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STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI VIII (VOL. II)

Posted by on Ott 12, 2024

STORIA DE’ NOSTRI TEMPI DAL CONGRESSO DI PARIGI NEL 1856 AI GIORNI NOSTRI DI GIACOMO MARGOTTI VIII (VOL. II)

PROGETTO DI LEGGE PER RENDERE L’ITALIA SCISMATICA

Il Guardasigilli Vacca, nella tornata del 12 novembre 1864, presentava alla Camera dei deputati un progetto di legge, in cui, per sua medesima confessione e postergavasi anco il culto delle dottrine più consentite, l’ossequio alle tradizioni più predilette». Quel progetto venne affidato all’esame d’una Commissione parlamentare composta dei deputaci Borgatti, Cordova, Corsi, Mordini, Ugdulena, Biancheri, Giorgini, Ricasoli Bettino, De Luca. Ricasoli era l’anima, e il presidente di questa Commissione, la quale rigettò il progetto Vacca, e ne formò uno alla sua maniera, affidandone la relazione al Corsi. Questi presentò il suo lavoro fin dal 7 di febbraio 1865, e consegnato alle stampe, si distribuiva il 15 ai deputati. La Commissione propone in Italia la scismatica costituzione civile del Clero, già promulgata in Francia, distratta poi dal prima Bonaparte col Concordato del 1801 -, e il Corsi a pag. 46 della sua relazione confessa la brutta ed empia servilità.

Si vogliono sradicare «le istituzioni chiesastiche» perché spargono dannose superstizioni». Ed i volteriani sotto il nome di superstizione intendono il Cattolicismo. Si vuole compiere un totale divorzio dal Papa, e si pianta tutto n sistema sulla separazione, ossia sullo scisma. Si aboliscono centosettanta vescovati, e si riducono a cinquantanove, a cui la Camera dei deputati dà la giurisdizione.

Non mai s’ebbe esempio in Italia di simile attentato, che la Relazione osa chiamare «una nuova vittoria della civiltà». È una vendetta contro il Papa, e il deputato Corsi non lo dissimula, quando a pag. 9 dice del Papa che parla «col tuono del padrone allo schiavo nelle Encicliche e nei Sillabi diffusi e sostenuti da mille braccia, delle quali dispone». Ma chi getta sassi contro il cielo se li vedrà ricadere sul capo.

Gli spropositi e lo contraddizioni della Relazione e del progetto sono a migliaia. Il primo titolo tratta dell’amministrazione civile del cullo cattolico, ed ecco subito una contraddizione ne’ termini. Il culto cattolico non si può civilmente amministrare, come l’amministrazione civile non può riguardare il culto cattolico.

Né sarà dovuto l’assegno che quando risutti non ammontare i redditi avventizi della parrocchia al doppio della somma stabilita per il numero di vice-parroci o prefisso dalla tabella od esistente in numero minore oggidì.

Nella somma sovraindicata sono da imputarsi le quote normali di distribuzione corale e di partecipazione a massa comune.

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Il Corsi dice che il progetto della Commissione si fonda sul canone fondamentale di libera Chiesa in libero Stato, e poi assoggetta il culto cattolico all’amministrazione civile. Più innanzi dichiara che il patrimonio della Chiesa appartiene allo Stato, e poi che è dei fedeli soltanto, e non del Clero, come se i preti, i frati, i Vescovi non entrassero nel novero dei fedeli!

Leggete come la relazione a pag. 9 discorre del Capo della Chiesa: «L’Italia, che non riconosce il potere temporale del Pontefice, non ha ragione né per accettare un suo rappresentante, né per fare seco trattati. E quale ragione vi sarebbe per trattare con una autorità tutta spirituale?».

Con simili argomenti procede la relazione. La Chiesa o spirito, il Papa è spirito, il culto cattolico è spirito. E intanto si convertono in carta tutti i beni della Chiesa, e si vuoi «procedere animosamente alla riforma dell’amministrazione civile del culto cattolico!».

Lo Stato si separa dal Papa, e i preti si separano dai Vescovi, dicendo che «le leggi della Chiesa danno facoltà ai parrochi di nominarsi il Pastore!». Poi Vescovi e preti si sottomettono a ricevere il tozzo da certe Congregazioni che saranno come i meetings che oggidì si radunano in Italia.

Piangiamo sul male, ma rallegriamoci, perché la rivoluzione è giunta agli estremi. L’anno del giubileo sarà l’anno delle grandi lotte, ma l’anno eziandio delle grandi vittorie. Ogni giorno abbiamo ormai una novità, un nuovo errore, un grande misfatto.

Non si può meglio difendere il Papa-Re che dimostrando, come i rivoluzionari dimostrano, dove conduce la guerra mossa al dominio temporale del Papa. Coraggio e preghiera. Preghiera per avere nel bene quel coraggio che gli empi dimostrano nel male.

TITOLO PRIMO

Della proprietà dei beni e dell’amministrazione civile del culto cattolico.

Art. 1. La proprietà dei beni destinati al culto cattolico è riconosciuta nella comunione cattolica delle diocesi e delle parrocchie, rappresentata da una congregazione diocesana o parrocchiale.

Essa avrà l’esercizio di ogni diritto civile relativo all’opera locale, alla quale presiede.

Art. 2. Le opere ecclesiastiche diocesane o parrocchiali saranno amministrate da una congregazione eletta dalla universalità dei cattolici maschi aventi 30 anni di età, domiciliati da sei mesi nella diocesi o nella parrocchia, nel modo che sarà determinato per legge.

Fino alla costituzione definitiva della suddetta congregazione, le sue attribuzioni saranno affidate a Commissioni nominate dal Ministro dei culti sulla proposta dei Consigli municipali.

Art. 3. La proposta ad uffici ecclesiastici di libera collazione, o di prerogativa regia, ed alle parrocchie e cappellate degli ordini religiosi soppressi con la presente legge spetterà alle opero diocesane e parrocchiali secondo che l’ufficio da provvedersi si riferirà alla diocesi o alla parrocchia, salvo per quelle di prerogativa regia l’assenso reale innanzi l’investitura.

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Quelle di collazione privata spetteranno ugualmente ad esse quando i patroni vorranno farne loro la cessione, o quando per qualsivoglia ragione cessino nei terzi i diritti di patronato,

Art. i. Le rendile ed i beni delle diocesi e delle parrocchie, cessando gli attuali investiti, saranno voltati impone rispettivamente delle opere ecclesiastiche diocesane o parrocchiali.

Ogni dono o lascito fatto a diocesi o parrocchia, o ad alcuno dei titolari delle medesime, s’intenderà fatto all’opera ecclesiastica e sarà conseguito da essa.

Art. 5. Saranno egualmente devoluti alle opere ecclesiastiche e distribuiti fra le diocesane e parrocchiali, secondo la rispettiva provenienza:

1° I beni e le rendite di quelle istituzioni e corpi morali secolari che secondo le disposizioni della presente legge non dovranno essere provvisti all’epoca della vacanza, o di quelli aboliti;

2° I beni e le rendite delle fabbriche e dei seminarii;

3° I beni e le amministrazioni esistenti presso la cassa ecclesiastica, gli economati generali o altre amministrazioni di vacanti, che sono perciò soppressi;

4° Le quote di concorso stabilite dalla presente legge e dalle precedenti;

5° E finalmente quelle rendite che potessero (oro pervenire dalla soppressione degli ordini religiosi, come verrà detto in appresso.

Art. 6. I beni dei vescovati e arcivescovati di ciascuna diocesi che non dovranno essere provvisti alla vacanza loro, passeranno all’opera diocesana di Duelli rimasti.

Quelli degli arcivescovati e vescovati attualmente vacanti, da non provvedersi, vi passeranno tosto eseguita la conversione di che in appresso.

Art. 7. Passeranno a carico delle opere diocesane o parrocchiali tutte le spese attualmente sopportate dallo Stato o dai comuni e dalle amministrazioni soppresse per qualsivoglia titolo relativo al culto.

Art. 8. Sono poste a carico dell’opera diocesana e dichiarate obbligatorie le spese occorrenti:

1° Per la dotazione degli arcivescovi e vescovi, e dei canonicati e cappellanie cattedrali di libera collazione o di prerogativa regia;.

2° Per la conservazione ed ufficiatura della chiesa cattedrale e fabbriche annesse;

3° Per il mantenimento del seminario dove sarà conservata la sede vescovile;

4° Per il mantenimento delle chiese monumentali esistenti nella circoscrizione della diocesi.

Art. 9. Le dotazioni degli arcivescovi e vescovi e dei canonici di libera collazione o di data regia, e dei cappellani o altri aventi uffizi corali, saranno alla loro vacanza ridotte dentro i limiti indicati dalla tabella A.

Art. 10. Sono poste a carico dell’opera parrocchiale e dichiarate obbligatorie le spese occorrenti:

1° Per la dotazione dei parrochi, vice-parrochi o loro coadiutori;

2° Per la conservazione e l’uffiziatura della chiesa parrocchiale e delle sussidiarie, e delle fabbriche annesso.

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Art. 11. La congrua minima dei parrochi sarà di lire 1000 annue; quella dei vice-parrochi o cappellani, ove il servizio religioso li richiederà, sarà di lire 600 annue.

Nelle parrocchie, ove le congrue attuali saranno minori della cifra indicata per gli uni e per gli altri, le congregazioni parrocchiali non potranno disporre delle rendite ad oggetti diversi, finché la congrua non avrà raggiunto quelle cifre.

Art. 12. Ogni avanzo di rendita delle opere diocesane o parrocchiali, dopo soddisfatti gli oneri di che agli articoli 7, 8 e 10, sarà erogato in nuovi aumenti di congrua ai parrochi e vice-parrochi, spese di culto, beneficenza ed istruzione.

Art. 13. Sono applicabili alle opere diocesane e parrocchiali le disposizioni della legge 5 agosto 1850 concernenti le capacità di possedere, acquistare ed alienare delle cause pie. Esse avranno però l’obbligo di convenire in rendita pubblica entro il termine di un anno i beni che potranno legittimamente pervenirli.

TITOLO SECONDO.

Della conversione ed ordinamento del patrimonio del clero secolare.

Art. 14. Tutti i beni di qualunque specie costituenti il patrimonio del clero secolare, saranno alienati, ed il prezzo convertito in rendita pubblica dello

Art. 15. Al verificarsi delle rispettive vacanze non saranno ulteriormente provvisti:

1° I capitoli delle collegiate;

2° Le abbazie ed i benefizi ecclesiastici di ogni specie ai quali non sia annessa cura di anime abituale ed attuale, le cappellanie laicali proprie, le prelature ed altre istituzioni gentilizie non erette in titolo ecclesiastico;

3° Le investiture in commenda di benefizi o rendite ecclesiastiche;

4° Gli arcivescovati o vescovati, tranne uno per ogni provincia amministrativa scelto tra quelli aventi maggiore dignità per la fondazione, e designate con decreto reale da pubblicarsi entro sei mesi dalla emanazione della presente legge;

5° I canonicati di libera collaziono o di data regia, finché il loro numero non sia ridotto a 16 nei capitoli metropolitani, e 12 nei vescovili, compresi quelli di gius-patronato laicale, gli uffizi e le dignità capitolari.

Art. 16. I canonici attuali delle collegiate abolite, gl’investiti dell’abazie, benefizi e simili fondazioni, indicati nel 1 e 2 dell’Art. 15 riceveranno al momento della conversione dei beni in rendita pubblica, vtta dorante, e dal dì della presa di possesso dei beni che costituiscono la dotazione rispettiva, un assegnamento annuo corrispondente alla rendita netta della dotazione stessa.

L’assegnamento anzidetto non potrà mai essere accresciuto per la mancanza o la morte di niuno tra i membri di una collegiata, e cesserà se l’investito non potrà più ritenere il benefizio per collazione di un secondo, o per altra qualsivoglia ragione indipendente da fisica impotenza.

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Art. 17. Verificata la vacanza dei benefizi ed enti morali specificati all’Art. 15, i patrimoni speciali di quelli compresi sotto i numeri 1 e 2 passeranno alle congregazioni parrocchiali locali; quelli dei benefizi e corpi morali specificati ai numeri 3 e 4, alle congregazioni diocesane. I patrimoni soggetti a reversibilità passeranno ai patroni, i quali però dovranno corrispondere alla congregazione locale una somma eguale al terzo del valore dei beni, dei quali anderanno al possesso.

Per i patronati misti la prelevazione sarà di due terzi, calcolata la porzione già spettante al patrono ecclesiastico.

Per le cappellanie laicali o simili fondazioni, il proprietario dovrà pagare per una sol volta una somma corrispondente al quadruplo di un’annata delle tasse gravanti i beni al tempo della devoluzione. Quest’ultima prelevazione sarà dovuta alla congregazione parrocchiale del domicilio del patrono.

Art. 18. Le opere diocesane e parrocchiali avranno un diritto di privilegio sui beni degli enti morali soppressi, sui quali dovrà farsi luogo alla quota attribuita alle congregazioni dell’articolo precedente. Tal diritto dovrà essere esercitato entro due anni dalla vacanza, o, quando essa sussista fin d’ora, dalla promulgazione della presente legge.

Art. 19. È imposta sugli enti e corpi morali ecclesiastici secolari una quota di concorso a favore delle congregazioni diocesane o parrocchiali, prelevabile sulla differenza tra la rendita minima di che in appresso, e la rendita effettiva, nei modi e nelle proporzioni seguenti:

1° Abazie, benefizi, sagrestie, opere di esercizi spirituali, santuari, e qualunque altro beneficio di natura ecclesiastica od inserviente al culto non compreso nei paragrafi seguenti:

Il 5 per cento della rendita netta che sorpasserà le lire 1000 e non oltrepasserà le 5000 e sul di più;

Il 12 per cento dalle lire 5000 alle 12,000;

Il 20 per cento per ogni rendita maggiore;

2° Canonicati delle metropolitane:

Il 5 per cento sopra le rendite nette eccedenti le lire 2500 per quelli con dignità, e lire 1800 per i canonici;

Il 10 per cento per ogni rendita superiore alle lire 3500 per i primi, e lire 2800 per i secondi;

3° Canonici delle cattedrali vescovili:

Il 5 per cento per ogni rendita netta superiore a lire 2000 per quelli con dignità, e lire 1500 pei canonici;

Il 10 per cento per ogni rendita netta superiore a lire 3000 per i primi, e lire 2500 pei secondi;

4° Seminari e fabbricerie:

Il 5 per cento sopra la rendita netta eccedente le lire 10,000 sino a lire 15,000.

Il 15 per cento per una rendita maggiore;

5° Arcivescovati e vescovati:

Il terzo sopra le rendite nette eccedenti le lire 15,000 pei vescovi e 20,000 per gli arcivescovi delle città di 100 mila anime o meno, od eccedenti le lire 25,000 per gli uni, e per gli altri nelle città superiori a 100 mila anime;

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La metà sopra le rendite eccedenti le lire 20,000 pei vescovi, e 25,000 per gli arcivescovi nel primo caso, e lire 30,000 per il secondo.

Art. 20. Per la liquidazione, lo stabilimento e la riscossione delle quote di concorso saranno seguite le basi, i modi e le norme delle leggi e regolamenti relativi alla tassa di manomorta, che verrà pure detratta senza altre deduzioni, oltre quelle ivi determinate.

TITOLO TERZO.

Velia soppressione degli Ordini religiosi.

Art. 21. Non sono più riconosciuti nello Stato gli ordini e le congregazioni religiose regolari e secolari che importino vita comune ed abbiano un carattere ecclesiastico.

Le case e stabilimenti ecclesiastici appartenenti agli ordini ed alle congregazioni anzidette sono aboliti.

Art. 22. I membri delle corporazioni abolite in Forza della presente legge e delle precedenti, acquistano il pieno esercizio dei diritti civili e politici.

Art. 23. Ai religiosi e religiose professe degli ordini soppressi, i quali avessero fatta regolare professione religiosa nello Stato, è concesso un annuo assegnamento di:

Lire 600 dall’età di 60 anni in su;

Lire 500 da 41 a 60;

Lire 400 fino ai 41;

Ai laici e converse:

L. 250 annue, qualunque sia l’età.

Ai terziari e terziarie che abbiano servito per 10 anni in alcuno dei monasteri soppressi, lire 200 annue dall’età di 60 anni in su: lire 100 annue fino a 60 anni.

Art. il. Coloro i quali all’epoca dell’attuazione della presente legge giustificheranno di essere colpiti da grave ed incurabile infermità che impedisca loro ogni occupazione avranno il maximum della pensione.

Art. 25. Le monache le quali all’epoca della loro professione religiosa avranno portata una dote al monastero, avranno la scelta tra il conseguimento della dote o la pensione, purché però la dote esista in crediti o beni stabili.

Art. 26. Il governo, se ne sarà richiesto in un termine non maggiore di tre mesi dall’emanazione della presente legge, potrà assegnare alle monache alcuni locali ove potranno convivere distinte per ordini o no, secondo la loro domanda fino a che non siano ridotte in numero minore di set.

Art. 27. Cesserà ogni diritto al godimento delle pensioni, assegnamenti, e usufrutti, concessi tanto dalle leggi di soppressioni anteriori, quanto dalla presente per coloro che dimoreranno fuori dello Stato, senza averne ottenuta dal Governo speciale facoltà.

Coloro che fossero già fuori dello Stato, dovranno chiedere tal facoltà entro il termine di quattro mesi dalla promulgazione della presente legge, trascorsi i quali sarà senz’altro incorsa la decadenza.

Art. 28. Contemporaneamente all’uscita dei religiosi e religiose dai chiostri, dovrà essere accertato il titolo alla pensione e rilasciato loro

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un certificato, il quale dovrà contenere l’elezione di domicilio del pensionato, l’indicazione della tesoreria incaricata di pagare la pensione (che sarà quella situata nel capoluogo del domicilio stesso), ed in nota la formalità da compiersi per ottenere il pagamento.

Le pensioni accertate decorreranno dalla uscita dal chiostro; dovranno pagarsi ogni eccezione rimossa, e non potranno sospendersi che con ordine del Ministero di grazia, giustizia e culti.

Art. 29. Sarà inoltre prelevata dai patrimoni’! delle case che avevano parrocchia tanta rendita quanta sia necessaria per Ja congrua del»parroco, e per il mantenimento delle fabbriche, la quale verrà iscritta a nome dell’opera ecclesiastica parrocchiale.

Art. 30. Se i religiosi o religiose conseguiranno in progresso di tempo qualche ufficio che importi aggravio sul bilancio dei comuni, delle provincie, dello Stato o del fondo del culto, la pensione sarà diminuita di una somma eguale al terzo del nuovo assegno.

Art. 31. Dalla disposizione dell’Art. 21 potranno per ora essere eccettuate con regio decreto speciali case per ragioni di pubblica utilità da scegliersi fra quelle comprese nell’annessa tabella B.

Con regio decreto saranno pure determinate le facoltà di ricevere novizi, e le altre condizioni per la conservazione delle case eccettuate.

Queste case saranno abolite per regio decreto, previo il parere del Consiglio dei ministri, ove cessi la causa per cui furono conservate.

Art. 32. È concesso un termine di due anni alle corporazioni religiose esistenti in Lombardia per disporre liberamente dei loro beni mobili e immobili. Passato questo tempo, i beni stessi saranno devoluti alla causa pia.

Gl’individui componenti lo dette congregazioni non avranno diritto alle pensioni concesse dall’articolo 23, ma se il patrimonio loro sarà nel caso che sopra devoluto alla causa pia, avranno tanta rendita pubblica vitalizia 5 per cento quanta corrisponda al prezzo ricavato dai loro beni.

La rendita sarà data secondo il patrimonio di ogni singola casa, e distribuita ai singoli componenti. Cesserà in ragione della morte di ciascun individuo.

TITOLO QUARTO.

Della amministrazione temporanea,

conversione ed erogazione del fondo del culto.

Art. 33. Tutti i beni ecclesiastici sia che appartengano al clero secolare o regolare soppresso, dovranno essere alienati, ed il loro ricavato convertito in rendita, pubblica, la quale verrà in seguito ripartita nei modi e con le forme della presente legge.

Sarà perciò formata un’amministrazione temporaria del fondo del culto che terrà per separate scritture l’amministrazione del patrimonio del clero secolare, e quella del patrimonio del clero regolare.

Art. 34. Durante l’amministrazione temporaria, di che nell’articolo dente, dovrà essere annualmente presentato alla Camera dei deputati un rapporto, il quale dovrà contenere distinti nei due patrimoni:

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1° L’inventario sommario dei beni dell’asse secolare e regolare;

2° II bilancio preventivo ed il consuntivo di ciascuna amministrazione;

3° Lo stato delle pensioni liquidate, distinte per età e per grado, quelle in eorso e quelle estinte o ridotto;

4° L’elenco ed ammontare dei beni venduti e quello sommario dei beni da vendere con l’indicazione delle provenienze;

5° La rendita inscritta sul bilancio in correlazione delle somme riscosse;

6° Lo stato di quella consegnata alle opere diocesane o parrocchiali, con indicazione di quelle, alle quali sarà stato completato il patrimonio, e di quelle alle quali rimarrà da completare;

7° I crediti acquistati con le vendite o altrimenti appurati, con le loro scadenze.

Capitolo I.

Beni del clero regolare.

Art, 35. Tutti i beni provenienti dalle corporazioni religiose soppresse saranno consegnati immediatamente al demanio, al quale ne verrà affidata la vendita: esso assumerà gli oneri che vi sono inerenti ed il pagamento delle pensioni; di tutto dovrà tenere un conto separato col titolo di: Amministrazione temporanei dei beni provenienti dal clero regolare.

La contabilità dovrà essere tenuta per modo, da servire alle prescrizioni della presente legge.

I beni già lasciati ad alcun titolare delle corporazioni soppresse s’intenderanno far parte del patrimonio della corporazione o casa, cui il titolare apparteneva. Art. 36. Sono eccettuati dal passaggio che sopra:

1° I conventi e patrimonii di quelle case che si occupano d’istruzione e beneficenza, i quali potranno essere passati ai comuni che vorranno assumere gli obblighi relativi, compreso quello delle pensioni degli addetti alla casa o case, purché ne facciano domanda entro sei mesi dalla pubblicazione della presente legge.

2° I fabbricati dei conventi soppressi, richiesti dai comuni per uso di scuole di ogni specie, di asili infantili e di ricoveri di mendicità per goderne finché durerà tale destinazione, i quali saranno concessi ai richiedenti, quando non sieno assegnati a religiose, od a pubblico servizio.

3° Le chiese di regolari attualmente destinate e che dovranno rimanere parrocchie con arredi sacri, quadri, e tutto quanto le istruisce, e con quella parte di locali che potrà necessitare al parroco e vice-parrochi se vi saranno necessarii, le quali passeranno alla congregazione parrocchiale;

4° Le chiese monumentali non parrocchiali con gli arredi, quadri e quanto altro le istruisce, che passeranno alle congregazioni diocesane;

5° I beni posseduti da enti morali, soggetti a devoluzioni per qualsivoglia titolo a favore di privati, i quali, quando il titolo sia abbastanza accertato, potranno essere consegnati ai privati, purché essi con opportuna garanzia si obblighino a dare tanta rendita netta, quanto corrisponda agli oneri che li gravano, da corrispondersi finché l’onere perseveri;

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6° I libri, manoscritti, documenti scientifici, monumenti ed oggetti d’arte, e mobili preziosi, ed archivi che si troveranno nelle chiese e negli edifizi delle case religiose, rispetto ai quali oggetti sarà provveduto od alla devoluzione a pubbliche biblioteche od a musei, od alla loro migliore conservazione, previi accordi da prendersi tra il Ministero della pubblica istruzione e quello dei culti, sentito il voto delle deputazioni provinciali.

Art. 37. 1 diritti di devoluzione e riversibilità riservati dall’articolo 36, n. 4, dovranno essere fatti valere entro un anno dalla pubblicazione della legge presente.

I beni saranno amministrati dal demanio per conto degli aventi diritto durante il detto periodo, trascorso il quale la proprietà dei beni si devolverà alle opere ecclesiastiche, salvo l’obbligo di dare agli aventi diritto una rendita sul debito pubblico dello Stato, corrispondente alla rendita netta dei beni stessi, qualora il diritto sia fatto valere entro un quinquennio susseguente alla pubblicazione della legge.

Art. 38. La rendita, che supererà il necessario ai pesi ed alle pensioni e che si renderà in appresso disponibile coll’estinguerei degli uni e delle altre, sarà distribuita per un terzo del suo ammontare coll’ordine di priorità seguente:

1° Alle congregazioni parrocchiali, che dimostreranno di non avere mezzi sufficienti per portare la congrua dei parrochi o vice-parrochi al minimum stabilito dalla presente legge;

2° Alle medesime per far fronte agli altri oneri parrocchiali.

Gli altri due terzi saranno consegnati ai comuni, ove le singole case avevano la loro sede per essere destinati ad opere di beneficenza ed istruzione esistenti o da crearsi.

Art. 39. Mancando mezzi attuali, per fare fronte alle pensioni, si aprirà un conto corrente Ira le rendite del clero secolare non immediatamente disponibili e quelle del clero regolare, o tra queste e lo Stato, da ripianarsi sulle maggiori rendite degli anni successivi del patrimonio dei regolari soppressi.

Capitolo li.

Beni del clero secolare.

Art. 40. Sono messi a disposizione del Ministero delle finanze per essere alie-. nati col mezzo del demanio e secondo le norme stabilite nella presente legge tutti i beni costituenti la dotazione degli arcivescovati, vescovati, canonicati, benefizi non soppressi, capitoli, fabbriche, seminari, parrocchie e di ogni altro titolo o benefizio ecclesiastico secolare. Art. 41. Sono eccettuati dalle disposizioni dell’articolo precedente:

1° Gli edifizi ad uso di culto e d’istruzione con gli orti e giardini che vi sono annessi;

2° Gli arredi sacri ed ogni altro oggetto inserviente al culto;

3° I libri, quadri ed altri oggetti preziosi;

4° I beni soggetti a reversibilità in favore di terzi chiamati;

5° Quelli delle cappellanie laicali ed altre fondazioni analoghe.

Art. 42. La vendita dovrà eseguirsi col mezzo del demanio.

Esso ne terrà un conto separato col titolo di: Amministrazione temporaria dei beni del clero secolare.

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La contabilità sarà tenuta per modo da servire allo prescrizioni della presente legge.

Art. 43. 1 beni dei quali è disposto nell’articolo 40 resteranno a custodia degli odierni investiti, i quali ne conserveranno il possesso ed il godimento, ne. risponderanno ai termini di un inventario da compilarsi entro due mesi dalla data della presente legge, e dovranno farne la consegna ad ogni richiesta dell’agente demaniale incaricato della vendita.

Art. 44. Nell’atto di prendere possesso dei fondi spettanti ad attuali investiti, il demanio assumerà i pesi che vi saranno inerenti e si farà luogo alla liquidazione dei frutti pendenti e degli oneri per appurare la precisa quantità della rendita da iscriversi.

Art. 45. La rendita ottenuta dalla vendita dei beni del Clero secolare verrà consegnata alle congregazioni diocesane o parrocchiali, alle quali spettano i beni in ordine alla presente legge. Nell’eseguire questo passaggio saranno mantenuti gli aumenti di doti e congrue già accordate dulie amministrazioni precedenti. Quella ottenuta da benefizi, nei quali vi sia un investito attuale, sarà iscritta a favore dell’odierno investito.

Capitolo III

Forme e modi di alienazione.

Art. 46. I beni immobili messi a disposizione del Ministero delle finanze per effetto della presente legge saranno posti in vendita ai pubblici incanti secondo le norme dell’amministrazione e contabilità generale del Regno, previa la pubblicazione di uno stato descrittivo del fondo; il prezzo sarà determinato sulla base del valore desunto dalla contribuzione fondiaria retribuita allo Stato, moltiplicata per 125, o dai contratti di vendita, o dalla rendita resultante da’ due ultimi contratti di locazione, capitalizzata al 5 per cento, dovendo fra questi dati preferirsi quello che dà il valore massimo, e con le seguenti regole particolari:

Quando lo stato descrittivo non corrisponderà ai dati catastali, potrà essere fatta una perizia sommaria.

Gl’immobili rurali non superiori al valore di lire 1000 saranno venduti nella loro integrità.

I fondi di valore superiore saranno divisi, sempre che non vi si oppongano le condizioni agrarie o le circostanze locali, e ne sarà pubblicata la descrizione per elenchi; gli avvisi di vendita saranno pubblicati nel luogo della vendita, nel capoluogo del Comune, e nel giornale ufficiale della provincia ove sono situati i beni ed anche in quello del regno se si tratterà di fondi o di grandi lotti superiori alle lire 40,000.

Art. 47. Gl’incanti di grandi lotti si apriranno nella città capoluogo di provincia, e quelli di valore inferiore nel capoluogo di residenza del ricevitore demaniale.

Sé resterà deserta la prima prova, ne sarà tentata una seconda, nella quale potrà essere ribassato il prezzo del 10 per cento, coll’intervallo non minore di un mese, né maggiore di sci. Quando anco questa non abbia effetto si potrà procedere alla vendita per trattative private, ma senza variare le condizioni e sul prezzo dell’ultimo incanto. L’incanto per schede segrete è proibito.

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L’aggiudicazione al maggiore offerente nel primo e riel secondo incanto sarà definitiva.

Art. 48. Per essere ammessi agl’incanti sarà fatto nn deposito in danaro o in titoli di credito di una somma corrispondente al ventesimo del valore di stima.

Art. 49. In ogni provincia ove vi sieno beni da vendere vi sarà una Commissione presieduta dal prefetto e composta del direttore del demanio, dal regio procuratore presso il tribunale del circondario e di un deputato provinciale.

Essa dovrà deliberare sulle stime, elenchi, quaderni di oneri, sulla divisione in lotti, sui progetti di contratti, sull’approvazione di essi, e generalmente su tutte le operazioni della vendita. Convertirà sul prezzo i diritti liquidi e certi dei terzi sugl’immobili, e rinvierà ai tribunali competenti l’esame di quelli litigiosi che sospendano la vendita.

Le sue deliberazioni saranno riparabili unicamente per ricorso al Governo in via gerarchica.

Gli elenchi dovranno essere approvati dal ministro di finanze al quale dovranno essere inviati tutti gli atti ed i provvedimenti relativi alla stima di poderi e di lotti superiori alle lire 30,000 per essere approvati sentito il Consiglio di Stato.

Art. 50. Apparterrà al ministro, previo il parere che sopra, l’approvare le vendite superiori alle lire 30,000 sui verbali di aggiudicazione definitiva, e sui contratti ove ne sieno richiesti; le alienazioni di lire 30,000 o meno potranno essere approvate dal prefetto in Consiglio di prefettura.

Art. 51. Saranno estinti i diritti di prelazione appartenenti a qualsiasi persona o corpo morale ove non sieno esercitati nel termine di tre mesi dalla pubblicazione dell’elenco nel quale è compreso l’immobile a coi si riferiscono.

Art. 52. I canoni di qualunque natura per i quali l’utilista non avrà esercitato, nel termine di sei mesi dalla pubblicazione dell’elenco di diritto di affrancazione con le condizioni stabilite nella legge 24 gennaio 1864, saranno venduti ai pubblici incanti, salva agli utilisti la facoltà di redimerli, ma a nonna dei rispettivi titoli.

Art. 53. Il pagamento del prezzo dovrà farsi in rate di 15 anni pei piccoli lotti, di 10 pei grandi.

Saranno comuni alle vendite dei beni indicati nei precedenti articoli le disposizioni degli articoli 10, 11, 12 e 15 della legge 21 agosto 1862 (n. 793) sull’alienazione dei beni demaniali.

L’abbandono di che all’Art. 5 di detta legge sarà del 5 per cento.

TITOLO QUINTO.

Disposizioni generali e transitorie.

Art. 54. Il demanio e le opere ecclesiastiche non saranno mai tonati per i debiti, oneri o altra qualsiasi passività a somma maggiore di quella risultante dalla rendita accertata definitivamente nella presa di possesso di ciascun patrimonio o dal capitale rinvestito in debito pubblico 5 per cento.

Art. 55. Passano a carico del patrimonio temporale del clero regolare le pensioni assegnate ai religiosi e religiose dipendenti dalle leggi

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di soppressione anteriormente emanate.

Vi passano altresì per essere in seguito ripartiti a quelle congregazioni alle quali dovranno far carico definitivamente gli oneri imposti alla Cassa ecclesiastica dal n° 1 dell’Art. 25 del decreto 17 febbraio 1861, per le provincie napolitano; del paragrafo a dell’Art. 17 dei decreti Il dicembre 1860 del regio commissario straordinario delle provincie dell’Umbria, e 3 gennaio 1861 del regio commissario per le Marche.

Sarà provveduto dal fondo per il culto agli oneri imposti alla Cassa ecclesiastica dai numeri 1 e 2 dell’Art. 24 della legge 29 maggio 4855, e dagli assegnamenti di culto inscritti sul bilancio della spesa del Ministero di grazia e giustizia e dei culti.

Art. 56. I superiori e amministratori delle case religiose, delle congregazioni regolari e secolari e di ogni altra associazione ecclesiastica, e gl’investiti ed amministratori degli altri enti murali, ai quali si riferiscono le disposizioni della presente legge, dovranno denunziare all’autorità demaniale entro il termine di tre mesi dalla pubblicazione della legge medesima l’esistenza dell’ente, ed i beni stabili e mobili ad esso spettanti.

Dovranno altresì intervenire agli atti d’inventario e presentare tutti i documenti e notizie occorrenti e che saranno richieste dagli agenti incaricati della esecuzione della presente legge secondo il regolamento relativo.

Per i beni situati nello Stato e spettanti ad enti posti in Stato estero la denunzia dovrà essere falla da coloro che ne hanno l’amministrazione nello Stato, quando venisse omessa dai superiori, dagl’investiti e dagli amministralo esteri.

Il rifiuto, il ritardo e l’inosservanza di questi obblighi, l’alterazione delle Indicazioni date o richieste, il trafugamento, la sottrazione e l’occultamento di qualunque oggetto o documento spellanti alle case religiose, congregazioni od enti morali sopra indicati, sarà punito con una multa da lire 100 a lire 1000, e con la perdita dell’assegnamento della pensione, dell’usufrutto, o della porzione di proprietà che potesse spellare al contravventore oltre le altre pene stabilile dalle leggi vigenti.

Art. 57. Indipendentemente dalle denunce indicale nel precedente articolo, gli agenti incaricati dell’esecuzione della legge potranno prendere possesso definitivo di tutti i beni spettanti agli enti morali contemplati nella medesima, e dove non si potesse avere l’intervento del rappresentante dell’ente morale vi sarà sostituito l’intervento del sindaco o di un consigliere municipale.

Art. 58. Gl’impiegati addetti alla Cassa ecclesiastica, agli economati ed alle amministrazioni dei vacanti godranno sul fondo pel culto delle disposizioni contenute negli articoli 13, 14 e 15 della legge H ottobre i 863 (n° 1500); l’anno indicato dall’Art. 13 della legge decorrerà dalla pubblicazione della presente legge.

Saranno però tenuti i detti impiegati a prestare servizio presso gli uffizi ai quali verranno destinati dal Governo, sotto pena della perdita della qualità di impiegato e dello stipendio. Art. 59. Nulla è innovato nelle provincie siciliane circa le disposizioni della legge del 10 agosto 1862 (n» 743). Le relative operazioni potranno essere compiute di fronte al demanio.

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Art. 60. Con regolamenti approvati dal Re e compilati dai ministri del culto e delle finanze sarà provveduto a quanto occorrerà per l’esecuzione della presente legge. È abrogata ogni disposizione contraria alla presente legge.

Tabella A.

Città di 100,000 abitantio menoCittà superioria 100,000abitanti
Vescovi.L. 15,000L. 25,000
ArcivescoviL. 20,000L. 25,000
ChiesemetropolitaneChiesecattedrali
Canonicati di uffizio o dignità.L. 2500L. 2000
CanoniciL. 1800L. 1500
Cappellani ed altri aventi uffizi curatiL. 1000L. 1000

Tabella B.

1. Gli Eremi degli ordini non mendicanti.
2. Gli ospizi e case di Certosini.
3. La Badia di Montecassino.
4. La Badia della Casa dei Tirreni.
5. San Martino delle Scale.
6. L’Abbazia di Santa Maria Terrana in Caltagirone.

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fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa/vol_01_02_margotti_memorie_per_la_storia_dei_nostri_tempi_1865.html#Pisanelli

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