegnamenti stessi.

Art. 5. Saranno assegnati dal Governo alcuni chiostri, nei quali i religiosi dei diversi Ordini contemplati negli articoli precedenti potranno rispettivamente convivere secondo le regole del loro istituto fino a che non siano ridotti a numero minore di sei.

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Eguale assegnamento di chiostri verrà fatto per rispetto ai religiosi regolarmente professi negli Ordini mendicanti prima del 18 gennaio 1864, ai quali sarà pure concessa la facoltà di continuare la questua, sotto l’osservanza però delle disciplina speciali che, a regolarne l’esercizio, il Governo credesse di adottare per ragioni d’ordine pubblico.

Art. 6. Cessano parimente di esistere come enti morali riconosciuti dallo Stato e sono soppressi:

1° 1 capitoli delle chiese collegiate;

2° Le abazie;

3° I benefizii, ai quali non sia annessa cura d’anime attuale;

4° Le chiese ricettizie;

5° Le cappellate laicali;

6° Le confraternite, ed in generale tutte le fondazioni alle quali sia annesso un peso o servizio ecclesiastico;

7° Le istituzioni designate col nome generico di fondazioni o legati pii, patrimoni i ecclesiastici e simili, quando abbiano un reddito eccedente l’ammontare dell’adempimento dei pesi che vi sono inerenti.

Art. 7. 1 canonici attuali delle collegiate soppresse, gl’investiti delle abazie e dei benefizii indicati nel numero 3 dell’articolo precedente e gli odierni partecipanti delle chiese ricettizie regolarmente provvisti di un titolo di partecipazione riceveranno, vita durante e dal dì della presa di possesso dei beni che costituiscono la dotazione rispettiva, un assegnamento annuo corrispondente al reddito netto della dotazione stessa, purché continuino a sostenere i pesi inerenti all’ente morale soppresso.

L’assegnamento anzidetto non potrà mai essere accresciuto per la mancanza o la morte di alcuno tra i membri d’una collegiata o ricettila, e cesserà, se l’investito più non possa ritenere il primo benefizio per collazione d’un secondo o per altra qualsivoglia ragione.

Art. 8, Però, se si tratti di canonicati, di abazie e di benefizii soggetti a patronato laicale o misto, oppure di cappellanie laicali, sarà in facoltà del patrono laico di scegliere, entro sei mesi dalla pubblicazione della legge, tra l’usufrutto a favore dell’investito odierno, vita durante, e la prestazione dell’annuo assegnamento anzidetto, per il quale dovrà in tal caso porgere le necessario guarrentie.

Art. 9. 1 beni appartenenti agli enti morali indicati all’articolo 6 passano al demanio dello Stato, col carico di inscrivere a nome del fondo, per il culto una rendita del 5 per cento sul Gran libro del debito pubblico uguale alla rendita accertata dei beni stessi a norma delle disposizioni dell’articolo 3 della legge 21 agosto 1862, n. 704.

Art, 10. Sono eccettuati dalla devoluzione o dal passaggio di cui nel capo dell’articolo 1° e nell’articolo precedente;

1° I fabbricati dei conventi soppressi, i quali, quando non siano designati ad abitazione dei religiosi od altrimenti assegnali a pubblico servizio, saranno concessi ai comuni, clic ne facciano domanda entro il termine di sei mesi dallo avvenuto sgombro per uso di scuole, di asili infantili e di ricoveri di mendicità, e che godranno dell’ottenuta concessione, finché duri tale destinazione;

— 175 —

2° I beni posseduti da enti morali soppressi e soggetti, per disposizione qualunque che possa avere effetto a termini delle rispettive leggi civili sulle sostituzioni fìdeicommissarie, a favore di privati, a riversibilità o devoluzione, che avrà luogo immediatamente, se questi assumano con opportune guarentie il carico di corrispondere la rendita netta di tali beni fino alla morte dei singoli provvisti od alla estinzione totale dei componenti l’ente morale, cui appartenessero i beni stessi;

3° I beni costituenti la dotazione di canonicati, abazie e benefizi di patronato laicale o misto, oppure di cappellanie laicali, che, salvo il vincolo dell’usufrutto od il peso dell’assegnamento indicati all’articolo 8, si devolveranno in proprietà a coloro che al momento della pubblicazione della legge avranno il diritto di patronato, dividendosi tra i due patroni se il patronato attivo si trovi separato dal passivo.

4° I libri, manoscritti, documenti scientifici, monumenti ed oggetti d’arte ed i mobili preziosi ed archivi che si trovino nelle Chiese e negli uffizi delle case religiose e degli altri enti morali colpiti da questa o da precedenti leggi di soppressione, per rispetto ai quali oggetti sarà provveduto od alla devoluzione a pubbliche biblioteche od a musei od alla loro migliore conservazione, previi accordi da pigliarsi dal Ministero dei culli coi Ministeri competenti, sentito il voto delle rispettive deputazioni provinciali.

Art. 11. Cessato l’usufrutto o l’assegnamento annuo a favore degli odierni investiti secondo la disposizione dell’articolo 8, i patroni corrisponderanno al fondo per il culto una somma uguale al terzo del valore dei beni dei quali andranno al possesso, e questa somma sarà aumentata di un altro terzo, corrispondente alla porzione del patrono ecclesiastico, ove si tratti di benefizio di patronato misto.

Questo contributo sarà soltanto di una somma corrispondente al quadruplo delle tasse ed imposte gravanti i detti beni al tempo della devoluzione, se si tratti della dotazione di cappellanie laicali.

Dal valore intero dei beni sarà però sempre, nei casi previsti dai due capoversi precedenti e dal n° 2 dell’articolo i O prelevato, per lo adempimento dei pesi inerenti all’ente morale soppresso, un capitale di cui il frutto corrisponda in ragione del 5 per cento al cumulo dei pesi stessi.

II.

Ordinamento dell’asse ecclesiastico.

Art. 12. Tutti i beni appartenenti agli arcivescovadi e vescovadi, ai capitoli,

ai seminari, alle fabbricerie ed a qualunque siasi altro stabilimento od ecclesiastico od inserviente al culto, passane) al demanio dello Stato, col carico d’inscrivere, a nome dell’ente morale cui appartenevano i beni anzidetti, una rendita del $ per cento sul Gran Libro del Debito pubblico a norma di quanto o prescritto dall’Art. 9 della presente legge.

Sono eccettuati gli edifizi abitati dagli investiti od inservienti di villeggiatura agli Arcivescovi, Vescovi e seminari, in un coi giardini ed orti immediatamente annessi od aventi una speciale destinazione necessaria all’esistenza e scopo dell’ente morale.

Art. 13. Per i beni costituenti la dotazione di benefizi parrocchiali, il passaggio al demanio non accadrà fuorché a misura che ne cessi il

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godimento dal canto degli odierni investiti, rendendosi vacante il benefizio per morte o per qualsiasi altra cagione.

Art. 14. È vietato quind’innanzi agli enti morali contemplati nei due articoli precedenti l’acquisto di beni urbani e rurali, se non nei limiti assegnati dall’eccezione posta al capoverso dell’Art. 12. : A quelli tra gli anzidetti enti morali, ai quali fossero quind’innanzi devoluti di tali beni per aggiudicazione o per altra ragione di legge, sarà concesso il termine di un anno per farne la conversione nell’acquisto di rendita inscritta nominativamente sul Gran Libro del Debito pubblico dello Stato.

Nel decreto reale che, a sensi della legge 5 giugno 1850, assenta a taluno degli enti morali anzidetti l’accettazione di donazioni o di disposizioni testamentario, verrà assegnato un termine adeguato che in vermi caso non potrà eccedere l’anno dalla immissione in possesso di beni rustici ed urbani, per farne la conversione nel modo sovraindicato.

Art. 15. Non saranno valide senza l’approvazione governativa le permute, le censuazioni e qualsivoglia alienazione di beni e di rendite di ogni specie appartenenti agli enti morali sovradetti.

È delegato agli economi generali l’incarico di concedere siffatta approvazione.

Art. 16. In caso di vacanza degli arcivescovadi e dei vescovadi, la dotazione rispettiva sarà ridotta ad una rendita di lire 15,000 poi primi, e di lire 10,000 pei secondi.

Art. 17. Eguale riduzione sarà fatta, alla evenienza di vacanza, delle prebende parrocchiali, in quanto eccedano la rendita determinata dalla tabella A annessa alla presente legge.

Art. 48. I capitoli delle chiese metropolitane e cattedrali saranno ridotti, col sospendersi ogni nuova provvista di canonicati che ivi si facciano vacanti, al numero di dieci canonici e sei beneficiati nelle cattedrali; e le dotazioni rispettive saranno pure ridotte alla misura determinata dalla tabella B.

Ai canonicati di patronato laicale non governativo oggidì esistenti nelle cattedrali sono applicate, in caso di vacanza, le disposizioni dell’Art. Il della legge, devolvendosi ai patroni, dopo le deduzioni indicate nell’articolo stesso, la rendita inscritta sul Debito pubblico dello Stato a favore del beneficio.

Art. 19. Gli enti morali indicati nell’Art. 25 della legge 29 maggio 4855, né 878, che viene perciò esteso a tutto il Regno con abrogazione del capoverso del n. 4, sono soggetti alla quota di Concorso nei modi e nelle proporzioni ivi designate.

Per gli enti morali, dei quali è cenno negli articoli 16, 17 e 18, la quota di concorso è dovuta finché non accadano le riduzioni di prebenda prescritte negli articoli stessi.

Per i canonici ed altri provvisti di benefizii ed enti morali soppressi contemplati nell’articolo 17 della legge, la quota di concorso dovuta a senso della legge 19 marzo 1855 sarà dedotta dall’assegnamento di reddito netto cui hanno diritto. Sarà invece corrisposta direttamente dagli investili nel caso previsto dall’articolo 8.

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Art. 20. Per la liquidazione, lo stabilimento e la riscossione delle quote di concorso si seguiranno lo basi, i modi o le norme delle leggi e regolamenti relativi alla tassa di manomorta, che vorrà pure essere detratta, senza che si ammetta altra deduzione, oltre quelle ivi determinate.

Art. 21. I proventi ritratti dall’esecuzione delle disposizioni degli articoli 9, 11, 16, 17, 18 e 19 sono destinati a formare un fondo speciale per il culto che sarà amministrato sotto la direzione del ministero dei culti dagli economati generali dei benefici! vacanti.

Art. 22. Le rendite attribuite al fondo per il culto verranno assegnate a misura che siano disponibili, ai parroci in guisa da accrescerne le fisse prebende entro i limiti designati dalla tabella A.

Verranno pure fatti sul fondo stesso speciali assegnamenti per il mantenimento di vice-parroci entro i limiti e sotto le condizioni notate nella stessa tabella A.

Sarà devoluto alle finanze dello Stato ogni sopravanzo delle rendite del fondo per il culto, dopo soddisfatti i carichi imposti al medesimo dall’articolo presente.

Art. 23. Sull’amministrazione ed erogazione del fondo per il culto sarà annualmente fatta dal ministero dei culti una relazione al Re, che verrà distribuita al Parlamento e pubblicata nel foglio ufficiale.

III.

Disposizioni transitorie.

Art. 24. La Cassa ecclesiastica è soppressa, ed all’asse patrimoniale della medesima, secondo la diversa provenienza, saranno applicate le disposizioni dell’articolo primo o dell’articolo 9 della legge presente.

Art. 25. Passano a carico del demanio dello Stato gli oneri imposti alla Cassa ecclesiastica dal n° 1° dell’articolo 25 del decreto 17 febbraio 1861 per le provincie napoletane, dal capoverso a dell’articolo 17 dei decreti Il dicembre 1860 del regio commissario straordinario nelle provincie dell’Umbria, e 3 gennaio 1861 del regio commissario straordinario nelle provincie delle Marche, come pure le pensioni assegnate ai religiosi e religiose in dipendenza delle leggi di soppressione anteriormente emanate.

Sarà provveduto dal fondo per il culto agli oneri imposti alla Cassa ecclesiastica dai numeri 1° e 28 dell’Art. 2-1 della legge 29 maggio 1855, ed assegnamenti di culto iscritti sul bilancio del Ministero di grazia e giustizia e dei culti.

Art. 26. Gl’impiegati addetti alla Cassa ecclesiastica godranno il favore delle disposizioni contenute negli articoli 13, 14 e 15 della legge Il ottobre 1863, n° 1500, e l’anno indicato dall’articolo 13 della legge stessa dalla pubblicazione della legge presente.

Saranno però tenuti detti impiegati a prestare servizio presso gli ufficii, ai quali Fossero applicati dal Governo, sotto pena della perdita della qualità d’impiegato e dello stipendio.

Art. 27. I superiori od amministratori delle case religiose, delle congregazioni regolari e secolari, od altre associazioni ecclesiastiche, e gl’investiti ed amministratori degli altri enti morali, ai quali si riferiscono le disposizioni della presente legge, dovranno denunziare all’autorità

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demaniale, entro il termine di tre mesi dalla pubblicazione della legge medesima, l’esistenza dell’ente, e notificare tutti i beni stabili e mobili ad esso spettanti.

Dovranno altresì intervenire agli atti d’inventario, e presentare tutti i documenti e le notizie che saranno richieste dagli agenti incaricati dell’esecuzione della presente legge, secondo il regolamento relativo.

Per i beni situati nello Stato e spettanti ad enti posti in Stato estero, la denuncia dovrà essere fatta da coloro che ne hanno nello Stato l’amministrazione, quando venisse ommessa dai superiori, dagli inveititi o dagli amministratori esteri.

Il rifiuto, il ritardo o l’inosservanza di questi obblighi, l’alteramento delie indicazioni richieste, il trafugamento, la sottrazione o l’occultamento di qualunque oggetto o documento spettante alle case religiose, congregazioni od enti morali sovraindicati, sarà punito con una multa da lire 100 a lire 1000, e colla perdita dell’assegnamento, della pensione, dell’usufruito e delta porzione di proprietà che potesse spettare al contravventore, oltre altre pene stabilita dalle leggi vigenti.

Art. 28. Indipendentemente dalle denuncio indicale nel precedente articolo, gli agenti incaricati dell’esecuzione della legge potranno prendere possesso definitivo di tutti i beni spettanti agli enti morali contemplati nella medesima, o, dove non si potesse avere l’intervento del rappresentante dell’ente morale, vi sarà sostituito l’intervento del giudice, o d’un suo delegato, od in mancanza del medesimo, del sindaco.

Art. 29. Per il pagamento dei debiti, oneri e di qualsiasi altra passività a carico degli enti morali soppressi, il demanio od il fondo por il culto non saranno mai tenuti ad un ammontare maggiore a quello risultante, o dalla rendita accertata definitivamente nella prete di possesso o dal capitale formato dal cento per cinque della rendita medesima.

Art. 30. tanto a fronte del fondo per il culto, quanto a fronte degl’iuvestiti, si farà luogo alla liquidazione dei compensi reciprocamente dovuti per l’entità dei frutti pendenti appresi dal demanio nell’atto della presa di possesso, in confronto alla decorrenza della rendita da inscriversi sul Debito pubblico, o della prestazione vitalizia.

Art. 31. 1 diritti di devoluzione e riversibilità riservati dall’Art. 10, n. 2, dovranno essere fatti valere entro sei mesi dalla pubblicazione della presente legge.

I beni saranno amministrati dal demanio per conto degli aventi diritto durante il detto periodo; trascorso il quale, la proprietà dei beni si devolve al demanio, salvo l’obbligo, di liberare agli aventi diritto una rendita del debito pubblico dello Stato corrispondente al reddito netto dei beni stessi, qualora il diritto sia fatto valere entro il triennio susseguente alla pubblicazione della legge.

Art. 32. È concesso un termine di due anni alle Corporazioni religiose oggidì esistenti in Lombardia, alle quali sia applicabile l’articolo 16 del trattato di Zurigo, per disporre liberamente dei loro beni mobili ed immobili. Passato questo termine, i beni stessi saranno devoluti al demanio dello Stato.

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Art. 33. Fino a diversa disposizione di legge i beni stabili che perverranno al demanio in virtù della presente legge saranno alienati colle norme della legge 21 agosto 1862, n° 793.

Art. 34. Nulla è innovato nelle provincie siciliane circa le disposizioni della legge 10 agosto 1862, n° 743. Le relative operazioni potranno essere compiute in contesto, col demanio dello stato.

Art. 35. Il calcolo della rendita netta per l’effetto degli articoli 3, 7, 8 e 10 (numeri 2 e 3), sarà ragguagliato sulla media dell’ultimo decennio, tenuto conto di ogni indicazione risultante regolarmente da contralti, da registri, da catasti e dalle consegne fatte in eseguimento della legge 21 aprile 1862, num. 587.

Art. 36. Per il conseguimento di quanto è attribuito al fondo per il culto dell’articolo il della legge presente gli economati generali avranno un diritto di privilegio sui beni corrispondenti, di cui vorrà essere Tatto esperimento entro il termine di due anni dal dì della cessione dell’usufrutto o dell’assegnamento a favore dell’odierno investito.

Art. 37. Cessa il diritto al godimento delle pensioni, assegnamenti ed usufruiti concessi tanto dalle leggi di soppressioni anteriori quanto dalla presente, per coloro che dimorino fuori dello Stato senza avere ottenuto dal Governo speciale facoltà di goderne.

Art. 38. Sarà provveduto, nei modi richiesti dalle discipline vigenti ed a seconda delle circostanze e dei bisogni delle popolazioni, all’ufficiatura delle chiesa annesse ai conventi e benefizi soppressi, all’adempimento degli oneri parrocchiali inerenti alle collegiate, abazie e chiese ricettizie soppresse, e ad ogni altro peso e legato pio o di beneficenza inerenti agli enti morali soppressi, in quanto corrispondano alle fatte dotazioni i proventi odierni.

Art. 39. È eccettuata per ora da soppressione, a senso dell’articolo 6, n° 2, della presente legge, l’abazia di Santa Maria Terrana, in Caltagirone, come inserviente di titolo prelatizio al giudice della regia monarchia ed apostolica legazia in Sicilia.

Art. 40. Con regolamenti approvati dal Re sarà provveduto a quanto occorra per l’esecuzione della presente legge.

Art. 41. E’ abrogata ogni disposizione contraria alla presente legge.

Tabella A1

Assegnoal parrocoNumero del vice-parr. (1) Assegno al vice-parr.
Parrocchie sotto i 1000 abitanti8001400
Id. da 1000 a 1999 id.10001400
Id. da 2000 a 2999 id.11002500
Id. da 3000 a 3999 id.12002500
Id. da 4000 ad oltre id.13002500

L’assegno per i vice-parroci non è ammesso fuorché dove, non avendosi fondazioni speciali per il mantenimento dei vice-parroci, siano questi a carico della prebenda parrocchiale e già esistessero fissamente nel numero stabilito dalla tabella prima della presentazione della legge.

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Tabella B.

(Assegno (1)
Canonici d’ufficioL. 2500
Canonici senza ufficioL. 2000
Beneficiati e cappellaniL. 1000

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa/vol_01_02_margotti_memorie_per_la_storia_dei_nostri_tempi_1865.html#presentava

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