In rete è possibile
trovare brani musicali, anche di musica classica, corredati da video adeguati.
Non sempre però, il video
è attinente in tutto e per tutto al brano musicale che accompagna.
E’ quanto accade ad un
brano di Dmitri Shostakovich che, in rete, ha un titolo che, in inglese, è… The
Second Waltz.
Nella parte iniziale del
video che correda questo splendido brano di Shostakovich, si vede il Principe
di Salina che balla con la figlia di un “galantuomo“, tale Calogero Sedara, impersonata dalla
bellissima Claudia Cardinale.
In realtà, nessuno dei due
c’entra nulla con Shostakovich.
Essi, infatti, nella
trasposizione cinematografica del Gattopardo, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa,
ballavano al suono di un bel walzer di Verdi ma, se ci rifacciamo agli
insegnamenti della Storia non negata, tra una nota e l’altra del gioioso walzer
verdiano, possiamo sentire o immaginare di sentire qualcosa di ben diverso:
note tristi, un che di funebre; una sorta di… futuro, incipiente ed
imminente… lagrimosa di mozartiana
memoria.
Ogni cosa può essere letta
da due punti di vista purché uno dei due sia quello da cui si guarda con gli
occhi della ragione.
Io guardo da… sud
per cui, “stonate”, oltre alla gioiosità delle note che accompagnano quel
gattopardesco evento mondano, mi appaiono, per il loro colore, anche le fasce che
si vedono al petto di Ufficiali in secondo piano rispetto al Principe che
piroetta con la bella Angelica …
“Il sonno, il lungo sonno” che Tomasi di Lampedusa mette sulla bocca
di Don Fabrizio, non è certo quello che durerebbe, a dire di questi, da duemila
anni; è più breve, più recente, ma oltremodo dannoso, ugualmente da … “requiem”.
Vae victis…
Dovrebbe bastare…anche per
Tomasi di Lampedusa se dovesse riscrivere oggi il suo Gattopardo.
La Storia, la conoscenza,
non consentono compromessi.
Nel corso degli ultimi
500 milioni di anni, si sono verificate ben cinque estinzioni di massa, le
cosiddette Big Five.
Si tratta di
periodi geologicamente molto brevi, nel corso dei quali si ha una grande
perdita di biodiversità, con scomparsa di un grande numero di specie.
Già nel 2003, un grande
esperto di biodiversità, Edward O. Wilson, aveva stimato in 30.000 il numero di
specie che, attualmente, si estinguono ogni anno1.
Altre stime
parlano di 11.000-58.000 specie perse annualmente.
Che sia una
vera e propria estinzione di massa, la sesta a partire dall’Ordoviciano2, o una più contenuta “defaunazione
dell’Antropocene”3, resta da
stabilire quali ne siano le cause.
<<Seguendo
il modello del team di Gerta Keller di Princeton, riguardo i molteplici fattori
convergenti che causarono l’estinzione alla fine del Cretaceo, una teoria per
le estinzioni di massa si basa sull’idea che questi eventi macroevolutivi
potrebbero essere non prodotti da una sola causa catastrofica, ma
da un mix di condizioni diverse e simultanee (*). Secondo tali
modelli un’estinzione di massa avviene quando vi è una sinergia tra eventi non
usuali>>4; si veda il modello
HIPPO, proposto da E.O.Wilson5,
recentemente modificato in HIPPOC.
Tutto ciò
premesso, mi è balzato agli occhi (pur non essendo io un esperto della materia)
l’articolo, apparso sul numero di dicembre gennaio del magazine bio’s,
edito dall’Ordine Nazionale dei Biologi, dal titolo Il clima. Benvenuti nella sesta
estinzione di massa, di Luca Mercalli.
Il titolo, e
il breve riassunto dell’articolo in cui si parla di Accordi di Parigi
disattesi, sembrano legare la sesta estinzione di massa ad una sola causa, in
contrasto con quanto previsto dai modelli degli specialisti del “settore vita”:
il cambiamento climatico.
Nel corpo
dell’articolo, per la verità, si può leggere … <<tra pressioni climatiche
e delle
altre attività umane(*) ormai sappiamo
di essere entrati nella “sesta estinzione di massa” della storia geologica
planetaria>> in parte così smentendo titolo e “abstract”. Subito dopo,
però, si legge << E questo è soltanto un effetto dell’aumento di
temperatura di circa 1,5 °C registrato in Italia nell’ultimo secolo…>>
(!?), il che sembra riportare tutta la questione della perdita di biodiversità
all’aumento della temperatura (a sua volta attribuita, nello stesso articolo,
alle emissioni di <<CO2
fossile>> ) <<individuato già nel 1896 [..] e poi successivamente
sempre confermato fino ai consensi scientificisanciti(*)
dai rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate
Change>>.
Titolo,
riassunto e corpo dell’articolo sembrano, quindi, sostenere, suggerire la tesi
della responsabilità del cambiamento climatico quale unica causa della sesta
estinzione di massa. Ma lo studio delle possibili cause è molto più complesso
di quanto viene riportato nell’articolo di Mercalli.
Un po’ come
quando sentiamo dire o leggiamo che (per esempio) … “le temperature di luglio
sono le più alte mai registrate” suggerendo ad un lettore superficiale, perché
poco interessato all’argomento, che a luglio del tal anno ci sono state le
temperature più alte di sempre. La parola su cui soffermarsi, per non travisare
il contenuto della frase, è “registrate”: da quando stiamo registrando le
temperature? Cento, centocinquanta anni!? Allora vuol dire che a luglio
dell’anno in questione, si è registrata la temperatura più alta degli ultimi
100-150 anni, ridimensionando di molto la cosa e riconducendola nell’alveo
corretto riportato negli studi (non “negazionisti”, ma semplicemente
scientifici di altro segno) riassunti nei grafici riportati nel sito di Pierre
L. Gosselin6.
Dunque: un
esempio, forse, di comunicazione non proprio precisissima della scienza al
grande pubblico o, quanto meno, al pubblico non specializzato.
Nell’articolo,
oltretutto, legando l’aumento della temperatura ad una sola causa, l’emissione
di CO2 fossile di cui
si asserisce il <<continuo aumento di circa 2-3 ppm all’anno>>,
discende che <<gli scenari che abbiamo di fronte sono tutti volti al
riscaldamento>>. Anche su questo (responsabilità, aumento continuo e
scenari futuri) c’è chi, sfidando il rischio di vedersi affibbiare la taccia
mediatica di “negazionista”, la “pensa”, dati scientifici alla mano, in maniera
opposta.
Vorremmo
soltanto che, sui media, questi ultimi avessero lo stesso spazio degli
ortodossi, canonici sostenitori mediatici della CO2 e del riscaldamento mai così rapido o mai
avvenuto prima d’ora.
Mozart, il grande,
precocissimo compositore salisburghese, passò, accompagnato dal padre, un
periodo della sua giovinezza a Napoli 1.
Nel suo viaggio verso la
capitale del Regno di Napoli, la sera dell’11 maggio 1770, ebbe modo di essere
ben ospitato nell’edificio vanvitelliano dell’allora Convento Agostiniano di
Sessa Aurunca, attualmente sede del Liceo Classico Agostino Nifo2.
Pur non avendo ricevuto le
scritturazioni che avrebbe desiderato, restò sempre legato alla città del “Vesuvio fumante” ammaliato da essa e
convinto che “…quando avrò scritto
l’opera per Napoli, mi si ricercherà ovunque […] con un’opera a Napoli ci si fa più onore e credito che non dando cento
concerti in Germania”.
Ma Mozart non fu il solo
ad essere stregato dalla cultura, dal cosmopolitismo e dalla civiltà che si
respiravano e vivevano quotidianamente a Napoli, città alla quale riconosceva
la capacità di poter dare un grande valore aggiunto al suo lavoro.
Tutti
ricordiamo i versi e la melodia di un brano immortale della Canzone napoletana:
Santa
Lucia3 .
Se
pure il testo italiano non sia identico a quello originale napolitano4,
presentando anche aggiunte che, in fondo, oggi, finiscono per rendere ancor più
giustizia ad una Napoli artatamente bistrattata da economia, politica e media
(“…O dolce Napoli, / O suol beato, / Ove
sorridere / Volle il creato …”), conserva il suo fascino e la sua poesia
accompagnate da una melodia struggente ed indimenticabile.
Autore,
di testo e musica, fu Teodoro Cottrau.
Nato
a Napoli nel 1827 da Guglielmo e Giovanna Cirillo 5, dimostrò ben
presto, anch’egli, il suo talento musicale.
A
12 anni vinse una borsa di studio del Governo francese.
Avrebbe,
perciò, dovuto recarsi in Francia, ma il padre si oppose: aveva ricevuto la
cittadinanza napolitana, la cittadinanza di un Paese che stimava e ammirava,
tanto da considerarsi, ormai, napolitano a tutti gli effetti. E non voleva
rinunciarvi né voleva che suo figlio fosse contaminato da una cultura che
considerava pericolosa per via delle sue caratteristiche: “corruzione, egoismo,
irreligione […] spirito rivoluzionario e presuntuoso della giovine Francia”.
E
fu così che il giovane Teodoro rimase a Napoli, dove, oltre al meritato
successo anche internazionalmente riconosciutogli, ebbe modo di contribuire
significativamente alla definizione dei caratteri formali della Canzone
napolitana.
In
internet, sta girando un video in cui, una
bambina del Nord Europa, rampogna
politici e capitani d’industria richiamandoli ad un reale, maggior impegno sul
contenimento delle emissioni di CO2.
Si
sa che quando un bambino richiama un adulto … la cosa è più toccante…
A
me, però, ha fatto venire in mente l’incontro, svoltosi circa 15 anni fa, tra
due climatologi. Uno dei due sciorinò dei dati che mi appuntai e che qui
trascrivo parzialmente.
Nell’atmosfera
sono presenti molti gas (… e vapori: si pensi alla fredda notte degli aridi
deserti, torridi di giorno) che hanno il potere di trattenere il
“calore”, impedendo che si disperda nell’atmosfera. Grazie a questo
la temperatura al suolo è tale da rendercelo vivibile.
La
CO2 (anidride carbonica) però, è solo il 2% di tutti i gas serra presenti in
atmosfera; di questo 2%, solo il 2% è prodotto dall’uomo.
In
altre parole: su 10.000 molecole ad effetto serra presenti in un certo volume
di aria, 200 sono di anidride carbonica e, di queste 200, solo 4 sono prodotte
dall’uomo.
Come
dire che, su 10.000 molecole ad effetto serra, 9996 sono di origine naturale (e
molte di queste sono più efficaci della CO2 nel trattenere calore); 4 sono
prodotte dall’uomo.
E’
lecito che vengano dei dubbi sulle responsabilità della CO2, dubbi che, sommati
a quelli prodotti da altri dati, ed aggiunti i contenuti di mail “carpite” da
hacker, la dice lunga sui reali motivi alla base di tanta preoccupazione e
cotanto affanno capaci di smuovere eserciti di manovalanza, bambini compresi.
ANCHE
per questo, quel video non mi commuove…
Anzi,
mi viene il dubbio che, se lo facessi, se cedessi (abiurando ad un minimo di
capacità di pensare) finirei, forse, per fare di me uno strumento nelle mani di
una sorta di nuova via della seta in versione … energetica.
Siccome
ora, dopo l’ultimo vertice sulla situazione del clima, non si fa più
distinzione tra paesi sviluppati e in via di sviluppo, anche questi ultimi sono,
dalle risoluzioni ufficiali (e dai ricatti morali…), tenuti ad uniformarsi
alle decisioni adottate nell’interesse … del Pianeta (sì, va be’). Siccome i
paesi in via di sviluppo non hanno la tecnologia per dotarsi di pale eoliche,
pannelli solari etc, né hanno i soldi per comprarsela bella e fatta, ecco che
il buon samaritano presta questi per fagli acquistare quella. Siccome non
avranno la possibilità di restituire ciò che hanno avuto in prestito, lo “restituiranno”
sotto forma di sudditanza politica, economica e sociale. Dunque: in via di
sviluppo sono, e in via di sviluppo resteranno.
Le
conquiste, dunque, le colonie, gli imperi non si fanno più con la guerra (costa
troppo), ma con gli indebitamenti prodotti anche con la vendita di tecnologia
“pulita”, la costruzione di porti (vedi la Malesia e la Nuova via
della seta propriamente detta) etc.
L’importante,
sembrerebbe, è che sia fatto nel nome di grandi ideali; viene meglio: ci
cascano di più e più facilmente.
Fiorentino Bevilacqua
22.12.18
N.B. I grafici allegati, sono tratti dal blog http://notrickszone.com/ che, come dice il suo stesso autore, è mantenuto “solo per passione, per far conoscere e per stimolare un libero dibattito“. In esso sono raccolti centinaia di articoli scientifici, pubblicati su riviste specializzate del settore, articoli che, pur essendo frutto del lavoro di specialisti della climatologia, solo perché non presentano dati scientifici a sostegno della tesi del riscaldamento globale, non trovano spazio sui mezzi di comunicazione di massa (che, perciò, diventano fonte di “disinformazione” e strumento…).
Forse non ha inventato lui il cannocchiale 1,2, o forse sì (stando a quanto lui stesso asserisce in una sua opera 3) , certo è che il napoletano Francesco Fontana fu un ottimo costruttore di telescopi kepleriani, migliori di quelli di tipo galileiano.
Mattia Barbarossa 1 e 2. Il giovane liceale napoletano, già vincitore (in gruppo con altri due studenti partenopei) del concorso Lab2 Moon, risultato che lo ha visto primeggiare su circa 3.000 concorrenti di tutto il mondo, quest’anno si è ripetuto vincendo, questa volta in team con una studentessa torinese, il primo premio dell’Agenzia Spaziale Europea. Auguri Per il primo successo, è stato premiato anche dalla nostra Associazione con il Premio Terra Laboris. La speranza sarebbe quella di non vederlo costretto ad emigrare… ma in questo caso è veramente difficile che si realizzi questo auspicio, visto il tipo di ricerca e i fondi necessari. Auguri da tutta l’Ass. Id. Alta Terra di Lavoro.