CANTI POPOLARI NAPOLITANI-ERMANNO LOESCHER 1871 (VI)
Sogliono lavarsi i capelli col ranno . Il rispetto di
Grottaminarda è un mosaico di tre diversi frammenti .
Il primo si canta anche a Napoli :
Dintro a ‘ sto vicariello a mano manca
Ncè sta ‘ na nenna ca mme fa ‘ morire.
Tene lo pietto comm’ a carta bianca
‘A bocca cianciosella e sempe ride …..
Confronta il secondo col canto XXXIII . Il terzo si canta così in Napoli :
Te voglio bene sangre imperiale
Tu àje a fare chelle che dich’io !
Non voglio co’ nesciuno pratticate ,
Ma solamente alla persona mmia.
Non voglio manco coll’acqua ca te lave ,
Pure co’ l’acqua nce tengo gelosia .
Se tu co’ l’acqua te vuoje lavare ,
Piglia lo sangue de ‘ ste vene mee.
Un canto frequente in Principato Citeriore ed a Napoli comincia co’ due stessi primi versi :
Capille d’oro e capille anellate !
Cielo , che bionne trezze ca vo ‘ avite !
Ve mmeritate d’essere ‘ ncoronata
De prete preziose e calamita .
Quanno a la fenesta v’affacciate
Li ragge de lu sole intrattenite ;
Quanno jate a lu lietto a reposare
‘A luna canta ‘ a nonna e voi dormite .
Nel primo verso altri dice aonnate e canta il secondo:
Cielo, che bella trezza voi che avite .
Variante di Lecce e Caballino (Terra d’Otranto) :
Capiddhi d’oru , capiddhi biundati ,
O’ddiu ! ci beddhe trezze ci teniti .
Sse mmeritanu ssianu ‘ ncurunati
De petre preziose e calamite .
Quandu ‘ sciati allu liettu ripusati ,
Mia nave gira ‘ nturnu e bui durmiti ;
Quandu mmane per tiempu v’ausati ,
De ‘ui ‘ nduranu l’aria de li liti ;
Quandu de la fenescia u’ nfacciati ,
Li rasci de lu sule ‘ ntratteniti .
Il Vigo ne dà quattro varianti sicule . Variante di Paracorio (Calabria Ultra) :
Donna , cu ‘ ssi capilli ananellati ,
‘Na ‘ ntrizzatura d’oro nci faciti .
Veni la festa e ve li pettinati ,
Trema la terra quandu li sciogghiti .
Veni la sira, quandu vi curcati ,
La luna sprendurija e vui durmiti ;
E la mattina quandu vi levati
Li raggi di lu suli tratteniti .
Variante di Sturno (Principato Ulteriore) :
Capilli ‘junni , capilli aunnati
O ‘ ddio , che belle trecce che tenite !
Ve meritate d’esse ‘ ‘ ncoronata ,
De prete preziose e calamite .
E a la mattina, quanno v’auzate
I rai de lu sole ‘ ntrattenite .
Co’ la scalella lu cielo ‘ nchianate :
Parlate cu’ li Santi e po ‘ scennite .
XIII. Ce sta ‘ na mamm ‘ nghi tre bell ‘ fiij ,
E quand’esce mi per ‘ tre gijj .
E quand’esce nghi la chiù maggior ‘ ,
Quell’ mi per’ la lun’ e lu sol’ .
E quand’esce nghi la chiù mezzan ‘ ,
Quell ‘ mi per ‘ la stell ‘ diana .
E quand’esce nghi la peccerell ‘ ,
Quell ‘ mi per ‘ la lun ‘ e le stell ‘ .
E quand’esce la mamm’ e li fijj .
A lu sol’ gli dà li maravijj .
Nicolotta presso il Dalmedico :
* Chi vo veder tre roze in t’una rama ,
Vada a la porta de la Casa Nova
Che ghe xe tre putele co la mama
Che le se chiama tre in t’una rama.
Per altri canti intorno a tre o due sorelle vedi la
nota al rispetto di Grottaminarda che comincia : ‘ Mmiezzo
a ‘ sta chiazza stan cinque figliole .
XIV . Cert’ mi ‘ patr’ vols ‘ darm ‘ pi ‘ spos’
‘Nu viecch ‘ schifos ‘ di grann ‘ ità .
La prima sair’ ch’anniv ‘ a liett ‘ ,
Lu viecch’ schifos ‘ s’addurmintà .
S’addurmintò lu viecch ‘ mischin ‘:
A lu mi’ giardin ‘ l’acqua virsò .
L’acqu ‘ virsò tra ‘ ngegn ‘ e art’:
Tra ogni part ‘ , nin mm’aggiuvò .
I’ve li dich ‘ a vu ‘ zitell ‘ :
-Nu’lli prindeti ‘ ssì viecch’ , no.-
Vai strillen ‘ ‘ nzin ‘ alli stell ‘ :
« Ma viva sempr ‘ la giuvintù !
Le querele delle malmaritate ritornano meno frequentemente
di quel che si potrebbe supporre ne’canti popolari : più di qualunque altra quella specie di dolore , è muta , e chi gli suol prestare una voce lo fa d’ordinario per caricatureggiarlo . Ecco una Nicolotta tolta dal Dalmedico:
Sia malignazo tut ‘ i mi parenti ,
Che i me vol dar un vecio per mario !
Ghe tasto in boca, e no ghe trovo denti ;
Bisogna che ghe fazza ‘ l pambogio.
Sto pambogio gera ch’el scotava,
La barba de sto vecio se pelava.
La se pelava anca pelo per pelo :
La barba de sto vecio andava a velo .
In Airola ( Provincia di Benevento) si canta :
Lo mare a core ! lo mare a core !
No ‘ te piglià ‘ lo viecchio ca te more.
Lo viecchio l’aje votà ‘ ppe ‘ le lenzole ,
Lo gioveniello accanto te conzola.
A Grottaminarda (Principato Ulteriore ) un rispetto dice :
L’amore co ‘ no viecchio voglio fare
Pecchè ‘ no giovaniel non pozzo avere .
La prima notte che mme coricai
Lo viecchio da lo lietto mme cadive .
– Che buoi mogliera mia che te faccio ?
Non bide ch’aggio perzo lo potere ?
– Se vuoi la vonnella io te la faccio ,
De chillo panno che piace a te » .
Non voglio nè vonnelle, e nè cannacche :
Voglio ‘ no giovaniello che m’abbraccia .
Non voglio nè vonnella e nè rezzola :
Voglio ‘ no giovaniel che me consola
Un frammento di Villetta , in quel d’Aquila , forse ravvicinato alle forme letterarie :
Ecco già il mondo va alla rovescia
Un vecchio mmo ‘ si sposa a una ragazza .
Viene il tempo che si ffa la festa :
Il vecchio muore e la ragazza resta .
Nel canto IV dell’Adone , poema divulgatissimo , onde
infiniti versi son passati ne ‘ canti popolari , così lagnansi
le sorelle di Psiche , mal maritate . Dice la prima:
Misera me , cui sempre il letto e ‘ l fianco
Ingombra inutilmente un freddo gelo ,
Impotente fanciullo e vecchio bianco
Uom che vetro ha la lena e neve il pelo .
Nè sposo alcun , siccome infermo e stanco
« Più spiacente e geloso, è sotto il cielo ,
” Che custode importun la casa tiene
Sempre di ferri cinta e di catene » . —
– « Ed io » – l’altra soggiunge – « un ne sostegno
Impedito dal morbo e quasi attratto ,
E calvo e curvo e men che sasso o legno
« Ai congressi amorosi abile et atto ;
Cui più serva che moglie esser convegno ,
Con le cui ritrosie sempre combatto ;
Conviene ognor curarlo ; e in tali affanni
Vedova e maritata io piango gli anni » . —
XV. Chi je chill ‘ omn ‘ ch ‘ avut’ tant ‘ ardì ‘
Di dirt ‘ : – Donna fidel ‘ , ti vuojj amà”? » —
Chill ‘ omn’ s’ha sunnat’ di muri ‘ ;
A curt’ ll’jè rimas ‘ lu campà ‘ .
Ngh’ lu mi ‘ ngegn ‘ li farò fuggì ‘ ,
Di là da mar’ li facciarrò sballà ‘ ;
S’ in cas’ ma ‘ ritorn ‘ da chist ‘ part ‘ ,
La vit’ è già finit ‘ ; lu cunt ‘ è fatt’ .
S’in cas’ ma ‘ , caso mai .
XVI. Cor’ dell’alma mi ‘ , dimm’ che vo ‘ ;
Pechè nin t’aggradisce l’amor’ mi ‘ ?
‘ Ss ‘ immagen ‘ tu ‘ non mi s ‘ ne part’ ma ‘ ;
Ji ‘ ssì tu ‘ billezz ‘ sempr ‘ ador ‘ .
Lu sangu ‘ lo spargess ‘ se pur volet’ :
Se tu mort’ mi vo ‘ , content’ mor’ .
Se vo ‘ mi det ‘ le bracce, i ‘ t’abbracce ,
Dicend ‘: -Anim’ mi ‘ , cor ‘ del mi ‘ cor ‘ .
XVII. Da che t’ariguardaj , bellezza mi ‘ ,
Tu m’ ferist’ lu cor ‘ e l’anim ‘ mi’ .
Mejj che vist’ nen t’avess ‘ ma ‘ !
Tu sconsolat’ nen me troverest’ .
Or’ che i mi trov’ ‘ nfra tant’ guajj ,
Consolam’ pe piatà, bellezza mi ‘ .
E se consol’ tu non mi darai ,
Ben prest ‘ spirerà quest’anim ‘ mi’.
Solita origine letteraria :
* La prima volta che ti riguardai ,
Tu mi feristi il core e l’alma mia.
Meglio, che vista non t’avessi mai
Che sconsolato non mi troveria .
Or che mi trovo fra cotanti guai
Consolami, in pietà , bellezza mia :
E se consuolo tu non mi darai
Ben presto spirerà quest’alma mia .
Analoga Napoletana :
Quanno te rimmiraje e mme piacesti ,
Co ‘ no pugnà’ a lo petto mm’ ammazzaste ,
Non so se fuje maggìa ca mme facesti
O fuje lo troppo amor ca mme portaste .
Prattica co nisciuno ! » — mme diceste …
Alla fine siete uomini e tanto basta.
Variante di Pomigliano d’Arco :
Ricordati la fede che mme diste
Quanno la mia amicizia tu pigliaste .
Parlare co’ nisciuno mme diciste
Solamente co’la perzona vosta .
Fusti tanto crudele e mme tradiste .
Tu si ‘ ‘ no bardasciello , e tanto abbasta .
Ma io l’aggio dato la fede forte e costante
La morte po ‘ guastà ‘ lo giuramento .
Tanto ‘ sta vita mia dorme contenta
Quanno tu mme si ‘ sposo e io te so ‘ ‘mante .
Ed anche questi rispetti sono di provenienza letteraria :
* Falsa di falsità , falsa nascesti
E falsa fu la fè che mi giurasti ;
Di non amare ad altri promettesti ,
I sette Santi Cieli tu chiamasti .
Forse di poca fede mi scorgesti
Che il tuo cuore costante ad altri dasti ? ·
Non mi curo però ; se mi tradisti ,
Alla pur fin sei donna , e tanto basti .
Montella: Variante. v . 2 , la fede che mmi donasti ;
v. 4, Santi ‘ ncielo tu mmi ; v . 6 , Il tuo cuore ; v . 7 , che
mmi tradiste ; v . 8 , Siete donna alla fine e tanto basta .
* Piena di falsità , falsa nascesti ,
E falsa fu la fede che mi dasti .
―Ad altra non amar,
– tu mi dicesti ,
Spergiura il cielo ancora mi giurasti .
Che tanta poca fede mi tradisti ,
La man costante ad altri amanti dasti .
Io non mi curo no , se mi tradisti
Perchè sei donna al fine , e tanto basti .
* Traditrice infedel , tu mi tradisti,
E contra la tua fede mi lasciasti :
D’amarmi sempre la fede mi desti ,
E poi con altro amante mi cambiasti .
O misera di te che mi perdesti ,
L’argento per il piombo tu cambiasti ;
Se fui tradito da te mala pasta ,
So che alfin tu sei donna , e tanto basta .
* Mi ponesti nel foco , e poi fuggisti :
E subito di me tu ten scordasti ,
Il mio core prendesti , e lo feristi .
Dopo ferito me l’abbandonasti .
Dov’è la fede che mi promettesti ?
In che maniera tu me la serbasti ?
Maraviglia non è se mi tradisti ,
Sei femina alla fine , e tanto basti .
XVIII. Doman ‘ part, ngh ‘ è piacend ‘ a Di “!
Non più da quest’ loch ‘ mi vedret ‘ .
Mi part ‘ ngh’ gran dolor ‘ . Le sacc ‘ i ‘ !
Cunsider ‘ chist’occhi mi ‘ che piant ‘ fann ‘ .
Quand’ ci simm ‘ à la metà de vij ‘ ,
‘Na lettrcell ‘ ‘ stu mi ‘ cor ‘ ti mann ‘ .
Ma statev ‘ ben attent ‘ a la rispost ‘ :
D’amarce ‘ nfedeltà ‘ nzin ‘ a la mort ‘ .
Si canta anche così :
Mo mi ni vad’ , ma s’è piacenn ‘ a Di ‘ ,
A tutt ‘ l’amice miej m’arraccummann ‘ .
Quand’ ce arriv’a la terrucce mi ‘ ,
Facce ‘ na littrcell ‘ e te la mann ‘ .
Dentr’ ci truverà’ l’affetto mi ‘,
Ma pe ‘ sigill ‘ lu mi ‘ cor’ t’ mann ‘ .
È della solita provenienza letteraria :
* Domani me ne parto, Nice, addio,
Tutti gli affetti miei ti raccomando .
Se parto con dolore lo saccio io ;
E lo san gli occhi miei che pianto fanno !
Quando arriverò al paese mio,
In una lettera il mio cor ti mando .
Scritto ci troverai l’affanno mio ;
Ma del ritorno non so dirti il quando .
È questo uno de ‘ Canti più diffusi in tutta Italia .
Variante di Baculi (Napoli ):
Gioja, i’mme parto ; te lascio , addio :
Tutti ‘ sti fatte mie t’arraccomanno .
Mme parto co’ dolore , e lu saccio io ,
Ca ‘ st’uocchie mie gran chianto fanno .
Quann’arrive a ‘ stu paese mio ,
‘ Na lettera te faccio e nte la manno.
‘Rinto nce sta scritto l’affanno mio :
Ca io ritorno e non so quanno .
Variante di Paracorio :
Domani partu , comi piaci a diu ,
Tutti l’amici mei t’arricumannu !
Se partu cu ‘ duluri , lu sacc’iu ;
Lu sannu l’occhi mei , chiantu che fannu !
E quandu arrivu a lu paisi miu ,
Una littara fazzu e ti la mandu :
Intra ti scrivu li duluri miu
Pe’ supracartu ‘ na riga di sangu !
Variante di Messina :
* Dumani partu pïacennu a diu ,
Tutti l’amici mei vi raccumannu !
Si partu ccu ‘ duluri , lu sacciu iu .
Pinsannu a ‘ st’occhi chi chiantu fannu !
Io quanno arrivo a lu paisi miu
Fazzu ‘ na lettricedda e vi la mannu ;
Dda intra scrivirò lu nnomu miu
La me’ vinuta non si sapi quannu .
Spesso questo canto si confonde e si amalgama con
un altro , del quale ecco la lezione di Palena :
Palomma che pell’aria vaj volann ‘
Ti luce a tej le penn ‘ quand vol ‘ .
Vorrej scarpir’ ‘ na penn ‘ allì tu ‘ al ‘
Per ffà’ ‘ na lettriciell ‘ al car’ amor’.
Tutta de sangu ‘ la vorrej stampar ‘
E per suggij metterci ‘ stu cor’ .
Doppo che l’agge scritt ‘ e sigillat ‘ ,
O rinirell ‘ portl ‘ al car ‘ amor’ .
Variante di Napoli :
Aquila che d’argiento porte l’ale ,
Ferma, quanno io te dico ‘ na parola :
-” Damme ‘ na penna de ‘ sta tua ala ,
Quanno faccio ‘ na lettera a lu mmio ammore ,
Tutta de sangue la voglio abbagnare,
Po ‘ pe’ suggello nce metto ‘ sto core .
Quanno la lettera è fenita de fare ,
Aquila, portancella a lu mmio ammore » .—
Variante di Spinoso (Basilicata) :
O rondinella, ca vaj ‘ pe’ lu mare ,
Fermati , quant ‘ te dico doje parole .
I ‘ ti vojj ‘ tirar ‘ ‘na penna da l’ale
Pe’ scrivere ‘ na lettera a lo mio amore ;
Tutta de sangue la voglio stampare
E pi ‘ siggillo ci metto lu core.
Quinto verso, var. invece di stampare anche pittare .
Variante di Saponara ( Basilicata) :
Partenza dolorosa , dolorosa !
Angili di lu cielo , datinci aiuto !
Mi parto de ‘ sto loco dispiatato ,
Lascio chi tanto bene m’ha boluto ,
Mi parto mo ‘ piangenne e lacrimanne ;
Mi parto come a barca sopra l’onne .
A l’arrivata ‘ na lettera manno :
Inta nci trovarrai la mia persona .
Tutta di sanghe la voglio stampare ,
E pia sigillo nci ponno lo core .
Variante di Bari (Terra di Bari) :
Mi part, bella mi ‘ , mi part ‘ a stent ‘ ,
A poch’ a po ‘ mi vad ‘ alluntanand ‘ ;
Non so se cchiù ritorn ‘ a ‘ sta spartenza ,
Non so se cchiù ti vede , mia speranza .
T’aggi da da’ ‘ na lettera scrivent ‘ ,
E pi ‘ suggill ‘ ci mette lu mio sang ‘ .
Si poi pe ‘ mala sort ‘ io nun ci vengh ‘ ,
L’arm ‘ la don’a dio , lu core ti mand’.
‘ Int’ a ‘ sti pochi giorn ‘ che non mi vide ,
Mirate all’ombra tua , chella son io .
In Airola :
Vorria tirà’ ‘ na penna de ‘ ste gale ,
Ppe ‘ ffà ‘ ‘ na lettrecella a lo mio amore .
Tutta de sangue la voglio abbagnare,
E ppe ‘ suggello nce metto ‘ sto core .
Variante di Arnesano ( Terra d’Otranto ) edita dal Desimone :
* Rundinella , ci rundini lu mare ,
Cucchia, quantu te dicu do ‘ palore ;
Quantu te spinnu do ‘ pinne de l’ale
Ch’aggiu fare ‘ na lettera a lu mi ‘ amore .
De ‘ nnanzi casa tua mme ‘ cchiai passare ,
Nun ci te ‘ iddi e ne ‘ mmarijo lu core ;
‘ Ddha casa senza tie t’ha’ figurare
Ce stae comu ‘ na rasta senza fiore » ..
Variante romanesca, edita dal Kopisch ;
* Palomba , che per l’aria vai a volare
Ferma che voglio dirte due parole :
Voglio cava ‘ ‘ na penna alle tue ale ,
Voglio scrive ‘ una lettra a lo mio amore .
Tutta di sangue la voglio stampare ,
Per sigillo ce metto lo mio core ;
E finita de scrive ‘ e sigillare ,
Palomba, portacella allo mio amore :
E , se lo trovi a letto a riposare ,
O palomba, riposati tu ancora.
Variante di Terni , edita nell’Egeria di Müller e Wolf:
* Oh rondinella che per arto vole ,
Eh cala abbasso e scorta due parole ,
E cava una penna alle tue ale ;
Ti scriverò una lettera al mio amore.
Variante Marchigiana edita dal Marcoaldi :
* O rondinella che vae per lo mare,
Te riluce la penna quando vole :
Vorria ‘ na penna dele tue bell’ale ,
Pe scrivere ‘ na lettera al mio amore .
Dopo che l’avrò scritta e fatta bella ,
Portala allo mio amore, o rondinella .
E se lo trovi a tavola a mangiare
Allor da parte mia dagli il buon prode :
E se lo trovi ‘ n letto a riposare ,
Abbassa l’ali , e non li fa’ rumore.
Variante del Lazio edita dal Marcoaldi :
* O rondinella , che per l’aria vai ,
Ferma il golo ed ascolta due parole :
Dammi una penna delle tue bell’ali ,
Pe ‘ scrivere ‘ na lettra allo mio amore,
Dopo che l’aggio scritta e fatta a core ,
O rondinella , portala al mio amore .
Varianti Toscane , che desumo dal Tigri , presso al quale non è indicato il Comune in cui vennero raccolte ;
e con molto senno critico si son cancellate le più forme dialettiche :
* O rondinella, che voli per l’aria,
Ritorna addreto , e fammelo un piacere ,
E dammela una penna di tu ‘ alia,
Che scriverò una lettera al mio bene .
Quando l’averò scritta e fatta bella ,
Ti renderò la penna o rondinella ;
Quando l’averò scritta in carta bianca ,
Ti renderò la penna che ti manca ;
Quando l’averò scritta in carta d’oro,
Ti renderò la penna ed il tuo volo .
* O rondinella , che vieni dal mare ,
Ascoltami , ti vo ‘ dir due parole ;
E dammela una penna di tu ‘ alie ,
Chè scriver vo ‘ una lettera al mio amore :
E quando l’avrò scritta e fatta bianca ,
Ti renderò la penna che ti manca .
E quando l’avrò scritta e fatta d’oro ,
Ti renderò la penna del tuo volo .
E quando l’avrò scritta e fatta bella ,
Ti renderò la penna , o rondinella .
E quando l’avrò scritta e messa sù ,
O rondinella , portagliene tu .
Variante Leccese :
Rendineddha , ci riendeni lu mare ,
Cucchia, quantu te dicu do ‘ palore :
Quantu te scippu ‘ na pinna de l’ale ,
C’aggiu fare na lettra allu miu amore.
Tutta de sangue la vogliu bagnare ,
E pe ‘ suggellu nci mintu lu core ;
Portala leggia leggia sutt ‘ all’ale ,
Cu nu’ se scassa lu scrittu d’amore ;
Culle to’ manu nni l’ha ‘ consignare,
-66 Quista te manda ci te porta amore ” .—
Variante Pomiglianese :
Palomma, che d’argiento puorte l’ale ,
Fermate , ammente dico ‘ na parola .
Mente ti tiro ‘ na penna de ‘ ss’ale
Ppe ffa ‘ ‘ na letterecella a lo mio amore .
Co ‘ lo mio sanco la voglio scrivere
Ppe ‘ siggillo ge metto ‘ sto core :
Quanno la lettera è fornuta de fare
Palomma, miette l’ale e viene ‘ nco ‘ .
Variante di Lanciano :
O rundunell ‘ , che passi lu mar’ ,
Fammi ‘ na grazi , fammi ‘ nu favor ‘
Dammi na penn ‘ fresch ‘ delle al ‘
Quant’ ci scriv ‘ ‘ nu vers ‘ d’amor’ .
Tutt’ de sangh ‘ lu vojj ‘ stampar’ ,
E pi’ sigill ‘ ce mett ‘ ‘ sto cor’
Questa è la lettra , l’hò finit’ a fà’.
O rindolell ‘ , portal ‘ all’amor ‘ .
Se lo trovi alla tavola a lu magnar’
Pijj ‘ ‘nu muccichell’ pe ‘ amor ‘ mio ;
E si stesse a lu lett ‘ a riposar’ ,
Ne l’ha da stuzzicà ‘ , fallo durmì ‘ .
Variante di Bagnoli-Irpino :
Tu palommella chi pe ‘ l’aria vai ,
Fermati quanto ti dico una parola ;
Ti voglio sceppà ‘ na penna azzaro ,
Pe’ fà la lettre cella a ‘ lo mio amore.
Tutta re sango la voglio stampare,
Pe’ seggillo ge vogli mette ‘ lo mio core.
Dopo che la lettre è firnuta re fà ‘ ,
Va’ palommella mia , va me lo trova.
Si lo truovi a tavola chi mangia,
Pigliati ‘ no muorso pe ‘ l’amore mio ;
Si lo truovi a letto che sta dormendo
No’ lo sconzecà’ ca è cosa mia.
Variante di Lecce e Caballino ;
O aceddhuzzu ci luntanu ha ‘ ‘ scire ,
Fermate, cu te dicu do ‘ palore .
Se lu miu bene mai usi a bedire ,
Cantani quattru ‘ iersi de dulore.
Circalu pelli monti e pellu’ mare ,
E dinni ca pe’ mie ‘ sta vita è morte ,
Ca do ‘ cori non ponnu ‘ ntani stare .
O auceddhuzzu , cu ssenta , canta forte.
XIX . Ecchem ‘ , bella mi ‘ , l’or ‘ ch’i ‘ part’ :
L’amant’ tuj fidel ‘ , custant ‘ e fort’ .
Quand’ ti crid ‘ ch ‘ i ‘ stieng ‘ da chill ‘ part’ ,
I ‘ allor’ me trov ‘ ‘ nnent a ‘ ssi tu ‘ port’ .
‘N ann ‘ vicin ‘ a tej me per ‘ ‘ nu giorn ‘ ;
‘ Nu giorn ‘ lontan ‘ da tej me per ‘ ‘ n ann ‘ .
Cunsider’ chist’uocchj ‘ mi ‘ che piant’ fann’
Partì’ da chistu loch ‘ nin si vonn ‘ !
Quand’ si finirò ‘ ssi tu ‘ lament’ ? » –
Quand’ ‘ mracce a tej farò ‘ nu sonn ‘ .
‘ Nnent, innanzi . Il penultimo verso secondo altra lezione
: Quand’ si finirà sti mie lament’ ? Confronta
col rispetto pubblicato più sopra col numero X.
XX . Finestr ‘ che lucev’ e mo’ ne’ luce,
È segn’ ca la mia bell ‘ sta ‘ mmalat ‘ .
S’affacce la surell ‘ e me la dice :
L’amant ‘ tu ‘ so ‘ mort ‘ e seppelit ‘ !
S’affacce la su ‘ mamm’ tutta ner ‘ :
-Che va facenn ‘ ‘ ss ‘ amant ‘ sventurat’? »
S’affacce lu su ‘ patr ‘ sconsolat ‘ :
L’amant’ tu ‘ so ‘ mort’ e sutterrat’ ! » —
A te, munich’ e priejt’ , chi t’ha chiamat’ ?
A te, fun ‘ di campan ‘ , chi t’ha tirat’?
Pret’ di sipplitur ‘ , chi t’ha apert “?
Cor ‘ di can ‘ , chi t’ha riserrat’ !
Chissa buccuccia tu ‘ cacciav ‘ ‘ nu fior ‘ :
Mo’ caccia virmiciell’ pe’ piatat’ ! ….
…..Se i ‘ mi mor ‘ , e vad ‘ ‘ mparadis ‘ ,
Se nen ci trov ‘ a tej , nemmen ‘ ce tras ‘ !