Plinio il Vecchio morì nell’ottobre del 79 d.C. sulla spiaggia di Villa Sora a Torre del Greco
Un misterioso, momento della storia eruttiva del Vesuvio, che vede come protagonista il grande autore della Naturalis Historia, perdere la vita nei pressi del Ponte di Rivieccio.
Ma quante storie ancora, si devono raccontare sulle vicende legate alle missive che Plinio il Giovane indirizza a Tacito?
Le due epistole raccontano bugie, a mio avviso e se proprio vogliamo dirla tutta, tessono in una narrazione poetico romantica, la morte di un uomo, durante la devastante eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Esame dello scenario; esame del testo; conclusioni e considerazioni.
In quell’ottobre del 79 d.C. il Vesuvio, intorno alle ore della notte, si trova in una fase parossistica, che disegna uno scenario apocalittico. Non mi dilungo sugli aspetti geologici e squisitamente vulcanologici, ma mi limito solo ad accennarli. Terremoti ovunque. Su tutto il territorio vesuviano e fino a Napoli, in un raggio di oltre 40 chilometri è direttamente interessato dallo spaventoso evento. Fenomeni di bradisismo. Esplosioni dal cratere e pioggia di pomici, lapilli, ceneri e bombe vulcaniche anche di dimensioni considerevoli (tonnellate). La cima del vulcano viene letteralmente divelta, la montagna decapitata e polverizzata nell’atmosfera. Produzione di gas venefici, irritanti, mortali. Produzione di flussi piroclastici e lahar che si dirigevano verso le coste. Il sole oscurato dalla immensa nube che prenderà proprio il nome di “pliniana”. Mi soffermo solo brevemente sul dire che l’estensione dei fenomeni vulcanologici, fu talmente vasta che la vicina villa marittima di Positano, posta sul lato opposto della Penisola Sorrentina venne toccata e distrutta. Le ceneri di quell’eruzione si sparsero ovunque, sospinte dai venti di quota e copiose tracce le ritroviamo nella grotta preistorica di Franchthi Kilada, in Peloponneso. E più oltre a Istanbul. Un paesaggio infernale, un momento della vita del Vesuvio, che è stato descritto come apocalittico e inimmaginabile.
Ed in questo contesto ambientale, dove la natura stava esprimendo tutta la sua potenza devastante, Plinio il Vecchio scende a Stabia, va a cena dall’amico Pomponiano e poi se ne va anche a ripostare. Tutto ciò mentre la terra è letteralmente squassata, spaccata e dove era impossibile la respirazione? Poi cosa fa il nostro eroe, prende un cuscino, lo mette in testa per ripararsi e va verso la sua imbarcazione per tornarsene a Miseno, giusto in tempo per l’aperitivo?
Questa è una storia che non sta in piedi. Questo è il racconto di un impostore: Plinio il Giovane.