Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

CANTI POPOLARI NAPOLITANI-ERMANNO LOESCHER 1871 (VI)

Posted by on Ott 6, 2024

CANTI POPOLARI NAPOLITANI-ERMANNO LOESCHER 1871 (VI)

Sogliono lavarsi i capelli col ranno . Il rispetto di

Grottaminarda è un mosaico di tre diversi frammenti .

Il primo si canta anche a Napoli :

Dintro a ‘ sto vicariello a mano manca

Ncè sta ‘ na nenna ca mme fa ‘ morire.

Tene lo pietto comm’ a carta bianca

‘A bocca cianciosella e sempe ride …..

Confronta il secondo col canto XXXIII . Il terzo si canta così in Napoli :

Te voglio bene sangre imperiale

Tu àje a fare chelle che dich’io !

Non voglio co’ nesciuno pratticate ,

Ma solamente alla persona mmia.

Non voglio manco coll’acqua ca te lave ,

Pure co’ l’acqua nce tengo gelosia .

Se tu co’ l’acqua te vuoje lavare ,

Piglia lo sangue de ‘ ste vene mee.

Un canto frequente in Principato Citeriore ed a Napoli comincia co’ due stessi primi versi :

Capille d’oro e capille anellate !

Cielo , che bionne trezze ca vo ‘ avite !

Ve mmeritate d’essere ‘ ncoronata

De prete preziose e calamita .

Quanno a la fenesta v’affacciate

Li ragge de lu sole intrattenite ;

Quanno jate a lu lietto a reposare

‘A luna canta ‘ a nonna e voi dormite .

Nel primo verso altri dice aonnate e canta il secondo:

Cielo, che bella trezza voi che avite .

Variante di Lecce e Caballino (Terra d’Otranto) :

Capiddhi d’oru , capiddhi biundati ,

O’ddiu ! ci beddhe trezze ci teniti .

Sse mmeritanu ssianu ‘ ncurunati

De petre preziose e calamite .

Quandu ‘ sciati allu liettu ripusati ,

Mia nave gira ‘ nturnu e bui durmiti ;

Quandu mmane per tiempu v’ausati ,

De ‘ui ‘ nduranu l’aria de li liti ;

Quandu de la fenescia u’ nfacciati ,

Li rasci de lu sule ‘ ntratteniti .

Il Vigo ne dà quattro varianti sicule . Variante di Paracorio (Calabria Ultra) :

Donna , cu ‘ ssi capilli ananellati ,

‘Na ‘ ntrizzatura d’oro nci faciti .

Veni la festa e ve li pettinati ,

Trema la terra quandu li sciogghiti .

Veni la sira, quandu vi curcati ,

La luna sprendurija e vui durmiti ;

E la mattina quandu vi levati

Li raggi di lu suli tratteniti .

Variante di Sturno (Principato Ulteriore) :

Capilli ‘junni , capilli aunnati

O ‘ ddio , che belle trecce che tenite !

Ve meritate d’esse ‘ ‘ ncoronata ,

De prete preziose e calamite .

E a la mattina, quanno v’auzate

I rai de lu sole ‘ ntrattenite .

Co’ la scalella lu cielo ‘ nchianate :

Parlate cu’ li Santi e po ‘ scennite .

XIII. Ce sta ‘ na mamm ‘ nghi tre bell ‘ fiij ,

E quand’esce mi per ‘ tre gijj .

E quand’esce nghi la chiù maggior ‘ ,

Quell’ mi per’ la lun’ e lu sol’ .

E quand’esce nghi la chiù mezzan ‘ ,

Quell ‘ mi per ‘ la stell ‘ diana .

E quand’esce nghi la peccerell ‘ ,

Quell ‘ mi per ‘ la lun ‘ e le stell ‘ .

E quand’esce la mamm’ e li fijj .

A lu sol’ gli dà li maravijj .

Nicolotta presso il Dalmedico :

* Chi vo veder tre roze in t’una rama ,

Vada a la porta de la Casa Nova

Che ghe xe tre putele co la mama

Che le se chiama tre in t’una rama.

Per altri canti intorno a tre o due sorelle vedi la

nota al rispetto di Grottaminarda che comincia : ‘ Mmiezzo

a ‘ sta chiazza stan cinque figliole .

XIV . Cert’ mi ‘ patr’ vols ‘ darm ‘ pi ‘ spos’

‘Nu viecch ‘ schifos ‘ di grann ‘ ità .

La prima sair’ ch’anniv ‘ a liett ‘ ,

Lu viecch’ schifos ‘ s’addurmintà .

S’addurmintò lu viecch ‘ mischin ‘:

A lu mi’ giardin ‘ l’acqua virsò .

L’acqu ‘ virsò tra ‘ ngegn ‘ e art’:

Tra ogni part ‘ , nin mm’aggiuvò .

I’ve li dich ‘ a vu ‘ zitell ‘ :

-Nu’lli prindeti ‘ ssì viecch’ , no.-

Vai strillen ‘ ‘ nzin ‘ alli stell ‘ :

« Ma viva sempr ‘ la giuvintù !

Le querele delle malmaritate ritornano meno frequentemente

di quel che si potrebbe supporre ne’canti popolari : più di qualunque altra quella specie di dolore , è muta , e chi gli suol prestare una voce lo fa d’ordinario per caricatureggiarlo . Ecco una Nicolotta tolta dal Dalmedico:

Sia malignazo tut ‘ i mi parenti ,

Che i me vol dar un vecio per mario !

Ghe tasto in boca, e no ghe trovo denti ;

Bisogna che ghe fazza ‘ l pambogio.

Sto pambogio gera ch’el scotava,

La barba de sto vecio se pelava.

La se pelava anca pelo per pelo :

La barba de sto vecio andava a velo .

In Airola ( Provincia di Benevento) si canta :

Lo mare a core ! lo mare a core !

No ‘ te piglià ‘ lo viecchio ca te more.

Lo viecchio l’aje votà ‘ ppe ‘ le lenzole ,

Lo gioveniello accanto te conzola.

A Grottaminarda (Principato Ulteriore ) un rispetto dice :

L’amore co ‘ no viecchio voglio fare

Pecchè ‘ no giovaniel non pozzo avere .

La prima notte che mme coricai

Lo viecchio da lo lietto mme cadive .

– Che buoi mogliera mia che te faccio ?

Non bide ch’aggio perzo lo potere ?

– Se vuoi la vonnella io te la faccio ,

De chillo panno che piace a te » .

Non voglio nè vonnelle, e nè cannacche :

Voglio ‘ no giovaniello che m’abbraccia .

Non voglio nè vonnella e nè rezzola :

Voglio ‘ no giovaniel che me consola

Un frammento di Villetta , in quel d’Aquila , forse ravvicinato alle forme letterarie :

Ecco già il mondo va alla rovescia

Un vecchio mmo ‘ si sposa a una ragazza .

Viene il tempo che si ffa la festa :

Il vecchio muore e la ragazza resta .

Nel canto IV dell’Adone , poema divulgatissimo , onde

infiniti versi son passati ne ‘ canti popolari , così lagnansi

le sorelle di Psiche , mal maritate . Dice la prima:

Misera me , cui sempre il letto e ‘ l fianco

Ingombra inutilmente un freddo gelo ,

Impotente fanciullo e vecchio bianco

Uom che vetro ha la lena e neve il pelo .

Nè sposo alcun , siccome infermo e stanco

« Più spiacente e geloso, è sotto il cielo ,

” Che custode importun la casa tiene

Sempre di ferri cinta e di catene » . —

– « Ed io » – l’altra soggiunge – « un ne sostegno

Impedito dal morbo e quasi attratto ,

E calvo e curvo e men che sasso o legno

« Ai congressi amorosi abile et atto ;

Cui più serva che moglie esser convegno ,

Con le cui ritrosie sempre combatto ;

Conviene ognor curarlo ; e in tali affanni

Vedova e maritata io piango gli anni » . —

XV. Chi je chill ‘ omn ‘ ch ‘ avut’ tant ‘ ardì ‘

Di dirt ‘ : – Donna fidel ‘ , ti vuojj amà”? » —

Chill ‘ omn’ s’ha sunnat’ di muri ‘ ;

A curt’ ll’jè rimas ‘ lu campà ‘ .

Ngh’ lu mi ‘ ngegn ‘ li farò fuggì ‘ ,

Di là da mar’ li facciarrò sballà ‘ ;

S’ in cas’ ma ‘ ritorn ‘ da chist ‘ part ‘ ,

La vit’ è già finit ‘ ; lu cunt ‘ è fatt’ .

S’in cas’ ma ‘ , caso mai .

XVI. Cor’ dell’alma mi ‘ , dimm’ che vo ‘ ;

Pechè nin t’aggradisce l’amor’ mi ‘ ?

‘ Ss ‘ immagen ‘ tu ‘ non mi s ‘ ne part’ ma ‘ ;

Ji ‘ ssì tu ‘ billezz ‘ sempr ‘ ador ‘ .

Lu sangu ‘ lo spargess ‘ se pur volet’ :

Se tu mort’ mi vo ‘ , content’ mor’ .

Se vo ‘ mi det ‘ le bracce, i ‘ t’abbracce ,

Dicend ‘: -Anim’ mi ‘ , cor ‘ del mi ‘ cor ‘ .

XVII. Da che t’ariguardaj , bellezza mi ‘ ,

Tu m’ ferist’ lu cor ‘ e l’anim ‘ mi’ .

Mejj che vist’ nen t’avess ‘ ma ‘ !

Tu sconsolat’ nen me troverest’ .

Or’ che i mi trov’ ‘ nfra tant’ guajj ,

Consolam’ pe piatà, bellezza mi ‘ .

E se consol’ tu non mi darai ,

Ben prest ‘ spirerà quest’anim ‘ mi’.

Solita origine letteraria :

* La prima volta che ti riguardai ,

Tu mi feristi il core e l’alma mia.

Meglio, che vista non t’avessi mai

Che sconsolato non mi troveria .

Or che mi trovo fra cotanti guai

Consolami, in pietà , bellezza mia :

E se consuolo tu non mi darai

Ben presto spirerà quest’alma mia .

Analoga Napoletana :

Quanno te rimmiraje e mme piacesti ,

Co ‘ no pugnà’ a lo petto mm’ ammazzaste ,

Non so se fuje maggìa ca mme facesti

O fuje lo troppo amor ca mme portaste .

Prattica co nisciuno ! » — mme diceste …

Alla fine siete uomini e tanto basta.

Variante di Pomigliano d’Arco :

Ricordati la fede che mme diste

Quanno la mia amicizia tu pigliaste .

Parlare co’ nisciuno mme diciste

Solamente co’la perzona vosta .

Fusti tanto crudele e mme tradiste .

Tu si ‘ ‘ no bardasciello , e tanto abbasta .

Ma io l’aggio dato la fede forte e costante

La morte po ‘ guastà ‘ lo giuramento .

Tanto ‘ sta vita mia dorme contenta

Quanno tu mme si ‘ sposo e io te so ‘ ‘mante .

Ed anche questi rispetti sono di provenienza letteraria :

* Falsa di falsità , falsa nascesti

E falsa fu la fè che mi giurasti ;

Di non amare ad altri promettesti ,

I sette Santi Cieli tu chiamasti .

Forse di poca fede mi scorgesti

Che il tuo cuore costante ad altri dasti ? ·

Non mi curo però ; se mi tradisti ,

Alla pur fin sei donna , e tanto basti .

Montella: Variante. v . 2 , la fede che mmi donasti ;

v. 4, Santi ‘ ncielo tu mmi ; v . 6 , Il tuo cuore ; v . 7 , che

mmi tradiste ; v . 8 , Siete donna alla fine e tanto basta .

* Piena di falsità , falsa nascesti ,

E falsa fu la fede che mi dasti .

―Ad altra non amar,

– tu mi dicesti ,

Spergiura il cielo ancora mi giurasti .

Che tanta poca fede mi tradisti ,

La man costante ad altri amanti dasti .

Io non mi curo no , se mi tradisti

Perchè sei donna al fine , e tanto basti .

* Traditrice infedel , tu mi tradisti,

E contra la tua fede mi lasciasti :

D’amarmi sempre la fede mi desti ,

E poi con altro amante mi cambiasti .

O misera di te che mi perdesti ,

L’argento per il piombo tu cambiasti ;

Se fui tradito da te mala pasta ,

So che alfin tu sei donna , e tanto basta .

* Mi ponesti nel foco , e poi fuggisti :

E subito di me tu ten scordasti ,

Il mio core prendesti , e lo feristi .

Dopo ferito me l’abbandonasti .

Dov’è la fede che mi promettesti ?

In che maniera tu me la serbasti ?

Maraviglia non è se mi tradisti ,

Sei femina alla fine , e tanto basti .

XVIII. Doman ‘ part, ngh ‘ è piacend ‘ a Di “!

Non più da quest’ loch ‘ mi vedret ‘ .

Mi part ‘ ngh’ gran dolor ‘ . Le sacc ‘ i ‘ !

Cunsider ‘ chist’occhi mi ‘ che piant ‘ fann ‘ .

Quand’ ci simm ‘ à la metà de vij ‘ ,

‘Na lettrcell ‘ ‘ stu mi ‘ cor ‘ ti mann ‘ .

Ma statev ‘ ben attent ‘ a la rispost ‘ :

D’amarce ‘ nfedeltà ‘ nzin ‘ a la mort ‘ .

Si canta anche così :

Mo mi ni vad’ , ma s’è piacenn ‘ a Di ‘ ,

A tutt ‘ l’amice miej m’arraccummann ‘ .

Quand’ ce arriv’a la terrucce mi ‘ ,

Facce ‘ na littrcell ‘ e te la mann ‘ .

Dentr’ ci truverà’ l’affetto mi ‘,

Ma pe ‘ sigill ‘ lu mi ‘ cor’ t’ mann ‘ .

È della solita provenienza letteraria :

* Domani me ne parto, Nice, addio,

Tutti gli affetti miei ti raccomando .

Se parto con dolore lo saccio io ;

E lo san gli occhi miei che pianto fanno !

Quando arriverò al paese mio,

In una lettera il mio cor ti mando .

Scritto ci troverai l’affanno mio ;

Ma del ritorno non so dirti il quando .

È questo uno de ‘ Canti più diffusi in tutta Italia .

Variante di Baculi (Napoli ):

Gioja, i’mme parto ; te lascio , addio :

Tutti ‘ sti fatte mie t’arraccomanno .

Mme parto co’ dolore , e lu saccio io ,

Ca ‘ st’uocchie mie gran chianto fanno .

Quann’arrive a ‘ stu paese mio ,

‘ Na lettera te faccio e nte la manno.

‘Rinto nce sta scritto l’affanno mio :

Ca io ritorno e non so quanno .

Variante di Paracorio :

Domani partu , comi piaci a diu ,

Tutti l’amici mei t’arricumannu !

Se partu cu ‘ duluri , lu sacc’iu ;

Lu sannu l’occhi mei , chiantu che fannu !

E quandu arrivu a lu paisi miu ,

Una littara fazzu e ti la mandu :

Intra ti scrivu li duluri miu

Pe’ supracartu ‘ na riga di sangu !

Variante di Messina :

* Dumani partu pïacennu a diu ,

Tutti l’amici mei vi raccumannu !

Si partu ccu ‘ duluri , lu sacciu iu .

Pinsannu a ‘ st’occhi chi chiantu fannu !

Io quanno arrivo a lu paisi miu

Fazzu ‘ na lettricedda e vi la mannu ;

Dda intra scrivirò lu nnomu miu

La me’ vinuta non si sapi quannu .

Spesso questo canto si confonde e si amalgama con

un altro , del quale ecco la lezione di Palena :

Palomma che pell’aria vaj volann ‘

Ti luce a tej le penn ‘ quand vol ‘ .

Vorrej scarpir’ ‘ na penn ‘ allì tu ‘ al ‘

Per ffà’ ‘ na lettriciell ‘ al car’ amor’.

Tutta de sangu ‘ la vorrej stampar ‘

E per suggij metterci ‘ stu cor’ .

Doppo che l’agge scritt ‘ e sigillat ‘ ,

O rinirell ‘ portl ‘ al car ‘ amor’ .

Variante di Napoli :

Aquila che d’argiento porte l’ale ,

Ferma, quanno io te dico ‘ na parola :

-” Damme ‘ na penna de ‘ sta tua ala ,

Quanno faccio ‘ na lettera a lu mmio ammore ,

Tutta de sangue la voglio abbagnare,

Po ‘ pe’ suggello nce metto ‘ sto core .

Quanno la lettera è fenita de fare ,

Aquila, portancella a lu mmio ammore » .—

Variante di Spinoso (Basilicata) :

O rondinella, ca vaj ‘ pe’ lu mare ,

Fermati , quant ‘ te dico doje parole .

I ‘ ti vojj ‘ tirar ‘ ‘na penna da l’ale

Pe’ scrivere ‘ na lettera a lo mio amore ;

Tutta de sangue la voglio stampare

E pi ‘ siggillo ci metto lu core.

Quinto verso, var. invece di stampare anche pittare .

Variante di Saponara ( Basilicata) :

Partenza dolorosa , dolorosa !

Angili di lu cielo , datinci aiuto !

Mi parto de ‘ sto loco dispiatato ,

Lascio chi tanto bene m’ha boluto ,

Mi parto mo ‘ piangenne e lacrimanne ;

Mi parto come a barca sopra l’onne .

A l’arrivata ‘ na lettera manno :

Inta nci trovarrai la mia persona .

Tutta di sanghe la voglio stampare ,

E pia sigillo nci ponno lo core .

Variante di Bari (Terra di Bari) :

Mi part, bella mi ‘ , mi part ‘ a stent ‘ ,

A poch’ a po ‘ mi vad ‘ alluntanand ‘ ;

Non so se cchiù ritorn ‘ a ‘ sta spartenza ,

Non so se cchiù ti vede , mia speranza .

T’aggi da da’ ‘ na lettera scrivent ‘ ,

E pi ‘ suggill ‘ ci mette lu mio sang ‘ .

Si poi pe ‘ mala sort ‘ io nun ci vengh ‘ ,

L’arm ‘ la don’a dio , lu core ti mand’.

‘ Int’ a ‘ sti pochi giorn ‘ che non mi vide ,

Mirate all’ombra tua , chella son io .

In Airola :

Vorria tirà’ ‘ na penna de ‘ ste gale ,

Ppe ‘ ffà ‘ ‘ na lettrecella a lo mio amore .

Tutta de sangue la voglio abbagnare,

E ppe ‘ suggello nce metto ‘ sto core .

Variante di Arnesano ( Terra d’Otranto ) edita dal Desimone :

* Rundinella , ci rundini lu mare ,

Cucchia, quantu te dicu do ‘ palore ;

Quantu te spinnu do ‘ pinne de l’ale

Ch’aggiu fare ‘ na lettera a lu mi ‘ amore .

De ‘ nnanzi casa tua mme ‘ cchiai passare ,

Nun ci te ‘ iddi e ne ‘ mmarijo lu core ;

‘ Ddha casa senza tie t’ha’ figurare

Ce stae comu ‘ na rasta senza fiore » ..

Variante romanesca, edita dal Kopisch ;

* Palomba , che per l’aria vai a volare

Ferma che voglio dirte due parole :

Voglio cava ‘ ‘ na penna alle tue ale ,

Voglio scrive ‘ una lettra a lo mio amore .

Tutta di sangue la voglio stampare ,

Per sigillo ce metto lo mio core ;

E finita de scrive ‘ e sigillare ,

Palomba, portacella allo mio amore :

E , se lo trovi a letto a riposare ,

O palomba, riposati tu ancora.

Variante di Terni , edita nell’Egeria di Müller e Wolf:

* Oh rondinella che per arto vole ,

Eh cala abbasso e scorta due parole ,

E cava una penna alle tue ale ;

Ti scriverò una lettera al mio amore.

Variante Marchigiana edita dal Marcoaldi :

* O rondinella che vae per lo mare,

Te riluce la penna quando vole :

Vorria ‘ na penna dele tue bell’ale ,

Pe scrivere ‘ na lettera al mio amore .

Dopo che l’avrò scritta e fatta bella ,

Portala allo mio amore, o rondinella .

E se lo trovi a tavola a mangiare

Allor da parte mia dagli il buon prode :

E se lo trovi ‘ n letto a riposare ,

Abbassa l’ali , e non li fa’ rumore.

Variante del Lazio edita dal Marcoaldi :

* O rondinella , che per l’aria vai ,

Ferma il golo ed ascolta due parole :

Dammi una penna delle tue bell’ali ,

Pe ‘ scrivere ‘ na lettra allo mio amore,

Dopo che l’aggio scritta e fatta a core ,

O rondinella , portala al mio amore .

Varianti Toscane , che desumo dal Tigri , presso al quale non è indicato il Comune in cui vennero raccolte ;

e con molto senno critico si son cancellate le più forme dialettiche :

* O rondinella, che voli per l’aria,

Ritorna addreto , e fammelo un piacere ,

E dammela una penna di tu ‘ alia,

Che scriverò una lettera al mio bene .

Quando l’averò scritta e fatta bella ,

Ti renderò la penna o rondinella ;

Quando l’averò scritta in carta bianca ,

Ti renderò la penna che ti manca ;

Quando l’averò scritta in carta d’oro,

Ti renderò la penna ed il tuo volo .

* O rondinella , che vieni dal mare ,

Ascoltami , ti vo ‘ dir due parole ;

E dammela una penna di tu ‘ alie ,

Chè scriver vo ‘ una lettera al mio amore :

E quando l’avrò scritta e fatta bianca ,

Ti renderò la penna che ti manca .

E quando l’avrò scritta e fatta d’oro ,

Ti renderò la penna del tuo volo .

E quando l’avrò scritta e fatta bella ,

Ti renderò la penna , o rondinella .

E quando l’avrò scritta e messa sù ,

O rondinella , portagliene tu .

Variante Leccese :

Rendineddha , ci riendeni lu mare ,

Cucchia, quantu te dicu do ‘ palore :

Quantu te scippu ‘ na pinna de l’ale ,

C’aggiu fare na lettra allu miu amore.

Tutta de sangue la vogliu bagnare ,

E pe ‘ suggellu nci mintu lu core ;

Portala leggia leggia sutt ‘ all’ale ,

Cu nu’ se scassa lu scrittu d’amore ;

Culle to’ manu nni l’ha ‘ consignare,

-66 Quista te manda ci te porta amore ” .—

Variante Pomiglianese :

Palomma, che d’argiento puorte l’ale ,

Fermate , ammente dico ‘ na parola .

Mente ti tiro ‘ na penna de ‘ ss’ale

Ppe ffa ‘ ‘ na letterecella a lo mio amore .

Co ‘ lo mio sanco la voglio scrivere

Ppe ‘ siggillo ge metto ‘ sto core :

Quanno la lettera è fornuta de fare

Palomma, miette l’ale e viene ‘ nco ‘ .

Variante di Lanciano :

O rundunell ‘ , che passi lu mar’ ,

Fammi ‘ na grazi , fammi ‘ nu favor ‘

Dammi na penn ‘ fresch ‘ delle al ‘

Quant’ ci scriv ‘ ‘ nu vers ‘ d’amor’ .

Tutt’ de sangh ‘ lu vojj ‘ stampar’ ,

E pi’ sigill ‘ ce mett ‘ ‘ sto cor’

Questa è la lettra , l’hò finit’ a fà’.

O rindolell ‘ , portal ‘ all’amor ‘ .

Se lo trovi alla tavola a lu magnar’

Pijj ‘ ‘nu muccichell’ pe ‘ amor ‘ mio ;

E si stesse a lu lett ‘ a riposar’ ,

Ne l’ha da stuzzicà ‘ , fallo durmì ‘ .

Variante di Bagnoli-Irpino :

Tu palommella chi pe ‘ l’aria vai ,

Fermati quanto ti dico una parola ;

Ti voglio sceppà ‘ na penna azzaro ,

Pe’ fà la lettre cella a ‘ lo mio amore.

Tutta re sango la voglio stampare,

Pe’ seggillo ge vogli mette ‘ lo mio core.

Dopo che la lettre è firnuta re fà ‘ ,

Va’ palommella mia , va me lo trova.

Si lo truovi a tavola chi mangia,

Pigliati ‘ no muorso pe ‘ l’amore mio ;

Si lo truovi a letto che sta dormendo

No’ lo sconzecà’ ca è cosa mia.

Variante di Lecce e Caballino ;

O aceddhuzzu ci luntanu ha ‘ ‘ scire ,

Fermate, cu te dicu do ‘ palore .

Se lu miu bene mai usi a bedire ,

Cantani quattru ‘ iersi de dulore.

Circalu pelli monti e pellu’ mare ,

E dinni ca pe’ mie ‘ sta vita è morte ,

Ca do ‘ cori non ponnu ‘ ntani stare .

O auceddhuzzu , cu ssenta , canta forte.

XIX . Ecchem ‘ , bella mi ‘ , l’or ‘ ch’i ‘ part’ :

L’amant’ tuj fidel ‘ , custant ‘ e fort’ .

Quand’ ti crid ‘ ch ‘ i ‘ stieng ‘ da chill ‘ part’ ,

I ‘ allor’ me trov ‘ ‘ nnent a ‘ ssi tu ‘ port’ .

‘N ann ‘ vicin ‘ a tej me per ‘ ‘ nu giorn ‘ ;

‘ Nu giorn ‘ lontan ‘ da tej me per ‘ ‘ n ann ‘ .

Cunsider’ chist’uocchj ‘ mi ‘ che piant’ fann’

Partì’ da chistu loch ‘ nin si vonn ‘ !

Quand’ si finirò ‘ ssi tu ‘ lament’ ? » –

Quand’ ‘ mracce a tej farò ‘ nu sonn ‘ .

‘ Nnent, innanzi . Il penultimo verso secondo altra lezione

: Quand’ si finirà sti mie lament’ ? Confronta

col rispetto pubblicato più sopra col numero X.

XX . Finestr ‘ che lucev’ e mo’ ne’ luce,

È segn’ ca la mia bell ‘ sta ‘ mmalat ‘ .

S’affacce la surell ‘ e me la dice :

L’amant ‘ tu ‘ so ‘ mort ‘ e seppelit ‘ !

S’affacce la su ‘ mamm’ tutta ner ‘ :

-Che va facenn ‘ ‘ ss ‘ amant ‘ sventurat’? »

S’affacce lu su ‘ patr ‘ sconsolat ‘ :

L’amant’ tu ‘ so ‘ mort’ e sutterrat’ ! » —

A te, munich’ e priejt’ , chi t’ha chiamat’ ?

A te, fun ‘ di campan ‘ , chi t’ha tirat’?

Pret’ di sipplitur ‘ , chi t’ha apert “?

Cor ‘ di can ‘ , chi t’ha riserrat’ !

Chissa buccuccia tu ‘ cacciav ‘ ‘ nu fior ‘ :

Mo’ caccia virmiciell’ pe’ piatat’ ! ….

…..Se i ‘ mi mor ‘ , e vad ‘ ‘ mparadis ‘ ,

Se nen ci trov ‘ a tej , nemmen ‘ ce tras ‘ !

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