Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

In Puglia e Basilicata più scorie e radiazioni che in zone con centrali atomiche

Posted by on Giu 13, 2019

In Puglia e Basilicata più scorie e radiazioni che in zone con centrali atomiche

Ecco il primo inventario indipendente del neonato Ispettorato nazionale: le due regioni messe insieme hanno centinaia di metri cubi di materiali radiotossici in più

Puglia e Basilicata messe assieme, pur non avendo mai avuto una centrale nucleare sul proprio territorio (anche se un progetto in tal senso vi fu per Nardò, nel Salento), hanno centinaia di metri cubi di materiali radiotossici in più di quanti se ne trovino in Campania e in Emilia Romagna dove pure sono, rispettivamente, la centrale di Sessa Aurunca, nel Casertano, e quella di Caorso, vicino Piacenza. Per non parlare dell’ammontare delle radiazioni, campo in cui la Basilicata batte il Lazio. Ad affermarlo, dopo molti decenni di attività atomiche (dichiarate e “sotterranee”) durante i quali sono “volati” numeri in libertà circa il patrimonio radiotossico italiano è l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), che ora pubblica un «Inventario nazionale dei rifiuti radioattivi».

Ed è una buonissima notizia giacché è la prima volta che il nostro Paese può contare su un dossier prodotto da un ente statutariamente terzo rispetto alle agli attori atomici italiani. L’Isin, infatti, è diventato operativo soltanto il primo agosto del 2018. Fino ad allora, nonostante l’ovvietà di avere un controllore dichiaratamente indipendente e nonostante le richieste in tal senso di Euratom e Iaea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica), gli italiani non avevano nemmeno potuto godere di questo genere di presidio scientifico-democratico.

È un primo passo, dunque, nella direzione dell’ordinato procedere. Sebbene non possiamo tacere che la strada sia ancora molto lunga sia da un punto di vista operativo (l’Isin è sotto organico, tanto per dirne una), sia da un punto di vista normativo (per esempio il Belpaese rischia di essere deferito alla Corte di giustizia europea per ritardi nell’adeguamento alle disposizioni Euratom in fatto di «norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni» della popolazione e dei lavoratori), sia sul fronte della trasparenza (su queste pagine abbiamo dato conto di come sia stato opposto il segreto di Stato alle richieste della «Gazzetta» di conoscere «come» si intenda procedere per smantellare l’Impianto trattamento elementi combustibili-Itrec che si trova in Basilicata, a Trisaia, cioè a 78 km in linea d’aria da Taranto, 108 da Bari).

Ma, tant’è, visto che un inventario c’è andiamo a scoprire cosa dice l’Isin, tenendo però a mente che i dati sono comunque un po’ vecchiotti giacché sono aggiornati al 31 dicembre 2017. Ebbene, in Puglia ci sono 1.007 metri cubi di quelli che vengono definiti «rifiuti radioattivi» e pare non siano al top della classifica di feralità giacché la loro attività complessiva è pari a 37 miliardi di Becquerel (la radioattività presente di una determinata quantità di materia si misura in Becquerel; ndr). Se non sono molti di più, è grazie alla bonifica coordinata dalla Commissario Vera Corbelli che, d’intesa con la Società Gestione Impianti Nucleari (la Sogin è una Spa a controllo pubblico) è riuscita a togliere almeno i fusti più «attivi» dal deposito mezzo marcio della ex Cemerad di Statte, in provincia di Taranto.

Tutt’altra storia nella vicinissima Basilicata. Il volume di rifiuti radioattivi è il triplo, pari a 3.250 metri cubi, ma la mole di radiazioni è enormemente maggiore: 267.007 miliardi di  Becquerel. A ciò vanno aggiunte le 64 barre uranio/torio, quelle importate dagli Usa e che nessun Governo finora è riuscito a «esportare» altrove. Queste, da sole, hanno un’attività pari a 1.562 migliaia di miliardi di Becquerel (migliaia di miliardi, non miliardi!). Per cui, sommando le due voci, secondo l’Isin in Basilicata c’è materiale per 1.829 migliaia di miliardi di Becquerel.

Per capire l’ordine di grandezza, in Campania sono 366; nel Lazio sono 989,2. E, visto che vicino Roma c’è la centrale plutonigena di Latina (le cui barre di combustibile sono state prodotte in un impianto lucano) questo lascia intendere che lo smantellamento dell’eredità nucleare laziale è progredita in modo ben spedito.

Tutto questo ammasso di veleni dovrà, stando ai piani governativi, essere stoccato in un’unica area. Non è ancora chiaro quale regione italiana si aggiudicherà il deposito nazionale dei materiali a bassa e media attività e quello, definito «temporaneo», per l’alta attività e lunga vita. L’elenco delle aree idonee è pronto da anni ma resta chiuso nei cassetti dei vari Esecutivi. Evidentemente, anche se i politici cambiano, la paura di indispettire le popolazioni-votanti è sempre la stessa.

Marisa Ingrosso

fonte https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1128460/in-puglia-e-basilicata-piu-scorie-e-radiazioni-che-in-zone-con-centrali-atomiche.html?fbclid=IwAR3rScnulfYQWQG5TAIEBViZM_bqWxy9DfZmF3_MCM12CNGuxCrOUDOnjfc

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AZ. GALARDI CON VINO TERRA DI LAVORO AL PREMIO TERRA LABORIS 2019

Posted by on Giu 11, 2019

AZ. GALARDI CON VINO TERRA DI LAVORO AL PREMIO TERRA LABORIS 2019

Per gli organizzatori del Premio aver avuto tra le aziende partecipanti una che utilizza il nome “Terra di Lavoro” è stato un onore oltre che un piacere ma. in questa caso, c’è stata anche una forte emozione perché tra i protagonisti della prestigiosa azienda c’è anche la Sig.ra Allegra Selavaggi figlia del sommo Roberto Maria Selvaggi. Di seguito breve scheda dell’azienda con foto a corredo.

Grande Giornata quella del 26 maggio 2019 in quel di Rongolise dove s’è consegnato il Premio Terra Laboris giunto alla quarta edizione e tra le aziende partecipanti c’era anche la prestigiosa Azienda Agricola Biologica Galardi che ha tra i suoi prodotti un’eccellenza assoluta nel mondo dei Vini, il Vino Terra di Lavoro che non è un dei tanti Vini di pregio prodotti in Italia e nel Regno ma è il “Vino”, non fosse per altro perché è custode del più antico Vino del pianeta nato nella Magna Grecia e amato dai Romani, il Falerno.

GALARDI

DESCRIZIONE AZIENDALE

LA STORIA

L’origine dell’azienda di famiglia risale alla seconda metà dell’800. I terreni di proprietà, boschi di castagno, impianti di ulivi e vigneti, si estendono sul versante occidentale del vulcano di Roccamonfina verso il golfo di Gaeta.

Nel 1991 nasce la Galardi per l’avvio del progetto di produzione di olio di oliva e vino rosso di qualità ad opera di Roberto Selvaggi, Maria Luisa Murena, Francesco Catello, Dora e Arturo Celentano. Provenienti da ambiti professionali diversi, iniziarono la Galardi come un gioco, ma ben presto il crescente successo ed il progredire degli impegni che la vigna richiedeva consolidano nel tempo questa unione.

Per il nuovo corso della produzione vitivinicola l’azienda, sin dall’inizio, ha scelto di affidarsi alla consulenza dell’enologo Riccardo Cotarella. Il primo intervento ha riguardato il recupero dei vecchi vigneti ed in seguito la realizzazione dei nuovi impianti. La prima vendemmia del vino Terra di Lavoro è del 1994.

Dal 1997 l’azienda, favorevolmente inserita in un ecosistema particolarmente equilibrato, ha scelto di applicare in campo i dettami dell’Agricoltura Biologica.

La Galardi ha progressivamente innestato nuovi vigneti e ad oggi la produzione conta circa 30.000 bottiglie l’anno ed una piccola selezione dedicata a Magnum e Doppie Magnum.

Il Terra di Lavoro è realizzato sin dal principio con un blend di uve aglianico e piedirosso, 80% e 20% rispettivamente, ottenute da una attenta coltivazione dei vigneti ispirata alla qualità.

IL TERRITORIO

I vigneti preposti alla produzione del Terra di Lavoro si estendono su 10 ettari e sono esposti a sud ovest fra i 400 e 500 m s.l.m. immersi tra bosco di castagno, castagneti e uliveti.

Si inseriscono a metà quota di un vulcano, a diretto contatto con il mare distante una manciata di chilometri e da una vallata particolarmente ventosa (Cassino e la valle del Garigliano).

FILOSOFIA

La Galardi ha deciso di realizzare una sola etichetta conferendo anno dopo anno i massimi livelli di qualità al Terra di Lavoro. Nella filosofia dell’azienda permane l’importanza fondamentale di produrre un vino con uve all’altezza delle aspettative. L’attenzione al territorio e alle caratteristiche del terreno sono gli elementi che guidano le scelte dell’azienda anche in vista di progetti futuri.

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Ghana, stabilità e indipendenza dalla Francia: il pil cresce più della Cina

Posted by on Giu 5, 2019

Ghana, stabilità e indipendenza dalla Francia: il pil cresce più della Cina

Non solo problemi e povertà. In Africa ci possono anche essere sviluppo e stabilità democratica. Per esempio in Ghana, paese fuori dalla Françafrique

“Il Ghana non può più continuare a fare politica per noi stessi, nel nostro paese, nella nostra regione, nel nostro continente, sulla base di un qualsivoglia sostegno che il mondo occidentale, Francia o Unione europea possono darci. Non funzionerà. Non ha funzionato e non funzionerà. Dobbiamo uscire da questa mentalità di dipendenza. Questo pensiero su ‘cosa può fare la Francia per noi?’. La Francia farà i suoi interessi, e quando questi coincidono con i nostri, tant mieux, come dicono i francesi. Ma la nostra preoccupazione dovrebbe essere quella di capire che cosa dobbiamo fare in questo XXI secolo per togliere il cappello dalle mani dell’Africa per chiedere aiuto e carità. Semmai è il continente africano, quando si guardano alle sue risorse, che dovrebbe dare denaro agli altri. Dobbiamo avere una mentalità che ci dice che possiamo farlo. E una volta che avremo questa mentalità sarà una liberazione per noi stessi e per l’Africa”.

IL DISCORSO DI AKUFO-ADDO, PRESIDENTE DEL GHANA, DAVANTI A MACRON

Era il dicembre 2017 quando Nana Akufo-Addo, presidente del Ghana, pronunciò queste parole. Le pronunciò ad Accra, a un metro di distanza da Emmanuel Macron, il presidente francese che si trovava in visita istituzionale nel paese africano. Oggi, a distanza di poco più di due anni, il Ghana esce dal programma di aiuti del Fondo Monetario Internazionale. Al suo posto, dal 3 aprile, prende il via il programma economico di Akufo-Addo, il “Ghana Beyond Aid”, studiato per garantire ad Accra di andare avanti con le sue forze.

IL RILANCIO ECONOMICO DEL GHANA

Dopo aver beneficiato di una linea di credito da 925,9 milioni di euro, il Ghana sembra ora pronto a camminare da solo. Tutti i valori macroeconomici sono in miglioramento, dal debito pubblico tornato sostenibile alla disoccupazione, ora scesa intorno al 5 per cento. Il tutto mentre i dati sulla crescita del pil continuano a soprendere. Gli ultimi dati pubblicati dall’ente statistico ghanese fotografano il ritorno a una crescita economica sostenuta: nel 2017 l’aumento del PIL su base annua è stato pari all’8,5%; nei primi tre trimestri del 2018 al 6,1%. Negli ultimi semestri dinamiche positive sono registrate anche sul tasso d’inflazione, in progressivo calo dal picco toccato a marzo 2016, quando l’aumento dei prezzi raggiunse il 19,2%. A febbraio 2019 l’inflazione si è fermata al 9,2%. 

IL PIL DEL GHANA CRESCE PIU’ DELLA CINA. FRANCIA FUORI DALLA TOP 8 DEI PARTNER COMMERCIALI

Numeri che hanno convinto il presidente Akufo-Addo a non chiedere l’estensione del programma di credito. D’altronde il pil ghanese sta ora crescendo più velocemente di quello della Cina. Cina che, secondo i dati relativi al 2017, è il primo partner commerciale del Ghana, con oltre due miliardi di dollari di import e quasi due miliardi e mezzo di export, concentrato nei settori di petrolio e gas. Il tutto mentre la Francia non figura nemmeno tra i primi otto partner di interscambio, dove invece figurano India, Usa, Svizzera, Regno Unito, Sudafrica, Olanda ed Emirati Arabi. Un unicum per l’Africa, in particolare per quella nord occidentale e centrale, dove la presenza dell’ex impero francese è sempre molto presente. 

AFRICA, LO SVILUPPO E’ POSSIBILE

Il Ghana, colonia britannica fino al 1957 ma geograficamente circondata da paesi della cosiddetta Françafrique, è l’esempio di come anche l’Africa possa anche portare sviluppo. Un aiuto arriva dalla ricchezza dei giacimenti petroliferi concentrati sulle sue coste, senza contare che il paese è tra i primi produttori di cacao al mondo, così come è in cima alle classifiche globali per l’esportazione di oro. Ma come purtroppo è reso evidente in altri paesi africani, la ricchezza delle risorse naturali non basta per spiegare la crescita. Un altro grande aiuto attiva infatti dalla stabilità democratica e dalla sicurezza del paese, al momento risparmiato da terrorismo ed estremismi di varia natura.

fonte

http://www.affaritaliani.it/politica/geopolitica/ghana-africa-francia-cina-pil-crescita-596850.html?fbclid=IwAR2Wo3ovvvxvLwnCxkA0w60Txx9NiHrEka58HlCtcKuCH4c77_F3BX460m4

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Alcune scimmie avrebbero l’anatomia adatta per parlare… il problema però è che non parlano!

Posted by on Mag 16, 2019

Alcune scimmie avrebbero l’anatomia adatta per parlare… il problema però è che non parlano!

Alcuni scienziati avrebbero scoperto che i macachi possiedono l’anatomia giusta per poter parlare come gli umani; ma non lo fanno perché non possiedono i circuiti neuronali adatti. Un po’ strana come cosa: se hanno l’anatomia adatta per parlare, poi, da un punto di vista ugualmente anatomico, non avrebbero le possibilità di farlo. Ma perché non si dice come stanno davvero le cose? L’anatomia non spiega l’autocoscienza ed è da questa che si sviluppa il linguaggio. Ma l’autocoscienza è una caratteristica che può essere spiegata solo con lo spirito, non con il corpo. 

Le scimmie, in particolare i macachi, possiedono l’anatomia giusta per parlare. Lo hanno verificato i ricercatori dell’Università di Vienna e di Princeton, autori di uno studio su ‘Science Advances’. Secondo gli studiosi i macachi possiedono l’anatomia vocale per produrre un linguaggio umano “chiaramente intellegibile”, ma non i circuiti neurali necessari per farlo. I risultati sono stati ottenuti grazie a video a raggi X di gola e bocca delle scimmie impegnate in vocalizzi, pasti o espressioni facciali. I ricercatori hanno poi usato queste immagini per realizzare un modello al computer del tratto vocale delle scimmie.

fonte http://itresentieri.it/alcune-scimmie-avrebbero-lanatomia-adatta-per-parlare-il-problema-pero-e-che-non-parlano-teologia/

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La pasta di sera combatte insonnia, stress e non fa ingrassare: la scienza sfata un mito

Posted by on Apr 5, 2019

La pasta di sera combatte insonnia, stress e non fa ingrassare: la scienza sfata un mito

Mangiare pasta a cena fa bene, rilassa, facilita il sonno e non fa ingrassare, anzi fa dimagrire. Ecco lo studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet Public Health

La pasta di sera fa ingrassare? La scienza dice che non è vero. Siamo il Paese della pasta, ma solo un piatto di spaghetti su tre viene servito a cena. I quasi 12 milioni di italiani che non la consumano di sera per paura di ingrassare o di compromettere il sonno dovrebbero però ricredersi. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet Public Health ha infatti dimostrato che mangiare pasta a cena migliora il riposo notturno, e non fa ingrassare.

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