Sotto questa dinastia risulterebbe il numero dei sedili essere passato da tre-quattro a sei. Gli angioini si manifestarono, comunque, contrari a tale sistema organizzativo cittadino, tanto da tentare di limitare un simile sistema politico di governo, gestito dalla nobiltà urbana feudataria. Con re Roberto ebbe inizio la riforma angioina dell’amministrazione cittadina (metà XIII secolo), volta a ridurre i diversi privilegi nobiliari, come ad esempio il diritto residenziale di aggregazione, in uso fino all’epoca del suo regno, per il quale i nobili “mutando domicilio cangiavano seggio”.
Con la prima monarchia dominante, i governi municipali (tra cui Napoli), collegati a Bisanzio e retti da esponenti delle illustre Gens delle provincie a sud di Roma, dovettero confrontarsi con i loro conquistatori e loro progetti organizzativi. Fonti storiche certe, quali gli editti di concessione di privilegi, emanati sotto la regnanza del normanno Tancredi, riferiscono dell’esistenza di tre-quattro grandi seggi napoletani.
1. L’AUTONOMISMO OLIGARCHICO DEL PATRIZIATO E DEI BARONI NEL REGNO
La nobiltà cittadina di Napoli, al pari di quella municipale francese “Noblesse de cloche” ha partecipato al secolare funzionamento del sistema di governo urbano e di quello del Regno, mantenendo nel tempo un evidente livello di autonomia, rispetto al potere centrale reale e papale, nonché garantendo il rispetto dei princìpi di decentramento e partecipazione nell’amministrazione.
La storia di Napoli, capitale del regno è, quindi, legata da un vincolo simbiotico con quella delle tante famiglie patrizie, con loro genealogie ed ascendenti ivi residenti nel corso dei secoli. Questi gruppi familiari, che scelsero di vivere in determinate aree della città e del regno con proprie regole e nel rispetto di tradizioni e costumanze locali sin dall’origine dell’antica Partenope, sono stati presenti quali importanti protagonisti della crescita urbanistica e sviluppo economico dell’Urbe.
NAPOLI RIDIVENTA BALUARDO GRECO DOPO QUASI MILLE ANNI DALLA SUA FONDAZIONE E LO RIMANE PER 500 ANNI (DI CUI 200 DI TOTALE AUTONOMIA). Dopo la conquista di Belisario nel 535, Napoli è governata da un duca scelto dall’imperatore d’Oriente, ma nell’840 riacquista una totale AUTONOMIA, fino alla conquista normanna (1066). SAN GENNARO (a sin., rovescio della moneta) è già presente su una moneta coniata durante il ducato di Sergio II rappresentato sulla stessa moneta. Sergio fu scomunicato dal papa per essersi alleato con gli arabi.
La famiglia Frezza o Freccia è una delle più antiche e nobili della città di Ravello; le prime notizie risalgono al 1100 con Orso Freccia. Si diramò in Nola, Tropea, Barletta, Trani e Napoli, ove fu ascritta al Patriziato Napoletano del Seggio di Nido. Nel 1217 Giovanni fu arcivescovo di Manfredonia. Nel 1275 Niccolò Freccia, Nicola Confalone, Tommaso Coppola, Alessandro d’Afflitto, Andrea Bonito, Matteo Rufolo, Nicola Acconciaioco, Ganizzo di Palma e Angelo Pironti, prestarono al re Carlo I d’Angiò l’ingente somma di mille once d’oro, ricevendo come pegno la corona reale tempestata di pietre preziose. In seguito Niccolò divenne consigliere di re Carlo II d’Angiò e Luogotenente del Gran Protonotario del Regno.