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Catanzaro e l’arte della seta

Posted by on Gen 2, 2022

Catanzaro e l’arte della seta

Esce per Rubbettino un saggio di Amedeo Toraldo che per la prima volta analizza con metodo scientifico storia, mercato e produzione dei preziosi filati che hanno reso famosa la città

Da oggi in liberia “L’arte della seta a Catanzaro tra il Mezzogiorno e l’Europa nel Sei e Settecento” (Rubbettino) dello studioso catanzarese Amedeo Toraldo, arricchito da un saggio introduttivo del noto storico del Mezzogiorno Guido Pescosolido. Il libro esamina per la prima volta, in maniera scientifica e con la solida base di una ricca documentazione archivistica, la tradizione serica catanzarese, che ha contraddistinto lungo diversi secoli l’identità della città. I punti forti del saggio di Toraldo sono diversi, tra questi è certamente da annoverare l’utilizzo di fonti di natura commerciale e giuridico-istituzionale che gettano nuova luce sulla storia economica del Mezzogiorno; la conferma del ruolo giocato, ancora nella tarda età moderna, dall’arte della seta nell’economia della Penisola; l’influenza che la produzione serica ha avuto nello sviluppo della città e la sua incidenza nel mercato internazionale tra il XVII e XVIII secolo. Quello di Toraldo è il primo volume monografico di livello accademico sull’arte della seta a Catanzaro e tra i pochi interamente dedicato allo studio del settore serico in Calabria.

L’esplorazione delle manifatture seriche catanzaresi “smentisce” in tutto o in parte consolidate conoscenze storiografiche come l’estinguersi delle tessiture della seta nel Mezzogiorno nel ‘600 – tutt’oggi diffusa. Lo studio delle esportazioni dei «drappi di Catanzaro» fuori della Calabria nel secolo XVII ha permesso, per la prima volta, l’elaborazione di dati quantitativi e seriali sulla commercializzazione e produzione delle tessiture catanzaresi. L’analisi economica di Toraldo affianca ai dati quantitativi la ricostruzione della geografia dei mercati, con risultati che portano a concludere che i «drappi di Catanzaro» si affermavano lontano dalla Calabria, sul mercato di Napoli, in primo luogo, e su quelli di Salerno e Aversa, rinomati centri commerciali del tempo, come sui mercati extra regnum tra cui lo Stato della Chiesa e Paesi esteri. Un contributo essenziale proviene da una fonte estremamente interessante, fino a oggi sconosciuta: lo statuto dell’Arte della seta di Catanzaro del 1718 che viene trascritto e pubblicato nelle appendici del volume. Dalla fonte statutaria apprendiamo notizie su lavorazioni del ciclo serico, metodologie e tecnologie utilizzate, composizione del mondo del lavoro, descrizione dei tessuti realizzati.

A proposito di quest’ultimi, il «conto e misura de drappi» rappresenta il potenziale “campionario delle tessiture di Catanzaro che enumera 25 qualità di drappi e 5 tipologie di passamanerie; senza contare che nei tariffari troviamo altri 5 qualità di drappi diverse dalle precedenti. Numeri che, se confrontati con quelli contenuti negli statuti e nei «banni» del 1569, dimostrano l’ampliamento e l’aggiornamento dell’offerta di manufatti avvenuta nell’arco di 150 anni. Il successo delle seterie di Catanzaro è attestato dalla platea di illustri consumatori che la ricerca è riuscita a ricomporre. I «drappi di Catanzaro» furono apprezzati da elementi di spicco della nobiltà napoletana, tra i quali ricordiamo – per citarne solo alcuni – il principe di Cellamare, Nicolò Giudice, il principe della Riccia, Bartolomeo Di Capua; da alti ecclesiastici come monsignor Bernardino Rocci, nunzio apostolico del Regno di Napoli, ed infine, da una lunga schiera di prestigiosi togati che va dai reggenti del Collaterale Diego Bernardo De Zufia, Benedetto Villamil De Trelles, Melchiorre Sebastiano Navarra Y Rocaful ai presidenti della Camera della Sommaria Ottavio de Simone e Pietro Diaz Valero. Altrettanto interessanti sono le notizie che l’autore ricava sul mondo del lavoro, dal quale emergono, nominalmente, maestri filatori, tintori e tessitori ma anche la folla anonima di lavoratori della seta come «patellari» e «coglitori». Un universo in cui è rilevante la presenza delle donne impegnate non solo nei lavori poco qualificati ma anche nella realizzazione dei filati per cucire e nella tessitura di passamanerie che dimostrano, ulteriormente, il radicamento di una specifica cultura del lavoro che ha contraddistinto anche gli aspetti sociali della città.

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1 Comment

  1. Qualche anno fa lessi di una pubblicazione a cura dell’Universita’ calabrese sull’argomento, e l’acquistai per l’interesse anche personale di collocare l’origine di una bellissima cosa che avevo in casa di provenienza dalla Calabria… Scoprii allora un’infinita’di notizie, compresa la collocazione in ambito scambistico/ bancario della seta… era un’accurata pubblicazione di studi in merito di un’Universita’ calabrese… la regalai poi ad un mio conoscente discendente di una famiglia locale proprietaria di un edificio che oggi è diventato “museo del baco”… in visita da lui guidata scoprivo un mondo di attivita’ legate al seme da portare da un anno all’altro, quando in primavera i gelsi mettono le foglie che sono il nutrimento del baco… Oggi sono quasi spariti dalla nostra zona perche’ se un tempo servivano a sorreggere le viti, nella diffusa viticoltura odierna si usano paletti di cemento al loro posto…ma mi e’ stato detto, alla mia desolata obiezione, che e’stata trovata la soluzione del problema perche’ il gelso l’hanno fatto diventare cespuglio!.. Chissa’ se in Calabria c’e’ la stessa situazione…e’ la patria in fondo del “moro”, cioe’del gelso che si era diffuso intorno al Mediterraneo proveniente dall’est…
    La seta e’ non solo un’eccellenza… e’ anche una bella storia di produzione naturale, e’ forse oggi ancor piu’ preziosa e rara… e la si importa quasi tutta! E’ un peccato perche’ il baco e la seta sono stati da noi delle eccellenze nell’uso e nell’economia diffusa, e lo sono tuttora!… hanno una lunga storia, ma la prima filanda industriale di San Leucio, opera dei lungimiranti Borbone, merita assolutamente una visita!…
    Se possibile, vorrei avere indicazioni per acquistare il libro che ha dato l’occasione dell’articolo che ci avete proposto. Grazie. caterina ossi

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