L’idea di questo Premio nasce dalla volontà di mettere in
risalto le eccellenze di un territorio, quello casertano-campano in
particolare, ma “meridionale” in generale, che troppo spesso non godono della
visibilità, mediatica e non solo, che invece toccherebbe alle stesse se
facessero parte dell’altra metà del territorio italiano.
Il Premio è stato imitato, sin da subito, da altri gruppi,
associazioni e organizzazioni, a testimonianza del valore e della validità dell’idea
che ne ha ispirato l’istituzione e la realizzazione.
Esso è intitolato alla Terra
Laboris, l’antica Terra di Lavoro: ubertoso territorio a nord di Napoli,
ricco di opifici e attività culturali fino al 1860 circa.
Questa precisazione … “fino
al 1860 circa”, spiega la ragione del perché, ad averlo ideato, sia stata
una Associazione che opera per la riscoperta della storia del nostro
“meridione”, di quella storia, cioè, che non fa parte dei programmi curriculari
delle scuole italiane, storia il cui oblio ha contribuito a far sì che il
Territorio ricco e fiorente1 cui si accennava prima (quello del Regno delle Due Sicilie, cioè) sia diventano
poco più che una connotazione geografica: Meridione, appunto.
Troppo lungo sarebbe spiegare, qui, le ragioni e le vie di una
tale “trasformazione” non voluta, non scelta da chi la subì.
Per questa ragione, volendo dare comunque un primo incipit a chi fosse digiuno di ogni dato
in merito, ispirandoci alle parole, che i fatti successivi dimostreranno essere
profetiche, dello storico inglese Patrick K. O’ Clery (1849-1913)…La rivoluzione – come all’epoca venivano
chiamati i fatti “unitari” che interessarono anche il regno dei Borbone – la giudicheremo non dalle parole di coloro
che l’hanno avversata, ma da quelle di coloro che l’hanno voluta, sostenuta ed
aiutata2, riportiamo, fra i numerosissimi esempi possibili, la
cosiddetta “mozione d’inchiesta” presentata, appena otto mesi dopo l’inizio
dell’ottava legislatura, da Marzio
Francesco Proto Carafa Pallavicino, duca di Maddaloni, deputato del Parlamento
italiano.
Egli, napolitano critico nei confronti dei Borbone quando
questi regnavano, divenne accusatore aspro e sarcastico del nuovo corso (anche da lui auspicato) che
i fatti messi in campo dai “nuovi regnatori” (soltanto per accennare
ad un altro, fra i tanti sostenitori pentiti della Rivoluzione: Giacinto de’ Sivo) rivelarono essere ben altro rispetto a quello che le
élite pensavano e si attendevano da esso.
Particolare interesse, per chi avesse fretta, rivestono le
parole che possono leggersi alle pagine 17 (il vero programma unitario: “Napoli starà peggio, ma noi staremo meglio”)
e 10 (le sue prime, strumentali realizzazioni…Tutto si fa venir dal Piemonte…etc.) della versione on line reperibile
qui … https://www.eleaml.org/rtfsud/napoli/Onorevoli_Signori_Proto_Maddaloni.pdf
Tutto il resto, per chi ne ha voglia, viene di seguito.
Fiorentino Bevilacqua
24.05.2019
E’ superfluo precisare…pur con le sue criticità, perché non siamo manichei come lo sono i
detrattori del “meridione” quando descrivono noi e se stessi.
Patrick Keyes O’Clery, La rivoluzione italiana, Ares editore. (O’Clery, avvocato, storico,
fu anche deputato alla Camera dei Comuni).
L’associazione “Sud e
civiltà” ha organizzato e tenuto a Sanza <<un convegno storico per riabilitare la comunità locale, bollata
d’infamia da 158 anni per aver difeso coraggiosamente il regno nel 1857>>,
quando si oppose al tentativo di Carlo Pisacane, come si legge nella pagina
facebook dell’Associazione.
Il convegno non ha avuto
un corso facile pur essendo, i relatori, persone e professionisti stimati,
preparati e notoriamente equilibrati nei loro interventi, sobri ma non privi di
verità dirompenti.
<<Durante
il convegno – si legge nella pagina dell’Associazione Sud e Civiltà – del quale la popolazione era stata tenuta
accuratamente all’oscuro, il Sindaco, alzatosi improvvisamente (in seguito farà
sapere di essere stato “offeso” dal modo in cui si stava descrivendo la figura
di Mazzini), anziché esprimere un motivato dissenso, si è allontanato senza
nemmeno salutare. Il vicesindaco, rimasto in sala ove parlava spesso ad alta
voce creando disturbo ai relatori, ha platealmente rifiutato la targa dedicata
alla città di Sanza >>.
Sulla stessa pagina
leggiamo di un attacco mediatico, portato dal <<quotidiano La città di Salerno>> e di un intervento invocante
processi per <<vilipendio del
risorgimento>> e doglianze perché <<la versione “ufficiale” del cosiddetto risorgimento non sia tutelata da
un apposito reato per chi osi contestarla >>.
Ricordiamo un altro
Sindaco, in un convegno organizzato nel Basso Lazio, questa volta dalla nostra
Associazione Identitaria Alta Terra di Lavoro: egli dissentiva e, terminati gli
interventi dei relatori, esprimeva civilmente
il suo punto di vista con argomentazioni sulle quali si apriva un confronto.
A Sanza no: purtroppo non
è andata così.
Letto il resoconto del
convegno di Sanza, a me è venuta spontanea la risposta che, di getto, seduta
stante, ho postato in coda agli altri commenti, risposta che riporto qui di
seguito.
Ciò facendo, non volendo,
ho bruciato i tempi della nostra Associazione che si preparava ad una risposta
ufficiale di sostegno a Sud e Civiltà e al suo Presidente, il magistrato
Edoardo Vitale.
Quel mio commento, letto e
condiviso dal Presidente Saltarelli, dallo storico Fernando Riccardi e dagli
altri membri del direttivo, finisce per diventare la risposta dell’intera
Associazione Alta Terra di Lavoro.
Ecco il commento.
“Vilipendio
del risorgimento” (sarò accusabile, incriminabile pure io che l’ho scritto
con l’iniziale minuscola!?). L’ultima difesa di ciò che non è più difendibile è
proprio il divieto, stabilito per legge, di mettere in discussione ciò che
viene criticato e che, perciò, diventa una “verità” per legge
stabilita. Mala tempora currunt, verrebbe da dire…Sì, ma per chi!?
In
questo modo si spera di poter creare una sorta di angolino, una
“bolla” nella quale si vuole confinare chi dissente, con la speranza
di isolarlo e ridurre gli effetti del “contagio” verso chi è ancora
…”sano” ma non “immune” dall’accettazione critica di una
verità non imposta, non assoluta, variegata (e, appunto per questo, più vera),
al posto della “verità” monocorde, strumentale (si può dire o si
rischia qualcosa?) agli interessi di chi la propina (qui finisce male…). Una
verità diversa (ahi!), rispettosa di un popolo, questo sì, VILIPESO da anni di
disinformazione che ha generato altre menzogne e un’idea, un’immagine di esso
che già da sola crea un danno che va ad aggiungersi al danno generato, ab
initio, dal cosiddetto risorgimento (diabolicum perseverare!).
Ecco:
sarebbe da ISTITUIRE ANCHE IL REATO DI VILIPENDIO DI UN POPOLO.
Ci
hanno pensato i rappresentanti del popolo? Sì, quelli lì…
Solidarietà,
affetto e stima a Vitale e a chi si macchia di questo tipo di …
“eresia”.
Fiorentino Bevilacqua – Associazione Identitaria Alta Terra di Lavoro
P.S. Richard Feynman,
premio Nobel per la fisica, diceva: “Spero
proprio che non tutti la pensino come me: se scoprissi che non è così cambierei
idea io, perché è da questa varietà di punti di vista che scaturisce il
progresso”.
Il termine negazionismo nasce per
gettare discredito su coloro che negano l’olocausto.
Usare lo stesso termine per etichettare chi ha una diversa visione
in ambito scientifico costituisce, di per sé, comportamento antiscientifico,
pertanto indegno di chi fa ricerca: quando uno scienziato dà di negazionista ad
un collega per screditarlo, in realtà il discredito lo getta su se stesso.
Ascoltiamo in proposito
l’opinione del nostro affezionato lettore Fiorentino.
L’idea iniziale era quella di commentare questo articolo, che
condividevo e condivido ancora, https://cattiviscienziati.com/2019/05/02/glifosate-e-bugie/,
come esempio di quanto sia difficile combattere alla pari contro le verità
imposte quasi come atti di fede, quando la si “pensa” in modo diverso perché
esistono dati che possono generare dubbi sulla verità “ufficiale”, quella che
va (e, pare, DEBBA
andare) per la maggiore, dati che vengono sistematicamente e volontariamente
ignorati (ogni riferimento alle critiche, che costantemente si levano dalle
pagine di questo blog, nei confronti della questione “riscaldamento globale /
cambiamento climatico” NON è puramente casuale).
Mi sembra, però, che l’autore, che conosco, rispetto e stimo, vuoi
per la “fretta” e la brevità imposta dal social (facebook) sul quale riporta
l’articolo, vuoi per l’aspetto informale dell’introduzione stessa, cada quasi
vittima dello stesso errore che sta combattendo.
Nel virgolettato le sue parole, quelle che hanno generato in me
stupore, amarezza e le riflessioni che, di seguito ad esse, riporto. Negli
ultimi giorni, in pratica, per ben due volte ho scoperto di essere… un negazionista,
mentre pensavo (e penso!) di essere soltanto uno che vuole ragionare, anche se
in dissonanza a certi criteri che vanno per la maggiore.
<< SIETE PROPRIO SICURI?
Grande enfasi viene data in questi giorni ad un articolo su Scientific Reports
che dimostrerebbe nei ratti i danni alla salute delle generazioni future
causati dal glifosate. Sicuri che le cose stiano proprio così? PS:
l’autore principale ha ricevuto per questo progetto soldi da una fondazione di
stampo religioso abbastanza nota per finanziare molti programmi antiscientifici, inclusi alcuni sul negazionismo climatico e nel campo delle
cellule staminali.>>
Capisco che una “fondazione privata di stampo
religioso” (o di qualsiasi altro stampo) possa finanziare i programmi che
vuole (lo fa pure lo Stato), compresi quelli antiscientifici ma, dire
“inclusi quelli sul negazionismo climatico” vuol dire che, anche per
l’autore dell’articolo:
1) esiste un negazionismo climatico;
cioè qualcosa, un movimento, che nega senza ragioni, a testa bassa e ad occhi chiusi
quello che, così, viene automaticamente eretto, con questo modo di presentarlo,
a verità ormai acclarata e inconfutabile; il campo dei contrari, viceversa,
presentato come negazionismo climatico, perde ogni
carattere che lo renda degno di considerazione e assume quasi i connotati
di un complottismo climatico di segno opposto
a quello a cui i cosiddetti negazionisti climatici ascrivono i sostenitori del
GW; paradossale! Ci scambiamo, apertamente o larvatamente, accuse dello stesso
tipo.
2) messa così la cosa, chi legge può credere che tutto ciò che non
è d’accordo, critica, contesta, argomenta etc avverso la tesi del GW, prima,
dei Cambiamenti climatici, poi, appartenga ad un “ismo” climatico
che, come altri “ismi”, ha, tout court, una connotazione tanto
negativa che può (o, forse, deve) essere rigettato
senza neanche entrare nel merito delle ragioni (per giuste o sbagliate che
siano) che lo generano e sostengono: rigettarlo diventa quasi un dovere morale.
Così succintamente presentato, ci si farebbe l’idea che esistanosolo
due campi: quello del GW/Cambiamento climatico (implicitamente
l’unico vero, autenticamente scientifico) e quello di chi lo critica, ne
critica certi contenuti … da negazionista, cioè senza ragioni sostenibili e
tale da dover essere liquidato (e poi ignorato) con un semplice epiteto: negazionista.
Qui mi viene un po’ di amarezza.
Logicamente non ci posso stare: possibile che tutti i climatologi,
tutti quelli “contrari” siano non degli scienziati, delle persone
che, magari, sbagliano (ma possono anche avere ragione), ma nient’altro che
negazionisti che, chissà per quale ragione (complottismo!?), conoscono la
verità del GW e la negano!?
Possibile che tutte le pecche stiano nel campo di chi non è
d’accordo?
Mi vengono le traveggole, e non scherzo perché ricordo le tesi di
un Prof di climatologia in una trasmissione dei primi anni del duemila. Diceva
(cito a memoria)…
La CO2 è solo il 2% di tutti i gas e vapori ad effetto serra
presenti in atmosfera; la CO2 di origine antropica rappresenta solo il 2% di
questo 2%. Ergo, su 10.000 molecole ad effetto serra presenti in un dato volume
di aria (a una certa T e P) solo 4 sono di origine antropica. E poneva la
domanda retorica: possono, quelle 4 molecole, avere l’effetto sul clima che si
addebita loro? Aggiungeva anche che alcuni degli altri gas/vapori ad effetto
serra (alcuni molto più efficaci della CO2 nel trattenere il
“calore”) variavano la loro concentrazione anche di 6 volte.
Fu questo intervento a rappresentare la goccia che fece traboccare
il vaso: anche io ero convinto che i cambiamenti del clima, stabile fino a
questo periodo (altra convinzione che avevo), fossero stati innescati
dall’intervento dell’uomo (la famosa mazza da hockey https://www.attivitasolare.com/climatologo-allarmista-falsificato-dati-sancisce-tribunale/
link che dà anche un’idea di dove può arrivare una controversia scientifica).
Precedentemente avevo letto (su Le stelle) articoli che
parlavano di modificazioni climatiche del passato; avevo letto (Felice Vinci, Omero
nel Baltico, IV edizione, Roma, 2003, Palombi editore) di tutte le
peripezie climatiche che avevano preceduto e seguito la discesa dei popoli
nordici nell’area del Mediterraneo etc etc. Sapevo, dal corso di Biologia
marina, del rapporto Ghiacci della Groenlandia – Correnti profonde – Corrente
del Golfo – Clima Europa occidentale (il che già mi portava a dubitare della
“globalità” del riscaldamento). Quindi fu facile, per me, cambiare
idea e cominciare a dubitare del GW/Cambiamento climatico
affermato e sostenuto dall’IPCC sulla limpidezza del cui operato, oltretutto,
cominciavano a comparire e ad addensarsi nubi e sospetti (come spiegato QUI).
Leggere, oggi, che devo mettermi, visto che dubito, nella casella
dei negazionisti (assieme a quel professore e tanti altri), mi sembra
eccessivo: è tutto sbagliato? E’ corretto tutto e solo ciò che supporta la tesi
del GW? Quello non era un professore di climatologia ma, forse, era un
millantatore?
E’ ovvio che la risposta sarà no. Però messa così, la questione
del “negazionismo”, rattrista ed esacerba un po’ gli animi…
Io non sono mai stato manicheo.
In un mio post di risposta ad un amico ho scritto: quelli
dell’IPCC facessero “ammenda” di certi errori, di certe
superficialità, di certe manchevolezze, poi se ne riparla.
Insomma: si azzeri tutto, si torni alla scienza vera. Ma si
sgombri anche il campo da posizioni di tipo messianico: anche se fatte, tenute
e sostenute in nome della Scienza, dell’interesse generale, così come vengono
presentate irritano e non predispongono al dialogo, quanto meno al dialogo
costruttivo.
Se è lecito dubitare della generosità disinteressata con cui
quella Associazione di stampo religioso eroga i suoi fondi, è altrettanto
lecito dubitare delle finalità con cui vengono erogati i fondi statali (o parte
di essi) a chi, invece, fa ricerche che vanno nella direzione che sostiene il
GW.
Pure quelli che governano uno Stato non sono dei santi e, anzi,
sono espressione di gruppi che hanno vari interessi, legittimi ma pur sempre
diversi e contrastanti con quelli di altri…
E’ di questi giorni, per esempio, la polemica, che tiene banco sui
media, circa il coinvolgimento di un politico (probabilmente inconsapevole) in
un rapporto, da altri mediato, con qualcuno che aveva forti interessi
nell’eolico.
Oltretutto, se uno nega legittimità alle idee di un altro,
quest’ultimo si irrigidisce nella sua posizione, fa quadrato e, anche se
inizialmente ben disposto al confronto (scientifico in questo caso), di fronte
alla pervicacia con cui il primo glissa sui suoi errori, nega le
superficialità, le strumentalizzazioni della sua parte, si chiude a guscio, si
ghettizza (ma, in questo caso, ce lo avevano già messo gli altri nel ghetto
dell’”ismo”) e diventa quasi settario (ma, si sa, una setta vale l’altra).
Questo a tutto danno del dialogo e del confronto vero.
Non sono stato mai manicheo.
Ma mi sembra che, in questo caso, si stia creando una suddivisione
di questo tipo.
Non mi piace.
Non capisco.
… e provo amarezza, un’emozione, uno stato d’animo non gradevole
che, certo, non ambisco avere con me: ergo, mi chiudo al confronto
(“soluzione” pessima, ma efficace, della dissonanza cognitiva che mi
hanno creato) e tratto gli altri come gli altri trattano me.
Anche senza il ricorso a ismi…
Ma la dissonanza cognitiva ce l’hanno pure coloro che, nella
massa, cresciuti a suon di <<CO2 che è aumentata, aumenta e aumenterà
causando aumento di T atmosferica etc>>, di fronte a chi afferma il
contrario, vanno in crisi. E’ di questi giorni un post che circola su facebook,
un post “Sponsorizzato
– finanziato da Greenpeace Italia” su “Emergenza clima”,
secondo il quale “ci restano 11 anni – ci risiamo, direbbe
qualcuno – per difendere il clima e il nostro futuro”
(dei fantomatici punti di non ritorno abbiamo parlato varie volte, per esempio QUI e QUI).
Ovviamente non parlo dell’autore dell’articolo da cui questa mia
riflessione ha preso spunto, che argomenta certo in modo scientifico, ma delle
posizioni di forza di chi mi ha detto prima che il riscaldamento era globale e
dovuto solo
alla CO2 (qui un interessante, pacato, intervento sui rapporti veri tra CO2 e
temperatura https://www.youtube.com/watch?v=eEMk6iOvpsE&t=1280s
), poi ha cambiato affermando che si trattava di cambiamento climatico dovuto
alla CO2, che si è accorto, qualcuno potrebbe pensare …al momento giusto, che
in precedenza ha misurato le temperature del mare peggio di come avrebbe fatto
la badante di mia nonna cioè portando l’acqua al termometro, dentro un secchio,
spesso dalle parti della sala macchine, e non il termometro all’acqua e, sui
valori così ottenuti sono state fatte previsioni mai avveratesi e mai
ritrattate (http://www.ambienteservizi.net/news/le-vere-temperature-del-pianeta
) e non ha battuto ciglio continuando a pontificare come se nulla fosse
stato… che non ha saputo prevedere né il passato né il futuro (come per
esempio il global
warming hiatushttp://www.climatemonitor.it/?p=37462),
che ha fatto qualche articolo che ha dovuto poi ritrattare etc etc.
Ci sarebbero sempre articoli sui due fronti opposti: fa parte, me
ne insegnate, della vitalità della Scienza; se Halton Arp
fosse ancora vivo, cercherebbe ancora di dimostrare che si crea materia non
virtuale nel nucleo delle galassie… e ci sta.
Ma non ci sta un approccio manicheo di tipo sacro/profano con il
profano (supposto tale, in questo caso) da esecrare o da guardare dall’alto in
basso.
In queste condizioni non ci può essere confronto (che deve essere
pacato sì, ma senza anatemi e demonizzazioni varie quando si è lontani dal “tavolo
tecnico”), ma si aprono ampi spazi alle tesi di chi sostiene che
esiste anche una pornoecologia, che si fa strumento di
un “neocolonialismo
ecologista dell’Occidente che pretende di
esportare modelli assoluti, decontestualizzati, di protezione ambientale, che
pretende di insegnare alle popolazioni native del ‘Terzo Mondo’ come fare la
loro rivoluzione ecologica” (https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=18626
) ovviamente… vendendogli i mezzi per farla e fornendogli i finanziamenti per
acquistarli.
Si potrebbe concludere, per quanto riguarda questo aspetto della
vicenda GW
sì/cambiamenti climatici e clima ancora da studiare, che le vie
della seta sono infinite e, certe volte, sembrano passare anche
dalle parti dei cambiamenti climatici.
Vittorio Feltri ha
espresso un giudizio negativo sulla capacità di vestirsi dei Foggiani (quindi
un ennesimo giudizio negativo sui meridionali)
attraverso un commento circa il modo di vestire del foggiano, primo ministro,
Conte.
Che dire?
Sono possibili moltissimi
tipi di reazione, quasi tutti, comunque, nel segno dell’indignazione.
Tra essi, possono ben
inserirsi i due che mi vengono dentro:
Non
ce ne impipa assolutamente nulla di quello che pensa Feltri;
Ci
“piace” (si fa per dire) questa critica di Feltri, per gli
effetti positivi che essa ha avuto: ha risvegliato, infatti, animi e coscienze
che parevano irrimediabilmente sopiti e persi alla causa del rinascere del meridione.
Dunque, grazie Vittorio!
Andando un po’ oltre il
fatto contingente, credo che la prima reazione, se vogliamo, abbia un carattere
più generale e … futuribile: è auspicabile che sia sempre di questo tipo la
nostra reazione in futuro. Fin quando, infatti, porremo l’attenzione su quello
che loro pensano di noi, ci porremo, ci sentiremo, saremo in
una condizione di inferiorità, almeno psicologica (forse, la peggiore fra
tutte) nei loro confronti.
Sapere cosa pensa di noi
il vicino di casa, è importante perché serve per gestire il rapporto; ma non
deve diventare il punto di riferimento a cui adeguare il proprio agire, una
sorta di super-io che detta e regola il nostro comportamento: significherebbe
mettere noi stessi nelle mani del confinante.
I nostri problemi di meridionali (quelli, diciamo, nostri-nostri – ma come sarebbe stato il
presente se non ci fossero state le azioni “unificatrici” del 1860 e la politica che ne è stata la continuazione
dopo esserne stata l’ispiratrice!? – e quelli indotti, ancora oggi, da loro) li dobbiamo avere ben chiari e
dobbiamo fare di tutto per risolverli.
Quando questo sarà
avvenuto e, di noi, avremo una coscienza come quella che avevano i nostri avi
di loro stessi … oltre 150 anni fa,
allora quello che potranno pensare personaggi come Vittorio, lo guarderemo con
distacco, forse con sufficienza perché confronteremo ciò quei messaggi
contengono, rappresentano, sono, con la realtà, positiva, che vivremo, sentiremo
nostra … sentiremo di essere.
Ma, per arrivare a questo,
dovremo aver eliminato i problemi di cui sopra, dovremo aver cessato di essere
“meridionali”.
In un certo senso, Feltri
(e quelli come lui), con le sue uscite, oggi
(cinquanta anni fa sarebbe stato diverso), ci aiuta ad andare in questa
direzione.
Dallo studio dei documenti riguardanti le vicende del Risorgimento, alcuni
storici ed appassionati sono giunti a conclusioni ben diverse da quelle a cui
erano giunti altri storici. Le conclusioni di questi ultimi hanno costituito, ed
ancora costituiscono, la base sia della formazione scolastica in materia, sia della
divulgazione mediatica. I primi vengono
detti “revisionisti”, perché è come se avessero operato una revisione dei fatti
di quel periodo.
La revisione ha consentito
di giungere a conclusioni nuove, anche
opposte rispetto a quanto finora dato per consolidato, sia sugli scopi di
coloro che operarono attivamente per ottenere l’unificazione, sia sui metodi e
i mezzi da essi usati.
Il primo risultato di
questa rilettura degli eventi risorgimentali è il dubbio: chi viene a
conoscenza dei resoconti e dei documenti dai revisionisti portati alla luce (e
che mai, prima, avevano trovato spazio nei libri di testo e sui mezzi di divulgazione)
mette in dubbio quanto finora aveva dato per certo.
Nasce qui una dicotomia: c’è
chi, accettando il dubbio, rigetta le vecchie conclusioni e chi, rigettando il
dubbio, si abbarbica alle conclusioni “consolidate” da anni di insegnamento
scolastico e mediatico.
Uno dei modi, dei
meccanismi per rigettare il dubbio fatto nascere dai revisionisti sulle conclusioni
consolidate, è quello di … mettere in dubbio, in qualsiasi modo, le conclusioni
nuove, quelle frutto di revisione.
Non voglio entrare nel
merito delle controversie sorte fra storici revisionisti e storici che operano
nel solco della “tradizione” interpretativa.
Tutti ci accorgiamo, però,
che i secondi, i non revisionisti, mettono sempre pubblicamente in discussione le conclusioni revisioniste; mai che
accettassero, almeno come spunto, come punto di partenza, i documenti nuovi dai revisionisti portati
e rivolgessero, partendo da questi, i loro studi sugli attori attivi del periodo risorgimentale, su quelli, cioè, che
vollero ed operarono affinché l’unificazione divenisse un fatto.
Ma, forse, come vedremo,
non ne hanno bisogno. C’è bisogno, però, di altro.
Alcuni anni fa, parlando con
un Professore di Storia di un’Università del Lazio, dissi della manipolazione
del voto del Plebiscito del 21 ottobre 1860; feci riferimento a Caserta dove, 51 ufficiali, neanche tutti presenti,
“diedero” … 167 voti (e visto che, oltretutto, si trattava dello stato
maggiore di una divisione delle truppe occupanti, come narra il garibaldese Rustow1,
essi non avevano nessun diritto di partecipare al voto plebiscitario, ma votarono
lo stesso – come accadde ovunque nel Regno – perché pochissimi fra i pochi che
questo diritto lo avevano, andavano ad esercitarlo; ovviamente, quei 167 voti
non potevano essere che dei Sì
all’annessione al Regno di Sardegna del Regno delle Due Sicilie che, così,
cessava di esistere).
Il Professore non si
mostrò stupito; rispose, infatti, rilanciando: in altre città campane (ne citò
qualcuna) vi erano state discrepanze
simili: i Sì all’unificazione
col Piemonte, erano, pure in esse, superiori al numero degli aventi diritto al
voto. La cosa, come sappiamo, si ripeté negli altri plebisciti che seguirono, su,
per la Penisola!2
Non chiesi se, di questo,
faceva menzione nelle sue lezioni qualora gliene fosse stata data l’opportunità
didattica.
In un’altra occasione parlavo con un altro docente, questa volta
dell’Università di Salerno.
Mi disse che loro, i professionisti del settore, le
cose che gli storici revisionisti
divulgano in convegni, libri e riviste, le conoscevano benissimo e, nei
loro incontri ristretti, quando si incontravano tra loro, ne parlavano pure!
Di fatto, però, molti di loro, se non tutti, messi di
fronte alla diffusione di queste verità a loro note (come dicono) ma su cui tacciono
nella loro attività professionale (ufficiale, pubblica), le criticano o,
tutt’al più, le ignorano glissando elegantemente su di esse.
E’ come se i fisici, pur
sapendo che la forza gravitazionale che si esercita tra due masse dipende, tra l’altro,
dalle masse stesse, pubblicamente dicessero il contrario!!!
Non sarebbe male, quindi,
se questi professionisti, questi Professori, ortodossi pubblicamente, revisionisti in privato o in ristretti conciliaboli fra
addetti ai lavori, avessero lo spessore caratteriale di dire a
lezione, nei libri che scrivono, sulle
riviste con le quali collaborano etc., quello che veramente sanno essere la verità completa.
E’ una situazione
immutabile? Penso di no.
Grazie ai revisionisti, e
a quanti contribuiscono alla diffusione delle conclusioni da essi raggiunte,
aumenterà sempre di più il numero di quelli che conoscono le conclusioni oggi
definibili “eretiche”, non canoniche, sbagliate, inaccettabili perché destabilizzanti
un certo sistema.
Più queste nuove conclusioni,
più complete e, perciò, più vere, si diffonderanno, più sarà facile
propugnarle, affermarle, difenderle, ricercarle…da parte di chiunque.
Sarà una sostituzione
graduale, un viraggio lento da una forma incompleta, mistificata, falsa (… è funzione del grado di incompiutezza) ad
una più vera.
Avverrà, ma il lavoro duro, però, lo avranno fatto altri…
Fiorentino Bevilacqua
27.03.19
Carlo
Alianello, La conquista del sud, 1972
“Consultando gli archivi di piccoli comuni,
dalla Sicilia alla Toscana, ho scoperto cose curiose sui plebisciti per
l’annessione all’Italia. In alcuni luoghi la percentuale dei “SÌ” era del 120 %”. (Denis Mack Smith,
articolo su “La Stampa”)
Anni fa, in un dibattito
televisivo, si fronteggiarono, per così dire, due climatologi. Un
“vecchio” Prof. universitario e un giovane professorino, sempre
universitario, che aveva militato, mi sembra, in una associazione
ambientalista.
Il più giovane sosteneva
che la responsabilità dell’aumento della temperatura atmosferica, fosse solo e
soltanto dell’aumento della CO2 (anidride carbonica) e dell’effetto serra che
la sua presenza causa. Se aumenta la CO2, aumenta l’effetto serra che essa produce;
se aumenta questo, aumenta il calore trattenuto in atmosfera e, quindi, aumenta
la temperatura dell’atmosfera stessa.
Il vecchio Prof, invece,
sosteneva che l’aumento della CO2 non poteva essere il responsabile
dell’aumento di temperatura osservato (e c’erano pure dei dubbi su questi
valori in aumento). Faceva un esempio numerico: la CO2 è solo il 2% di tutti i
gas e vapori atmosferici capaci di trattenere il “calore” riflesso
dalla superficie terrestre che, in loro assenza, verrebbe disperso nello spazio.
Di questo 2% di molecole (CO2), solo il 2% è dovuto alle attività umane. In
numeri: su 10.000 molecole di gas (e vapori) ad effetto serra, solo 200 sono di
anidride carbonica (2% di 10.000); di queste 200 molecole di CO2, solo il 2% è
prodotto dall’uomo o, come si dice, è di origine antropica: 4 molecole (2% di
200). Quindi: su 10.000 molecole ad effetto serra, capaci, cioè, di trattenere
il calore in atmosfera e farne salire la temperatura, solo 4 sono prodotte
dall’uomo.
Possono queste 4 molecole
su 10.0000 fare tanto?
Il prof giovane, a questo
punto, si “sbracciava” chiamando in causa la teoria del caos (il
grande effetto prodotto da una piccola causa; la farfalla che batte le ali qui
causando, involontariamente, un tornado a Melbourne, per intenderci).
…E fu a questo punto che
mi venne voglia di andare via o cambiare canale: se tanto mi dà tanto, tanto mi
deve dare tanto sempre. Quella teoria la devi applicare sempre.
L’altro Prof, quello più
anziano, aveva detto che qualcuno degli altri gas (alcuni dei quali molto più
efficaci della CO2 nel trattenere il “calore” in atmosfera), variava
nel tempo molto più di quanto non variasse la CO2 antropica; inoltre c’era il
dubbio sulla costanza della quantità di energia che arriva dal Sole: se fosse
costante o fosse aumentata.
Questo fatto, i dati
paleoclimatici, storici etc. lasciavano propendere per una situazione ancora
tutta da verificare prima di lanciarsi in guerre sante.
Allora?
Forse, volendo, una certa parte, mettere sotto accusa un
certo sistema di produzione, di vita etc, e volendo, un’altra parte (quella contrapposta), approfittare di questo per
creare una situazione persino migliore, per essa, di quella che si andava
eliminando, si è scelto il mezzo della CO2 che poteva contare:
a) su un esercito di
volontari di belle speranze e grandi ideali
b) su una
“autorevole” (nonostante tutto, nonostante certe mail…) organizzazione
intergovernativa (IPPC), che sfornava previsioni allarmistiche, catastrofiche,
mai avveratesi ma in grado di motivare, alimentare e sostenere timori e aspettative dell’esercito
che, così, avrebbe continuato a marciare nella direzione creduta …”sua”, fermamente e soltantosua.
c) su ricerche sostenute e
carriere costruite solo se indirizzate nel verso giusto e, infine (poteva
mancare?) …
d) sulla gran cassa
dell’informazione mediatica che ha un fiuto eccezionale per annusare la
direzione del vento …
E’ il meccanismo solito di
quando c’è un cambiamento in atto che diventa, a torto o a ragione, epocale:
agli inizi vi sono motivazioni giuste, valide, concrete; poi, si finisce per
buttare nel calderone tutto, anche le scemenze: fanno comodo a chi, in buona
fede, lo vuole, il cambiamento (perché aiutano a raggiungere la massa critica);
sono utili a chi le usa, le “scemenze”, perché danno la possibilità di salire
sul carro che, di lì a poco, sarà dei vincitori… sono utili ai veri pupari (la
massa critica sarà raggiunta prima); ma sfugge (a quelli in buona fede) che,
così facendo, viene minata la credibilità del processo e si aprono le porte agli
opportunisti di turno che, magari, sono gli stessi di sempre; alcuni, forse,
sono proprio gli stessi che patirebbero il cambiamento in atto.