Alta Terra di Lavoro

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BOXER? NO, TESTE DEI BRIGANTI D’ISERNIA

Posted by on Dic 30, 2023

BOXER? NO, TESTE DEI BRIGANTI D’ISERNIA

Tagliare le teste dei nemici non è una esclusiva degli odierni tagliagola dell’ISIS (Stato Islamico dell’Iraq e della Siria).

I soldati piemontesi nel corso della c. d. “guerra contro il brigantaggi” ricorsero con frequenza a questa tecnica per terrorizzare e cercare di dissuadere le popolazioni contadine dell’ex Regno delle Due Sicilie dal dare man forte ai “briganti”.

Ovviamente il ricorso a tale raffinala e civilissima usanza abbondantemente messa in pratica attuazione dai bersaglieri del Piemonte venuti a liberarci è sempre stata negata con forza ed aborrito sdegno dai cattedratici storici filo piemontesi oltre che da sconfinate legioni di “pennaruli” a libro paga sabaudo.

In forza però, del detto mai affermato abbastanza ovvero che Il diavolo fabbrica pentole in quantità ma dimentica sistematicamente i copechi, ci viene in soccorso il telegramma che segue, che smentisce clamorosamente le tesi negazioniste filo sabaude e non vorremmo che qualche storico particolarmente dotato di humor di stampo anglosassone attribuisse a qualche meridionale la paternità del “falso” telegramma. Leggiamolo:

TELEGRAMMA DAL COLONNELLO MILON AL GENERALE SACCHI

Catanzaro 13 luglio 1869.

«Ill.mo Generale Sacchi, la testa di Palma mi giunse ieri giorni verso le sei e mezzo. È una figura piuttosto distinta e somigliante ad un fabbricante di birra inglese. La testa l’ho fatta mettere in un vaso di cristallo pieno di spirito, e chieggio a Lei se vuole che la porti così pere farla imbalsamare, non essendo capace nessuno di fare tale operazione. Nel caso affermativo me lo faccia sapere. Si sono fatte delle fotografie della testa e se riescono bene gliene spedirò un certo numero”.

Il Comandante della zona militare. Colonnello Milon.»

A conferma dì quanto appena detto e riguardo alcune immagini a corredo di questo articolo occorre mettere nella giusta evidenza che viene considerata falsa dalla storiografia risorgimental-liberal-massonico-sabauda. È il classico tema dei falsi storici cui ha fatto ricorso in abbondanza la “storia” scritta dai vincitori.

Il particolare delle leste mozzate dei briganti ad Isernia, è da considerarsi un classico nella storia della montagna di falsi propinatici dall’appena nato Regno d’Italia, infatti non sarebbero teste di briganti quelle amorevolmente racchiuse In bacheche di vetro e fotografate per tramandarle ai posteri. Questo falso cui avrebbe fatto ricorso la storia scritta dai dèmoni sconfitti per infamare gli arcangeli vincitori sarebbe stata smascherata da Lucio Villari che ne parla trionfalisticamente nella sua Storia del Risorgimento (opera in 8 volumi pubblicata sa Repubblica e L’Espresso). Il prof. Villari afferma che le teste tagliate non sono dei briganti ma dei “Boxer”. E chi erano questi “Boxer”, da dove venivano e che ci facevano nelle regioni dell’ex Regno delle Due Sicilie?

La Ribellione dei Boxer o Rivolta del Boxer oppure Guerra dei Boxer Chiama­ tela come volete fu una violentissima rivolta sollevata in Cina da un gran numero di organizzazioni popolari e contadine contro la presenza straniera colonialista, principalmente, se non solamente inglese, organizzazioni riunite sotto il none di Yihetuan (cioè Gruppi di Autodifesa dei Villaggi della Giustizia e della Concordia).

La rivolta maturò ed ebbe come natura basi sociali molte scuole di Kung-fu (scuole di pugilato). Inizialmente agli aderenti a queste scuote fu dato il nome dì Pugili della Giustizia e della Concordia, che I missionari, per brevità nelle loro corrispondenze e resoconti dall’estero chiamarono semplicemente “Boxer’ commettendo, però, un grossolano errore in quanto, partendo dal sostantivo “pugile”, che In  francese si dice appunto, “boxeur”, volendo indicare quei combattenti li chiamarono “boxer” omettendo la “u”. Orbene, pur se con difficoltà perché non si tratta di operazione facile a farsi, sarebbe interessante chiedere il parere a chi legge queste righe se ritiene che i volti (o appena quello che si riesce a vedere, e – attenzione – nel rispondere occorre la massima onestà), siano riportabili a volti asiatici o, per maggior recisione, possano ritenersi appartenenti ad individui di nazionalità cinese…!

Da come potrete notare nell’immagine di seguito, si legge “Due briganti decapitati in Sardegna. Si tratta della prima pagina di un giornale, pubblicato a Milano, del dicembre del 1896 (il Regno d’Italia è stato proclamato da ben 35 anni e la rivolta legittimista-contadina – la c.d. “guerra ai briganti” soffocata nel sangue e soppiantata dall’emigrazione – da quasi 30 anni) che propone la ricostruzione di un fatto di cronaca nera che si svolge in Sardegna (sotto certi aspetti – almeno quello del progresso civile- a tutti gli effetti ancora Regno Sardo-Piemontese). La ricostruzione del fattaccio, grazie al puntuale disegno di un anonimo vignettista, mostra due individui (di certo pastori) che si apprestano a far scomparire in mare il corpo di un individuo decapitato.

A terra il corpo, legato, di un secondo uomo di cui si distinguono le sole gambe, anch’esso certamente decapitato in quanto sempre sul terreno, l’una accanto all’altra, ben visibili giacciono le teste mozzate dei due freschi ammazzati (saranno stati ladri di bestiame o avranno soltanto sconfinato portando il gregge a pascolare su terreni di proprietà altrui, non dimentichiamo che in Sardegna non andavano – e tuttora non vanno – troppo per il sottile…) Siamo nell’Italia Unita del 1896!

E per concludere: ancora oggi in alcuni Villaggi sperduti tra le montagne e gli altopiani cinesi la tecnica delle “teste mozzate” è utilizzata come monito ai malfattori in transito.

Ed ora, non perché si voglia avere ragione per forza ma per dimostrare al Prof. Villari che tanto sprovveduti non siamo, fateci caso: notate la differenza fra le sei teste mozzate (queste sicuramente di cinesi) messe in bella mostra a “difesa” del villaggio è le tre teste dolcemente custodite nelle tre bacheche e falsamente attribuite ad altrettanti “boxer” ugualmente cinesi! Certo che ci vuole coraggio a negare l’evidenza!

Luciano Salera

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