Andrea Mazzarella da Cerreto, un Leopardi sannita
Un eccezionale talento poetico, una profonda cultura trasversale, il dono di saper scrivere chiaro e pulito. Avvocato, poi prolifico scrittore, poeta e accademico. Un liberale, un giacobino, un carbonaro. Acuto, sarcastico, brillante e pronto alla battuta. Sciatto, disordinato, malinconico e iracondo. Schizofrenico.
È l’insufficiente riassunto dell’uomo e del letterato Andrea Mazzarella.
Nato a Cerreto nella seconda metà del ‘700 proveniente da una famiglia molto benestante, studia giurisprudenza a Napoli sotto la guida del rivoluzionario Luigi Serio e del poeta e giurista Nicola Valletta. (Al Valletta, di origini cerretesi, si deve l’invenzione della figura dello “jettatore” che ritroviamo per la prima volta in letteratura in un suo libretto dal titolo Cicalata sul fascino volgarmente detto jettatura.)
Si iscrive al movimento giacobino e scrive poesie patriottiche che se gli danno fama di eccellente poeta gli costano anche il carcere duro per un anno e mezzo. Amico della poetessa e giornalista Eleonora Pimentel Fonseca, partecipa attivamente alla Repubblica Napolitana del 1799 ma dopo la restaurazione borbonica è costretto all’esilio in terra francese insieme alla famiglia.
Al suo rientro in Italia soggiorna per qualche tempo a Milano dove entra in contatto e stringe amicizia con Vincenzo Monti, Francesco Gianni, Ugo Foscolo e altri letterati di fama. Passa poi a Firenze dove fonda un giornale che si avvale della collaborazione di Giulio Perticari, dello stesso Vincenzo Monti e del suo amico Vincenzo Cuoco.
Stabilitosi nel Regno di Napoli, partecipa ai moti carbonari napoletani e fonda in Valle Telesina, insieme ai fratelli Filippo Maria e Sebastiano Guidi di Guardia Sanframondi, una cellula segreta dal nome “Ordine Telesino”.
Con la sconfitta di Guglielmo Pepe e il ritorno dei Borbone, però, cerca di ingraziarsi la corte napoletana scrivendo vari componimenti in onore di Ferdinando I.
Accademico pontaniano e della Sebezia fu circondato in vita da grande stima e considerazione per le sue doti di poeta e per la sua profonda erudizione. Parlava fluentemente e scriveva in francese, conosceva bene lo spagnolo e traduceva dal latino con assoluta padronanza. Tradusse Voltaire ma anche Sallustio, Ovidio e Cicerone. Scrisse poesie, satire, novelle, biografie e opere teatrali.
Pochi lavori e pochi componimenti poetici ci sono giunti della sua vasta produzione ma quelli che ci sono giunti testimoniano di come la fama fosse meritata. Tutti i suoi biografi concordano che la mancata presenza nella critica letteraria, sia del tempo che successiva, sia dovuta non alla scarsa qualità delle sue opere ma alla mancanza di una raccolta organica. Lui stesso non curò mai di farla, un po’ perché disordinato e trascurato (spesso scriveva per strada o su fogli volanti o nelle botteghe) ma ancor di più perché era “per nulla desideroso di gloria”.
Ispirato dall’illuminismo ma, soprattutto, dal classicismo e dal romanticismo, di lui si disse che eccelleva nelle odi e nei sonetti. L’Inno Italico, La staffetta di Vienna, l’Inno patriottico, l’Inno Teutonico sono componimenti patriottici che dimostrano i suoi sentimenti fortemente liberali e la sua bravura nel comporre.
Scrisse ben 79 biografie di personaggi in quella opera immane edita dal Gervasi in Napoli detta appunto Biografie degli Uomini illustri del Regno di Napoli (anche se il Mazzarella a dispetto del titolo scrisse le biografie anche di 9 donne illustri), con uno stile così chiaro da far dire al Mazzacane, uno dei suoi più completi biografi: «V’è da rimanere presi d’ammirazione dinanzi alla profonda sicurezza con cui li tratta. Il suo dire è sempre limpido, il periodare scorrevole, il pensiero preciso e giusto».
Spirito inquieto e tormentato, fu afflitto da una seria patologia psichiatrica che condizionò tutta la sua esistenza ma che di certo contribuì, come lui stesso consapevolmente ammetteva, ad agevolare la sua musa ispiratrice per i suoi bei componimenti.
Antonello Santagata