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ALLE ORIGINI DEL BRIGANTAGGIO LEGITTIMISTA (IV)

Posted by on Ago 20, 2024

ALLE ORIGINI DEL BRIGANTAGGIO LEGITTIMISTA (IV)

Il brigantaggio politico napoletano è un aspetto dello scontro secolare tra la borghesia in ascesa e i contadini, che il processo storico di sviluppo mette ai margini del sistema capitalistico emergente. Gli svolgimenti più noti di tale lotta sono: (uno) la guerra di Santa Fede e l’abbattimento della Repubblica Partenopea ad opera delle bande contadine del Cardinale Fabrizio Ruffo; (due) la guerra partigiana contro l’occupazione francese del Regno di Napoli tra il 1804 e il 1814; (tre) la sollevazione contadina antipiemontese e antiunitaria del 1860/1874.

In tutti questi casi la storiografia parla di reazione, ma il giudizio è improprio in quanto nessuna legge morale imponeva ai contadini di parteggiare per la borghesia in ascesa e di porsi contro sé stessi, i loro interessi materiali e le libertà di cui godevano nell’ambito del sistema feudale. In tutti i tre casi è la borghesia liberale che accende lo scontro.La Repubblica Partenopea nasce nel clima rivoluzionario innescato in Italia dall’occupazione francese da parte dell’esercito guidato da Napoleone Bonaparte. Nell’inverno tra il 1798 e il 1799 le truppe francesi occupano Roma e subito dopo si dirigono verso Napoli. I liberali napoletani si sollevano e proclamano la Repubblica. Il re delle Due Sicilie, Ferdinando IV, fugge impotente a Palermo. Meno remissivo, il Cardinale Fabrizio Ruffo sbarca a Bagnara e solleva i contadini contro i francesi e i liberali napoletani. Con una velocissima marcia attraverso la Calabria e le altre regioni del Sud, raggiunge Napoli, che le truppe francesi hanno già abbandonato e restaura sul trono il re. Questi, nonostante gli opposti ammonimenti del Cardinale, asseconda la decisione dell’ammiraglio britannico, Horacio Nelson, la cui flotta protegge Napoli, e si lascia andare a una dura vendetta.I Francesi tornano in forze nel 1804. La monarchia napoletana non è in condizione si opporvisi. Il re si rifugia ancora una volta a Palermo. Sul campo, a combattere gli occupanti, rimangono i contadini, i quali inaugurano una guerra partigiana che impegna severamente i francesi. La reazione francese è feroce. Non riuscendo a battere un nemico sfuggente, l’esercito francese brucia i villaggi e fa ardere nel rogo i loro abitanti. Le forche stanno al centro della piazza in ogni villaggio. Dovunque uomini, donne, vecchi vengono trucidati sulla base di un sospetto. Da parte loro, i briganti, non essendo in condizione di fare una guerra frontale, assaltano le pattuglie disperse, scannano, impiccano i collaborazionisti, fanno scempio dei loro corpi. Qualche volta i cosiddetti briganti riescono a penetrare in una città filofrancese e ammazzano brutalmente gli invasori e i loro fiancheggiatori. Nel decennio francese si ha l’abolizione formale della feudalità, la conversione delle terre comuni in proprietà privata, viene promessa una loro parziale lottizzazione. Ma è così elusiva che non darà luogo alla formazione di una diffusa proprietà contadina.Meno feroce ma ancora più lunga è la resistenza all’occupazione piemontese. Essa nasce sotto la guida dell’ultimo re delle Due Sicilie, il giovanissimo Francesco II, che si era asserragliato nella fortezza di Gaeta più per difendere il suo onore, dopo il tradimento dei suoi generali, che per opporre una seria resistenza all’invasore. Il comando borbonico sa di non avere alcuna via d’uscita, ma intende egualmente combattere fino all’ultimo. Per contrastare l’arrivo di altre truppe piemontesi in appoggio a quelle con cui Vittorio Emanuele Savoia cinge l’assedio, chiede ai reparti rimasti fuori le mura di spingersi ai confini del Lazio, e ingaggiare contro i rincalzi piemontesi delle azioni di guerriglia. Si ripete l’esperienza di sessant’anni prima. Il Brigantaggio napoletano nasce alla partenza come una lotta politica di carattere legittimista e popolare contro i piemontesi. I successivi sviluppi non si allontanano dall’originario carattere politico, però si connotano ogni giorno anche con il carattere di una guerra sociale, o forse meglio di una guerra civile tra i galantuomini, sostenuti dall’invasore, e contadini espropriati dei loro antichi diritti.A partire dal 1861, la guerra infiamma tutte le province napoletane. Gli studiosi hanno registrato l’attività di ben 388 bande partigiane, di cui alcune parecchio numerose. Lo scontro tra l’esercito regolare piemontese e le bande è durissimo, senza esclusione di colpi. I piemontesi risuscitano la tattica francesi della terra bruciata; non fanno prigionieri; bruciano e radono al suolo centinaia di villaggi, massacrano i contadini senza molto badare se nemici o amici. La legge marziale viene proclamata ufficialmente nel 1864, ma in effetti era già in atto sin dal 1861. Si tratta, infatti, di orpello legale. Nel corso della guerra contro i cosiddetti briganti l’esercito italiano si macchiò di atrocità non minori di quelle commesse durante la conquista della Libia, della Somalia, dell’Etiopia.Contemporaneamente alle operazioni repressive, l’Italia ufficiale procedeva alla svendita delle terre comuni e ne incassava il prezzo. La sconfitta contadina può essere calcolata a ritroso. Tra il 1808 e il 1875 due milioni e mezzo di ettari di terre comuni furono tolti ai contadini e svenduti alla nascente borghesia redditiera, ovvero illecitamente appropriati della stessa attraverso le cariche comunali. Due milioni e cinquecentomila ettari sono pari alla superficie territoriale della Calabria e della Basilicata messe assieme.

fonte

https://www.homolaicus.com/storia/moderna/brigantaggio/3.htm

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