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BRIGANTAGGIO-NELLE PROVINCIE NAPOLETANE DAI TEMPI DI FRA DIAVOLO SINO AI GIORNI NOSTRI-MARCO MONNIER (Generale Borjes)

Posted by on Set 2, 2023

BRIGANTAGGIO-NELLE PROVINCIE NAPOLETANE DAI TEMPI DI FRA DIAVOLO SINO AI GIORNI NOSTRI-MARCO MONNIER (Generale Borjes)

Ci sono dei testi che hanno fatto la storia del Sud, partecipando a quella “guerra delle parole” che ci ha ridotti a dei servi senza dignità. Ebbene i libri scritti da Marco Monnier, scrittore che ebbe accesso alla documentazione delle gerarchie militari piemontesi (del La Marmora tanto per citarne uno a caso…) fanno parte di quei testi. 

I suoi scritti sul brigantaggio e sulla camorra verranno scopiazzati da tutti coloro i quali si occuperanno di tali argomenti dopo di lui. Nessuno dirà più di lui nè aggiungerà nulla a quanto detto da lui. Salvo rare eccezioni, quali il Molfese, secondo il nostro modesto parere.

I termini scelti da Monnier, i suoi giudizi, la sua valutazione degli eventi, tutto verrà ripetuto migliaia di volte sui giornali, nelle accademie dove si formano le classi dirigenti, nelle scuole di ogni ordine e grado.

Le sue omissioni saranno le loro omissioni – vedi le deportazioni dei Soldati Napolitani, giusto per non restare nel vago.

Zenone di Elea, 23 Dicembre 2008

ISTRUZIONI AL GENERAL BORJÈS.

All’oggetto di animare e proteggere i popoli delle Due Sicilie traditi del governo piemontese che li ha oppressi e disingannati

(détrompés);

Per secondare gli sforzi di questi popoli generosi che richiedono il loro legittimo Sovrano e padre;

Per impedire l’effusione del sangue dirigendo il moto nazionale;

Per impedire le vendette private che potrebbero condurre a funeste conseguenze,

II signor generale Borjès si recherà nelle Calabrie per proclamarvi autorità del legittimo re Francesco II.

In conseguenza osserverà le istruzioni seguenti, bene inteso, che le modificherà secondo le circostanze e la prudenza, perché è impossibile stabilire regole fisse, ma soltanto i principii generali che determineranno la sua condotta.

1.° Dopo aver riunito il maggior numero di uomini che potrà in ragione dei mezzi che gli verranno forniti, il signor generale s’imbarcherà per rendersi a un punto di sbarco sulle coste di Calabria, che possa offrire minori pericoli ed ostacoli.1

1 Questo punto potrebbe esser la marina di Bivona al punto denominato Santa Venere, in prossimità di Monteleone, centro delle Calabrie, in una situazione di facile difesa e che è stato sempre il quartier generale di tutte le armate, che hanno fatto operazioni in quel paese.

– 109 –

2.° Appena egli si sarà impadronito di qualsiasi luogo e dopo aver preso le precauzioni militari più adatte, vi stabilirà il potere militare 4i Francesco II colla sua bandiera. Nominerà il sindaco, gli aggiunti, i decurioni e la guardia civica. Sceglierà sempre uomini di una completa devozione al Re e alla Religione, prendendo cura speciale di evitare gli individui, che sotto le apparenze di devozione, non vogliono che soddisfare ai loro odii e alle loro vendette private, cosa che in tutti i tempi ha meritato la speciale attenzione del governo, attesa la fierezza di quelle popolazioni.1

3.° Il generale proclamerà il ritorno alle bandiere di tutti i soldati, che non hanno ancora compiuto il termine di servizio, e di coloro che vorranno volontari servire il loro amatissimo sovrano e padre. Avrà cura di dividere i soldati in due categorie: 1.° quelli che appartenevano ai battaglioni dei Cacciatori , 2. quelli dei reggimenti di linea e d’ altri corpi.

Aumentando il loro numero, formerà i quadri delle armi diverse, artiglieria, zappatori, infanteria di linea, gendarmeria e cavalleria. Avrà cura di non ammettere antichi officiali, in proposito dei quali riceverà ordini speciali. Darà il comando de diversi corpi agli officiali stranieri che l’accompagnano; sceglierà un officiale onesto e capace, che sarà il Commissario di guerra, e successivamente officiali amministrativi e sanitarii. Il generale Clary invierà poco a poco delle guide di Borbone, che, sebbene armate di carabina, serviranno da officiali d’ordinanza e di stato maggiore. I battaglioni saranno di quattro compagnie; aumentando le forze, vedranno portate a otto.

L’organamento definitivo di questo corpo sarà stabilito da S. M. il Re.

I battaglioni prenderanno i seguenti nomi: 1.° Re Francesco; 2.° Maria Sofia; 3.° Principe Luigi; 4.° Principe Alfonso.

Se Bivona non fosse adattato, si dovrebbe cercare un altro punto che potesse condurre al Monte Aspramente e ai Piani della Corona. Il principe di Scilla fornirà notizie sulle persone e sui luoghi.

(Nota del generale Clary.)

1 Malgrado questa fierezza, i Calabresi sono capaci della massima generosità, purché abbiano che fare con uomini che rispettino la religione e non violino l’ospitalità, la proprietà, e l’onore delle donne

(Nota del generale Clary.)

– 110 –

La loro uniforme sarà simile al modello che invierà il generale Clary.

4.° Appena egli avrà una forza sufficiente, comincerà le operazioni militari.

5.° Avendo per scopo la sommissione delle Calabrie, questo fine sarà raggiunto quando esse saranno assoggettate. Il generale Borjès farà noto al generale Clary tutti i suoi movimenti, i paesi che avrà occupato militarmente, le nomine dei funzionari da lui fatte in modo provvisorio, riservandone l’approvazione, la modificazione e il cambiamento alla sanzione reale.

6.° Non nominerà i governatori delle provincie, perché S. M. per mezzo del generale Clary invierà le persone che debbono sostenere questi alti uffici.

Il generale si darà cura di ristabilire i tribunali ordinari, escludendo coloro che senza dare la loro dimissione son passati al servizio dell’usurpatore.

Il generale Borjès potrà far versare nella cassa della sua armata tutte le somme di cui avrà bisogno, redigendo ogni volta de processi verbali regolari. Si servirà di preferenza: 1.° delle casse pubbliche; 2.° dei beni de’ corpi morali; 3.° dei proprietari che l’hanno favorito l’usurpatore.

7.° Farà un proclama, del quale manderà copia al generale Clary, e prometterà in nome del Re un’ amnistia generale a tutti i delitti politici. Quanto ai reati comuni, saranno deferiti ai tribunali. Farà intendere che ognuno è libero di pensare come più gli piace, purché non cospiri contro l’autorità del Re e contro la dinastia. Un proclama stampato sarà inviato dal generale Clary per esser pubblicato appena sbarcherà in Calabria.

8.° All’oggetto di evitare la confusione o gli ordini dubbi, resta in massima stabilito che il generale Borjès e tutti coloro che dipendono da lui, non obbediranno che agli ordini del generale Clary, anche quando altri si facessero forti di ordini del Re. Questi ordini non gli giungeranno che per mezzo del generale Clary. Gli ordini che il generale e i suoi sottoposti non dovranno seguire, anche provenienti dal generale Clary, sono soltanto quelli che tenderebbero a violare i diritti del nostro augusto Sovrano e della nostra augusta Sovrana e della loro dinastia.

– 111 –

In questi tempi al primo splendido successo, il generale Borjès si vedrà circondato da generali e da officiali che vorranno servirlo; egli li terrà tutti lontani, perché S. M. gli manderà gli officiali che essa stimerà degni di tornare sotto le bandiere

9.° In Calabria debbono esservi molte migliaia di fucili, e_ di munizioni. Il generale Borjès li farà restituire immediatamente al deposito di Monteleone, e punirà severamente ogni individuo che non ne facesse consegna dentro un breve spazio di tempo.

La fonderia di Mongiana, le fabbriche d’ armi di Stilo e della Serra saranno immediatamente poste in attività.

10.° Il signor generale Borjès farà le proposizioni per gli avanzamenti e le decorazioni per gli individui, che più si distingueranno nella campagna.

11.0 Avrà i più grandi riguardi per i prigionieri, ma non darà ad essi libertà, né lascerà liberi gli officiali sotto la loro parola. Se un individuo commette insolenze o offende i prigionieri nemici, sarà giudicato da un Consiglio di guerra subitaneo e immediatamente fucilato.

Il signor generale Borjès non ammetterà scuse in questo proposito; pure di fronte ai Piemontesi userà del diritto di rappresaglia.

12.° Di ogni modificazione che l’urgenza e le circostanze renderanno necessaria alle presenti istruzioni sarà reso conto al generale Clary.

Marsiglia, 5 luglio 1861.

G. Clary.

PS.

– Non appena avrete riunita la vostra gente a Marsiglia o altrove, e sarete pronto ad imbarcare in ordine alle relazioni e all’aiuto dei nostri amici di Marsiglia, voi mi scriverete per telegrafo a Roma, posto che io mi ci trovi sempre, ne seguenti termini:

Langlois, Via della Croce, Giuseppina gode sanità, si rimette parte del giorno…

G. Clary.

Questo documento è seguito da istruzioni particolari date dal principe di Scilla: non mi trattengo su questi particolari troppo personali, per risparmiare i nomi propri. Non ne pongo in rilievo che una frase:

– 112 –

«il Principe raccomanda il suo guardia Lampo Lampo,

antico galeotto.»

E arrivo al Giornale di Borjès. – È preceduto da una lettera al generai Clary, importantissima. Essa è scritta in francese, alla pari del giornale, e rivela i primi imbarazzi dello Spagnuolo che era partito da Marsiglia per Malta coll’intendimento di imbarcarvisi con una squadra di Spagnuoli e scendere in Calabria.

[Di Calabria, settembre 1861.]

Mio Generale,

Dopo molte pene ed ostacoli per procacciarmi armi e munizioni, pervenni finalmente ad avere una ventina di fucili. E qui si offrì un nuovo impaccio; fu il modo di uscir da Malta. Dubitavasi di qualche cosa: non so come, ma è certo che i giornali parlarono del nostro tentativo, prima della nostra partenza.

L’11 corrente m’imbarcai sopra una specie di spronara co’ miei officiali, e partii a 10 ore e mezzo della sera, abbandonandomi al volere di Dio.

Dopo una traversata di due giorni, trovandomi plesso la spiaggia di Brancaleone sorpreso da una gran bonaccia, che non permetteva di andare innanzi, risolvei di sbarcare, e al cader della notte del 13, scesi sulla riva, che era assolutamente deserta.

Senza guida, mi diressi a caso verso un lume che scuoprii in mezzo alla campagna: era il lume di un pastore. Una fortuna provvidenziale mi fece cader nelle mani di un uomo onesto, che ci condusse nel luogo denominato Falco, dove bivacammo a cielo scoperto.

Il giorno successivo (14) a cinque ore e mezzo del mattino, ci mettemmo in marcia, sempre condotti dal pastore, conducendoci alla piccola città di Precacore, ove fummo accolti dalla poca gente che vi trovammo e dal curato, al grido di Viva Francesco II. Il primo successo mi die buona speranza, speranza che presto perdei.

Frattanto una ventina di contadini si arruolavano sotto i miei ordini e con quest’armata microscopica, risolvei di proceder oltre nel paese.

– 113 –

Due luoghi si presentavano vicini a Precacore, Sant’ Agata e Caraffa; mi decisi per quest’ultima città, come quella che mi era stata accennata per la migliore quanto ai sentimenti. Io mi misi in cammino verso le 3 dello stesso giorno, ma passando in prossimità di Sant’Agata fui assalito da una sessantina di guardie mobili. Cominciarono contro di me una viva fucilata. Al primo colpo di fuoco le nuove reclute si dettero alla fuga, ed io mi trovai solo co’ miei officiali.

Tuttavia, essendomi impadronito di una buona posizione, feci il mio dovere e sostenni il fuoco per un’ ora e mezzo.

Poco dopo, quando fu cessato, ricevei un parlamentario in nome de’ proprietari di Caraffa, i quali mi impegnavano a entrar nella loro città; mi vi rifiutai, e feci bene, perché mi avevan preparata un’ altra imboscata, nella quale avrei dovuto soccombere.

Dalla gente che vennero intorno a me durante il fuoco, seppi che vi era una banda assai vicina, nel paese, comandata da un certo Mittica e che i monaci di Bianco poteano darmi notizie di lui. Non persi tempo, dacché sapevo che si era inviato ad avvertir i Piemontesi a Gerace.

L’abate del monastero di Bianco mi diresse verso Natile, ove giunsi dopo una marcia orribile il 15 alle 3 e mezzo. Prima d’entrare nel villaggio feci chiamare il notaio Sculli al quale ero diretto. Questi, dopo averci bene accolti, ci condusse in prossimità di Cirelia, nel luogo chiamato Scarrdarilla, ove era il campo di Mittica, composto di circa 120 uomini, la maggior parte armati. Mi accorsi che Mittica diffidava di noi, credendoci nemici; e infatti me lo disse chiaramente, aggiungendo che non si porrebbe sotto i miei ordini, che dopo il primo scontro che avremmo avuto. Fui quindi tenuto come prigioniero, del pari ai miei officiali, e ciò durò tre giorni: il che fu una grande sciagura. Attendendo quindi di potere comandare, dovei obbedire.

Frattanto Mittica mi fece sapere che aveva risoluto di attaccare la città di Plati, ove eranvi moltissime Guardie nazionali, e pochi Piemontesi: infatti nella notte dal 16 al 17 marciammo verso questa città. Dovevamo attaccarla da tre parti, ma in realtà l’attacco non aveva luogo che da una, e questa erasela riserbata Mittica.

– 114 –

Alle 4 e 20 minuti fu dato il segnale con un colpo di fuoco. Il combattimento si impegnò con una viva fucilata. Se si fosse profittato del primo momento di

confusione cadendo sulla città, facile sarebbe stato l’impadronirsene; almeno avrei agito così, ma in quel momento ero impotente a fare, e mi trovava nella mischia come semplice amatore.

La guarnigione, che, a nostra insaputa, erasi il giorno innanzi aumentata di 100 Piemontesi, rispose vigorosamente di guisa che ci fu impossibile prender la città, e noi battemmo in ritirata a 10 ore e mezzo senza aver un morto o un ferito, mentre parecchi ne aveva avuti il nemico.

Di là ci dirigemmo verso Cimina per disarmarla; potemmo raccogliervi pochi fucili. Nel tempo stesso sapemmo che 400 Piemontesi sbarcati il di innanzi, quelli de’ dintorni e le Guardie mobili si apparecchiavano ad assalirci. Togliemmo gli accampamenti subito, ascendendo la montagna; pioveva a rovescio: ci accampammo sul culmine del monte.

A 6 ore e tre quarti del 18 ci dirigemmo verso i monti di Catanzaro, ma dopo poco tempo cademmo in un1 imboscata. I nemici aveano tentato di girare la posizione. Retrocedemmo, e cademmo in un altra imboscata. Infine dopo pochi colpi di fucile potemmo uscir da questa pessima situazione e entrar alle 11 ore del mattino nel Piano di Gerace. Io non era seguito che dai miei officiali, da Mittica e da una quarantina di soldati di lui; il rimanente s’era sbandato. Scendemmo la costa e marciammo fino a un1 ora di distanza da Giffona, ove avendo fatto alto, cercammo un po’ di pane. Ci fu mestieri contentarci di rimaner digiuni e partimmo a un’ ora del mattino del 19. Mittica e il resto de’ suoi ci abbandonarono. Feci alto sul monte chiamato il Feudo; genti armate, a colpi di fucile, ci costrinsero a sloggiare e a correre per qualche tempo. Trovammo finalmente un luogo appartato; ci riposammo, e a cinque ore e tre quarti partimmo per Cerri, ove arrivammo il giorno appresso a cinque ore del mattino. Facemmo alto alla Serra di Cucco presso il villaggio di Torre. Un antico soldato del 3° dei Cacciatori si presentò, chiedendo di accompagnarmi. E’ il solo parmigiano che ho trovato fino ad oggi.

Il 21 settembre passammo sulla montagna della Nocella,

– 115 –

e il 22 dopo una marcia assai penosa, giungo a Serrastretta, in faccia alla Sila, che spero ascender ben presto.

Ecco il Giornale che fa seguito a questa lettera, e che comincia appunto il 22 settembre.

fonte

https://www.eleaml.org/sud/stampa/Notizie_storiche_documentate_sul_brigantaggio_monnier.html#straniero

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