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Aggrediti e aggressori nel Risorgimento

Posted by on Giu 11, 2023

Aggrediti e aggressori nel Risorgimento

Quando si parla delle vicende dell’Unità d’Italia viene omesso un «particolare»: i Savoia invasero regni pacifici, senza essere stati in alcun modo provocati. In pochi riflettono su ciò che avrebbe potuto fare un Pontefice indipendente per evitare le guerre mondiali.

La storia è scritta dei vincitori come è ovvio che sia. Il vincitore, proprio perché ha vinto, ha maggiore potere, e quindi maggiore capacità di influenzare le linee di comunicazione, sia i giornali, sia i libri di storia. Non è difficile però acquisire le capacità critiche per ricavare qualche interessante notizia su quello che è veramente successo analizzando le stesse fonti del vincitore. La menzogna può avvolgere il come e il perché, ma che un determinato fatto sia successo deve essere raccontato.

L’invasione del regno delle due Sicilie da parte del regno di Piemonte e Sardegna può essere ammantata di oro e d’argento per quanto riguarda il come: è stata fatta con grandissimo eroismo; può essere ammantata di oro e d’argento per quanto riguarda il perché: si trattava di un regno arretrato e barbarico, oltre che miserabile, è stata praticamente una guerra umanitaria, è stata esportata civiltà e democrazia. Non si può negare, però, che sia stata un’aggressione di uno Stato guerrafondaio contro uno Stato pacifico: il fatto resta. Il regno arretrato e barbarico aveva avuto la prima ferrovia d’Italia. Aveva due capitali, Napoli e Palermo, rispetto al cui splendore la piccola e ossuta Torino praticamente

scompariva. Del regno di Sardegna faceva parte appunto anche la Sardegna, con i suoi spaventosi tassi di analfabetismo e povertà. Il regno arretrato, barbarico e miserabile disponeva di ricchezze

enormi mentre il regno di Sardegna aveva debiti enormi, l’invasione del Sud era la sola cosa che poteva salvarlo dalla bancarotta. Lo spiega con chiarezza Angela Pellicciari nel libro I panni sporchi dei mille. «L’Unità d’Italia è stata purtroppo la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L’Unità ci ha perduti», scrive Giustino Fortunato (1848-1932), economista. Gaetano Salvemini (1873-1957), politico antifascista, spiega: «Se dall’Unità d’Italia il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura

assassinata». Pallavicino, duca di Maddaloni (1815-1892), politico, spiega come in intere famiglie, interi rioni siano stati ridotti alla mendicità: tutti i posti di lavoro, burocrate, militare, facchino, cameriere, tutti, erano dati a piemontesi, spesso più corrotti degli antichi burocrati napoletani. «Questo è volere sfruttare la nostra terra di conquista. Il governo del Piemonte vuole trattare le province meridionali come il Cortez e il Pizzarro fecero nel Perù e gli inglesi nel regno del Bengala». Lo stesso Garibaldi scrive «Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili».

L’ultima colata di oro e argento è data alla fine del cosiddetto plebiscito. È proprio il plebiscito che ci informa che le cose scritte sui nostri libri di storia non brillano di verità. Il plebiscito era indispensabile per dare una parvenza di decenza a una guerra di aggressione. Appartengo a una famiglia di antiborbonici e garibaldini. Il prozio della mia nonna paterna, il tenente Morelli, fu fucilato nel 1848 per aver partecipato a un tentativo di sovversione contro i Borbone. A Marsala sono sbarcati in mille, sul Volturno i garibaldini erano in 40.000, due dei quali della mia famiglia. Ne deduciamo che ci sono stati 39.000 meridionali che si sono uniti a loro. Molti stavano combattendo per una qualche nuova repubblica partenopea, ma molti volevano semplicemente una Costituzione. Nessun meridionale ha combattuto per essere consegnato ai Savoia. I garibaldini infatti non avevano l’uniforme dei savoiardi. È stata una ciclopica truffa. Quando Garibaldi ha consegnato il Meridione ai Savoia, tutti si sono resi conto del tradimento, ma era tardi. Il plebiscito delle province siciliane si svolse il 21 ottobre 1860 nelle province già «liberate» (occupate?), sotto il governo della dittatura garibaldina, e sancì la fusione della Sicilia col costituendo Regno d’Italia con una vittoria del 99,85%. Il 99,85% è una presa in giro. Anche calcolando che si votava per censo, quindi tutte le classi più povere, filo borboniche, furono escluse, il dato non ha senso. A questo si aggiunga che votò meno del 20% degli aventi diritto. Anche calcolando tutto questo, il risultato finale, 0,15% di «No» non è credibile. Angela Pellicciari nel suo Risorgimento anticattolico spiega come l’odio al cattolicesimo fu una delle linee direttive del Risorgimento. Cecilia Gatto Trocchi nel suo Il Risorgimento esoterico spiega quanto fosse potente l’esoterismo, a cominciare dalle cerimonie di massoneria egiziana di Garibaldi. Quando il popolo insorse in bande militari, si usò la parola briganti. I briganti tennero testa a un esercito di 120.000 uomini, fino a quando una repressione di ferocia inaudita annientò il popolo, tra cui spicca il massacro di Pontelandolfo, nel 1861. Queste le parole di uno dei bersaglieri. «Al mattino del mercoledì, giorno 14 riceviamo l’ordine superiore di entrare nel comune di Pontelandolfo, fucilare gli abitanti, meno i figli, le donne e gli infermi ed incendiarlo. […] Entrammo nel paese: subito abbiamo incominciato a fucilare i preti e uomini, quanti capitava; indi il soldato saccheggiava, ed infine ne abbiamo dato l’incendio al paese, abitato da circa 4.500 abitanti. Quale desolazione, non si poteva stare d’intorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli che la sorte era di morire abbrustoliti, e chi sotto le rovine delle case».

Secondo molti studiosi la conquista del regno delle due Sicilie è stata una guerra del Nord contro il Sud, dei borghesi contro il popolo, della massoneria esoterica contro il cattolicesimo. Anche la presa di Porta Pia è stata una porcata. Uno Stato grosso e armato ha invaso uno Stato piccolo, ricchissimo e pacifico. Anche qui c’è stata l’incredibile buffonata del plebiscito: 77.520 «Sì» contro 857 «No». Secondo gli scrutatori quindi non hanno votato per lo Stato del Vaticano nemmeno gli ecclesiastici. Il plebiscito è credibile: è evidente che i romani dovevano essere esasperati dal vivere in un posto dentro il quale tutta la cristianità cattolica mandava soldi, privati dell’elementare diritto di fare il militare e morire in guerra. Senza la presa di Porta Pia i romani si sarebbero evitati la prima guerra mondiale e anche la seconda. Il Vaticano avrebbe avuto la forza di fermare l’Italia impedendole l’ingresso in guerra, ma molto probabilmente sarebbe riuscito a fermare anche Francesco Giuseppe, impedendogli la dichiarazione di guerra alla Serbia. Quando il beato Carlo d’Asburgo, ormai imperatore dell’Impero austroungarico, nel 1916 ha chiesto la pace, gli fu rifiutata, e il carnaio andò avanti, fino alla distruzione di Russia e Germania: se ci fosse stato ancora un Vaticano, quella pace non sarebbe stata rifiutata. Quindi i miei complimenti agli eroi della presa di Porta Pia. Avete reso la città più importante del mondo una qualsiasi capitale di un qualsiasi staterello e avete abbattuto uno dei pochi pilastri che proteggevano la pace e i popoli.

di SILVANA DEL MARI

(Articolo tratto da La Verità, N. 153, Lunedì 5 giugno 2023, pag. 17)

segnalato da Fernando Di Mieri e curato da Vincenzo Giannone

2 Comments

  1. veramente votarono 1 per cento della popolazione e tutto gestito dalla camorra

  2. Ai plebisciti per l’unificazione italiana non si votò per censo ma con suffragio universale maschile.

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