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Carmine Colonese, soldato borbonico fedele alla Patria e al suo Re di Giuseppe Gangemi

Posted by on Set 2, 2024

Carmine Colonese, soldato borbonico fedele alla Patria e al suo Re di Giuseppe Gangemi

Il generale Federico Torre, quando parla dei 57.968 prigionieri di guerra duosiciliani arrivati nelle caserme sabaude, usa l’espressione “con molto vigore furono costretti” e il termine “aggregazione” che io distinguo da quello di “incorporazione”.

Questa distinzione mi è utile perché i documenti da me consultati mostrano l’esistenza, tra i 57.968, di due diverse categorie: gli “incorporati” che hanno accettato di servire nell’esercito e hanno persino combattuto i resistenti meridionali; gli “aggregati” che, rifiutandosi di prestare giuramento a Vittorio Emanuele II, “con molto vigore”, sono stati trattenuti nelle caserme.

Nel 41° Reggimento, i cui Ruoli Matricolari sono stati assunti come campione rappresentativo dei 100 reggimenti dell’esercito sabaudo, sono stati riscontrati 464 “incorporati” e i restanti 116 risultano solo “aggregati”. Per 78 di questi 116, dopo aver scritto nome, cognome del soldato e dei genitori, nei registri ho trovato apposta la dicitura “erronea figliazione”. Dopo di che, tutti i 78 sono spariti dai Ruoli Matricolari dei reggimenti. Ho ipotizzato che questo gruppo sia costituito da soldati che, appena assegnati al 41°, siano stati incautamente registrati nei Ruoli Matricolari e, poi, cancellati quando si sono rifiutati di giurare fedeltà a Vittorio Emanuele II.

Altri 59 soldati meridionali del 41° sono stati registrati con ritardo di mesi (nei Cacciatori Franchi i mesi diventano anni) dalla loro “aggregazione”. Ho interpretato questo gruppo come soldati “con molto vigore costretti” a passare da semplici “aggregati” a “incorporati”.

Nel mio volume, In punta di baionetta, non ho voluto spingermi oltre queste ipotesi, anche se avevo individuato, tra questi 59, un gruppo di 32 “incorporati” molto sospetti. Sospetti per tre motivi: 1) tutti hanno disertato; 2) per ciascuno di loro, si è scritto nei ruoli solo la dicitura “avuto al corpo il …” (avuto sta per assegnato). Per essere completa l’incorporazione, avrebbe dovuto essere apposta una seconda dicitura “giunto al corpo il …” (giunto sta per fisicamente arrivato a prendere servizio); 3) risultano registrati nei reggimenti tra giorno 2 dicembre 1861 e il 29 gennaio 1862, quasi in coincidenza con i termini (dall’8 ottobre 1861 al 24 gennaio 1862) in cui sono stati raccolti i dati per la relazione del generale Torre. La mia ipotesi era ed è che questi 32 del 41°, inizialmente non iscritti nei Ruoli Matricolari, perché non avevano prestato giuramento, siano stati iscritti, loro malgrado o dopo fortissime pressioni aggiuntive che li hanno portati a cedere, per aumentare la cifra degli “incorporati” che il generale Torre doveva esibire.

La biografia di un ex soldato duosiciliano, Carmine Colonese, aiuta a illustrare meglio il problema. Carmine che non fa parte dei 32 di cui sopra, ma si trova, nei Cacciatori Franchi, il corpo al quale è stato assegnato per punizione, tra i “non giunti”. La sua biografia aiuta a capire perché è particolarmente significativa.

Carmine, del distretto militare di Salerno, non ha mai avuto la vocazione del soldato e, per quella che probabilmente ha considerato una fortuna, non è stato estratto a sorte per fare il soldato nell’esercito delle Due Sicilie. Ha vissuto, tranquillo, la propria vita da civile, finché non ha appreso che una banda di briganti, comandati da Giuseppe Garibaldi, ha invaso la Sicilia.

Inizialmente, non ha pensato che la Patria fosse in pericolo. Si diceva che fossero solo 1.000 e si è convinto che questi invasori avrebbero fatto la fine dei volontari e dei forzati delle prigioni di Ponza liberati da Carlo Pisacane e sbarcati, appena tre anni prima, vicino casa sua.

Ben presto si deve ricredere: quei briganti, conquistata la Sicilia, il 19 agosto 1860, sbarcano in Calabria e risalgono lungo la penisola. A Soveria Mannelli, un esercito borbonico di 10.000 uomini, comandato dal generale Giuseppe Ghio, abbassa le armi e si arrende. I primi 1.000 briganti si sono rivelati essere diventati 22.000, per i continui sbarchi nell’isola di soldati, finti disertori, del Regno di Sardegna.

Carmine sente impellente il bisogno di fare qualcosa: si arruola volontario nel patrio esercito, viene rapidamente addestrato e il 4 ottobre 1860 arriva sul Volturno a combattere. Partecipa solo a piccole scaramucce e viene fatto prigioniero.

La sua decisione di arruolarsi, molti hanno preso le armi contro gli invasori senza farsi soldati, gli fa evitare di essere passato per le armi al momento della cattura come disposto dal generale in capo Manfredo Fanti e come confermato da Enrico Cialdini in un dispaccio: “Pubblica il fatto che sparo a tutti i contadini che trovo in armi e che do quartiere solo alle truppe”.

Mandato in un campo di raccolta di prigionieri, Carmine apprende che, avendo accettato un contratto di leva con il Regno delle Due Sicilie, per legge del Regno di Sardegna, è obbligato a servire nei ranghi del regio esercito sabaudo.

Carmine trova sommamente ingiusto che, dopo essersi arruolato per combattere l’esercito invasore, egli debba servire nei ranghi di questo. Chiede di tornare civile, come era prima dell’invasione garibaldina. Non viene ascoltato. La leva nell’esercito invasore gli diventa insopportabile. Il 19 gennaio 1861 diserta. La sua latitanza dura quasi due anni.

Le notizie su di lui ricavabili dai Ruoli Matricolari riferiscono che è stato “avuto nel corpo dei Cacciatori Franchi”, il 21 dicembre 1862. L’invio è motivato con la “cattiva condotta”. La trascrizione di “avuto nel corpo” non è stata apposta a dicembre perché viene inserita in mezzo ai nominativi di soldati aggregati ai Cacciatori Franchi tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, cinque mesi dopo la sua cattura. Questo significa che, per almeno cinque mesi, ha rifiutato di giurare fedeltà al re sabaudo.

Forse non si piegherà mai perché non viene apposta la dicitura “giunto nel corpo dei Cacciatori Franchi” e perché non si forniscono notizie su di lui per i tre anni di servizio (il suo congedo è datato 22 maggio del 1865). Nemmeno notizie di ricoveri in ospedale. Eppure, viene congedato per “ernia inguinale destra”. Alla fine, gli viene rifiutata la dichiarazione di aver servito lodevolmente.

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