ALCUNI DATI PER IL MOLISANNIO di Antonello Santagata
Se nel 1951 la provincia di Benevento contava 333.200 abitanti (il massimo storico), nel 2011 è arrivata a 284.900 e nel 2021 (ultimo censimento) si è ridotta a 266.716.
18.000 persone in meno in 10 anni. Ogni anno scompaiono dal territorio del Sannio beneventano 1.800 persone, l’equivalente di un paese come Pesco Sannita (1.865 abitanti).
Il Comune con più abitanti dopo Benevento, che ne conta 57.500, è Montesarchio con 13.098, seguito da un solo altro paese che supera i 10.000 abitanti: San Agata dei Goti che ne ha 10.426. Dopodiché c’è San Giorgio del Sannio con 9.804, Airola con 8.105, Telese Terme con 7.665 e Apice con 5.426 abitanti.
Nessun altro paese supera le 5.000 persone. Dei 78 Comuni della provincia, 11 sono sotto i mille abitanti.
Nel 2018 la distribuzione per età era poco più del 40% di giovani e poco meno del 60% di adulti- anziani.
Detto questo, ci si chiede: una Provincia così piccola, il cui scarsissimo peso in Campania è dimostrato anche dalla attuale legge elettorale che le consente di avere un solo rappresentante su 50 nel Consiglio Regionale (due se va bene), perché non pensa di unirsi con il vicino e più affine, da un punto di vista storico, geografico ed economico, Molise?
La Città Metropolitana di Napoli conta circa 3.100.000 abitanti, Salerno e provincia oltre 1.100.000, la provincia di Caserta 920.000. Da sola la provincia di Avellino, con i suoi 420.000 abitanti, è più grande del Molise stesso. In tre, Giugliano, Torre del Greco e Pozzuoli, arrivano a 300.000 abitanti. Con questi numeri, con tutta la buona volontà, quale attenzione può essere riservata dagli Amministratori Regionali ad un territorio periferico, montano, spopolato e con sempre meno elettori?
Il Molise, da un punto di vista demografico, ha gli stessi problemi della provincia di Benevento. Conta 294.294 abitanti sparsi in ben 136 paesi di cui solo 4 superano i 10.000 abitanti (Campobasso 47.535. Termoli 32.560, Isernia 20.971 e Venafro 11.048).
Una neo-regione così costituita, invece, arriverebbe a 561.010 abitanti lasciando il fanalino di coda alla Basilicata che ne ha 545.130 (oltre alla Valle d’Aosta che ha 124.000 abitanti).
Il percorso è facilitato dalla riforma della Costituzione del 2001. L’Art. 132, infatti, recita: “Si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia interessata espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che le Provincie, che ne facciano richiesta, siano staccate da una Regione ed aggregate ad un’altra”.
I Consigli Regionali, dunque, vanno solo “sentiti” mentre è necessario un referendum promosso dalla Amministrazione Provinciale il cui costo non sarebbe neanche eccessivo. La spesa calcolata nell’unico precedente in Italia di questo tipo di referendum (la provincia di Verbania-Chiuso-Ossola che voleva staccarsi dal Piemonte per passare alla Lombardia) è stata di circa 350.000 Euro. Il referendum non ebbe esito per il mancato raggiungimento del quorum richiesto del 50% più 1 degli elettori.
Le altre domande sono: il Molise vuole aggregarsi a Benevento e che vantaggi ne trarrebbe? E perché mai i molisani dovrebbero essere così miopi da rifiutare di diventare più grandi e di maggior peso! I maggiori fondi nazionali ed europei, anche solo quelli dovuti alla maggiore popolazione, che arriverebbero alla nuova Regione verrebbero investiti in una zona che ha, perlopiù, la stessa economia, le stesse criticità di sviluppo, le stesse caratteristiche territoriali. Pensiamo, ad esempio, all’attuale politica sanitaria della Campania per le zone sparse e montane che sono trascurate in quanto basata sulla densità di popolazione. Con la nuova Regione fornire i servizi sanitari alle zone interne sarebbe la priorità.
Si progetterebbe, inoltre, lo sviluppo di un territorio omogeneo fatto di campagne, montagne e piccoli paesi, e non di grosse e “problematiche” città.
Il vero problema sarebbe “formare le coscienze”, come si diceva una volta. Spiegare alle persone che dalla realizzazione del progetto non potrebbero avere nessuno svantaggio ma solo vantaggi in termini di investimenti, di possibilità di sviluppo, di maggiore prestigio e visibilità e anche di risparmi economici. Con la speranza che queste concrete argomentazioni motivino le persone a recarsi al voto per superare l’ostacolo del quorum. I politici beneventani, invece, dovrebbero essere stimolati solo dal fatto che su 20 consiglieri regionali ne potrebbero eleggere una decina oltre alla possibilità di potersi concretamente candidare a Presidente di Regione.
Rispetto al passato, da Togo Bozzi in poi, quando pochi “visionari” o “illuminati” hanno pensato al Molisannio, molte cose sono cambiate: la riforma della Costituzione, l’Unione Europea e i suoi fondi, e l’istituzione del Parco Nazionale del Matese, che già comprende 5 comuni beneventani, e, soprattutto, la fondamentale disponibilità del mondo politico molisano a discuterne seriamente.
Molisannio, a proposito, è un nome orribile, anche se è un progetto vitale per il futuro degli abitanti della provincia di Benevento. Sarebbe molto meglio lasciarle il bel nome che ha o al massimo chiamarla Regione Sannio. (Una curiosità: vi sono ben dodici paesi in Molise che hanno nel nome il riferimento al Sannio e 5 nella provincia di Benevento).
Due territori, dunque, con interessi comuni, paesaggi comuni, Storia comune, con le stesse aspirazioni di sviluppo e con gli stessi problemi, che uniti avrebbero maggiori possibilità di affrontare meglio.
Un noto industriale italiano delle scarpe affermò che la nuova aggregazione avrebbe dato vita a una Regione praticamente perfetta, oltre che completa, tra parchi naturali, splendide montagne e sbocco a mare.
È evidente, però, che non si può entrare in casa d’altri e pretendere di dettare legge, Benevento entrerebbe in una Regione che già esiste (il Molise esiste!) e che ha già un suo capoluogo.