Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” NELLE PAROLE DI MICHELE SCOTTO DI SANTOLO

Posted by on Mag 26, 2024

“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” NELLE PAROLE DI MICHELE SCOTTO DI SANTOLO

LE PAROLE DEI VINTI

Ho provato ad immaginare cosa avrebbero pensato Fra’ Diavolo o Michelina Di Cesare se si fossero trovati in platea, confusi tra gli spettatori dell’Aula Pacis, per assistere ad uno spettacolo che parlava di loro. Anzi, ad uno spettacolo in cui parlavano loro. Perché, bisogna chiarirlo subito, “Voci di briganti” non è una messa in scena a cui si possa assistere standosene distaccatamente seduti in poltrona, ma la ri-creazione di un mondo in cui lo spettatore viene improvvisamente e completamente proiettato.

È il mondo dei briganti, di quegli uomini e di quelle donne che probabilmente non erano mai usciti dall’ombra del proprio campanile, ma che quando la violenza e la sopraffazione si fecero più feroci e più prossime, la fame più acuta e tormentosa, e il crimine divenne diritto, non esitarono a trasformare in armi quegli stessi, poveri attrezzi, che fino al giorno prima avevano usati per coltivare i campi. Perché briganti si diventa un giorno, con la pancia e con il cuore, non con la testa. Non c’è bisogno di complesse analisi storiche o sociologiche per capirlo. E da quel giorno, volenti o nolenti, per costrizione o per scelta, briganti lo si resta per tutta la vita, fino al probabile patibolo.

Ma la storia la scrivono i vincitori, e per narrare quella dei vinti c’è bisogno di un’enorme pietas. Perché, se è vero che per scrivere bene bisogna avere qualcosa da dire, come pare abbia consigliato un ottantenne Manzoni ad un giovane aspirante scrittore, è anche vero che per scrivere e interpretare bene i vinti bisogna avere un immenso amore per loro. Che poi siamo noi, perché non saremmo come siamo se loro non ci fossero stati.

Questo amore e questa pietas si toccano con mano, in “Voci dei briganti”. Mi astengo dal farne lodi sperticate (e meritatissime) perché secondo me significherebbe tradire lo spirito e le intenzioni di tutti coloro che lo hanno ideato e realizzato. Essendo amico di qualcuno di loro, so perfettamente che lo scopo che si prefiggono, in questa ed in tutte le altre loro realizzazioni, non è quella di dare spettacolo, ma di rendere giustizia ad un passato ignorato, quando non infangato. E questo non come mera ricostruzione antiquaria, ma come invito a portare nuovi frutti a partire da quelle nobili, ma spesso vilipese, radici. 

Ma cercare di ridare voce ai briganti e al loro mondo, in teatro, in una sera di marzo, non significa farsi avvocati di una causa persa, di una causa che è stata legittimamente e sacrosantamente persa? Lo Spirito all’opera nella Storia, se c’è e comunque lo si voglia intendere, non era comunque contro di loro, inesorabilmente? Forse. Dicevano i Latini che non vi è nulla nel diritto che non possa essere facilmente capovolto, figuriamoci nella narrazione e nella interpretazione delle umane vicende. Ma alcune cose sono fuor di dubbio: il coraggio e la buona fede di questi uomini e di queste donne e il fatto di essersi sostanzialmente difesi da chi li invadeva, giuste o sbagliate che fossero le ragioni degli invasori. E ancora: il fatto di essere stati fatti oggetto di brutale violenza, di torture e sevizie, inammissibili da parte di truppe regolari e regolarmente addestrate.

Salendo sul patibolo, Eleonora Pimentel Fonseca citò un verso di Virgilio “Forsan et haec olim meminisse iuvabit”, forse un giorno ci gioverà ricordare tutto questo. Queste sue parole furono realmente profetiche e per una di quelle temerarie capriole di cui la Storia è maestra, e che i dotti chiamano eterogenesi dei fini, è necessario tenerle continuamente a mente. Soprattutto qui, sopratutto ora.

Michele Scotto di Santolo

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“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” VISTO DA VALENTINO ROMANO

Posted by on Mag 21, 2024

“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” VISTO DA VALENTINO ROMANO

Caro Claudio,
ho appena finito di vedere tutto lo spettacolo, senza nemmeno perdermi un frame: veramente bello e coinvolgente, complimenti! La cosa che più e favorevolmente mi ha colpito è il “passo lungo” della narrazione: dal 1799 al 1915 e dintorni, insomma. Ed è giusto che sia così, è quello che – spesso vox clamantis in deserto – vado sostenendo da sempre: non si può comprendere a fondo la ribellione contadina meridionale se non la si contestualizza in un arco temporale più vasto. Cosa che voi avete fatto egregiamente, senza retorica, con molta freschezza narrativa unita alla intensa compartecipazione emotiva. Il monologo di Fra Diavolo, quello sulla grassazione di Cosimo Giordano, quello di Domenico Fuoco, la manutengola che porta i viveri al marito alla macchia, il riferimento alla repressione “nordista” di Bava Beccaris e le vessazioni delle migliaia di nostri conterranei nelle trincee della Prima Guerra Mondiale, sono tutti degli autentici gioielli narrativi. In un periodo in cui impazza su Netflix una narrazione farlocca sui “briganti” (e sulla quale mi sono già espresso pubblicamente sui social, cogliendone qualche aspetto positivo, ma anche quelli (maggiori) negativi, non è davvero poco!
Complimenti a tutti!
Complimenti, in particolare, al bravissimo attore dei monologhi che ho citato prima.
Complimenti, ancor più in particolare, a te che, da quanto ho intravisto, sei stato l’artefice di tutto. E, soprattutto, grazie a te per avermene consentito la visione.
Un caro saluto e ancora grazie,

Valentino Romano

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“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” A CASSINO, UN LIBRO DI STORIA EPICA

Posted by on Mar 9, 2024

“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” A CASSINO, UN LIBRO DI STORIA EPICA

Il 3 marzo 2024 s’è vissuta in quel di Cassino presso l’Aula Pacis, una giornata memorabile che è andata al di là di qualsiasi più rosea aspettativa per il successo di pubblico, per il consenso umanine e assoluto della critica e per l’impeccabile esibizione di tutti gli artisti che grazie al loro attento e scrupoloso impegno, hanno messo in scena lo spettacolo Voci, Suoni e Canti di Briganti in Terra di Lavoro come mai è accaduto prima. Lo scopo di poter divulgare la storia poco conosciuta che riguarda la Terra di Lavoro e del Regno di Napoli che poggia sul piedistallo dell’identità, utilizzando la recitazione, la musica, il canto e i balli popolari, è sempre stato lo scopo principale della rappresentazione teatrale ottenendo sempre ottimi risultati facendolo definire, ovunque è andato in scena, uno spettacolo colto e non dialettale, come più volte affermato. Con la novità del “Brigante Narratore” abbiamo preso per mano il pubblico per accompagnarlo nel viaggio storico che parte da Fra Diavolo e finisce alla Prima Guerra Mondiale senza fargli perdere la bussola o l’orientamento, dandogli la sensazione di leggere un piccolo saggio storico che grazie alla bravura di tutti gli artisti non risulta mai ostico ma piacevole da seguire. A Cassino la gente è stata attentissima dall’inizio alla fine e in tanti hanno chiesto se i fatti narrati sono documentati e realmente accaduti rimanendo sorpresi e accettati anche se con difficoltà, a questo punto cerco di spiegare i vari passaggi e perchè sono collocati in un certo modo.

Lo spettacolo inizia con l’assolo di zampogna per accogliere i presenti con il suono sacro di uno degli strumenti più carattestici della Terra di Lavoro e certamente quello principe nella zona alta della provincia più antica d’Europa, che anticipa la poesia di Pasolini “Terra di Lavoro” che oltre ad essere sublime, è importante per far comprendere che gli abitanti laborini non sono dei perdenti ma solo degli sconfitti. Si prosegue con gli eventi del 1799 mettendo a confronto l’eroismo e il mito di Fra Diavolo con la figura poco edificante di Eleonora Pimentel Fonseca che nella breve prosa da lei stessa scritta, appare per quello che realmente è stata: una reggicida, una femminicida, un’ infanticida, una liberticita, una napolicida e forse anche misogena mettendo con le spalle al muro i “briganti se more” che giocano a fare i briganti pur essendo degli ammiratori della Repubblica Napoletana ignorando che gli insorgenti postunitari si ispiravano ai loro nonni del 1799, non si può essere figli di due mamme. Il viaggio continua addentrandoci nel decennio di invasione francese cantando le gesta di Pit Panetta da Agnone, oggi Villa Latina, e discepolo di Fra Diavolo, dove la neonata borghesia italiana, che scaldò i muscoli dieci anni prima, certifica ufficialmente la sua reale natura che è quella dell’attaccamento “alla robba” con le vicende, poche narrate per non esercitare lesa maestà alla repubblica madre che è quella francese, dei briganti insorgenti che per il loro eroismo subirono opere di macellaria da parte di Giuseppe Bonaparte, di Murat e dal suo fedele Manhes che appiccava le teste dei nostri illustri antenati sui pali non lesinando crudeltà e ferocia nella repressione delle insorgenze disseminate in tutte il Regno.

Tralasciando i danni arrecati dalle Massonerie, il periodo della carboneria e i moti del “48”, facciamo un balzo di 40 anni narrando quattro fasi importanti che si legano di tra loro e fondamentali per il passaggio da un’epoca all’altra con protagonisti importanti che, citandoli, in pochi minuti ci fanno capire la causa che genera l’effetto che è la guerra postunitaria; morte di Ferdinando II, proclama di Francesco II fatto a Gaeta ai suoi sudditi che annuncia la fine della patria napolitana, esaltazione dell’ultima Regina di Napoli, Maria Sofia ed eroina di Gaeta e perchè s’è saliti sulle montagne per diventare briganti. Senza queste fondamentali letture la narrazione si spegnerebbe e si svuoterebbe di tutto il suo intento, come ben sa chi legge saggi storici, e lo spettacolo diventerebbe soltanto un “appiccicare” le varie esibizioni che vanno in competizione tra di loro.

Dopo questo passaggio si passa al neonato Regno d’Italia e si cominciano a narrare le storie di briganti e brigantesse più o meno conosciuti, che hanno scritto pagine epiche della resistenza napolitana compresa la testimonianza di chi è riuscito a sopravvivere alla morte.

Si passa a Matilde Serao, nata a Napoli ma di origine laborina per l’esattezza di Vernaroli, che grazie al suo necrologio su Francesco II, comprendiamo che con la sua morte muore un Regno dopo quasi otto secoli di vita portandosi dietro un mondo che non tornerà più e per dare spazio ad un altro che esordisce con l’emigrazione che le nostre terre non avevano mai conosciuto prima e la tragedia della tratta dei fanciulli citando, altresì, le vicende dei fasci siciliani e delle cannonate di Bava Beccaris dove il giacobinismo, vestito da liberale, dimostra tutta la sua miseria, il suo positivismo e razzismo alimentato dalle teorie lombrosiane. Si arriva tutto di un fiato alla prima guerra mondiale, considerata la IV guerra di Indipendenza e dove nasce realmente l’Italia fondata sul mito del soldato italiano, dove morirono 700 mila giovani di cui i 3/4 erano napolitani e dove l’unica nota felice è ancora una volta quella di S.A.R. Maria Sofia ultima Regina di Napoli che porta il suo conforto ai suoi antichi sudditi prigionieri di guerra.

Il libro si chiude con l’analisi di Milan Kundera e l’appello di Jacques Crétineau-Joly per far comprendere il senso del viaggio e la genesi del mondo che oggi viviamo in occidente, e con “Il canto dei Sanfedisti“, in Terra di Lavoro c’erano nuclei molto importanti e numerosi che si riconoscevano nel sanfedismo, che è un manifesto politico del popolo unico e irripetibile che purtroppo è sempre più attuale.

Tutte le musiche, i canti e le ballate sono rigorosamente identitarie che rispecchiano i luoghi dove hanno agito gli insorgenti, come le varie sfumature della lingua laborina utilizzate nelle recitazione e nei suddetti canti che rafforzano il senso antropologico dello spettacolo. Tra i canti ce ne sono alcuni poco conosciuti che cantano le gesta di Briganti Insorgenti in Terra di Lavoro che sono molto conosciuti tra gli addetti ai lavori e non solo.

Questo modo di narrare la storia ogni volta che è andato in scena, è stato sempre apprezzato e compreso con la massima attenzione dal pubblico accorso nonostante non sapesse cosa avrebbe visto, rimanendo sorpreso ed esterefatto, come è accaduto domenica 3 marzo 2024 a Cassino, ma al contempo soddisfatto per aver saputo leggere il “libro” che gli è stato offerto che ci fa comprendere come ha catturato l’attenzione di tutti senza nessuno escluso.

Spero di aver fatto comprendere perchè lo spettacolo, che rientra nella categoria del Teatro narrativo drammatico, ha questa forma e struttura, che ha un suo filo logico in un arco temporale ben definito e che se viene cambiato o stravolto perde la sua fluidità e linearità. Molti personaggi e fatti siamo stati costretti a non inserirli per il nostro dispiacere, ma Raimondo ed io crediamo che di più non si potesse fare e chi vorrà potrà continuare a farlo in un altro spettacolo e siamo disposti a dare una consulenza storica.

Una riflessione va fatta per gli artisti, sono quattordici, che grazie al loro impegno, attenzione e bravura hanno permesso la lettura del “libro” entrando nello spirito della storia e dei singoli personaggi facendoli propri dando la sensazione di rappresentare se stessi soddisfando al massimo le aspettative che Raimondo ed io avevamo.

Ultima riflessione fa fatta sulla Terra di Lavoro che ci ha agevolato molto il lavoro perchè nessuna provincia al mondo ha un’identità antropologica così composita frutto della multietnicità che s’è sviluppata nel corso di 3000 di storia con la mescolanza delle genti del mare e delle montagne facilitato dalla posizione geografica che la pone al centro del Mediterraneo. Nessuna altra provincia ha, altresì, culture, arti, filosofie e teologie cosi variegate, Napoli è fuori concorso, da cui attingere per sviluppare nuove entità che ci permette di creare cultura dal basso senza scimmiottarne altre o farcene calare dall’alto, basta pensare che esistono cinque stili di musica popolare quali tarantella, ballarella, saltarello, tammurriata da ballo e da ascolto, farcendoci guidare, nella stesura dello spettacolo, da questa enorme ricchezza. Nel chiudere vi annuncio che a breve pubblicheremo su i nostri canali lo spettacolo integralmente

Claudio Saltarelli

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“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” IN SCENA A CASSINO

Posted by on Feb 28, 2024

“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” IN SCENA A CASSINO

L’ Associazione Identitaria Alta Terra di Lavoro, l’Associazione Amici della Zampogna, il CUT di Cassino e l’associazione Pacis Cassino propongono una rappresentazione teatrale-musicale “Voci, Suoni e Canti di Briganti in Terra di Lavoro”.

Lo spettacolo narra le vicende di briganti insorgenti noti, come Fra Diavolo, Domenico Fuoco, Michelina Di Cesare ed altri personaggi sconosciuti ma realmente esistiti.

I monologhi sono scritti in lingua laborina, ancora utilizzata, con minime variazioni locali, in tutta l’ex Provincia di Terra di Lavoro.

Le musiche sono state recuperate delle arcaiche melodie con l’utilizzo di antichissimi strumenti, quali zampogna, ciaramella e tamburo a cornice, uniti al più moderno organetto diatonico, il tutto a supporto di canti e danze nel solco della tradizione.

DOMENICA 3 MARZO – ORE 17:00 INGRESSO GRATUITO

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