Posted by altaterradilavoro on Feb 13, 2019
L’intervento
della Coldiretti:la grande distribuzione che rifiuta la nostra ortofrutta
per mancanza di certificazione,mentre ci invade di prodotti stranieri.
“Grande
scelta di prodotti ortofrutticoli comunitari ed extracomunitari sui banchi
degli ipermercati pugliesi. Stamani abbiamo acquistato uva indiana, pesche,
insalate e nespole spagnole, clementine e fagiolini del Marocco. Ci
chiediamo se siano più fidati in termini di sicurezza alimentare ed eticità dei
rapporti di lavoro i prodotti indiani e marocchini che quelli pugliesi”.
E’
il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele, ad elencare i prodotti
stranieri venduti sui banchi delgli ipermercati pugliesi, proprio nelle ore in
cui si stanno rifiutando di ritirare ciliegie pugliesi in mancanza
dell’adesione volontaria alla ‘Rete del Lavoro agricolo di qualità’.
“Nella
settimana dall’11 al 17 aprile – insiste – il fatturato della GDO è tornato a
scendere soprattutto al Sud, con il tonfo dell’1,89% segnato anche in Puglia
secondo i dati Nielsen. Evidentemente le politiche esterofile attuate sinora
non sono riuscite a stimolare adeguatamente i consumi, nonostante le ‘offerte’
di prodotti civetta. L’enorme quantitativo di prodotto proveniente dall’estero
ha trovato molto spazio sui banchi delle catene della grande distribuzione
organizzata ed essendo ormai gli ipermercati il veicolo maggiore di
commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli, sono determinanti nella
formazione del prezzo del prodotto agricolo dal campo alla tavola”.
Crollo
dei consumi, forbice dei prezzi dal campo alla tavola letteralmente dilatata,
invasione di prodotti dall’estero. Sono in sintesi gli elementi che hanno
contribuito a determinare una drastica battuta d’arresto delle vendite
dell’ortofrutta pugliese.
“Gli ipermercati lasciano a terra le ciliegie pugliesi con la scusa che i produttori non hanno la certificazione etica che è su base volontaria – incalza Angelo Corsetti, Direttore di Coldiretti Puglia – e acquistano prodotto da Paesi extracomunitari, che nulla possono garantire in termini proprio di eticità nei rapporti di lavoro. Aspettiamo che il Prefetto di Bari ci convochi per sollecitare la sburocratizzazione della richiesta di adesione e approfondire al contempo i meccanismi speculativi che sono evidentemente alla base dei mancati ritiri di ciliegie proprio nei giorni in cui sta partendo la campagna. Chiederemo al Prefetto che controlli che sotto l’algido scudo della lotta al caporalato non si celino bieche manovre per allungare i tempi e far partire le quotazioni ad avvio dei contratti con la grande distribuzione il 29 aprile prossimo”.
fonte http://www.politicamentescorretto.info/2018/06/13/la-grande-distribuzione-rifiuta-la-nostra-ortofrutta-e-ci-invade-di-prodotti-stranieri-lattacco-della-coldiretti/?fbclid=IwAR0ZFGJcWL0eoKuRlRRJX1FqrjSaodfO04MjempI-0ZqFtdteccZqmPBWwU
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Posted by altaterradilavoro on Gen 18, 2019
La lingua napoletana conserva ancora oggi delle parole dietro cui si nasconde una lunga storia fatta di miti, superstizioni e leggende: è il caso della “vasinicola”, la nobile “pianta dei re” che durante il Medioevo suscitava paura e timore in chiunque la nominasse.
La nostra cucina è ricca
di sapori e odori irresistibili. Molti di questi vengono da lontano, e sono
entrati a far parte della nostra cultura grazie alla vivacità che ha
caratterizzato il Mediterraneo fin dall’epoca antica, portando dietro di sé
storie, suggestioni e leggende che talvolta ben poco hanno a che fare con
l’alimentazione: è il caso, ad esempio, del basilico, che a Napoli e in molte
altre zone del sud Italia porta ancora oggi un nome curioso. Qui la profumata
pianta aromatica viene chiamata “vasinicola”: ma perché? Il basilico: una
pianta da re Risalire all’etimologia del termine è particolarmente
interessante: dietro questa parola si nascondo tutta una serie di credenze
popolari e pratiche superstiziose che risalgono a tempi antichissimi. Il dialetto
napoletano, come si diceva, chiama ancora oggi la pianta aromatica con un
appellativo che deriva direttamente dal latino: più precisamente da “basilius”,
il quale a sua volta riecheggia il greco “basileios”, ovvero “re”. Sia per i
romani che per i greci questa pianta era particolarmente preziosa, “basilikon
phyton”, “degna di un re”.
Ma a cosa è dovuta la particolare reverenza con cui gli antichi chiamavano il basilico? È probabile che il nome si riferisse all’usanza, praticata dai nobili imitando i costumi orientali, di cospargersi il corpo con oli e profumi estratti direttamente dalle foglie di questa pianta. Le antiche popolazioni mediterranee, entrando in contatto con i popoli del Medio Oriente e dell’Asia, conobbero molto presto le proprietà cosmetiche e curative del basilico: si dovrà attendere il XVIII secolo per scoprire che oltre alle ottime qualità mediche il basilico è anche un eccellente ingrediente per le nostre ricette. Pianta nobile o simbolo del demonio? In effetti, durante tutta la sua lunghissima storia, la vasinicola si è distinta non tanto quale prelibato alimento ma piuttosto come un ottimo strumento contro le malattie del corpo e dell’anima: conosciuto già dagli egizi, il basilico veniva frequentemente utilizzato per le imbalsamature sia per le sue proprietà disinfettanti sia perché ritenuto di buon auspicio per l’aldilà ma, successivamente, greci e romani arrivarono a considerarlo addirittura un segno diabolico. Plinio il Vecchio lo cita quale causa di pazzia, associando il suo nome a quello del mitologico basilisco, mostro mitico in grado di uccidere con un solo sguardo. Cura o veleno? L’ambiguità del basilico continua a sopravvivere anche durante tutto il Medioevo: molti la utilizzavano come unguento per le ferite, molti altri, come il naturalista Nicholas Culpeper, lo cita nei suoi trattati di botanica come un potente veleno. In molte miniature sacre il basilico ritorna quale strumento del demonio, mentre in molte leggende popolari esso compare quale strumento primario per trovare l’amore: si riteneva che se una fanciulla in età da marito, toccandolo, avesse un tremore, voleva dire che non era più vergine.
fonte https://www.fanpage.it/vasinicola-perche-in-napoletano-e-non-solo-il-basilico-si-chiama-cosi/p3/#commenta
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Posted by altaterradilavoro on Gen 12, 2019
Abbiamo ribadito più volte la bontà e la particolarità dei piatti tipici
della cucina campana, unici al
mondo, frutto di antichissime ricette tramandate di generazione in generazione.
È difficile stabilire quali siano i più buoni, la scelta è ampia e ce n’è per
tutti i palati: dai piatti di carne, come le polpette al sugo, a quelli
di mare, come il polpo alla Luciana ai
classici ed intramontabili, come la pizza.
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Tuttavia ce n’è uno che, per diversi motivi, supera quasi tutti, un must
della tradizione napoletana: salsicce e friarielli!
Un piatto a base di verdure e carne, davvero unico ed inimitabile.
Non c’è napoletano che si rispetti che non li ami e li prepari ad hoc.
I friarielli, che crescono nelle zone di Napoli, sono difficilmente
reperibili in altre zone della Campania e d’Italia, infatti vengono sostituiti
con le cime di rapa ma la ricetta viene così stravolta.
Anticamente le colline di Posilipo e soprattutto del Vomero erano piene di
orti e di terrazzamenti coltivati digranti.
La collina del Vomero, dove crescevano i friarielli, fu denominata “’O
colle de’ friarielle”. Oggi le zone
in cui vengono coltivati sono per lo più quelle interne della Campania:
Afragola, Acerra, Aversa, Caivano, Cardito, Casoria e nelle province di
Avellino e Benevento e nella piana del Sele, presso Salerno.
Ci sono
diverse interpretazioni per quanto riguarda il nome: alcuni sostengono che
derivi dal castigliano “frio-grelos” che
significa broccoletti invernali ed altri dal verbo napoletano
“frijere”, friggere.
Quali sono le origini di questo
piatto così succulento ed unico al mondo?
Nel periodo di
maggior povertà, le donne napoletane, soprannominate “zandraglie”, si recavano
nelle cucine dei nobili, dove i “Monsù”, ovvero i cuochi d’Oltralpe, elargivano
avanzi di cibo, come le interiora del pollame e degli animali. Era un modo per
far fronte alla fame ma non sempre era possibile reperire qualcosa.
Con
il loro ingegno, i napoletani iniziarono a rendersi conto che per assicurarsi
il cibo quotidiano avrebbero dovuto “puntare” su alimenti umili e poveri, come
le cime di rapa. Iniziarono così a cogliere gli ammassi floreali non ancora
aperti delle rape ed a cucinarli, aggiungendo lo strutto, a nzogn, per dare
sapore e rende estremamente caloriche. Oggi lo strutto è stato sostituito con
l’olio extravergine d’oliva.
Venivano
sempre accompagnati dalle salsicce, rigorosamente di maiale.
“ ‘A sasicc’ è ‘a mort d’ ‘o
friariell”
dice un detto napoletano.
Come si preparano
salsicce e friarielli alla napoletana?
Pochi e
semplici passaggi occorrono per preparare il piatto napoletano d’eccellenza.
Ecco la ricetta per 4 persone.
Ingredienti
4 fasci di
friarielli
4 salsicce
2 spicchi d’aglio
olio extravergine d’oliva
peperoncino
sale
Procedimento
Mondate i
friarielli, eliminando i gambi e le foglie più dure. Lavateli accuratamente e
fateli sbollentare in acqua per cinque minuti.
In
una casseruola mettete l’olio, l’aglio, fate soffriggere e friggete i
friarielli, salandoli quanto basta.
In una padella, con olio per friggere, friggete le salsicce bucherellandole con la punta di una forchetta.
A cottura ultimata unitele ai friarielli in modo tale che i sapori si amalgamino. Ecco pronto il vostro succulento piatto di salsicce e friarielli. Buon appetito!
fonte https://www.vesuviolive.it/vesuvio-e-dintorni/notizie-di-napoli/51278-salsicce-friarielli-storia-ricetta-del-piatto-napoletano-eccellenza/?fbclid=IwAR2x1bsQrinuc4mOvhZqjUWVHNWZNdaTKjzttSaSJ-V40wyVCTC-6TgB-9U
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Posted by altaterradilavoro on Dic 23, 2018
In
internet, sta girando un video in cui, una
bambina del Nord Europa, rampogna
politici e capitani d’industria richiamandoli ad un reale, maggior impegno sul
contenimento delle emissioni di CO2.
Si
sa che quando un bambino richiama un adulto … la cosa è più toccante…
A
me, però, ha fatto venire in mente l’incontro, svoltosi circa 15 anni fa, tra
due climatologi. Uno dei due sciorinò dei dati che mi appuntai e che qui
trascrivo parzialmente.
Nell’atmosfera
sono presenti molti gas (… e vapori: si pensi alla fredda notte degli aridi
deserti, torridi di giorno) che hanno il potere di trattenere il
“calore”, impedendo che si disperda nell’atmosfera. Grazie a questo
la temperatura al suolo è tale da rendercelo vivibile.
La
CO2 (anidride carbonica) però, è solo il 2% di tutti i gas serra presenti in
atmosfera; di questo 2%, solo il 2% è prodotto dall’uomo.
In
altre parole: su 10.000 molecole ad effetto serra presenti in un certo volume
di aria, 200 sono di anidride carbonica e, di queste 200, solo 4 sono prodotte
dall’uomo.
Come
dire che, su 10.000 molecole ad effetto serra, 9996 sono di origine naturale (e
molte di queste sono più efficaci della CO2 nel trattenere calore); 4 sono
prodotte dall’uomo.
E’
lecito che vengano dei dubbi sulle responsabilità della CO2, dubbi che, sommati
a quelli prodotti da altri dati, ed aggiunti i contenuti di mail “carpite” da
hacker, la dice lunga sui reali motivi alla base di tanta preoccupazione e
cotanto affanno capaci di smuovere eserciti di manovalanza, bambini compresi.
ANCHE
per questo, quel video non mi commuove…
Anzi,
mi viene il dubbio che, se lo facessi, se cedessi (abiurando ad un minimo di
capacità di pensare) finirei, forse, per fare di me uno strumento nelle mani di
una sorta di nuova via della seta in versione … energetica.
Siccome
ora, dopo l’ultimo vertice sulla situazione del clima, non si fa più
distinzione tra paesi sviluppati e in via di sviluppo, anche questi ultimi sono,
dalle risoluzioni ufficiali (e dai ricatti morali…), tenuti ad uniformarsi
alle decisioni adottate nell’interesse … del Pianeta (sì, va be’). Siccome i
paesi in via di sviluppo non hanno la tecnologia per dotarsi di pale eoliche,
pannelli solari etc, né hanno i soldi per comprarsela bella e fatta, ecco che
il buon samaritano presta questi per fagli acquistare quella. Siccome non
avranno la possibilità di restituire ciò che hanno avuto in prestito, lo “restituiranno”
sotto forma di sudditanza politica, economica e sociale. Dunque: in via di
sviluppo sono, e in via di sviluppo resteranno.
Le
conquiste, dunque, le colonie, gli imperi non si fanno più con la guerra (costa
troppo), ma con gli indebitamenti prodotti anche con la vendita di tecnologia
“pulita”, la costruzione di porti (vedi la Malesia e la Nuova via
della seta propriamente detta) etc.
L’importante,
sembrerebbe, è che sia fatto nel nome di grandi ideali; viene meglio: ci
cascano di più e più facilmente.
Fiorentino Bevilacqua
22.12.18
N.B. I grafici allegati, sono tratti dal blog http://notrickszone.com/ che, come dice il suo stesso autore, è mantenuto “solo per passione, per far conoscere e per stimolare un libero dibattito“. In esso sono raccolti centinaia di articoli scientifici, pubblicati su riviste specializzate del settore, articoli che, pur essendo frutto del lavoro di specialisti della climatologia, solo perché non presentano dati scientifici a sostegno della tesi del riscaldamento globale, non trovano spazio sui mezzi di comunicazione di massa (che, perciò, diventano fonte di “disinformazione” e strumento…).
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Posted by altaterradilavoro on Ott 25, 2018
Non è come tutti gli altri, non è banale, non è scontato. Il Cioccolato di Modica si riconosce subito, perché, a differenza delle classiche tavolette di cioccolato che si vedono sugli scaffali del supermercato, quelle modicane mostrano orgogliose, già agli occhi dei golosi, il loro tratto artigianale.
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Posted by altaterradilavoro on Ott 19, 2018
Ecco di seguito il Programma Ufficiale della “Festa della Mela 2018” con ProLoco Valle Di Maddaloni Raffaella Coscia Diomaiuto Nicola Salvatore Totaro Fabio Viglione Giovanni Leonetti Floriana Pinto
Venerdì 19 Ottobre 2018
Ore 17:00 Inaugurazione ed Apertura Aree Espositive
Ore 18:00 Rassegna Corale presso la Chiesa San Pietro …
Apostolo di Valle di Maddaloni
Sabato 20 Ottobre 2018
Ore 10:30 Aperture Aree Espositive
Ore 16:30 Artisti da strada itineranti
Ore 17:30 Posteggia Classica Napoletana con Giovanni Leonetti e Floriana Pinto
Ore 18:30 Spettacolo di danza “Temptation” dell’Associazione Culturale Siufonia con Diomaiuto Nicola
Ore 20:00 Anteprima SoulPalco
Ore 20:30 Direttamente dal palco di “Made in Sud” Nello Iorio “Il Nonno Moderno”
Ore 21:30 Tammorra, Canti e Balli Popolari con i SoulPalco con Fabio Viglione
Domenica 21 Ottobre
Ore 9:00 Apertura Aree Espositive
Ore 9:30 Raduno Auto e Moto d’Epoca
Ore 16:00 Inkamarka del Perù di Armando Huauya
Ore 16:30 Artisti da strada
Ore 17:00 Show Cooking “Pizza dessert alla Mela” di Marco Amoriello
Ore 17:30 Posteggia Classica Napoletana con Giovanni Leonetti e Floriana Pinto
Ore 18:00 Sfilata per il centro storico del Gruppo Folk I Guarracini con Salvatore Totaro
Ore 19:00 Spettacolo teatrale con musiche e balli dal ‘600 al ‘900 Napoletano con il Gruppo Folk I Guarracini
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